Questa voce è stata curata da Chiara Bovenga
Scheda sintetica
Il decreto ingiuntivo è un provvedimento del Giudice, emesso all’esito di un procedimento per ingiunzione, che permette al creditore di recuperare il proprio credito in tempi relativamente brevi rispetto a quanto accadrebbe tramite l’instaurazione di un procedimento ordinario di cognizione. Infatti, tale provvedimento può essere dotato di provvisoria esecutorietà già dal momento della sua pronuncia, ossia può costituire direttamente titolo esecutivo per l’esecuzione forzata.
Proprio per soddisfare tali esigenze di celerità, il procedimento per ingiunzione è strutturato in modo tale da svolgersi il più rapidamente possibile, potendo il giudice emettere il decreto senza conoscere le ragioni del debitore e senza che venga instaurato il contraddittorio tra le parti. Di conseguenza, il ricorso per decreto ingiuntivo che dà il via al procedimento non va notificato al debitore, poiché verrà notificato solo in un momento successivo insieme al decreto ingiuntivo stesso. Il contraddittorio, invece, si instaurerà solo qualora il debitore presenti opposizione al decreto ingiuntivo nei termini di legge, ossia entro quaranta giorni dalla notifica del ricorso e del decreto.
Il decreto ingiuntivo diviene esecutivo quando:
- siano trascorsi i quaranta giorni senza che sia stata presentata opposizione;
- l’opposizione sia stata rigettata dal Giudice;
- sia stata concessa la provvisoria esecutorietà al decreto nel momento di emanazione del decreto o nella fase di opposizione).
In questi casi, come anticipato, il provvedimento è titolo per procedere all’esecuzione forzata secondo quanto disposto dall’art. 474 c.p.c. che al n. 1) riconosce come titoli esecutivi “i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva” intendendosi, appunto, il decreto ingiuntivo non opposto, ai sensi dell’art. 647 c.p.c.
Nel diritto del lavoro il decreto ingiuntivo è utilizzato principalmente per chiedere il pagamento delle retribuzioni o delle spettanze di fine rapporto e, proprio in ragione del “grave pregiudizio nel ritardo” che ne conseguirebbe, viene quasi sempre chiesto e concesso provvisoriamente esecutivo, anche grazie al fatto che risulta da un documento sottoscritto dal debitore comprovante il credito (il prospetto paga è il documento che si consiglia di utilizzare).
Normativa di riferimento
- Capo I, Titolo I, Libro IV c.p.c. (artt. 633 ss.)
- Art. 474 c.p.c.
- Art. 188 R.D. 18 dicembre 1941, n. 1368 (Disposizioni per l’attuazione del Codice di Procedura Civile e disposizioni transitorie)
- Titolo I, Libro II c.p.c. per le norme sul procedimento civile da applicarsi all’eventuale fase di opposizione
- Titolo IV, Libro II c.p.c. (artt. 409 e ss.) per il processo nel rito del lavoro da applicarsi all’eventuale fase di opposizione per le controversie in materia di diritto del lavoro
A chi rivolgersi
- Studio legale esperto in diritto civile e dell’esecuzione
- Società di recupero crediti
- Studio legale esperto in diritto del lavoro se il credito è di lavoro
Presupposti
L’art. 633 c.p.c. è rubricato Condizioni di ammissibilità e fa riferimento ai requisiti necessari affinché possa essere pronunciato un decreto ingiuntivo.
Anzitutto, colui che propone la domanda deve far valere un credito da intendersi nel senso ampio del termine, ossia ogni diritto a un’altrui prestazione. Con il procedimento per ingiunzione quindi si può ottenere:
- una somma di denaro liquida;
- una determinata quantità di cose fungibili;
- la consegna di cosa mobile determinata.
Al contrario, tramite un decreto ingiuntivo non si può:
- ottenere l’esecuzione coattiva di obblighi di fare e di non fare;
- ottenere l’esecuzione coattiva di obblighi di rilascio di cose immobili;
- ottenere la soddisfazione di crediti aventi ad oggetto quantità non determinate di denaro o di altre cose mobili fungibili.
In ogni caso, il credito deve essere certo, liquido ed esigibile, nonché fondato su prova scritta (ai sensi dell’art. 634 c.p.c.). In particolare, il diritto di credito è certo quando non vi è alcuna controversia circa la sua esistenza, mentre è liquido quando è precisato nel suo importo, o comunque determinabile mediante un calcolo matematico o grazie a elementi desumibili. Invece, si parla di esigibilità nel caso in cui il diritto di credito è scaduto e non è sottoposto a condizioni o termini.
La prova scritta è necessaria poiché, come già anticipato, nella prima fase del procedimento non vi è contraddittorio e, pertanto, solo tramite un documento fisicamente e materialmente percepibile è possibile offrire al Giudice una prova circa la reale esistenza del credito e del diritto.
L’art. 634 c.p.c. chiarisce quali sono le prove scritte ritenute ammissibili dal legislatore: in questo contesto, è stata adottata una nozione di “prova scritta” più ampia rispetto a quella tipicamente accolta nel Codice di Procedura Civile.
Pertanto, hanno efficacia probatoria anche i seguenti mezzi:
- lo scritto proveniente da un terzo;
- le polizze e le promesse unilaterali per scrittura privata provenienti dal debitore anche se non ancora riconosciute (salva la possibilità di disconoscerle nella fase di opposizione) (art. 643, comma 1, c.p.c.);
- i telegrammi e le scritture private anche in mancanza dei requisiti previsti dal Codice Civile (art. 634, comma 1, c.p.c.);
- gli estratti autentici delle scritture contabili, purché bollate nelle forme di legge e regolarmente tenute, per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di denaro e per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano attività commerciale, non solo nei confronti di un altro imprenditore, ma anche nei confronti di chi non è imprenditore (art. 634, comma 2, c.p.c.)
- gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute secondo quanto prescritto per tali scritture (art. 634, comma 3, c.p.c.);
- i libri e i registri della Pubblica Amministrazione, qualora un funzionario autorizzato o un notaio ne abbiano attestato la regolare tenuta a norma delle leggi e dei regolamenti, per i crediti di Stato o di altri enti o istituti soggetti a tutela o vigilanza dello Stato (art. 635, comma 1, c.p.c.);
- gli accertamenti eseguiti dall’Ispettorato del Lavoro per i crediti derivanti da omesso versamento dei contributi previdenziali o assistenziali (art. 635, comma 2, c.p.c.).
Nei casi di “onorari o rimborso di spese a favore di avvocati, procuratori o di chi in generale ha prestato la propria opera in occasione di un processo” e “onorari di notai o di altri esercenti una professione per la quale esiste una tariffa legalmente approvata”, il requisito della prova scritta è soddisfatto dalla presentazione della parcella sottoscritta dal creditore e accompagnata dal parere della competente associazione professionale; il parere non è necessario se l’ammontare delle spese e delle prestazioni è stabilito in base a tariffe obbligatorie (art. 636 c.p.c.). Dal 2012 sono state abrogate le citate tariffe che sono state sostituite con i parametri fissati da appositi regolamenti ministeriali (per gli avv.ti il regolamento di riferimento è il D.M. 20 luglio 2012, n. 140 poi sostituito dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55).
Ai sensi del comma 2 dell’art. 633 c.p.c. il decreto ingiuntivo può essere pronunciato anche se il diritto dipende da una controprestazione o da una condizione, purché vi siano elementi offerti dal ricorrente tali da far presumere l’adempimento della controprestazione o l’avveramento della condizione.
Giudice competente
Il procedimento per ingiunzione si apre con la presentazione di un atto introduttivo davanti al Giudice competente.
Secondo quanto disposto dall’art. 637 c.p.c., per Giudice competente si intende il Giudice (in composizione monocratica) che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria e, dunque, trovano applicazione le norme sulla competenza nel rito civile ordinario (artt. 18 ss. c.p.c.) e a quelle sulla competenza nel rito del lavoro (artt. 413 ss. c.p.c.).
In particolare, se il credito è un credito di lavoro, il ricorso deve essere depositato presso il Giudice del lavoro competente ai sensi dell’art. 413 c.p.c che individua tre fori alternativi. Infatti, il lavoratore può scegliere a sua discrezione se presentare ricorso o al giudice del luogo ove è sorto il rapporto di lavoro (deve intendersi la sede effettiva, anche se non coincidente con quella legale), o al giudice del luogo in cui si trova l’azienda, o al giudice del luogo in cui si trova la dipendenza (da intendersi come aggregato di beni in grado di poter dar vita all’attività lavorativa). Per quanto riguarda quest’ultima ipotesi, giova ricordare come la giurisprudenza di legittimità ha definito la dipendenza come “una struttura organizzativa di ordine economico funzionale dislocata in luogo diverso dalla sede dell’azienda e caratterizzata dall’esplicazione di un potere decisionale e di controllo conforme alle esigenze specifiche dell’attività ad essa facente capo” alla quale è o era addetto il lavoratore. In ogni caso, tale competenza permane anche dopo il trasferimento d’azienda (nel senso ampio del termine: affitto o vendita) purché la domanda sia proposta entro sei mesi dal trasferimento. Qualora non si possa applicare nessuno dei criteri di cui si è detto, si applicheranno le disposizioni generali di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c. È il caso di precisare però che per gli agenti, i rappresentanti di commercio e coloro che rientrano nella definizione di cui al n. 3 dell’art. 409 c.p.c. vi è un unico foro competente inderogabile, senza alternative, e cioè il luogo in cui trova il domicilio del lavoratore.
Se invece il credito non rientra tra quelli di lavoro, la competenza sarà del giudice del luogo in cui ha residenza o domicilio il convenuto; se risultano sconosciuti residenza e domicilio, quello in cui ha dimora; se anche questa dovesse risultare sconosciuta, o nell’ipotesi in cui residenza, domicilio o dimora non fossero nel territorio dello Stato, la competenza sarà del giudice del luogo in cui ha residenza l’attore. Per le persone giuridiche, competente è il giudice del luogo in cui ha la sede la società convenuta o del luogo in cui la società ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a stare in giudizio.
Sono previste ulteriori disposizioni in tema di competenza. È il caso di soffermarsi sull’art. 20 che stabilisce che è anche competente il Giudice del luogo in cui l’obbligazione è sorta o deve eseguirsi (per le obbligazioni relative a somme di denaro viene in rilievo l’art. 1182 che prevede che, se non è diversamente stabilito dalle parti, se l’obbligazione ha ad oggetto una somma di denaro, deve eseguirsi al domicilio del creditore e se invece ha ad oggetto una cosa determinata, deve eseguirsi nel luogo in cui si trovava la cosa quando l’obbligazione è sorta).
Per i crediti a favore degli avvocati, vi è una competenza alternativa e facoltativa in capo sia al Giudice che ha deciso la causa relativa al credito per il quale si agisce mediante procedimento per ingiunzione -previsione valida anche per i cancellieri, gli ufficiali giudiziari e le altre persone indicate all’art. 633, n. 2, c.p.c.-, sia al Giudice del luogo in cui ha sede il Consiglio dell’Ordine al quale è iscritto l’avvocato -previsione valida anche per i notai-.
