Questa voce è stata curata da Filippo Capurro
Definizione
Il distacco si ha quando un datore di lavoro (detto distaccante), per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto (distaccatario) per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa.
Scheda sintetica
Il comando o distacco costituisce espressione tipica dei poteri direttivi dell’imprenditore e postula, quindi, come unici requisiti indefettibili, i seguenti elementi:
- l‘interesse del datore di lavoro distaccante;
- la temporaneità del distacco, intesa non come brevità ma come non definitività;
- La funzionalità del distacco allo svolgimento di una “determinata attività lavorativa”.
Quanto all’interesse, il distacco può essere legittimato da qualsiasi interesse produttivo del distaccante che non coincida con quello alla mera somministrazione di lavoro altrui.
Quanto alla temporaneità non è richiesta una durata predeterminata fin dall’inizio, né che essa sia più o meno lunga o sia contestuale all’assunzione del lavoratore, ovvero persista per tutta la durata del rapporto, ma solo che coincida con quella dell’interesse, appunto temporaneo, del datore di lavoro a che il proprio dipendente presti la sua opera in favore di un terzo.
Quanto alla funzionalità del distacco allo svolgimento di una “determinata attività lavorativa” il lavoratore deve essere adibito ad attività specifiche e funzionali al soddisfacimento dell’interesse proprio del distaccante escludendosi una mera messa a disposizione di energie.
Il lavoratore non può opporsi al distacco. Tuttavia:
- il distacco che comporti un mutamento delle mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato;
- il distacco che comporti un trasferimento ad unità produttiva sita a più di 50 km da quella di provenienza deve essere giustificato da comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.
Permangono in capo al datore di lavoro gli obblighi retributivi, previdenziali e assicurativi e il diritto di esercitare il potere disciplinare – eventualmente, nel silenzio della legge, delegabile al distaccatario. Rimane al distaccante inoltre il potere di determinare la cessazione del distacco.
Il distaccatario esercita invece il potere direttivo. Gli obblighi in materia di salute e sicurezza incombono sia sul datore di lavoro che ha disposto il distacco che sul beneficiario della prestazione. Sul primo grava l’obbligo di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali egli viene distaccato. Al secondo spetta invece l’onere di ottemperare a tutti gli altri obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro inclusa, quindi, la sorveglianza sanitaria.
In difetto dei requisiti di legittimità del distacco sono previste conseguenze giuridiche sia con riguardo all’imputazione del rapporto di lavoro, sia a livello sanzionatorio.
Discipline particolari esistono per il distacco nell’ambito dei contratti di rete tra imprese, nell’ambito dei gruppi societari e con riguardo ai distacchi transnazionali.
Fonti normative
- art. 8, comma 3, DL 148/1993 (conv. con l. 236/1993)
- d.lgs. 276/2003 artt. 18, 30 e 31
- art. 1, comma 1183, L. 296/2006
- art. 3, comma 6, D.Lgs. 81/2008
- art. 32, comma 4, lett. d), L. 183/2010
- d.lgs. 17/07/2016 n. 136
- d.Lgs. 8/2016
Cosa fare e tempi
Nel caso di distacco illegittimo (e sempre che si intenda chiedere la costituzione o l’accertamento del rapporto di lavoro in capo al distaccatario), impugnare il distacco nel termine di 60 gg. dalla sua cessazione inviando una apposita comunicazione all’utilizzatore.
Depositare il ricorso nel successivo termine di giorni 180.
Nel caso di licenziamento conseguente alla cessazione del distacco impugnare il licenziamento nel termine di 60 gg. dalla sua cessazione inviando una apposita comunicazione all’utilizzatore.
Depositare il ricorso nel successivo termine di giorni 180.
A chi rivolgersi
- Ufficio vertenze sindacale
- Studio legale specializzato in diritto del lavoro
Documenti necessari
- contratto di lavoro
- busta paga
- lettera di distacco
- eventuale lettera di licenziamento
Scheda di approfondimento
Inquadramento giuridico
Il distacco consiste nell’invio di un lavoratore, a prestare una attività lavorativa nell’interesse del suo datore di lavoro, presso un soggetto diverso che esercita il potere direttivo.
