Questa voce è stata curata da Emil Bertocchi
Scheda sintetica
L’ordinamento lavoristico riconosce al lavoratore il diritto di fruire di periodi di astensione dall’obbligo della prestazione lavorativa, con il mantenimento del posto di lavoro, la conservazione del trattamento retributivo ed economico e il riconoscimento dell’anzianità di servizio.
Tale tutela si sostanzia in permessi retribuiti – ovvero in congedi retribuiti – ed è prevista in una serie tassativa di ipotesi (legge e contratti collettivi) per le quali l’ordinamento ha operato una valutazione di preminenza di specifici interessi costituzionalmente garantiti del lavoratore nei confronti del mero interesse economico (all’attività produttiva) del datore di lavoro.
I periodi di permesso retribuito consentono un pieno godimento dei diritti che la Costituzione riconosce ai cittadini, costituendo una delle forme mediante le quali la Repubblica pone attuazione ai principi costituzionali di solidarietà sociale ed uguaglianza nonché ai rapporti etico-sociali ed economici di cui al titolo II e III della Carta fondamentale.
In estrema sintesi, i casi di permessi e/o congedi retribuiti nell’ordinamento italiano sono i seguenti:
- congedo matrimoniale
- congedo parentale
- permessi per l’assistenza dei disabili
- permessi e congedi per motivi personali e/o familiari
- permessi per motivi di studio
- congedi formativi
- permessi per visite mediche
- permessi per donatori di sangue e di midollo osseo
- permessi per cariche pubbliche ed elettive
- permessi per attività sociali e di volontariato.
Riferimenti normativi
- R.D.L. 24 giugno 1937 n. 1934
- Legge 23 dicembre 1937, n. 2387
- Accordo Interconfederale corporativo del 31 maggio 1941
- Legge 8 marzo 2000 n. 53
- D.M. 21 luglio 2000 n. 278
- D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267
- D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
- D.P.R. 8 febbraio 2001, n. 194
- Legge 18 febbraio 1992, n. 162
- D.M. 24 marzo 1994, n. 379
Casistica di decisioni della Magistratura in tema di permessi retribuiti
In genere
- In sede di fruizione dei permessi ex lege n. 104/1992 da parte del lavoratore, soltanto ove venga a mancare del tutto il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile, si è in presenza di un uso improprio o di un abuso del diritto ovvero di una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro che dell’ente assicurativo che genera la responsabilità del dipendente. (Cass. 19/6/2020 n. 12032, Pres. Nobile Rel. Piccone, in Lav. nella giur. 2021, con nota di A. Caracciolo, La fruizione illecita dei permessi ex L. n. 104/1992, 630)
- Non è consentito fruire dei permessi retribuiti di cui all’art. 33 l. n. 104/92 per l’assistenza di un parente affetto da grave disabilità, quando questi risulti stabilmente ricoverato presso una struttura ospedaliera pubblica o privata che assicuri assistenza sanitaria in modo continuativo. Lo svolgimento di compiti di cura “da remoto” per un tempo marginale ed irrisorio rispetto al totale delle ore di permesso godute integra un abuso del diritto, poiché idoneo a determinare uno sviamento sostanziale della funzione solidaristico-assistenziale cui la norma è preordinata. (Trib. Bari 30/4/2019, Est. Vernia, in Riv. it. dir. lav. 2019, con nota di C. Manolio, “Ancora sull’utilizzo improprio dei permessi retribuiti ex art. 33, L. n. 104/1992”, 600)
- È costituzionalmente illegittimo l’art. 33, co. 3, l. 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) nella parte in cui non prevede il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito di tre giorni per l’assistenza alla persona gravemente disabile, in alternativa al coniuge parente o affine entro il secondo grado. (Corte Cost. 23/9/2016 n. 213, Pres. Grossi Rel. Criscuolo, in Riv. It. Dir. Lav. 2016, con nota di A. Cordiano, “Una nuova pronuncia di incostituzionalità della l. n. 104/1992: i confini evanescenti della convivenza di fatto non registrata”, 139, e in Lav. nella giur. 2017, con commento di G. Zampini, 27)
