Scheda sintetica
Il congedo per fruire di cure idrotermali è un permesso istituito dalla legge (art. 13 D.L. 463/1983) e distinto dalla malattia o da altri permessi retribuiti. Tale congedo, della durata di 15 giorni non frazionabili, è previsto al massimo una volta all’anno per consentire ai lavoratori di sottoporsi a cure termali per effettive esigenze terapeutiche o riabilitative, per le patologie indicate dal DPCM 12/01/2017.
Fonti normative
- D.L. 463/1983, conv. L. 638/1983 (artt. 13 ss.)
- L. 724/1994 (art. 22, co. 25)
- L. 537/1993 (art. 42)
- L. 412/1991 (art. 16)
- DPCM 12/01/2017 (allegato 9)
Scheda di approfondimento
Il congedo per cure idrotermali spetta ai soli lavoratori dipendenti del settore privato. Anche i lavoratori del settore pubblico possono sottoporsi a questo tipo di terapie, ma i giorni di fruizione delle cure termali sono imputati alle assenze per malattia, così rientrando nel computo del periodo massimo di conservazione del posto di lavoro (periodo di comporto).
La durata del congedo è di 15 giorni, non frazionabili, che comprendono anche giorni festivi o di chiusura dello stabilimento di cure termali e che possono contemplare anche i giorni di viaggio per raggiungere lo stabilimento. È possibile la sospensione o interruzione del periodo di congedo, ma solo per questioni sanitarie (malattia sopravvenuta o insofferenza clinica alle cure, da certificare comunque da parte del personale medico di struttura) o da situazioni personali o familiari di particolare rilevanza.
Le cure termali fruite attraverso il congedo straordinario devono essere erogate da strutture convenzionate con il servizio sanitario nazionale. L’erogazione a carico del SSN è garantita nel limite di un ciclo annuo di prestazioni, fatta eccezione per gli invalidi di guerra e di servizio, dei ciechi, dei sordi e degli invalidi civili, che possono usufruire di un secondo ciclo annuo per il trattamento della patologia invalidante (ma che dovranno comunque fruire di ferie o di altri tipi di permessi per il secondo ciclo di cure).
Rapporti con altri istituti a tutela dei lavoratori
Tra il congedo per cure termali e i congedi ordinari e le ferie annuali deve intercorrere un intervallo di almeno 15 giorni. Tale previsione normativa (art. 13 co. 5 D.L. 463/1983) si riferisce comunque alle ferie “annuali”, ossia a quei periodi di riposo programmati (e programmabili) necessari per il recupero psicofisico del lavoratore (e tutelati costituzionalmente come irrinunciabili). Questo riferimento esclude quindi che brevi periodi di assenza nei quindici giorni precedenti o successivi alla fruizione del congedo per cure termali siano di per sé sufficienti a giustificare il differimento del congedo.
Il congedo per cure termali è retribuito dal datore di lavoro, in quanto equiparato sostanzialmente alla malattia, sebbene da essa distinto. Se invece il trattamento termale avviene nel periodo di malattia, l’indennizzo sarà a carico dell’INPS, fatti salvi i primi tre giorni.
In quanto distinto dalla malattia, il periodo di congedo per cure termali non è computabile ai fini del comporto, salvo espressa previsione del contratto collettivo nazionale applicabile.
Documentazione necessaria
È necessario presentare al datore di lavoro la prescrizione, redatta da un medico specialista ASL, che attesti l’affezione di patologie di cui all’allegato 9 del DPCM 12 gennaio 2017 e per la cui risoluzione sia giudicato necessario il tempestivo trattamento termale, con l’indicazione di un termine per l’inizio della terapia non superiore a 30 giorni.
Il congedo non è soggetto ad alcuna autorizzazione da parte del datore di lavoro, che si limita a verificare la completezza della documentazione prodotta dal dipendente. Per tale ragione, non è richiesto preavviso, ma il dovere del lavoratore di trasmettere la prescrizione entro due giorni dall’inizio delle cure. Per il generale dovere di collaborazione e buona fede, è comunque consigliabile informare il datore di lavoro tempestivamente.
Al rientro in azienda il lavoratore dovrà fornire idonea documentazione, anche cumulativa, rilasciata dallo stabilimento termale, che attesti l’avvenuta sottoposizione alle cure prescritte.