Una simile evenienza avviene nel nostro ordinamento giuridico in circostanze eccezionali e espressamente previste, essendo invece la regola generale la corrispondenza tra la titolarità del rapporto di lavoro e l’utilizzo della relativa prestazione lavorativa.
Altri casi di dissociazione tra titolarità del rapporto e utilizzo della prestazione sono la somministrazione e i rari casi di codatorialità, mentre l’appalto, rappresenta solo in via indiretta una forma di utilizzo della prestazione altrui, in quanto il committente non esercita alcun diretto potere di conformazione sui lavoratori occupati nell’appalto.
L’art. 30 del Decreto legislativo n. 276/2003 ha dettato per la prima volta una disciplina legale del distacco, istituto fino ad allora affidato sostanzialmente alla regolamentazione giurisprudenziale.
Esso qualifica come distacco l’ipotesi in cui un datore di lavoro (detto distaccante), per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto (distaccatario) per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa.
I requisiti del stacco sono dunque i seguenti:
- l’interesse del distaccante;
- la temporaneità;
- la funzionalità del distacco allo svolgimento di una determinata attività lavorativa.
Il distacco è espressione dell’esercizio del potere direttivo del datore di lavoro. Pertanto, salvi alcuni casi di cui si dirà, non occorre il consenso del lavoratore.
Il distacco è possibile sia per il lavoro a tempo indeterminato che per quello a termine, sia per il contratto a tempo pieno che per quello part time.
Inoltre il distacco può essere anche parziale, ossia solo per una parte del tempo di lavoro.
I requisiti del distacco
L’interesse del distaccante
L’interesse del distaccante è elemento qualificante del distacco. Non occorre invece la sussistenza di un interesse concorrente del distaccatario o del lavoratore.
L’interesse deve essere giuridicamente lecito e funzionale alla produzione del risultato perseguito nell’organizzazione del lavoro.
L’interesse deve sussistere per tutta la durata del distacco.
La novella del 2003 non dà una specifica definizione di questo requisito. Tuttavia, poiché la struttura sostanziale dell’istituto non ha di fatto subito particolari stravolgimenti rispetto alla precedente elaborazione della giurisprudenza, si ritiene ragionevole far riferimento agli stessi criteri, che avevano concorso nel tempo a definire, ma meglio sarebbe dire a costruire, la sua morfologia.
Può pertanto sostenersi che l’interesse del distaccante deve riguardare l’attività istituzionalmente svolta dal medesimo e dunque può consistere in una qualsiasi motivazione tecnica, produttiva o organizzativa al medesimo facente capo.
Occorrerà ovviamente che tale interesse sia lecito e rilevante.
L’utilizzo del termine “soddisfare”, da parte della norma, suggerisce inoltre l’esigenza di concretezza dell’interesse e la sua effettiva soddisfazione nell’ambito della prestazione resa dal lavoratore distaccato, mentre non è possibile escludere che tale interesse abbia una natura non economica, ad esempio morale o solidale.
Già prima della novella, infatti, era stato ritenuto legittimo l’interesse di natura solidaristica nell’ambito di un distacco da parte di una cooperativa di propri dipendenti fin dall’assunzione.
Infine deve trattarsi di un interesse che non derivi da stabili esigenze produttive o organizzative dell’impresa distaccante; diversamente la definitività dell’interesse farebbe venir meno un requisito dell’istituto, del quale diremo.
Importanti sono le Circ. Min. Lav. 15/01/2004, n. 3 e 24 giugno 2005 n. 28, che hanno fornito numerosi chiarimenti sull’istituto, anche attingendo alla pregressa esperienza giurisprudenziale, alla quale peraltro si è ispirata anche la norma che ha introdotto l’istituto (l’art. 30 d.lgs. 276/2003). In particolare è stato ritenuto che il distacco può essere legittimato da qualsiasi interesse produttivo del distaccante che non coincida con quello alla mera somministrazione di lavoro altrui.