- Il diniego protratto nel tempo (3 anni) dei permessi ex L. n. 104/1992 determina un pregiudizio risarcibile alla qualità della vita lavorativa della ricorrente, dovendo lavorare nei tre giorni mensili che avrebbero dovuto essere destinati all’assistenza al coniuge, aggravata anche dall’incombente di dover organizzare l’assistenza in forme alternative al proprio impegno diretto. Si tratta di una lesione che ha natura oggettiva, interessa la vita lavorativa della dipendente e la relazione con il congiunto che necessita di assistenza, investe interessi e beni costituzionalmente protetti. (Trib. Firenze 1/9/2016, Giud. Carlucci, in Lav. nella giur. 2016, 1131)
- I permessi per “grave infermità” in base all’art. 4 della l. n. 53/1990, secondo quanto previsto dalla legge, dalla normativa d’attuazione e dal contratto collettivo, vanno concessi quando si dimostri con documento la necessità d’assistenza a coniuge o parente entro il secondo grado o convivente, senza necessità d’indicare la diagnosi e senza necessità di una dicitura formale da parte delle strutture sanitarie. (Trib. Ferrara 1/3/2011, Giud. Riverso, in Lav. nella giur. 2011, con commento di Raffaele Vicidomini, 1040)
- Ai fini della fruizione dei permessi di cui all’art. 33, comma 3, della L. n. 104 del 1992, così come modificata dalla L. n. 53 del 2000, occorre che l’assistenza al parente o affine entro il 3° grado portatore di handicap, ancorché non convivente, sia in atto, continuativa ed esclusiva. (Cass. 22/4/2010 n. 9557, Pres. Vidiri Rel. Napoletano, in Lav. Nella giur. 2010, 729)
- Ai sensi dell’art. 33, 2° comma, L. 5/2/92 n. 104, la lavoratrice madre, o il lavoratore padre, di figli minori di tre anni con “handicap in situazione di gravità” hanno diritto a usufruire – in alternativa al prolungamento fino a tre anni del congedo parentale – di due ore di permesso giornaliero retribuito per ciascun bimbo sino al compimento del terzo anno di vita, e quindi di un permesso doppio in caso di figli gemelli entrambi con handicap grave. (Cass. 25/2/2010 n. 4623, Pres. Roselli Est. Morcavallo, in D&L 2010, con nota di Alessandro Corrado, “IL permesso giornaliero retribuito previsto dagli artt. 33 L. 104/92 e 42 D.Lgs. 151/01 spetta alla lavoratrice madre o al lavoratore padre per ciascun figlio con handicap in situazione di gravità”, 471)
- Ai fini della fruizione dei permessi di cui all’art. 33, 3° comma, L. 5/2/92 n. 104, così come modificata dalla L. 8/3/2000 n. 53, occorre che l’assistenza al parente o affine entro il 3° grado portatore di handicap, ancorché non convivente, sia in atto, continuativa ed esclusiva. (Cass. 22/4/2010 n. 9557, Pres. Vidiri Est. Napoletano, in D&L 2010, con nota di Franco Bernini, “Il requisito della ‘continuità’ dell’assistenza nel godimento dei permessi di cui all’art. 33, L. 104/92”, 474)
- La previsione dell’art. 15 del ccnl 14.9.2000 comparto Regioni e Autonomie locali in materia di permessi per il diritto allo studio, in applicazione dei criteri di ermeneutica previsti dagli artt. 1362 e 1363 c.c., deve essere interpretata nel senso che i permessi straordinari retribuiti possono essere concessi soltanto per frequentare i corsi indicati negli orari coincidenti con quelli di servizio, con esclusione del loro utilizzo per le necessità connesse all’esigenza di preparazione degli esami, ovvero per altre attività complementari (come, a esempio, i colloqui con i docenti o il disbrigo di pratiche di segreteria). (Cass. 22/4/2008 n. 10344, Pres. Ciciretti Rel. Picone, in Lav. nelle P.A. 390)
- I lavoratori invalidi che usufruiscono dei permessi di cui all’art. 33, 6° comma, L. 5/2/92 n. 104 hanno diritto a vedere riconosciuta l’incidenza di tali permessi sugli istituti di retribuzione indiretta, quali la tredicesima e la quattordicesima mensilità nonché le ferie e le ex festività. (Trib. Milano 27/2/2008, Est. Scudieri, in D&L 2008, con nota di Marco Gianluigi Alberio, 617)
