Questa voce, con eccezione della Scheda sintetica, è stata curata da Arturo Di Mario
Scheda sintetica
Può accadere che un lavoratore, durante l’esecuzione del rapporto di lavoro o al di fuori dell’orario e del luogo di lavoro, realizzi un’ invenzione, ovvero crei qualcosa di nuovo (ad esempio, un oggetto, un processo produttivo o un software) che sia suscettibile di essere utilizzato o di avere un’applicazione industriale
Sono casi piuttosto rari, ma è importante sapere che tutta la materia non è disciplinata da norme proprie del diritto del lavoro – ad eccezione dell’art. 2590 del codice civile, che spiega come il lavoratore abbia diritto a essere riconosciuto autore “dell’invenzione fatta nello svolgimento del rapporto di lavoro” – bensì da un Codice (D.Lsg. n. 30/2005, recentemente modificato dal D.Lgs. 131/2010), il Codice della proprietà industriale.
Da ciò consegue che la tutale giudiziaria dei diritti che discendono dall’invenzione non viene offerta dal Giudice del Lavoro, ma dal Tribunale ordinario, il quale con apposite Sezione specializzate, con un procedimento diverso e con tempi di giustizia differenti da quelli propri della magistratura del lavoro, deciderà le questioni in materia di proprietà industriale (generalmente collegate al valore dell’invenzione, cd. equo premio). Questo spiega il perché le controversie sulle invenzioni possano anche essere rimesse alla valutazione di un collegio di arbitrati.
I diritti di cui è titolare il lavoratore – al quale spetta sempre il diritto morale di essere riconosciuto autore dell’invenzione – cambiano a seconda del contesto in cui l’invenzione è realizzata:
- se ciò avviene in adempimento del contratto di lavoro (ad esempio, il lavoratore di un’azienda chimica viene assunto proprio per svolgere attività di ricerca e retribuito proprio al fine di inventare processi nuovi) si parla di invenzioni di servizio; in tal caso, i diritti patrimoniali che ne discendono (tra cui l’equo premio e il brevetto) appartengono al datore di lavoro;
- se non si è assunti o impiegati proprio al fine di inventare, ricercare o studiare, ma accade che nell’esecuzione delle proprie mansioni si inventi qualcosa di nuovo, si parla di invenzioni di azienda; anche in questo caso i diritti derivanti dall’invenzione appartengono al datore di lavoro, ma il lavoratore ha diritto a un equo premio (un compenso apposito), che viene determinato sulla base di molti fattori (le mansioni svolte, la retribuzione, l’importanza dell’invenzione, ma anche l’apporto che l’organizzazione del datore di lavoro ha fornito al lavoratore autore dell’invenzione);
- infine, può accadere che al di fuori dell’orario di lavoro e dal luogo di lavoro, il dipendente ponga in essere un’invenzione che riguardi, tuttavia, il campo di attività del datore di lavoro: si tratta delle cd. invenzioni occasionali. Qui è il lavoratore a essere titolare dei diritti patrimoniali e di brevetto; tuttavia, se l’inventore non vuole sfruttare personalmente l’invenzione (ad esempio, non sa come brevettarla) il datore di lavoro ha un diritto di opzione sull’uso della stessa. Anche in questo caso, spetta al lavoratore una somma di denaro.
Fatta questa sintetica premessa, vediamo la disciplina più specifica.
Campo di applicazione
Datori di lavoro
Tutti i datori di lavoro, sia privati che pubblici (D.Lsg. n. 30/2005, art. 64) e le Università e gli enti pubblici di ricerca (D.Lgs. n. 30/2005, art. 65).
Prestatori di lavoro
Lavoratori subordinati e lavoratori a progetto (art. 65, D.Lgs. n. 276/2003).
Giudice competente
Tutte le controversie relative alle invenzioni rientrano nella competenza di apposite sezioni specializzate del Tribunale (art. 134, D.Lsg. n. 30/2005 come modificato dal L. 99/2009)
Classificazione delle invenzioni
Invenzioni c.d. “di servizio”
(D.Lsg. n. 30/2005, art. 64, c. 1)
Quando l’invenzione industriale è realizzata dal prestatore di lavoro nell’adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o d’impiego, in cui l’attività inventiva (studio, ricerca, sperimentazione, progettazione ecc.) è prevista come oggetto del contratto o del rapporto e a tale scopo è retribuita, i diritti patrimoniali derivanti dall’invenzione stessa appartengono al datore di lavoro, mentre all’inventore spetta il diritto morale di esserne riconosciuto autore (art. 2590 c.c.).
In questo caso al lavoratore non spetta alcun compenso aggiuntivo, rientrando l’attività svolta nell’ambito del normale rapporto sinallagmatico lavoro/retribuzione.
Il contratto di lavoro deve, quindi, prevedere (anche in un momento successivo all’assunzione) a chiare lettere l’oggetto della prestazione, che deve comprendere «non solo l’attività prodromica e funzionale all’invenzione, ma anche la eventuale invenzione e conseguentemente l’utilità che da essa potrà essere tratta» (Cass. n. 10851/1997) e contestualmente stabilire la retribuzione assegnata per l’attività inventiva, a compenso dello «sforzo di ricerca di un quid novi assunto contrattualmente» (Cass. n. 11305/2003).