In sostanza l’interesse dovrà essere:
- specifico (ossia individuato con precisione e senza riferimenti generici);
- rilevante (ossia di una certa importanza in quanto deve produrre riflessi di carattere organizzativo e produttivo);
- concreto (attinente ai processi produttivi, logistici ed amministrativi aziendali, senza presentare margini di astrattezza);
- persistente (permanere per tutta la durata del distacco);
- di natura produttiva, commerciale ed amministrativa del distaccante, e non coincidere con l’interesse lucrativo connesso alla mera somministrazione di lavoro. E’ pertanto da escludersi che l’interesse del distaccante possa risiedere nella mera aspettativa di guadagno derivante al distaccante dalla fornitura di manodopera, poiché in tal caso si sarebbe in presenza di un’ipotesi di somministrazione irregolare, sulle cui conseguenze si dirà infra. Sul punto la menzionata circolare ha escluso che l’eventuale rimborso corrisposto dal distaccatario al distaccante dei costi afferenti al lavoratore, possa superare “quanto effettivamente corrisposto al lavoratore dal datore di lavoro distaccante”.
Secondo l’interpello Min. Lav. 11/07/2005 prot. 1006, che riguarda l’art. 95 C.C.N.L. edile, l’Interesse del distaccante di “salvaguardare la professionalità” del lavoratore è rilevante e integra l’interesse di cui all’art. 30, d.lgs. 276/2003.
Nello stesso senso anche la giurisprudenza che ha ritenuto rilevante l’interesse del datore di lavoro alla formazione professionale del lavoratore distaccato.
L’interesse del distaccante si presume sussistere se il distacco avviene nell’ambito di una c.d. rete di imprese e, secondo qualche interpretazione anche nei gruppi societari. Si rinvia infra allo specifico paragrafo di approfondimento.
Nulla porta infine a escludere che il distacco possa avvenire parzialmente, ossia possa riferirsi solo ad una parte della prestazione lavorativa del distaccante, ipotesi questa confermata peraltro dalla Circ. Min. Lav. 15/01/2004, n. 3.
La temporaneità del distacco
Il requisito della temporaneità del distacco è espressamente prevista dal primo comma dell’art. 30, D. Lgs. 276/2003, nel quale si afferma che vi è distacco quando un datore di lavoro “pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto (…)”.
E’ quindi necessario che il distacco duri limitatamente al tempo in cui persista l’interesse del distaccante.
Questo era anche l’orientamento della giurisprudenza precedente alla novella.
La Circ. Min. Lav. 15/01/2004, n. 3 ha precisato che il concetto di temporaneità coincide con quello di non definitività, indipendentemente dalla entità della durata del periodo di distacco, fermo restando che tale durata sia funzionale alla persistenza dell’interesse del distaccante.
Si può dire pertanto che la durata del distacco non deve essere necessariamente predeterminata nel senso di richiedere un preciso termine finale, mentre la sua temporaneità è una necessaria implicazione della non definitività dell’interesse del distaccante.
La natura temporanea del distacco, ovviamente nulla implica circa la sua concreta durata che può non essere affatto breve, laddove l’interesse del distaccante si snodi su un lungo periodo di tempo.
La funzionalità del distacco allo svolgimento di una “determinata attività lavorativa”
La normativa richiede che il distacco avvenga “per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa”.
Su questo requisito non si è molto soffermata la giurisprudenza; tuttavia lo stesso è significativo in quanto precisa e circoscrive l’attività destinata a soddisfare l’interesse sotteso del distaccante, anche nel senso che non è ammissibile che il distaccatario vari, sulla base delle proprie specifiche esigenze – sia pure nel rispetto dell’art. 2103 c.c. – l’attività lavorativa oggetto del distacco.
Mutamento di mansioni e di luogo della prestazione
L’art. 30 D.lgs. 276/2003 ha poi introdotto due nuove limitazioni:
- il distacco che comporti un mutamento delle mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato;
- il distacco che comporti un trasferimento ad unità produttiva sita a più di 50 km da quella di provenienza deve essere giustificato da comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.
Per mutamento delle mansioni deve intendersi un mutamento pur sempre legittimo ai sensi dell’art. 2103 c.c. e della eventuale vigente disciplina del C.C.N.L..
In caso di attribuzione al lavoratore distaccato di mansioni superiori presso il distaccatario, le conseguenze di cui all’art. 2103 c.c. si verificheranno in capo al distaccante.