L’atto introduttivo
L’atto introduttivo del procedimento di ingiunzione è il ricorso. Questa tipologia di atto non deve essere preventivamente notificata alla controparte e poi iscritta a ruolo entro un termine preciso così come avviene per l’atto di citazione, bensì deve essere direttamente iscritta al ruolo in via telematica tramite la Consolle dell’avvocato procuratore della parte ricorrente.
Pare opportuno precisare che solo per crediti di valore inferiore ai 1.100euro il creditore può presentare il ricorso davanti al Giudice di Pace competente per territorio senza l’ausilio di un avvocato.
Per il deposito del ricorso è necessario versare il contributo unificato determinato in base al valore della causa; in ogni caso, l’importo deve essere dimezzato rispetto a quello previsto per il contributo unificato che si dovrebbe versare nel procedimento ordinario poiché si tratta di procedimento monitorio. Se la causa è di lavoro, non deve essere pagata la marca da bollo da 27 euro.
L’art. 638 c.p.c. prevede che il ricorso debba contenere gli elementi previsti dall’art. 125 c.p.c., ossia l’indicazione dell’ufficio giudiziario, delle parti, dell’oggetto della domanda e le ragioni che ne costituiscono il fondamento, nonché la sottoscrizione del procuratore con l’indicazione del codice fiscale, del numero di fax e dell’indirizzo pec. Inoltre, deve essere allegata la procura e essere fornita l’indicazione delle prove che si producono. Laddove la domanda riguardi la consegna di cose fungibili, nel ricorso deve anche essere indicata la somma di denaro che il ricorrente intende accettare nell’ipotesi in cui la consegna materiale sia impossibile (se il Giudice ritiene la somma sproporzionata può chiedere al ricorrente di produrre un certificato della Camera di commercio/industria/artigianato/agricoltura).
Se il ricorrente intende chiedere la provvisoria esecutività del decreto, deve necessariamente presentare la relativa istanza.
La fase necessaria del procedimento per ingiunzione: la fase sommaria e il provvedimento del Giudice
Una volta che la Cancelleria ha assegnato il procedimento al Giudice, questi si pronuncia nel più breve termine possibile inaudita altera parte, ossia senza che sia necessario instaurare il contraddittorio. Pertanto, il giudice può decidere senza sentire le ragioni del debitore, basandosi esclusivamente su quanto scritto nel ricorso introduttivo del giudizio. Con la pronuncia il Giudice può rigettare la domanda oppure, laddove la ritenesse fondata, emettere il decreto ingiuntivo.
Il rigetto si avrà nelle ipotesi in cui non ricorrano i presupposti specifici per l’emanazione del decreto o qualora non vi siano elementi sufficienti a giustificare la domanda. In quest’ultimo caso, il Giudice può però disporre che il cancelliere inviti il ricorrente a integrare la documentazione così da avere un quadro maggiormente esaustivo sulla situazione prima di pronunciarsi. Solo qualora l’integrazione risulti insufficiente, o il ricorrente non vi abbia proprio provveduto, l’organo giudicante pronuncierà il decreto di rigetto che, in ogni caso, non inibirà la riproposizione della domanda sia in via ingiuntiva sia in via ordinaria (art. 640 c.p.c.).
Se invece il Giudice ritiene che vi siano i presupposti, accoglie la domanda e pronuncia il decreto, succintamente motivato, in calce al ricorso. In tale decreto viene ingiunto al debitore di pagare la somma (o di adempiere all’obbligazione) entro il termine di quaranta giorni dalla notifica del decreto (riducibili a dieci o aumentabili a sessanta, secondo il disposto dell’art. 641 c.p.c. se vi sono giusti motivi: ipotesi che raramente si verifica), o cinquanta se la notifica è da effettuarsi in uno Stato dell’UE (riducibili a venti), o sessanta se la notifica è da effettuarsi in uno Stato estraneo all’UE (riducibili a trenta ed estendibili a centoventi). La somma deve essere pagata immediatamente se il decreto è provvisoriamente esecutivo.
Il Giudice ingiunge anche al debitore di pagare gli interessi come da domanda: per esempio, se il ricorso viene proposto in seguito al mancato pagamento del tfr gli interessi decorreranno dal momento della cessazione del rapporto di lavoro fino al saldo. Se si tratta di debiti di valore e cioè quelli che non possono essere predeterminati con precisione nel loro ammontare nel momento in cui sorge l’obbligazione, come accade per il tfr, oltre agli interessi si applica anche la rivalutazione. Infine, precisiamo che se il credito vantato dal ricorrente riguarda una transazione commerciale, ai sensi del D.Lgs. 231/2002, troveranno applicazione gli interessi moratori in luogo di quelli legali.
Nel decreto ingiuntivo il Giudice liquida anche le spese della procedura, ingiungendo al debitore di pagare i) i compensi professionali (liquidati secondo tabelle); ii) le spese (consistenti nelle anticipazioni quali il contributo unificato e l’eventuale marca da bollo); iii) il 15% spese generali calcolato sui compensi; iv) il 4% c.p.a. su spese e 15%; v) iva (se il ricorrente non è una società) su compensi, 15% e 4%). Anche tali somme devono essere pagate nel termine di quaranta giorni o immediatamente se il decreto è provvisoriamente esecutivo.
Nel provvedimento il Giudice avverte il debitore ingiunto che ha diritto di proporre opposizione contro il decreto nel termine di quaranta giorni dalla notifica, precisando che in mancanza di opposizione il decreto diventerà definitivo.
L’efficacia del decreto ingiuntivo
Salvo il caso di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, il decreto è privo di efficacia esecutiva fino a che non decorrono i quaranta giorni previsti dalla legge senza che venga proposta opposizione, ciò vuol dire che solo una volta decorsi questi quaranta giorni il decreto diventerà esecutivo e solo così, nel caso di mancato pagamento da parte del debitore, si potrà procedere a esecuzione forzata (non prima di aver notificato l’atto di precetto, come vedremo più avanti).
