Questa voce è stata curata da Chiara Bovenga
Scheda sintetica
Il Giudice Delegato è l’organo del fallimento che si occupa di vigilare e controllare la regolarità della procedura e di svolgere una serie di altre funzioni specifiche elencate nella Legge fallimentare.
Il Giudice Delegato, insieme al Curatore, viene nominato dal Tribunale fallimentare con la sentenza dichiarativa di fallimento.
Normativa di riferimento
- L. 16 marzo 1942, n. 267 (Legge fallimentare) come novellata da D. Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 (Riforma della Legge fallimentare) e successivamente modificata da D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169 (c.d. Decreto correttivo)
Scheda di approfondimento
Funzioni
Al Giudice Delegato spettano una serie di compiti previsti da norme specifiche sparse all’interno della Legge Fallimentare. Non solo: il Giudice Delegato, secondo quanto stabilito dall’art. 25 della Legge fallimentare, ha poi un potere generale di vigilanza e controllo sulla regolarità della procedura ed esercita le funzioni elencate all’interno dello stesso articolo.
A) Funzioni previste nell’art. 25
Consistono nel:
- riferire al Tribunale su ogni affare per il quale è richiesto un provvedimento del collegio;
- emettere o far emettere dalle autorità competenti i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio, ad eccezione di quelli che incidono sui diritti dei terzi che rivendichino un diritto incompatibile con l’acquisizione;
- convocare il Curatore e il Comitato dei creditori sia nei casi prescritti dalla legge sia qualora lo ritenga opportuno per il giusto e celere svolgimento della procedura;
- su proposta del Curatore, liquidare i compensi e disporre l’eventuale revoca dell’incarico conferito alle persone nominate nell’interesse del fallimento dal Curatore;
- provvedere sui reclami proposti contro gli atti del Curatore e del Comitato dei creditori. Questa previsione va letta in collegamento con l’art. 36 della stessa Legge fallimentare: il fallito e ogni altro interessato possono proporre reclamo al Giudice Delegato per violazione di legge contro le autorizzazioni, i dinieghi e le omissioni del Comitato dei creditori e contro gli atti di amministrazione del Curatore. Il Giudice Delegato decide con decreto motivato contro il quale è ammesso ricorso al Tribunale e se accoglie il reclamo contro un comportamento omissivo del Comitato dei creditori provvede sostituendosi a questo;
- autorizzare per iscritto il Curatore a stare in giudizio (per atti determinati e con rinnovazione dell’autorizzazione per ciascun grado)
- su proposta del Curatore, liquidare i compensi e disporre la revoca dei difensori nominati dal Curatore;
- procedere all’accertamento dei crediti e degli altri diritti reali vantati dai terzi;
- nominare gli arbitri, su proposta del Curatore, dopo aver verificato la sussistenza dei requisiti prescritti dalla legge.
B) Altre funzioni
Sono disposte dai vari articoli della stessa Legge fallimentare consistono nel:
- nominare il Comitato dei creditori entro trenta giorni dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento e procedere all’eventuale sostituzione dei componenti dello stesso (art. 40);
- decidere sulle domande di ammissione al passivo presentate dai creditori concorsuali, formare lo stato passivo e renderlo esecutivo con decreto (art. 96);
- successivamente alla sentenza dichiarativa di fallimento, su proposta del Curatore con l’assenso del Comitato dei creditori, autorizzare l’esercizio provvisorio dell’azienda (anche limitatamente a specifici rami) , fissandone la durata (art. 104 co.2);
- analogamente, su proposta del curatore e successivamente al parere favorevole del Comitato dei creditori, autorizzare l’affitto d’azienda (o di un suo ramo) qualora lo ritenga utile ai fini della più proficua vendita della stessa (art. 104 bis co.1);
- autorizzare il Curatore ad affidare ad altri professionisti alcune incombenze della fase di liquidazione dell’attivo patrimoniale (art. 104-ter, co. 3);
- autorizzare l’esecuzione degli atti conformi al programma di liquidazione (art. 104-ter, ult. co.);
- sospendere le operazioni di vendita su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altri interessati, successivamente al parere del Comitato dei creditori, se ricorrono gravi e giustificati motivi (art. 108);
- ricevere informazioni sugli esiti delle operazioni di vendita (art. 107, co. 5)
emettere i mandati di pagamento delle somme depositate sul conto della procedura (art. 34); - autorizzare il pagamento dei crediti prededucibili che siano liquidi, esigibili e non contestati al di fuori del procedimento di riparto se l’attivo è sufficiente a soddisfare tutti i titolari di questi crediti (art. 111-bis, co. 3);
- autorizzare l’azione di responsabilità nei confronti del Curatore (art. 38);
- liquidare il sussidio alimentare al fallito che si trovi in stato di difficoltà per la mancanza dei mezzi di sostentamento (art. 47) e fissare gli importi che occorrono al fallito per il sostentamento proprio e della sua famiglia (art. 46);
- stabilire le modalità di pagamento nei riparti (art. 115) e ordinare il riparto, sentite le proposte del Curatore (art. 117);
- sostituire il Comitato dei Creditori qualora questo non si riesca a comporre, nelle ipotesi di inerzia e nei casi di urgenza (art. 41, co. 4).
Provvedimenti del Giudice Delegato ed impugnazioni
I provvedimenti del Giudice Delegato assumono la forma del decreto.
Contro tali provvedimenti, a meno che non sia diversamente disposto (ad esempio, per il decreto di esecutività dello stato passivo si prevede questo sia impugnabile solo con i mezzi espressamente disposti dall’art. 98), è ammesso reclamo al Tribunale, che decide in camera di consiglio.
Il reclamo può essere proposto dal fallito, dal Curatore, dal Comitato dei creditori o da ogni altro interessato. Fallito, Curatore e Comitato dei creditori possono proporre reclamo entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione del decreto; mentre per ogni altro interessato il termine decorre dall’esecuzione delle formalità pubblicitarie disposte dal Giudice Delegato o dal Tribunale. Il reclamo non può comunque essere proposto decorsi novanta giorni dal deposito del provvedimento in cancelleria.
Il reclamo non sospende di per sé l’esecuzione del provvedimento.
Il reclamo si propone con ricorso. Tale atto deve contenere una serie di indicazioni: il Tribunale o la Corte d’Appello competente, il giudice delegato e la procedura; le generalità del ricorrente che deve anche eleggere domicilio nel comune in cui ha sede il giudice; le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fonda il reclamo e le relative conclusioni; i mezzi di prova dei quali ci si intende avvalere con annessa documentazione.
Entro cinque giorni dal deposito del ricorso, viene fissata l’udienza di comparizione. Tra la data del deposito e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non superiore a quaranta giorni.
Il ricorso va poi notificato ad opera del reclamante al Curatore e ai contro interessati entro cinque giorni dalla comunicazione del decreto. Tra la data della notifica e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni e il resistente deve costituirsi in giudizio almeno cinque giorni prima della data fissata per l’udienza, eleggendo domicilio nel luogo in cui ha sede il giudice e presentando una memoria difensiva contenente anche l’indicazione dei mezzi di prova.
Qualunque interessato può intervenire, ma non oltre il termine stabilito per la costituzione del resistente.
All’udienza il collegio sente le parti e può assumere i mezzi di prova anche d’ufficio.
Entro trenta giorni dall’udienza il collegio provvede con decreto motivato con il quale conferma, modifica o revoca il provvedimento reclamato.
Esiste, a tal proposito, una causa di incompatibilità: il Giudice Delegato non può far parte del collegio investito del reclamo contro i suoi decreti.