Quanto al luogo della prestazione, interessante è il contenuto della Nota Min. Lav 02/02/2011 n. 25/I/0001387. Essa evidenzia che è senz’altro ammissibile lo svolgimento del distacco presso un luogo diverso dalla sede legale del distaccatario (ad es. trasporto, manutenzione d’impianti, controllo di sistemi informatici, eventuali prestazioni di natura intellettuale, etc.). Viene tuttavia osservato che la prestazione del lavoratore presso una sede di lavoro diversa da quella del distaccatario costituisce un elemento di fatto della prestazione che potrà eventualmente essere valutato, unitamente agli altri, per verificare l’effettiva sussistenza dei requisiti di legittimità e l’assenza di condotte elusive della disciplina in materia di distacco.
Ai fini della legittimità del distacco è quindi sostanzialmente ininfluente il luogo di svolgimento dell’attività, purché sussistano tutti i requisiti propri della fattispecie.
Con riguardo al distacco di rappresentanti sindacali, può sorgere una questione.
L’art. 22, comma 1, L. 300/1970 stabilisce infatti che il trasferimento dall’unità produttiva dei dirigenti delle Rsa può essere disposto solo previo nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza. Da un lato è vero che il trasferimento consiste in una modifica definitiva della sede di lavoro, mentre il distacco ha carattere necessariamente temporaneo. Tuttavia un distacco di prevedibile lunga durata potrebbe costituire il mezzo per raggiungere, con un istituto lecito, un fine illecito, ossia quello di scavalcare l’autorizzazione sindacale. La questione rimane dunque aperta.
Il distacco nell’ambito delle procedure di licenziamento collettivo
L’art. 30 d.lgs. 276/2003 non ha modificato la disciplina prevista dall’articolo 8, comma 3, DL 148/1993 (conv. con L. 236/1993).
Essa riguarda gli accordi sindacali stipulati nell’ambito delle procedure di mobilità e di licenziamento collettivo ai sensi degli artt. 4 e 24 L. 223/1991, i quali, al fine di evitare le riduzioni di personale, possono regolare il comando o il distacco di uno o più lavoratori dall’impresa ad altra per una durata temporanea.
La forma del distacco e gli adempimenti amministrativi
Non è previsto alcun requisito di forma scritta per il distacco. Di solito però il datore di lavoro ne dà comunicazione scritta al lavoratore.
Poiché il datore di lavoro è tenuto a comunicare per iscritto al lavoratore il luogo di lavoro, entro trenta giorni dall’assunzione art. 1, D. Lgs. 152/97, nel caso di assunzione con immediato distacco si avrà pertanto necessità di una comunicazione scritta al lavoratore.
Il distacco del lavoratore è oggetto, da parte del distaccante, di comunicazione obbligatoria on line ai Servizi per l’Impiego entro 5 giorni dall’inizio del distacco art. 1, comma 1183 L. 296/2006 e Nota Min. Lav. 01/03/2012 n. 4258.
Il distaccante deve procedere alle annotazioni integrali sul LUL (Libro Unico del Lavoro) anche con riferimento al calendario delle presenze e ai dati retributivi (Vademecum Min. Lav. 05/12/2008). Il distaccatario deve invece annotare sul proprio LUL i dati identificativi del lavoratore distaccato.
E’ assai frequente la stesura di corrispondenza tra distaccante e distaccatario con l’intento di accordarsi circa le condizioni del distacco anche in relazione al rimborso dei relativi costi da parte del distaccatario così come all’eventuale delega al medesimo dell’esercizio del potere disciplinare.
Il distaccatario non può calcolare il lavoratore disabile distaccato presso di lui, a copertura delle quote di riserva previste dalla L. 98/1999, cosa che invece può fare il datore di lavoro distaccante.
I diritti e le obbligazioni delle parti
Circa il potere direttivo sul lavoratore nulla dice la norma ma si ritiene che lo stesso venga esercitato legittimamente dal distaccatario, al quale nei fatti è delegato dal distaccante al fine dell’assolvimento dell’incarico, sia pure limitatamente all’ambito delle attività oggetto del distacco.
Il potere disciplinare è invece esercitato dal datore di lavoro distaccante. E’ evidente che lo stesso sarà informato dal distaccatario dei comportamenti integranti infrazione disciplinare al fine di poter avviare eventuali iniziative disciplinari ai sensi dell’art. 7, L. 300/1970 e del C.C.N.L. applicato. È comunque sempre possibile che negli accordi interaziendali il distaccante deleghi l’esercizio del potere disciplinare al distaccatario, ma è un caso piuttosto raro.
