Questa voce è stata curata da Alexander Bell
Scheda sintetica
Prima ancora di analizzare l’istituto in questione, occorre premettere che sulle pensioni di vecchiaia liquidate con il sistema contributivo non spetta l’integrazione al trattamento minimo.
Al fine di garantire ai titolari di pensione un trattamento economico che consenta loro di soddisfare le basilari esigenze di vita, l’ordinamento prevede che l’ammontare della pensione non possa risultare inferiore a un limite minimo, che viene modificato ogni anno (per il 2013 l’importo minimo di pensione è pari a 495,43 euro).
Qualora la pensione del singolo, calcolata secondo i criteri fissati dalla legge, non raggiunga questo limite minimo, al pensionato viene corrisposta una integrazione economica, a condizione che risultino rispettate determinate condizioni reddituali.
L’integrazione viene corrisposta in una misura tale da non determinare il superamento dei limiti di reddito fissati dalla legge.
Dal 1° gennaio 1994, il rispetto delle condizioni reddituali necessarie per poter beneficiare dell’integrazione al trattamento minimo di pensione viene valutato tenendo conto non solo del reddito del pensionato, bensì anche di quello del suo coniuge.
Qualora il reddito del pensionato che beneficia dell’integrazione, negli anni successivi a quello in cui inizia a decorrere la pensione, vari in misura tale da determinare il superamento dei limiti reddituali oltre i quali viene meno il diritto alla prestazione, l’integrazione continua a essere erogata, ma il suo ammontare rimane quello corrisposto al soggetto a dicembre dell’anno precedente la variazione del reddito.
Fonti normative
- D.L. 638/1983;
- Legge 222/1984;
- D.Lgs. 503/1992;
- Legge 335/1995.
Limiti di reddito
Il pensionato ha diritto all’integrazione della pensione alla duplice condizione che:
- la pensione cui avrebbe diritto, in base ai soli criteri di calcolo previsti dalla legge, risulti inferiore a un limite minimo individuato annualmente dal legislatore (per il 2013 l’importo minimo di pensione è pari a 495,43 euro);
- possieda redditi inferiori a specifiche soglie fissate dalla legge.
La condizione relativa al mancato superamento di determinati limiti di reddito, peraltro, non trova applicazione per le pensioni che abbiano iniziato a decorrere entro il 30 settembre 1983. Fino a quella data, infatti, l’integrazione al trattamento minimo veniva riconosciuta a tutti coloro la cui pensione risultasse inferiore al limite minimo, senza che venisse attribuita alcuna rilevanza ai redditi posseduti dal pensionato.
Per quanto riguarda le pensioni che abbiano iniziato a decorrere successivamente al 30 settembre 1983, invece, i limiti di reddito variano a seconda della normativa vigente al momento della decorrenza. A tal proposito, va segnalato in particolare che sino al 31 dicembre 1993 la concessione dell’integrazione era condizionata ai soli redditi posseduti dal pensionato; dal 1° gennaio 1994, invece, l’erogazione della prestazione integrativa dipende anche dai redditi posseduti dal coniuge del pensionato.
Più nel dettaglio, i limiti di reddito previsti dalla legge sono i seguenti:
- con riferimento alle pensione con decorrenza tra il 1° ottobre 1983 e il 31 dicembre 1993 (ivi comprese le pensioni liquidate con decorrenza 1° gennaio 1994, a favore di coloro che hanno maturato i requisiti entro il 31 dicembre 1993, e che hanno presentato la relativa domanda di pensione entro tale data), l’integrazione al trattamento minimo viene concessa ai pensionati che non possiedono redditi propri assoggettabili a IRPEF per un importo superiore a 2 volte l’ammontare del trattamento minimo previsto per le pensioni a carico dell’AGO (Assicurazione Generale Obbligatoria);
- con riferimento alle pensioni con decorrenza nell’anno 1994, l’integrazione al trattamento minimo viene concessa ai pensionati che non possiedano
- né redditi propri assoggettabili a IRPEF per un importo superiore a 2 volte l’ammontare del trattamento minimo previsto per le pensioni a carico dell’AGO;
- né redditi cumulati con il coniuge, non legalmente ed effettivamente separato, per un importo superiore a 5 volte l’ammontare del trattamento minimo previsto per le pensioni a carico dell’AGO;
- con riferimento alle pensioni con decorrenza dal 1° gennaio 1995 in poi, l’integrazione al trattamento minimo viene concessa ai pensionati che non possiedano
- né redditi propri assoggettabili a IRPEF per un importo superiore a 2 volte l’ammontare del trattamento minimo previsto per le pensioni a carico dell’AGO;
- né redditi cumulati con il coniuge, non legalmente ed effettivamente separato, per un importo superiore a 4 volte l’ammontare del trattamento minimo previsto per le pensioni a carico dell’AGO.
Dal computo dei redditi sono esclusi quelli derivanti dalla casa di abitazione, quelli esenti da IRPEF, quelli soggetti a tassazione separata e i trattamenti di fine rapporto.
Qualora il reddito del pensionato che beneficia dell’integrazione, negli anni successivi a quello in cui inizia a decorrere la pensione, vari in misura tale da determinare il superamento dei limiti reddituali oltre i quali viene meno il diritto alla prestazione, l’integrazione continua a essere erogata, ma il suo ammontare rimane quello corrisposto al soggetto a dicembre dell’anno precedente la variazione del reddito (pensione c.d. “cristallizzata”).
Nel caso in cui un soggetto sia titolare di due o più pensioni, l’integrazione spetta una sola volta ed è liquidata sulla pensione posta a carico della gestione che eroga il trattamento minimo di importo più elevato o, a parità di importo, della gestione che ha liquidato la pensione avente decorrenza più remota.
Nel caso di titolarità di pensioni dirette e ai superstiti a carico della stessa gestione inferiori al trattamento minimo, l’integrazione al trattamento minimo è garantita sulla sola pensione diretta, sempreché non risultino superati i predetti limiti di reddito.
Integrazione al trattamento minimo degli assegni di invalidità
L’integrazione al trattamento minimo degli assegni di invalidità è regolata da una disciplina ad hoc, la quale prevede che se l’importo dell’assegno risulta inferiore a un limite minimo fissato dal legislatore, al titolare della prestazione spetta una integrazione, purché egli non possieda:
- né redditi propri assoggettabili a IRPEF per un importo superiore a 2 volte l’ammontare dell’assegno sociale;
- né redditi cumulati con quelli del coniuge, non legalmente ed effettivamente separato, per un importo superiore a 3 volte l’ammontare dell’assegno sociale.
Dal computo dei redditi sono esclusi quelli derivanti dalla casa di abitazione, quelli esenti da IRPEF, quelli soggetti a ritenuta alla fonte e le pensioni di guerra. Sono invece inclusi i redditi soggetti a tassazione separata.
L’importo dell’integrazione non può essere superiore all’importo dell’ assegno sociale e l’importo complessivo della pensione, comprensivo dell’integrazione, non può superare il trattamento minimo.