Non è ritenuto idoneo il riferimento alla «presenza in busta paga di un superminimo individuale non esplicitamente qualificato come corrispettivo dell’attività inventiva» (Cass. n. 1285/2006; conf. Cass. n. 2646/1990, n. 2732/1992).
Il datore di lavoro potrà brevettare o non brevettare, divulgare o mantenere il segreto sull’invenzione, mentre il dipendente/inventore non dovrà divulgare il segreto.
Invenzioni c.d. “di azienda”
(D.Lsg. n. 30/2005, art. 64, c. 2)
Se nel corso del rapporto di lavoro, o di impiego, senza che sia prevista o stabilita alcuna retribuzione per l’attività inventiva, il dipendente realizza un’invenzione (Cass. n. 1285/2006), i diritti derivanti dalla stessa appartengono al datore di lavoro, mentre all’autore spetta il riconoscimento morale come autore e, qualora il datore di lavoro ottenga la concessione di un brevetto o decida di utilizzare l’invenzione (brevettabile) in regime di segretezza industriale, spetta un “equo premio”.
Equo premio
L’equo premio non è vera e propria retribuzione, consistendo piuttosto in «un trattamento economico straordinario a carattere indennitario» (Cass. n. 329/1979), derivante dal fatto che la tecnologia brevettata conferisce «al datore di lavoro un effettivo vantaggio competitivo rispetto alle imprese concorrenti dando origine ad un quid pluris di redditività aziendale alla quale è giusto che partecipi il dipendente» (Relazione illustrativa del testo del “Codice della proprietà industriale”, 11.3).
Il valore del premio è di complessa quantificazione, variando a seconda:
- dell’importanza dell’invenzione;
- delle mansioni svolte;
- della retribuzione percepita;
- del contributo ricevuto dall’azienda.
È possibile che criteri per la determinazione dell’equo premio vengano definiti anche dai CCNL: in questo senso l’art. 4 della L. n. 190/1985 dispone che: «i contratti collettivi possono definire le modalità tecniche di valutazione e l’entità del corrispettivo economico della utilizzazione (…) delle invenzioni fatte dai quadri, nei casi in cui le predette innovazioni o invenzioni non costituiscano oggetto della prestazione di lavoro dedotta in contratto».
Al fine di assicurare la tempestiva conclusione del procedimento di acquisizione del brevetto e la conseguente attribuzione dell’equo premio all’inventore, può essere concesso, su richiesta dell’organizzazione del datore di lavoro interessata, l’esame anticipato della domanda volta al rilascio del brevetto (art. 37, D.Lgs. 131/2010).
La pretesa all’equo premio si prescrive in 10 anni (termine non sospeso in pendenza del rapporto di lavoro, Cass. n. 11305/2003) che decorrono dalla data della concessione del brevetto o, in regime di segretezza, dal momento in cui l’invenzione viene utilizzata dall’impresa.
Invenzioni c.d. “occasionali”
(D.Lsg. n. 30/2005, art. 64, c. 3)
Le invenzioni realizzate dal dipendente al di fuori del rapporto lavorativo – quindi al di fuori dello stesso orario di lavoro – (Cass. n. 2732/1992, n. 11305/2003), ma che riguardino invenzioni industriali rientranti nel campo di attività dell’impresa comporteranno:
- per il datore di lavoro un diritto di opzione – da esercitare entro tre mesi dalla data di ricevimento della comunicazione dell’avvenuto deposito della domanda di brevetto – per l’uso, esclusivo o non esclusivo dell’invenzione o per l’acquisto del brevetto, nonché per la facoltà di chiedere od acquisire, per la medesima invenzione, brevetti all’estero;
- per il dipendente la corresponsione del canone di licenza o del prezzo di cessione dell’invenzione, da fissare con eventuale deduzione di una somma corrispondente agli aiuti che l’inventore abbia comunque ricevuti dal datore di lavoro.
I rapporti costituiti con l’esercizio dell’opzione si risolvono di diritto, ove non venga integralmente pagato alla scadenza il corrispettivo dovuto.
Invenzioni dei ricercatori delle università e degli enti pubblici di ricerca
(D.Lsg. n. 30/2005, art. 65)
Il ricercatore che intrattiene un rapporto di lavoro con un’università, o con una pubblica amministrazione, avente tra i suoi scopi istituzionali finalità di ricerca, è titolare esclusivo dei diritti derivanti dall’invenzione brevettabile di cui è autore.
Se gli autori, dipendenti delle università o delle pubbliche amministrazioni, sono più di uno i diritti derivanti dall’invenzione appartengono a tutti in parti uguali, salvo diversa pattuizione.
L’inventore presenta la domanda di brevetto e ne dà comunicazione all’amministrazione.
L’inventore ha diritto a non meno del cinquanta per cento dei proventi, o dei canoni di sfruttamento dell’invenzione.