La norma nulla dice circa la normativa disciplinare applicabile al rapporto di lavoro durante il periodo del distacco; si pone quindi la questione se il lavoratore distaccato sia tenuto al rispetto del codice disciplinare del distaccante o di quello del distaccatario il quale peraltro potrebbe persino applicare un C.C.N.L. diverso, con evidente problematiche di efficacia soggettiva, oppure di quelli di entrambi.
Sembra che, non essendosi interrotto il vincolo contrattuale con il distaccante, sia difficile escludere la rilevanza della normativa disciplinare vigente presso lo stesso. E’ però anche vero che la normativa disciplinare è funzionale al migliore svolgimento dell’attività lavorativa nel singolo contesto. Si pensi ad esempio a un lavoratore distaccato in ambienti di lavoro caratterizzati da particolari divieti funzionali alla sicurezza (ad es. divieto di fumare). In questi casi un’adeguata informativa al lavoratore di questi codici dovrebbe poter comportare un obbligo di rispetto.
Responsabile del trattamento retributivo e contributivo è il datore di lavoro, ossia il distaccante.
Il distaccatario potrà rifondere al distaccante i costi del lavoro, sebbene è importante evidenziare che un rimborso che ecceda il mero costo è visto con sospetto ed è in effetti indice di una possibile somministrazione di lavoro, dove l’interesse è più che altro il mark up a beneficio del distaccante. Sul punto è emblematica la Circ. Min. Lav. 15/01/2004, n. 3 che ha escluso che l’eventuale rimborso corrisposto dal distaccatario al distaccante dei costi afferenti al lavoratore, possa superare “quanto effettivamente corrisposto al lavoratore dal datore di lavoro distaccante”.
Da notare anche che nel distacco non è previsto alcun meccanismo di tutela del lavoratore riconducibile alla responsabilità solidale tra distaccante e distaccatario, a differenza di quanto avviene negli appalti ai sensi dell’art. 29, comma 2, d.lgs. 276/2003.
Tale garanzia è invece prevista in caso di distacco transnazionale.
I premi INAIL sono pagati dal datore di lavoro distaccante sulla base dei premi e della tariffa applicati al distaccatario.
Nel distacco dei lavoratori gli obblighi in materia di salute e sicurezza incombono sia sul datore di lavoro che ha disposto il distacco che sul beneficiario della prestazione.
Sul primo grava l’obbligo di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali egli viene distaccato. Al secondo spetta invece l’onere di ottemperare a tutti gli altri obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro inclusa, quindi, la sorveglianza sanitaria (Interpello Min. Lav. 18/05/2016 n. 8).
Secondo la giurisprudenza, nel prevedere che rimangano a carico del distaccatario tutti gli obblighi di prevenzione e protezione, salvo l’obbligo di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali questi viene distaccato (posto in capo al datore di lavoro distaccante), l’art. 3, comma 6, D.Lgs. 81/2008 specifica e riduce la posizione di garanzia del distaccante, limitatamente alla fase di esecuzione del contratto oppure per il tempo durante il quale il lavoratore distaccato esegue la prestazione, cosicché prima che abbia corso il distacco il datore di lavoro distaccante ha la titolarità degli obblighi tipici della posizione datoriale.
Il datore di lavoro distaccante è responsabile, ai sensi dell’art. 2049 c.c. , dei fatti illeciti commessi dal dipendente distaccato, atteso che il distacco presuppone uno specifico interesse del datore di lavoro all’esecuzione della prestazione presso il terzo, con conseguente permanenza della responsabilità, secondo il principio del rischio di impresa, per i fatti illeciti derivati dallo svolgimento della prestazione stessa.
Distacco e licenziamento
Una questione di notevole rilevanza pratica riguarda il potere di licenziamento a seguito della cessazione del distacco.
Si ritiene perlopiù che la semplice cessazione dell’interesse al distacco o la soppressione del posto di lavoro presso l’azienda distaccante non sia sufficiente a giustificare il licenziamento, perché vanno verificati gli elementi costitutivi del giustificato motivo oggettivo con riferimento all’ambito aziendale del datore di lavoro – ossia del distaccante – sul quale ricade anche l’onere probatorio circa l’impossibilità di “repechage”.