Il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo
Se invece il decreto ingiuntivo viene dichiarato provvisoriamente esecutivo (concessione possibile solo se la parte ricorrente ne ha fatto espressamente richiesta nell’atto introduttivo), si può procedere immediatamente con l’esecuzione forzata poiché questo è già titolo esecutivo; ovviamente è comunque necessario aver prima notificato il ricorso, il pedissequo decreto ingiuntivo in forma esecutiva e l’atto di precetto. Giova sottolineare come atto di precetto e titolo possono essere notificati insieme. “Immediatamente”, quindi, deve intendersi trascorsi i dieci giorni minimi richiesti dall’art. 480 c.p.c. dalla notifica del precetto, salva l’ipotesi in cui il Giudice autorizzi l’esecuzione senza l’osservanza di suddetto termine.
Ai sensi dell’art. 642, comma 1, c.p.c. se il credito è fondato su cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa o atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato “il giudice, su istanza del ricorrente, ingiunge al debitore di pagare o consegnare senza dilazione, autorizzando in mancanza l’esecuzione provvisoria del decreto e fissando il termine ai soli effetti dell’opposizione”. In queste ipotesi dunque il Giudice ha l’obbligo di concedere la provvisoria esecutorietà al decreto ove richiesto.
Al contrario l’esecuzione provvisoria può essere concessa a discrezione del Giudice se:
- vi è pericolo di grave pregiudizio nel ritardo (per esempio, se il credito riguarda il mancato pagamento delle retribuzioni, vi è un pericolo di grave pregiudizio nel ritardo poiché si tratta del mezzo di sostentamento del ricorrente; oppure esiste grave pregiudizio nel ritardo se non è stato versato il tfr al ricorrente e questi è disoccupato). Tale pregiudizio deve essere sommariamente dimostrato;
- il ricorrente produce documentazione sottoscritta dal debitore comprovante il diritto fatto valere (per esempio: un prospetto paga);
In queste due ipotesi il Giudice può anche autorizzare l’esecuzione senza il rispetto del termine previsto dall’art. 480 c.p.c., ossia il termine di dieci giorni dalla notifica del precetto da rispettare prima di poter procedere all’esecuzione forzata.
In ogni caso, il Giudice può concedere la provvisoria esecuzione dietro versamento di una cauzione da parte del creditore.
Vi sono poi casi eccezionali in cui il decreto ingiuntivo è esecutivo ”ex, senza quindi bisogno della pronuncia del Giudice in tal senso: si pensi, per esempio, ai decreti ingiuntivi a favore del subfornitore.
La notifica al debitore
L’originalissimo del ricorso con relativo decreto rimane nella cancelleria del Giudice. Pertanto, affinché si possa notificare il ricorso al debitore è necessario munirsi di copia autentica: dopo aver fatto due copie dall’originalissimo in cancelleria, si applicano i timbri di congiunzione tra le pagine e si applica sull’originalissimo la marca da bollo (tranne che per le materie di diritto del lavoro); il cancelliere attesta poi che, in tal data, la prima copia è rilasciata in forma esecutiva -funzionerà da originale-, mentre la seconda è copia conforme all’originale -sarà la copia che rimarrà al debitore ingiunto-. Se il deposito è stato telematico, la notifica avverrà dalla Consolle via pec mediante l’invio della sola scansione dell’originale con la necessaria attestazione di conformità.
Se il decreto è provvisoriamente esecutivo, la copia sarà munita della formula esecutiva con la quale si comanda agli Ufficiali Giudiziari di dare esecuzione al titolo.
Una volta che si hanno tra le mani le due copie, si aggiunge la relata di notifica e si manda a notifica tramite gli Ufficiali Giudiziari (a mani o a mezzo posta a seconda del luogo di destinazione); se invece la notifica avviene via pec (come accade nella maggior parte dei casi, con l’esclusione dei soli casi in cui la controparte non abbia un indirizzo pec) si compila la relata direttamente dalla Consolle.
I documenti allegati, che non vengono notificati al debitore ingiunto, rimangono nella cancelleria del Giudice competente in modo che il debitore possa visionarli ed estrarne copia.
Se la notifica non avviene nel termine di sessanta giorni dalla data di pronuncia, il decreto perde efficacia, ma ciò non preclude la possibilità di riproporre la domanda (l’importante è che il creditore abbia portato alla notifica il decreto nel termine dei sessanta giorni, non che il decreto sia arrivato nelle mani del debitore entro i sessanta giorni).
La fase eventuale del procedimento per ingiunzione: l’opposizione al decreto ingiuntivo
Competente per l’opposizione è l’ufficio giudiziario al quale appartiene il Giudice che ha emesso il decreto. Si tratta di competenza inderogabile. Se il Giudice dell’opposizione accerta che il Giudice che ha emesso il decreto era incompetente, dichiara nullo il decreto.
L’opposizione, che come abbiamo già detto deve essere presentata entro quaranta giorni dalla notifica, è introdotta mediante atto di citazione, salvo il caso in cui il giudizio si svolga con un rito che richiede come atto introduttivo il ricorso (per esempio, il rito del lavoro).
L’atto di citazione quindi va prima notificato alla controparte e, entro i dieci giorni successivi, iscritto al ruolo, dopodiché il giudice fissa l’udienza. Il debitore dunque deve consegnare l’atto agli Ufficiali Giudiziari entro i quaranta giorni, a condizione che la notifica si perfezioni poi.
