Questa voce è stata curata da Arianna Castelli
Scheda sintetica
Diversamente da quanto previsto in relazione alla CIGO, l’integrazione salariale straordinaria (CIGS) consente la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa – e del correlato obbligo retributivo a carico dell’impresa – in presenza di eventi direttamente imputabili al datore di lavoro, anche se, ai fini della concessione del trattamento, permane la necessità che la situazione legittimante il ricorso all’istituto presenti i caratteri della transitorietà e della temporaneità.
Pertanto, la nuova normativa ha razionalizzato la disciplina previgente così da escludere dall’ambito di applicazione tutte quelle situazioni in cui il ricorso all’istituto era finalizzato esclusivamente a fornire un sostegno al reddito ai lavoratori anche in situazioni di crisi non risolvibili.
A chi rivolgersi
- Ufficio di vertenze sindacale
- Studio legale specializzato in diritto del lavoro
Fonti normative
- D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148
Scheda di approfondimento
Ambito di applicazione
La Cassa integrazione straordinaria viene riconosciuta a una serie di imprese diverse a seconda della relativa consistenza occupazionale. In particolare, il primo comma dell’art. 1 del d.lgs. n. 148/2015, prevede che ai fini della concessione del trattamento debba essere raggiunta la soglia dei quindici dipendenti per le seguenti imprese:
- imprese industriali, comprese quelle edili e affini
- imprese artigiane che procedono alla sospensione dei lavoratori in conseguenza di sospensioni o riduzioni dell’attività dell’impresa che esercita l’influsso gestionale prevalente
- imprese appaltatrici di servizi di mensa o ristorazione, che subiscano una riduzione di attività in dipendenza di situazioni di difficoltà dell’azienda appaltante, che abbiano comportato per quest’ultima il ricorso al trattamento ordinario o straordinario di integrazione salariale
- imprese appaltatrici di servizi di pulizia, anche se costituite in forma di cooperativa, che subiscano una riduzione di attività in conseguenza della riduzione delle attività dell’azienda appaltante, che abbia comportato per quest’ultima il ricorso al trattamento straordinario di integrazione salariale
- imprese dei settori ausiliari del servizio ferroviario, ovvero del comparto della produzione e della manutenzione del materiale rotabile
- imprese cooperative di trasformazione di prodotti agricoli e loro consorzi
- imprese di vigilanza.
Il secondo comma, invece, richiede che debba essere raggiunta la soglia dimensionale dei 50 dipendenti da parte delle imprese esercenti attività commerciale (comprese quelle della logistica) e delle agenzie di viaggio e turismo.
Al contrario, è irrilevante il numero degli occupati ai fini della concessione dell’integrazione a imprese del trasporto aereo e di gestione aeroportuale (nonché a società da queste derivate o comunque riconducibili al sistema aeroportuale), e ai partiti politici.
Cause di intervento
L’intervento straordinario di integrazione salariale può essere richiesto quando la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa viene determinata da una delle seguenti causali:
- riorganizzazione aziendale
- crisi aziendale, ad esclusione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa
- contratto di solidarietà.
Inoltre, il d.m. 13 gennaio 2016, n. 94033, ha chiarito quali ipotesi debbano concretamente essere ricondotte alle previsioni del dettato normativo.
Per quanto concerne l’ipotesi di “riorganizzazione aziendale” è stato precisato come essa, nonostante la formulazione letterale, ricomprenda anche i casi di riconversione e ristrutturazione, non operando quindi una riduzione delle possibilità di ricorso all’istituto rispetto alla disciplina previgente.
In questo caso, il trattamento può essere concesso solo a condizione che venga presentato un apposito programma, contenente l’indicazione degli interventi che l’impresa intende effettuare al fine di fronteggiare le inefficienze gestionali e strutturali, avendo particolare riguardo agli investimenti e all’eventuale formazione dei lavoratori.
Anche in relazione a situazioni di “crisi aziendali” è indispensabile la predisposizione di un programma di risanamento che, però, deve presentare un contenuto differenziato rispetto a quello previsto in caso di “riorganizzazione aziendale”. Infatti, il legislatore ha specificato come tale programma debba indicare gli interventi correttivi da attuare e, soprattutto, gli obiettivi, concretamente raggiungibili, finalizzati alla continuazione dell’attività aziendale e alla salvaguardia occupazionale.
A riguardo, risulta essere particolarmente rilevante l’esplicita esclusione dell’attività d’impresa, poiché, coerentemente con l’intero disegno riformatore, la cassa integrazione straordinaria è uno strumento utilizzabile nei soli casi in cui si è in presenza di un rapporto di lavoro, mentre, nel passato, soprattutto in alcune vertenze molto note anche mediaticamente, il legislatore era intervenuto, autorizzando eccezionalmente l’integrazione, anche in casi in cui sarebbe stato più opportuno concedere il trattamento di disoccupazione, poiché si era in presenza di aziende ormai cessate e senza alcuna speranza di recupero.
L’art. 21, comma 4, però, detta anche una disciplina transitoria e stanzia 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, per prorogare sino a un limite massimo rispettivamente di dodici, nove e sei mesi un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria nel caso in cui, a seguito di accordo stipulato presso il Ministero del lavoro e all’esito del programma di crisi aziendale, «l’impresa cessi l’attività produttiva e sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell’azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale».
Al contrario, il legislatore ha confermato la scelta della “legge Fornero” che, a partire dal 1 gennaio 2016, ha abrogato l’art. 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223, eliminando la possibilità di concedere la CIGS in concomitanza di fallimento ed altre procedure concorsuali.