Il licenziamento del lavoratore distaccato per ragioni organizzative deve essere quindi motivato con riferimento alla situazione dell’azienda distaccante.
Il distacco nelle reti e nei gruppi di imprese
Alcuni casi specifici sono affrontati dalla normativa o dalle interpretazioni giurisprudenziali e amministrative, in ipotesi di reti di imprese e di gruppi di imprese.
Il distacco nell’ambito di c.d. reti di imprese
L’art. 30, comma 4 ter, d.lgs. 276/2003 (introdotto dal DL 76/2013) ha stabilito che, qualora il distacco di personale avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un repechage contratto di rete di impresa repechage che abbia validità ai sensi del d.lgs. 5/2009, l’interesse della parte distaccante repechage sorge automaticamente repechage in forza dell’operare della rete.
In particolare, secondo l’art. 3, comma 4 ter, d.lgs. 5/2009, con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa.
Nell’ambito di una rete siffatta, il legislatore repechage presume l’esistenza dell’interesse repechage del datore di lavoro appartenente alla rete a distaccare il lavoratore presso altro soggetto della rete.
La norma impone tuttavia un’attenzione interpretativa. Occorre infatti circoscrivere la presunzione alle fattispecie nelle quali l’attività del lavoratore sia comunque repechage funzionale al perseguimento dello specifico “scopo” repechage del contratto di rete.
La norma fa salve le tutele del lavoratore in materia di mobilità dei lavoratori. Il lavoratore dunque potrà essere adibito a diverse mansioni solo nei limiti di cui all’art. 2103 c.c., come peraltro riformato dal d.lgs. 81/2003.
Il distacco nei gruppi societari
Quanto ai gruppi societari di imprese, ci si è domandati se la mera appartenenza di società al medesimo gruppo, sia sufficiente ad integrare una presunzione di esistenza dell’interesse al distacco.
La questione non è semplice.
L’art. 31, comma 1, d.lgs. 276/2003 si limita a stabilire che i gruppi di impresa, individuati ai sensi dell’articolo 2359 c.c. e del d.lgs. 74/2002, possono delegare lo svolgimento degli adempimenti di cui all’articolo 1 L. 12/1979, alla società capogruppo per tutte le società controllate e collegate.
La stessa norma, poi, nei commi successivi da 3 bis a 3 quinques (aggiunti dal d.lgs. 76/2013) introduce l’inedito istituto della repechage co-datoralità repechage in ambito agricolo e, in certi casi, anche nell’ambito di contratti di rete.
Non si parla invece di deroghe alle regole generali del distacco per i gruppi di imprese.
Tuttavia già la circolare Circ. Min. Lav. 15/01/2004, n. 3 aveva precisato che la formulazione della novella legislativa legittima le prassi di distacco all’interno dei gruppi di impresa, le quali corrispondono a una reale esigenza di imprenditorialità, volta a razionalizzare, equilibrandole, le forme di sviluppo per tutte le aziende che fanno parte del gruppo.
Peraltro l’ipotesi di distacco infra gruppo era stata ritenuta legittima anche prima della Riforma dalla Circ. Min. Lav. 11/4/2001, n. 5/26183, cit., che aveva individuato anche per tale fattispecie interesse del distaccante e temporaneità come requisiti essenziali per la legittimità del distacco.
Più precisa è la recente risposta ad Interpello Min. Lav. 20/01/16 n. 1, secondo la quale può ritenersi che anche nel repechage gruppo di imprese repechage venga condiviso un “medesimo disegno strategico” finalizzato al raggiungimento di un unitario risultato economico che trova, peraltro, rappresentazione finanziaria nel bilancio consolidato di gruppo. In questo quadro, continua il Ministero, appare possibile ritenere che in caso di ricorso all’istituto del distacco tra le società appartenenti al medesimo gruppo di imprese, ricorrendo, quanto meno, le condizioni di cui all’art. 2359, comma 1, c.c., l’interesse della società distaccante possa coincidere con il comune interesse perseguito dal gruppo analogamente a quanto espressamente previsto dal Legislatore nell’ambito del contratto di rete.