La comunicazione di fissazione dell’udienza avviene da parte della Cancelleria, tranne ovviamente nei casi in cui venga adottato il rito del lavoro o nei riti che vengono introdotti con ricorso, poiché in questi casi il debitore notifica sia il ricorso in opposizione sia il decreto di fissazione udienza. Il giudizio che si instaura è un giudizio di primo grado che si svolgerà secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito. L’attore in opposizione è il debitore ingiunto, mentre il convenuto opposto è il creditore che ha ottenuto il titolo esecutivo.
L’art. 650 c.p.c. ammette la possibilità di un’opposizione tardiva (oltre quindi il termine di quaranta giorni previsto dal decreto), ma solo qualora il debitore ingiunto (ora opponente) provi di non aver avuto tempestiva conoscenza del provvedimento per caso fortuito (evento di carattere oggettivo indipendente da qualsivoglia volontà umana), forza maggiore (forza esterna ostativa) o irregolarità della notifica (quest’ultima è l’ipotesi più diffusa e comprende qualsiasi vizio della notifica). In tal modo il legislatore ha voluto evitare che un provvedimento, emesso in assenza di contraddittorio e senza che sia stata data al debitore la possibilità di difendersi, possa produrre effetti nei confronti di quest’ultimo con conseguenze pregiudizievoli irreparabili. In questa ipotesi, se era stata concessa la provvisoria esecutorietà, il Giudice può sospenderla. In ogni caso però l’opposizione non è più ammessa, per nessun motivo, decorsi dieci giorni dal primo atto dell’esecuzione.
Ai sensi dell’art. 647 c.p.c se il debitore ingiunto non presenta opposizione, neppure tardiva, o la presenta, ma poi non si costituisce (ipotesi impossibile nelle materie di lavoro poiché la costituzione dell’attore coincide con il momento dell’iscrizione a ruolo che precede la notifica al debitore), il Giudice che ha pronunciato il decreto – su istanza anche orale del creditore – lo dichiara esecutivo. Tuttavia, se risulta o appare probabile che il debitore non abbia avuto conoscenza del provvedimento, il Giudice ordina la rinnovazione della notifica (il creditore dovrà nuovamente notificare ricorso e pedissequo decreto ingiuntivo).
Per ottenere il decreto di esecutività il ricorrente deve presentare istanza di concessione e deve produrre copia autentica del ricorso per ingiunzione e del pedissequo decreto con la relata di notifica, così che possa essere controllato il decorso del tempo necessario per l’ottenimento del decreto di esecutività.
Sarà poi il Cancelliere ad apporre la formula esecutiva così che si possa procedere all’esecuzione forzata.
Dopo la proposizione dell’atto di opposizione, non è più possibile presentare domande riconvenzionali, chiamare in causa del terzo e formulare le eccezioni processuali di rito e preliminari di merito non rilevabili d’ufficio.
La presentazione dell’opposizione, in ogni caso, non fa venir meno il decreto ingiuntivo, né la sua provvisoria esecutorietà qualora sia stata concessa. Qualora si tratti di una controversia relativa alle materie elencate nell’art. 5 D.Lgs. 28/2010, deve necessariamente essere esperito il procedimento di mediazione, pena l’improcedibilità della domanda.
Al contrario, il tentativo obbligatorio di negoziazione assistita (art. 3 D.L. 132/2014) non si applica nei procedimenti per ingiunzione, compreso il giudizio di opposizione.
Può anche accadere che le parti raggiungano un accordo e concilino: in tal caso il verbale di conciliazione sancirà diritti e obblighi di ciascuna parte e diverrà titolo esecutivo definitivo (il Giudice con ordinanza conferma l’esecutorietà), tuttavia rimarranno fermi tutti gli atti esecutivi eventualmente compiuti.
Il giudizio di opposizione si può poi, naturalmente, estinguere per le cause di cui all’art. 306 ss. c.p.c.: rinuncia e inattività delle parti.
In caso contrario, il Giudice si pronuncia con sentenza (si veda il paragrafo Il provvedimento del giudice dell’opposizione).
La concessione della provvisoria esecutorietà nella fase di opposizione
Se la provvisoria esecutorietà non è stata concessa in sede di emanazione del decreto ingiuntivo, in prima udienza con ordinanza non impugnabile (considerata la sua natura cautelare e anticipatoria del giudizio), il giudice può discrezionalmente decidere di concederla se l’opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione (per pronta soluzione si intende l’esistenza di mezzi di prova idonei a fondare l’opposizione). L’organo giudicante è invece obbligato a concedere la provvisoria esecutività se la parte che l’ha chiesta offre cauzione per l’ammontare delle eventuali restituzioni, spese ed eventuali danni.
Com’è chiaro, la provvisoria esecutorietà così concessa ha efficacia fino alla pronuncia resa all’esito del giudizio di opposizione.
La sospensione dell’esecuzione provvisoria
Ai sensi dell’art. 649 c.p.c. il Giudice dell’opposizione può, con ordinanza non impugnabile né revocabile o modificabile, sospendere l’esecuzione provvisoria che è stata concessa dal Giudice della fase sommaria se è richiesto dall’opponente e se ricorrono gravi motivi.
L’ordinanza non fa venir meno gli atti esecutivi già posti in essere che rimangono fermi, però impedisce che se ne possano compiere di nuovi.
Il provvedimento del Giudice dell’opposizione
Il Giudice, all’esito del procedimento, pronuncia una sentenza con la quale accoglie o rigetta il ricorso.
Se il giudice rigetta l’opposizione per qualsivoglia ragione (inammissibilità, improcedibilità o conferma dell’esistenza del diritto vantato dal creditore senza che sussistano fatti estintivi o impeditivi dello stesso), il decreto – se non era già munito di provvisoria esecutorietà né ai sensi dell’art. 642 c.p.c. né ai sensi dell’art. 648 c.p.c. – acquista efficacia esecutiva ai sensi dell’art. 653 c.p.c. Con tale sentenza il Giudice si pronuncia anche sulle spese del procedimento di opposizione, mentre per quanto attiene al procedimento monitorio rimane fermo quanto disposto dal decreto.