Privacy e controlli
Il datore di lavoro non ha diritto di indagare sulla documentazione medica consegnatagli per la fruizione del congedo, né può espletare controlli di alcun genere, dovendosi limitare a verificare la completezza della documentazione. Quesito diagnostico, diagnosi, terapia nel dettaglio e anche la specializzazione del medico prescrittore, qualora idonea a lasciar intendere le patologie del paziente, possono essere oscurati nella copia di prescrizione da consegnare al datore di lavoro, a tutela della riservatezza del lavoratore su dati sensibili come quelli medici, come ribadito dall’Autorità garante della privacy (ad esempio, GDPD 10 aprile 2014 e GDPD 5 giugno 2014).
Il controllo sulla correttezza della condotta effettivamente terapeutica o riabilitativa del lavoratore è comunque garantito sia dalla necessità che la prescrizione sia redatta da un medico ASL, sia dai sistemi di rilevamento nominativo da parte degli stabilimenti convenzionati SSN nei confronti degli utenti che effettuano le cure durante il congedo. Al termine del trattamento, tali centri producono un attestato di sottoposizione alle cure che il lavoratore dovrà consegnare al datore di lavoro al rientro in azienda.
Casistica di decisioni della Magistratura in tema di congedo per cure termali
- Il congedo per cure termali non deve essere computato in conto ferie, perché “risulterebbe violato il diritto irrinunciabile ad un periodo annuale di ferie retribuite (art. 36, terzo comma, Cost.), che comporta per il lavoratore la facoltà di scelta del modo più adeguato per ritemprare le energie psico-fisiche e non può perciò essere fatto coincidere, per imposizione di legge, con le cure termali, che hanno finalità diverse”. La retribuzione del periodo di congedo per cure termali a carico dei lavoratori non viola il sinallagma contrattuale, dal momento che la tempestiva cura delle affezioni del dipendente è anche “interesse dello stesso datore di lavoro che, retribuendo assenze limitate per cure idonee ad impedire il progresso o l’aggravamento della malattia, può evitare di sopportare in futuro l’onere di un ben maggiore periodo di assenza dovuto al verificarsi di tali eventi”. (C. Cost. 559/1987)
- L’assenza per cure idrotermali è sostanzialmente equiparabile all’assenza per malattia, dal momento che è richiesta, “a giustificazione dell’assenza per cure idrotermali, l’esistenza nel soggetto di uno stato patologico (di solito a decorso cronico o recidivante), il quale, pur non determinando di per sè una diretta e immediata incapacità alla prestazione lavorativa, rende tuttavia questa temporaneamente inesigibile per l’accertata necessità, non dilazionabile fino alle ferie annuali o ai congedi ordinari, di sottoposizione del dipendente a specifici trattamenti idrotermali agli indicati fini terapeutici e, come precisato dalla legge del 1983, anche riabilitativi”. (Cass. civ., Sez. Unite, 17 ottobre 1988, n. 5634)
- Il diritto al trattamento economico di malattia spettante durante il periodo di assenza dal lavoro per fruire di cure termali, compete solo quando cure risultino motivatamente prescritte dal medico specialista per effettive esigenze terapeutiche oppure quando in concreto incompatibili con le ferie oppure quando, pur essendo compatibili, non possano essere differite al periodo feriale prestabilito dal datore di lavoro senza pregiudicare il più efficace conseguimento degli obiettivi terapeutici o riabilitativi di volta in volta perseguiti. (Cass. civ., sez. lav., 23 dicembre 2002, n. 18283)
- Sul lavoratore che contesti di non essere stato ammesso dal datore di lavoro a fruire del congedo straordinario per cure termali grava l’onere di provare di aver trasmesso al datore di lavoro, nel termine di decadenza sostanziale di due giorni dal rilascio la copia della documentazione medica giustificativa del congedo. (Cass. civ., sez. lav., 5 aprile 2004, n. 6638)
- È illegittimo il licenziamento per giusta causa inflitto al dipendente cui è stato concesso il permesso retribuito per le cure termali, fatto pedinare dal datore per dimostrare l’indebita, laddove dalla deposizione degli investigatori privati emerge solo il mancato riscontro dell’entrata e dell’uscita del lavoratore nello stabilimento di cura ma non la sua contemporanea presenza in un altro luogo durante le assenze dal servizio oggetto degli addebiti. (Cass. civ., sez. lav., 21 gennaio 2013, n. 1329)