Qui occorre porsi la domanda se, pur animati da buone e ragionevoli intenzioni, sia legittimo applicare in via analogica una deroga – alla disciplina del distacco (che di per sé è già una deroga alle regole generali – che l’ordinamento giuridico prevede in via speciale solo per il contratto di rete. La risposta affermativa non è così scontata.
E’ quindi possibile che un tale orientamento amministrativo non superi il vaglio della giurisprudenza. E’ già stato evidenziato, infatti, che il collegamento economico funzionale tra imprese appartenenti ad un medesimo gruppo societario non sia di per sé sufficiente a far ritenere automaticamente esistente l’interesse al distacco.
Diversa appare invece l’ipotesi di contratti di appalto di servizi tra le società di un gruppo. E’ stato infatti affermato che costituisce ipotesi di legittimo distacco quella di un dipendente presso altra società del medesimo gruppo di imprese che si occupi dell’amministrazione del personale di tutte le società del gruppo, poiché la scelta risponde a una comune esigenza di razionalità ed economicità del servizio. La circostanza che al dipendente distaccato siano stati dati compiti relativi al personale di una determinata società del gruppo non incide sulla legittimità del distacco, trattandosi di questione relativa alle modalità interne di distribuzione del lavoro.
Cenni sulla co-datorialità
Da non confondersi con il distacco è la c.d. co-datorialità.
Si tratta di un istituto introdotto nel nostro ordinamento giuridico dal D.L. 76/2013, convertito con L. 99/2013 che ha aggiunto all’art. 31 d.lgs. 276/2003 i commi da 3 bis a 3 quinquies.
In particolare è stato previsto che le imprese agricole, ivi comprese quelle costituite in forma cooperativa, appartenenti allo stesso gruppo, ovvero riconducibili allo stesso proprietario o a soggetti legati tra loro da un vincolo di parentela o di affinità entro il terzo grado, possono procedere congiuntamente all’assunzione di lavoratori dipendenti per lo svolgimento di prestazioni lavorative presso le relative aziende.
L’assunzione congiunta può essere effettuata anche da imprese legate da un contratto di rete, quando almeno il 40 per cento di esse sono imprese agricole. I co-datori di lavoro rispondono in solido delle obbligazioni contrattuali, previdenziali e di legge che scaturiscono dal rapporto di lavoro instaurato nell’ambito della co-datorialità.
Il distacco transnazionale
Una disciplina speciale è stata introdotta per il c.d. distacco transnazionale dal d.lgs. 136/2016 che attuala Direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15/05/ 2014, concernente l’applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi e recante modifica del Regolamento UE.
La disciplina riguarda in particolare i lavoratori abitualmente occupati in un altro Stato membro che, per un periodo limitato, predeterminato o predeterminabile con riferimento ad un evento futuro e certo, svolgono il loro lavoro in Italia. L’obiettivo è un sistema di tutele che eviti disparità di trattamento tra lavoratori operanti in Italia e forme di dumping tra ordinamenti.
Differenza tra distacco e somministrazione e conseguenze del distacco privo dei requisiti di legge
Inquadramento
Si è detto che il distacco è una forma di utilizzo del lavoro con esercizio del potere direttivo da parte di un soggetto al quale non fa capo la titolarità formale del rapporto di lavoro. Tale situazione giuridica di dissociazione tra titolarità del rapporto e utilizzo della prestazione lavorativa costituisce eccezione rispetto alla regola generale del nostro ordinamento giuridico.
Si è visto che, per essere legittimo, occorre che il distacco sia dotato dei requisiti sopra esaminati. Quando essi mancano si ha somministrazione irregolare di lavoro.
Le conseguenze del distacco illegittimo
Le conseguenze di tale situazione sono diverse.
A) L’azione del lavoratore
Anzitutto il lavoratore illegittimamente distaccato, ai sensi dell’art. 30, comma 4 bis, d.lgs. 276/2003, può chiedere, mediante ricorso giudiziale, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo.
E’ altresì da tenere ben presente che tale azione è sottoposta a un rigoroso termine di decadenza. Più precisamente l’art. 32, comma 4, lett. d), L. 183/2010 (c.d. Collegato Lavoro) stabilisce che, in ogni caso in cui si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto, si applicano i termini previsti dall’art. 6, L. 604/1966. In particolare la norma si riferisce al termine di decadenza di giorni 60 per l’impugnazione del distacco – che deve intendersi decorrere dalla sua cessazione – e al successivo termine di giorni 180 per il deposito del ricorso, in assenza del quale l’impugnazione del distacco perde definitivamente efficacia.