Al contrario, se l’opposizione viene accolta solo parzialmente il titolo esecutivo è la sentenza e non il decreto ingiuntivo, ma gli atti esecutivi eventualmente già compiuti in base al decreto (qualora fosse provvisoriamente esecutivo) mantengono la loro efficacia nei limiti della somma o della quantità di cui in sentenza. Infine se l’opposizione viene accolta totalmente perché non sussiste il diritto del creditore o vi sono fatti impeditivi/estintivi dello stesso oppure difetti di rito, il decreto viene integralmente sostituito dalla sentenza (che regolerà i rapporti tra le parti) e perde ogni efficacia esecutiva qualora ne fosse dotato ai sensi o dell’art. 642 c.p.c. o 648 c.p.c. Pertanto, il ricorrente che aveva cominciato l’esecuzione sulla base di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo è tenuto a restituire quando indebitamente ottenuto. In tal caso sarà l’opponente che potrà utilizzare la sentenza come titolo esecutivo per ottenere il proprio credito.
L’esecutorietà quando non viene concessa con la sentenza (o con l’ordinanza che estingue il processo) viene conferita con decreto del Giudice che ha pronunciato l’ingiunzione, in calce al decreto ingiuntivo.
Ai fini dell’esecuzione non è necessario notificare il decreto ingiuntivo poiché era già stato notificato una volta emanato: dunque, è sufficiente notificare l’atto di precetto nel quale si deve fare menzione del titolo e dell’apposizione della formula, e, decorsi infruttuosamente dieci giorni dalla notifica del precetto, si può procedere all’esecuzione forzata.
I decreti dichiarati esecutivi (ossia nei casi in cui è stata concessa la provvisoria esecutorietà in sede di emanazione o nella fase di opposizione, oppure nelle ipotesi in cui non è stata presentata opposizione o è stata presentata oltre il termine, nonché qualora sia stata rigettata l’opposizione) costituiscono titolo per iscrivere ipoteca giudiziale.
Contro la sentenza del Giudice dell’opposizione è possibile proporre appello secondo le normali forme dell’appello nel procedimento civile (o del lavoro per le cause per le quali è competente il Giudice del lavoro). Il provvedimento del Giudice di appello, anche qualora dovesse “ribaltare” la decisione del Giudice dell’opposizione che aveva accolto la domanda dell’opponente, non farà “tornare in vita” il decreto ingiuntivo, poiché l’unico titolo esecutivo sarà comunque la sentenza d’appello.
Contro il provvedimento del Giudice d’appello è possibile proporre ricorso in Cassazione secondo le regole generali, salve anche le regole in ordine agli altri strumenti di impugnazione.
Casistica di decisioni della Magistratura sul decreto ingiuntivo
- L’accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo comporta la definitiva caducazione del provvedimento monitorio, sicché l’eventuale riforma della sentenza di primo grado da parte del giudice d’appello – anche ove impropriamente conclusa con un dispositivo con il quale si “conferma” lo stesso – non determina la “riviviscenza” del decreto ingiuntivo già revocato, che, pertanto, non può costituire titolo per iniziare o proseguire l’esecuzione forzata (Cass., Ord. 6 settembre 2017, n. 20868, in Banca Dati Giuridica UTET-CEDAM)
- Sia con la notifica del ricorso e del relativo decreto ingiuntivo, sia con la comparsa di risposta all’opposizione, l’opposto esercita un’azione di condanna idonea ad interrompere la prescrizione ai sensi dell’art. 2943, 1° e 2° comma c.c. Tale interruzione ha effetti permanenti e non meramente istantanei, ai sensi dell’art. 2945, comma 2° c.c., fino alla sentenza che decide il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ovvero fino a quando quest’ultimo sia divenuto non più impugnabile ed abbia quindi acquistato autorità ed efficacia di cosa giudicata sostanziale al pari di una sentenza di condanna. Dal momento del passaggio in giudicato della sentenza che decide sull’opposizione ovvero del decreto, decorrerà, poi, l’ulteriore termine di prescrizione previsto dall’art. 2953 c.c. (Cass., Ord. 1 novembre 2017, n. 20684, in Banca Dati Giuridica UTET-CEDAM)
- La fattura allegata al ricorso per decreto ingiuntivo, in quanto documento di natura fiscale proveniente dalla parte, costituisce idonea prova scritta ai soli fini della concessione del decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 634 c.p.c., ma non prova l’effettiva sussistenza delle ragioni creditorie tempestivamente contestate nel giudizio di merito conseguente all’opposizione, governato, quanto ai principi della prova e del relativo onere, dalle regole comuni (C. app. Milano, 26 luglio 2017, in Banca Dati Giuridica UTET-CEDAM)
- Il decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, ove non sia proposta opposizione, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo in tal modo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda (Cass., 28 ottobre 2017, n. 28318, in Banca Dati Giuridica UTET-CEDAM)
- In materia di opposizione a decreto ingiuntivo, l’opponente costituitosi tardivamente non può invocare la rimessione in termini per causa non imputabile, ove la relativa istanza sia basata sul ritardo con cui l’ufficiale giudiziario ha consegnato l’originale della citazione con l’attestazione della intervenuta notificazione, dal momento che, ai fini della costituzione in giudizio, il perfezionamento della notificazione non è necessario e l’opponente può depositare in cancelleria anche un atto equipollente, costituito dalla semplice copia (cd. velina) della citazione (Cass., Ord. 19 settembre 2017, n. 21692, in Banca Dati Giuridica UTET-CEDAM)