Le Università e le pubbliche amministrazioni, nell’ambito della loro autonomia, possono stabilire l’importo massimo del canone, relativo a licenze a terzi per l’uso dell’invenzione, spettante alla stessa università o alla pubblica amministrazione ovvero a privati finanziatori della ricerca.
Nel caso in cui le università o le amministrazioni pubbliche non provvedano alla determinazione del canone alle stesse compete il trenta per cento dei proventi o canoni.
Trascorsi cinque anni dalla data di rilascio del brevetto, qualora l’inventore non ne abbia iniziato lo sfruttamento industriale, a meno che ciò non derivi da cause indipendenti dalla sua volontà, la pubblica amministrazione (di cui l’inventore era dipendente al momento dell’invenzione) acquisisce automaticamente un diritto gratuito, non esclusivo, di sfruttare l’invenzione e i diritti patrimoniali ad essa connessi o di farli sfruttare da terzi, salvo il diritto spettante all’inventore di esserne riconosciuto autore.
Le ricordate disposizioni (art. 65) non si applicano nel caso di ricerca “vincolata” – ovvero, commissionata e finanziata, in tutto o in parte, da soggetti privati o da soggetti pubblici diversi dall’università, ente o amministrazione di appartenenza del ricercatore: in tal caso, generalmente l’attività del ricercatore viene remunerata con una parte dei proventi percepiti dall’università ente o amministrazione di appartenenza.
Software e banche dati
(L. n. 633/1944, art. 12-bis; D.Lgs. n. 276/2003, art. 65, c.2)
Salvo patto contrario, qualora il dipendente o collaboratore a progetto realizzi programmi per elaboratori o banche dati, nell’esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dal datore di lavoro, a quest’ultimo spetta il diritto esclusivo della loro utilizzazione economica.
Presunzione
(D.Lsg. n. 30/2005, art. 64, c. 6)
L’invenzione, per la quale sia stato richiesto il brevetto, si considera realizzata, durante l’esecuzione del contratto o del rapporto di lavoro o d’impiego, entro un anno da quando l’inventore ha lasciato l’azienda privata o l’amministrazione pubblica.
Aspetti processuali
(D.Lsg. n. 30/2005, art. 64, c. 4 e 5, art. 134, c. 3)
La competenza a decidere sull’equo premio, sul canone o sul prezzo spetta al giudice ordinario (sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale – D.Lgs. n. 168/2003).
Può provvedervi anche un collegio di arbitri, composto di tre membri, nominati uno da ciascuna delle parti ed il terzo nominato dai primi due (o, in caso di disaccordo, dal Presidente della sezione specializzata del Tribunale competente dove il prestatore d’opera esercita abitualmente le sue mansioni).
Il collegio può essere adito anche in pendenza del giudizio di accertamento della sussistenza del diritto all’equo premio, al canone o al prezzo, ma, in tal caso, l’esecutività della sua decisione è subordinata a quella della sentenza sull’accertamento del diritto.
Gli arbitri decidono con equo apprezzamento; tuttavia, se la determinazione è manifestamente iniqua o erronea, la determinazione è fatta dal giudice.
Casistica di decisioni della Magistratura
- Sia l’invenzione di servizio che l’invenzione di azienda presuppongono lo svolgimento, da parte del dipendente, di un’attività lavorativa di ricerca volta all’invenzione, mentre l’elemento distintivo tra le due ipotesi risiede principalmente nella presenza o meno di un’esplicita previsione contrattuale di una speciale retribuzione costituente corrispettivo dell’attività inventiva, in difetto della quale (e il relativo onere probatorio incombe sul prestatore di lavoro), spetta al dipendente autore dell’invenzione l’attribuzione di un equo premio. (Cass. 23/1/2006, n. 1285 in F.I. 2006, I, 700, Lav. nella giur. 2006, 700)
- L’elemento distintivo tra invenzione di servizio e invenzione di azienda consiste nel fatto che, nel primo caso, oggetto del contratto di lavoro è l’attività inventiva, cioè il particolare impegno per raggiungere un risultato prefigurato dalle parti, per il che, a fronte di peculiare impegno, è corrisposta una speciale retribuzione che serve proprio a compensare lo sforzo di ricerca di un quid novi assunto contrattualmente. In caso di invenzione di azienda il diritto del lavoratore all’equo premio e il correlativo obbligo del datore di lavoro di corrisponderlo sorgono solo con il conseguimento del brevetto, non essendo sufficiente che si tratti di innovazioni suscettibili di essere brevettate; a tale diritto – trattandosi di una controprestazione straordinaria a carattere indennitario corrisposta una tantum per una prestazione altrettanto straordinaria, costituita dal risultato inventivo non rientrante nell’attività dovuta dal lavoratore – si applica la prescrizione decennale prevista dall’art. 2946 c.c. e il termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il diritto è esigibile, ovvero dalla data di concessione del brevetto. (Cass. 19/7/2003, n. 11305 in G.C. 2004, I, 2739)
- Il contitolare di un brevetto non può sfruttare unilateralmente l’invenzione, né cederla in licenza, salvo che sia stato a ciò autorizzato dagli altri contitolari ai sensi dell’art. 1108 c.c. (Cass. 22/1/2000, n. 5281)