La terza causa integrabile legittimante il ricorso all’integrazione salariale straordinaria è la presenza di un contratto di solidarietà difensivo. A differenza delle altre causali, non è richiesto alcun piano, tuttavia sono state fissate precise limitazioni alla riduzione oraria consentita. In particolare, la riduzione oraria individuale non può superare il 70%, mentre la riduzione media oraria per la totalità dei lavoratori interessati non deve superare il 60% calcolato su base giornaliera, settimanale o mensile.
L’art. 21, c. 5 ribadisce le caratteristiche fondamentali dei contratti di solidarietà, i quali si stipulano «al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale, anche attraverso un suo più razionale impiego» (art. 21, comma 4).
Soggetti legittimati alla stipulazione degli stessi sono adesso (ex art. 51, d.lgs. n. 81 del 2015) le rappresentanze sindacali aziendali delle associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ovvero la rappresentanza sindacale unitaria.
Il ricorso allo strumento del contratto di solidarietà è particolarmente incentivato nella nuova normativa: infatti, durante la procedura sindacale (si veda il paragrafo dedicato) le parti devono necessariamente dichiarare l’impossibilità di raggiungere l’accordo con le parti sociali poiché, in caso contrario, non è possibile chiedere l’integrazione sulla base di una delle altre due causali.
In ogni caso, l’impresa non può richiedere l’intervento straordinario di integrazione salariale per le unità produttive per le quali abbia richiesto, con riferimento agli stessi periodi e per causali sostanzialmente coincidenti, l’intervento ordinario.
Durata
La durata del trattamento di integrazione salariale straordinario differisce a seconda della causale che ne ha legittimato l’erogazione nel caso concreto, anche se è stato fissato il limite complessivo di 24 mesi nel quinquennio.
In presenza di una crisi aziendale, per ciascuna unità produttiva, la CIGS non può essere concessa per più di 12 mesi, anche continuativi, e una nuova autorizzazione non può essere concessa prima che sia trascorso un periodo pari ai due terzi di quello relativo alla precedente autorizzazione (nell’ipotesi dei 12 mesi quindi non prima di 8 mesi). Laddove vi sia invece una ristrutturazione aziendale, il limite fissato dal legislatore è pari a 24 mesi nel quinquennio, analogamente a quanto previsto per il contratto di solidarietà. In quest’ultima ipotesi, però, vi è anche possibilità di cumulare il trattamento con interventi autorizzati per altre causali fino a un massimo di 36 mesi (comma 3).
Giova sottolineare come il periodo da tenere in considerazione – il quinquennio – non è più fisso bensì “mobile”.
Procedura
Analogamente a quanto previsto in relazione all’interazione salariale ordinaria, anche il procedimento di concessione della CIGS si articola in due fasi:
- Fase di consultazione sindacale
- Fase di richiesta e accesso.
La prima fase ha inizio con una comunicazione resa dall’impresa – anche tramite la propria associazione sindacale – alle Rsa (o alle Rsu), nonché alle articolazioni territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, contente l’indicazione delle cause di sospensione o di riduzione dell’orario di lavoro, l’entità e la durata prevedibile e il numero dei lavoratori interessati.
Nel caso in cui i destinatari di questa comunicazione ne facciano esplicita richiesta entro il termine tassativo di tre giorni, la situazione aziendale astrattamente legittimante il ricorso all’integrazione può essere oggetto di un esame congiunto.
Tale esame congiunto ha ad oggetto:
- il programma che l’impresa intende attuare;
- la durata della sospensione o della riduzione dell’attività lavorativa;
- le ragioni che non rendono praticabili forme alternative di riduzione dell’orario lavorativo;
- le misure previste per la gestione delle eventuali eccedenze di personale;
- i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere (che devono essere coerenti con le ragioni per le quali è richiesto l’intervento);
- le modalità di rotazione tra i lavoratori;
- le eventuali ragioni tecnico organizzative che hanno comportato la mancata adozione di criteri di rotazione.
In ogni modo, l’intera procedura -comprensiva dunque dell’esame di cui si è detto- deve terminare entro venticinque giorni successivi a quello in cui è stata avanzata la richiesta medesima, ridotti a dieci per le imprese che occupano fino a cinquanta dipendenti.
La seconda fase, invece, si apre con la presentazione – entro sette giorni dalla conclusione della consultazione sindacale o dalla sottoscrizione del contratto di solidarietà – dalla domanda di concessione del trattamento di integrazione salariale straordinaria correlata dall’elenco nominativo dei lavoratori interessati. La domanda deve essere presentata dal datore di lavoro contemporaneamente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e alle Direzioni territoriali del lavoro territorialmente competenti, ma è il Ministero a concedere il trattamento con un apposito decreto pronunciato entro novanta giorni dalla presentazione della domanda.
La sospensione o la riduzione dell’orario, invece, ha inizio entro trenta giorni dalla data di presentazione della domanda, indipendentemente dal decreto di cui si è appena detto.
Qualora dalla omessa o tardiva presentazione della domanda derivi a danno dei lavoratori la perdita parziale o totale del diritto all’integrazione salariale, l’impresa è tenuta a corrispondere ai lavoratori stessi una somma di importo equivalente all’integrazione salariale non percepita.
In ogni caso, l’impresa, sentite le rappresentanze sindacali aziendali o la rappresentanza sindacale unitaria, o in mancanza le articolazioni territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, può chiedere una modifica del programma nel corso del suo svolgimento.
Casistica di decisioni della Magistratura
Per la casistica di decisioni della Magistratura si veda l’apposito paragrafo alla voce Cassa integrazione guadagni