- L’opposizione a decreto ingiuntivo concesso in materia di locazione, come tale soggetta al rito speciale di cui all’art. 447 bis c.p.c., deve ritenersi tempestiva anche se erroneamente proposta con citazione, anziché con ricorso, qualora entro il termine previsto dall’art. 641 c.p.c., avvenga l’iscrizione a ruolo mediante deposito in cancelleria dell’atto di citazione o di una copia di esso (cd. velina) purché, in quest’ultimo caso, segua poi il deposito dell’originale dell’atto (Cass., 19 settembre 2017, n. 21671, in Banca Dati Giuridica UTET-CEDAM)
- La legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, ex art. 650 c.p.c., presuppone non solo l’accertamento della irregolarità della notificazione del provvedimento monitorio, ma anche la prova, a carico dell’opponente, che a causa di quella irregolarità egli, nella qualità di ingiunto, non abbia avuto tempestiva conoscenza del decreto e non sia stato in grado di proporre una tempestiva opposizione (Trib. Milano, 4 maggio 2017, in Banca Dati Giuridica UTET-CEDAM)
- Il decreto ingiuntivo una volta divenuto non più impugnabile acquista autorità ed efficacia di cosa giudicata sostanziale, al pari di una sentenza di condanna (Trib. Milano, 16 marzo 2017, in Banca Dati Giuridica UTET-CEDAM)
- In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, l’opposto, che riveste la posizione sostanziale di attore, non può proporre domande diverse da quelle fatte valere con l’ingiunzione, essendogli consentito solamente di domandare una somma minore di quella chiesta con l’ingiunzione stessa. L’inosservanza di tale divieto è, peraltro, rilevabile d’ufficio ed anche in sede di legittimità, salvo che sul punto non si sia già formato un giudicato interno. Tale principio è derogabile solo quando, per effetto della riconvenzionale proposta dall’opponente, l’opposto venga a trovarsi in una posizione processuale di convenuto, al quale non può essere negato il diritto di difesa rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, il cui ingresso nel medesimo processo sia stato consentito dal giudice (Trib. Milano, 8 luglio 2016, in Banca Dati Giuridica UTET-CEDAM)
- Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo soggetto al rito del lavoro , attesa la posizione sostanziale di attore dell’opposto la memoria difensiva deve contenere gli elementi previsti dall’art. 414 c.p.c, sicché la mancata indicazione specifica dei fatti e degli elementi di diritto, nonché dei mezzi di prova resi necessari dall’opposizione, può condurre al rigetto di questa con conseguente revoca del decreto (Cass., 3 marzo 2016, n. 4212, in Banca Dati Giuridica UTET-CEDAM)
- Il ricorso per decreto ingiuntivo che non costituisca copia telematica, in quanto recante la firma del difensore in originale, non può essere oggetto di attestazione di conformità del difensore, il quale, in tal caso, è privo della potestà certificativa. Ne consegue che il provvedimento va annullato (Trib. Milano, 29 febbraio 2016, in Banca Dati Giuridica UTET-CEDAM)
- Il passaggio in giudicato, per effetto di mancata opposizione, del decreto ingiuntivo ottenuto dai lavoratori per il pagamento del Tfr preclude la domanda di reintegrazione nel posto di lavoro a seguito di licenziamento per cessazione di attività e anche la domanda di continuazione del rapporto presso la cessionaria dell’attività ai sensi dell’art. 2112 c.c. (Trib. Milano, 20 luglio 2005, in Banca Dati Giuridica UTET-CEDAM)
- Il giudice del lavoro dinanzi al quale sia stata proposta opposizione al decreto ingiuntivo emesso in favore di un lavoratore per il credito per differenze retributive e T.F.R. è competente a conoscere della domanda riconvenzionale proposta dall’opponente diretta ad ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalla negligente condotta tenuta dal lavoratore nell’adempimento della prestazione lavorativa (Cass., 30 maggio 2003, n. 8746, in Banca Dati Giuridica UTET-CEDAM)
In genere
- Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è inammissibile la domanda riconvenzionale dell’opposto, il quale, mantenendo la veste di attore sostanzial, non può estendere l’ambito del giudizio oltre i limiti da lui stesso prefissati mediante il ricorso alla procedura monitoria. (Trib. Reggio Emilia 30/1/2008, Est. Strozzi, in D&L 2008, 595)
- In applicazione del principio della ragionevole durata del processo, nel caso di omessa notifica del ricorso in appello in materia di lavoro (così come quello in opposizione a decreto ingiuntivo), il giudice non può applicare l’art. 291, 1° comma, c.p.c. e assegnare un nuovo termine per la notifica, ma deve dichiarare l’improcedibilità del giudizio, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata o del decreto ingiuntivo opposto; trattandosi tuttavia di questione altamente controvertibile è opportuna la rimessione alle Sezioni Unite. (Cass. 3/10/2007 n. 20721, ord. interlocutoria, Pres. Ciciretti Est. De Matteis, in D&L 2008, con nota di Ilaria Cappelli, “Appello e opposizione a decreto ingiuntivo: si riapre la questione del termine perentorio per la notifica”, 341, e in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di Comastri, “La disciplina del rito del lavoro al vaglio del principio della ragionevole durata del processo”, 689)