- Il datore di lavoro non ha nessun potere discrezionale di imporre unilateralmente al lavoratore la fruizione dei permessi retribuiti; i permessi non fruiti sono sostituiti con la corresponsione della relativa indennità. (Trib. Parma 10/3/2006, Est. Vezzosi, in D&L 2006, 507)
- Il godimento dei permessi giornalieri retribuiti previsti dal comma secondo dell’art. 10 della l. 300/70 è subordinato alla circostanza che il lavoratore debba sostenere prove di esame finalizzate al conseguimento di titoli di studio (compresi quelli universitari) riconosciuti. Nella categoria di titoli riconosciuti vanno ricompresi quelli rilasciati dalle “… scuole dirette a fini speciali” istituite ai sensi del d.p.r. n. 162 del 10 marzo 1982 le quali “… si concludono con il rilascio di un diploma previo superamento di un esame di stato …” (art. 5 d.p.r. 162/82). La frequentazione di tali corsi legittima la pretesa al godimento dei benefici previsti dall’art. 20 del CCNL applicato ai dipendenti dell’Enel e in particolare consente di richiedere “… nei periodi precedenti gli esami, permessi orari retribuiti nella misura di due ore giornaliere per un periodo massimo di dieci giorni per ogni esame universitario…”. (Cass. 25/10/2005, Pres. Mileo Est. Nobile, in Orient. Giur. Lav. 2005, 775)
- Il diritto alla fruizione dei tre giorni di permesso mensile retribuito ai sensi dell’art. 33, 3° comma, L. 104/92, spetta anche nel caso di trasferimento dalla sede di lavoro in luogo lontano dal proprio domicilio abituale, tale da non consentire il pernottamento quotidiano nei pressi del familiare portatore di handicap per la cui assistenza è previsto tale beneficio. (Trib. Milano 23/1/2003, ord., Est. Di Ruocco, in D&L 2003, 437)
- Il permesso retribuito annuale di una giornata lavorativa previsto dall’art. 52, 2° comma, del Ccnl per i dipendenti delle aziende di credito, può essere fruito anche in modo frazionato a ore, posto che il termine “frazionabile” adottato nella norma pattizia non può essere riferito a un’unità presa come indivisibile, e che l’espressione “giornata lavorativa” stabilisce solo l’ammontare complessivo del monte ore (Trib. Milano 30/6/98, pres. Mannacio, est. Gargiulo, in D&L 1998, 997)
- Al lavoratore maggiorenne handicappato in situazione di gravità compete, in applicazione dell’art. 33 c. 6 L. 104/92, la fruizione sia dei permessi giornalieri retribuiti di due ore, sia dei permessi mensili non retribuiti di tre giorni, previsti rispettivamente ai commi 2 e 3 dello stesso articolo (Pret. Brescia 26/6/95, est. Onni, in D&L 1995, 974)
- Al lavoratore, padre di figlio maggiorenne portatore di grave handicap (il cui accertamento ex art. 4 L. 104/92 non è necessario qualora la verifica dell’invalidità sia stata già computa secondo la normativa previgente l’entrata in vigore di detta legge), compete il permesso retribuito mensile previsto dall’art. 33 c. 3 L. 104/92, ove sussista il requisito della convivenza, documentabile mediante lo stato di famiglia (Pret. Massa 16/9/94, est. Spanò, in D&L 1995, 148)
Le segnalazioni della Newsletter di Wikilabour in tema di permessi retribuiti
- Diritto alla reintegrazione per il lavoratore disabile licenziato per aver fruito di giorni di permesso mensile ex art. 33 L. n. 104/1992 in continuità con giorni di festività.
Secondo il datore di lavoro, aver fruito di giorni di permesso per disabili in continuità con giornate di festività avrebbe significato eludere la finalità dei permessi, che sarebbe quella di cura e di assistenza (medica o familiare) del disabile. Viceversa, la Corte ricorda che la finalità dell’agevolazione è piuttosto quella di ristabilire l’equilibrio fisico e psicologico del lavoratore in situazione di disabilità, necessario per godere di un pieno inserimento nella famiglia e nella società. Va pertanto esclusa la configurazione di un abuso di diritto nella fruizione dei permessi da parte del lavoratore portatore di handicap grave per finalità diverse dalle esigenze di cura. (Cass. 25/9/2020, n. 20243, Pres. Raimondi, Rel. Boghetich, in Wikilabour, Newsletter n. 16/2020)