- Con riferimento ai crediti portati da decreto ingiuntivo o ordinanza ingiunzione non divenuti definitivi prima della dichiarazione di fallimento ovvero notificati dopo la dichiarazione di fallimento (purchè si tratti di crediti soggetto al concorso in quanto sorti prima della dichiarazione di fallimento), il decreto ingiuntivo o l’ordinanza ingiunzione non possono considerarsi efficaci nei confronti della massa dei creditori stante il disposto dell’art. 52 L.F. (Trib. Grosseto 31/12/2005, Est. Dott. Ottati, in Lav. nella giur. 2006, 1032)
- Non è fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 637, primo comma, c.p.c., “nella parte in cui – secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione – esclude la rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza per territorio oltre i casi dell’art. 28 c.p.c.” nella fase senza contraddittorio del procedimento per decreto ingiuntivo, così pregiudicando il principio del contraddittorio ed il diritto di difesa. Si deve infatti ritenere, sulla base di un’interpretazione conforme a Costituzione, che il giudice adito per l’emissione del decreto ingiuntivo possa rilevare d’ufficio la propria incompetenza per territorio. (Cost. 24/10/2005 n. 410, Pres. Capotosti Rel. Vaccarella, in Dir. e prat. lav. 2006, 65)
- Al ricorso per ingiunzione per crediti inerenti a rapporti di lavoro o di previdenza e assistenza obbligatorie non si applicano le prescrizioni dell’art. 414 c.p.c. sul contenuto del ricorso introduttivo, nel senso che, fermo restando che il creditore che agisce in via monitoria deve indicare gli elementi essenziali dell’azione e cioè la causa petendi e il petitum, nella memoria di costituzione a seguito di opposizione egli può specificare l’una e l’altro e formulare ulteriori prove, costituende o costituite, a sostegno della pretesa azionata con il ricorso per ingiunzione, nonché modificare la domanda introdotta nel ricorso per ingiunzione, senza tuttavia poter formulare domande nuove; in ogni caso eventuali nullità del ricorso per decreto ingiuntivo non possono determinare automaticamente la nullità della memoria di costituzione in giudizio, potendo rilevare solo ai fini del regolamento delle spese della fase monitoria. (Cass. 4/8/2004 n. 14962, Pres. Ciciretti Rel. Filadoro, in Lav. nella giur. 2005, 83 e in Dir. e prat. lav. 2005, 127)
- Il decreto ingiuntivo reso esecutivo per mancata opposizione ha efficacia di giudicato sostanziale. (Corte d’appello Venezia 26/1/2004, Pres. Pivotti Est. Lendaro, in D&L 2004, 463, con nota di Marco Orsenigo, “Decreto ingiuntivo ed effetti del giudicato”)
- E’ possibile proporre un secondo ricorso per ingiunzione se il decreto già concesso è divenuto inefficace per mancata notificazione, ancorchè tale inefficacia non sia stata dichiarata dal giudice. (Cass. 6/6/2003 n. 9132, Pres. Ianniruberto Est. Vidiri, in Foro it. 2003, parte prima, 2997)
- Allorquando dinanzi al pretore, giudice del lavoro, venga proposta opposizione a decreto ingiuntivo per un credito di lavoro e l’opponente formuli domanda riconvenzionale, non rientrante per materia nella competenza del pretore giudice del lavoro e comunque eccedente per valore la competenza del pretore, e non venga eccepita dalle parti l’incompetenza per valore sulla domanda riconvenzionale, né questa venga rilevata d’ufficio dal giudice nei termini stabiliti dall’art. 38, secondo comma c.p.c. (nel testo precedente alle modifiche introdotte dalla L. n. 353/1990, trattandosi, nella specie, di causa iniziata prima del 30 aprile 1995) e non si proceda quindi alla separazione delle cause e alla rimessione al tribunale della domanda riconvenzionale, anche quest’ultima va trattata con il rito del lavoro, ai sensi dell’art. 40, terzo comma, c.p.c., come modificato dall’art. 5 della citata L. n. 353/1990 (applicabile nel caso di specie per essere stato il giudice iniziato dopo il primo gennaio 1993), e l’eccezione di incompetenza non può essere formulata per la prima volta in sede di legittimità. (Cass. 14/3/2002, n. 3753, Pres. Trezza, Est. Prestipino, in Lav. nella giur. 2003, 36, con commento di Guarino Guarnieri)
- Le somme dovute al lavoratore in virtù della sentenza del giudice del lavoro, che ordinando la reintegrazione, condanni il datore di lavoro al pagamento della retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento annullato alla data della sentenza, se non precisamente quantificate, possono essere liquidate in separato procedimento monitorio – senza che si incorra nel divieto del bis in idem – non aprendo, la predetta sentenza, direttamente la via dell’esecuzione forzata, per mancanza dei requisiti di liquidità e certezza di cui all’art. 474 c.p.c. (Trib. Salerno ordinanza 8/3/02, pres. e est. De Stefano, in Lavoro giur. 2002, pag. 642, con nota di Rossi, Riflessioni sui procedimenti in materia esecutiva su sentenza in tema di licenziamento)
- Nell’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo di pagamento non è ammissibile una domanda riconvenzionale proposta dal creditore opposto. (Trib. Parma 6/11/2001, Est. Brusati, in D&L 2002, 222)
- Al ricorso per decreto ingiuntivo in materia di lavoro e previdenza non si applicano le prescrizioni dell’art. 414 c.p.c. sul contenuto del ricorso introduttivo, ma la disciplina dettata per queste controversie trova applicazione a seguito dell’opposizione al decreto ingiuntivo (in conformità alla precisazione dell’art. 645, comma 2, c.p.c.) e di conseguenza il convenuto opposto, che riveste la posizione di attore sostanziale, nella memoria di costituzione deve articolare la domanda secondo le specificazioni di cui all’art. 414 c.p.c. (Trib. Modena 2/2/01, est. Cervelli, in Lavoro giur. 2001, pag. 469, con nota di Miscione, Nessun contributo di mobilità per i non aventi diritto all’indennità)