Estrema cautela va inoltre prestata nel caso in cui il lavoratore intendesse porre in essere una qualche forma di autotutela contro un distacco dal medesimo ritenuto illegittimo, ad esempio rifiutando di adempiere alla disposizione del datore di lavoro.
La giurisprudenza ha infatti precisato che occorre valutare con attenzione se il rifiuto sia giustificato dall’arbitrarietà dell’ordine, in relazione alle finalità perseguite in concreto, o se, in relazione a tutte le circostanze del caso, da un lato l’interesse del datore di lavoro avesse rilievo sufficiente per giustificare il provvedimento e, dall’altro, il rifiuto del lavoratore costituisse mancanza di gravità tale da giustificare la sanzione espulsiva.
Altresì è stato precisato che è legittimo il licenziamento comunicato dal datore al rifiuto del dipendente a ottemperare al provvedimento di distacco laddove tale provvedimento, dopo una cessione del ramo d’azienda e relativa ristrutturazione determinata da crisi economica, risulti indicato come unica soluzione offerta dal datore al personale di ogni qualifica per salvaguardare i livelli occupazionali.
Per cui è sempre buona norma, prima di adottare iniziative individuali, consultare il sindacato o un avvocato del lavoro.
B) La sorte dei pagamenti e degli atti del datore di lavoro formale nel distacco illecito
Tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata.
Tutti gli atti compiuti dal somministratore per la costituzione o la gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti dal soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione.
Ciò significa che le obbligazioni assolte e gli atti compiti dal datore di lavoro formale sono efficaci anche per l’utilizzatore.
C) Le sanzioni
Sul piano sanzionatorio l’art. 18, comma 5 bis, d.lgs. 276/2003 prevede che nel caso di distacco privo dei requisiti di legge, l’utilizzatore e il somministratore sono puniti con la pena dell’ammenda di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione. Qualora vi sia sfruttamento di minori, la pena è dell’arresto fino a diciotto mesi e l’ammenda è aumentata fino al sestuplo.
Il d.lgs. 8/2016 ha provveduto a depenalizzare l’ipotesi base del reato di intermediazione illecita di manodopera per violazione delle disposizioni in materia di appalto e distacco, ma non anche l’ipotesi aggravata relativa allo sfruttamento dei minori, in quanto non costituiscono reato, secondo l’art. 1 del D.Lgs. 8/2016, e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena dell’ammenda.
Sulla norma si è già espressa la Suprema Corte che ha ribadito che deve ritenersi che, in assenza di un’espressa esclusione, sono depenalizzate le fattispecie disciplinate dall’articolo 18 del decreto legislativo 276/03 punite con la sola pena pecuniaria, tra cui il reato di «appalto illecito» e di «distacco illecito», essendo tali fattispecie di reato, nella loro ipotesi-base, punite con l’ammenda di euro 50 per ogni lavoratore occupato per ogni giornata di occupazione e dovendosi considerare che l’articolo 1 del decreto legislativo 8/2016 dispone al primo comma che «non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda».
Secondo la risposta ad Interpello Min. Lav. 07/11/2014 n. 27, in caso di somministrazione irregolare e di distacco illecito, le sanzioni economiche appositamente già previste e la eventuale costituzione del rapporto in capo all’effettivo utilizzatore escludono la possibile applicazione anche delle sanzioni per lavoro “nero” e delle altre sanzioni amministrative legate agli adempimenti di costituzione e gestione del rapporto di lavoro.
D) Altre possibili conseguenze
Sul piano della possibile condotta antisindacale è stato altresì ritenuto che l’impiego fraudolento di lavoratori neo assunti da un’impresa distaccante presso l’impresa distaccataria a condizioni economiche inferiori rispetto a quelle dei lavoratori alle dipendenze di questa ultima, possa costituire una condotta antisindacale se elude, di fatto, le trattative sindacali per la sottoscrizione di un contratto aziendale sul salario di ingresso. Infatti l’interposizione di manodopera si configura come una violazione delle prerogative sindacali se mira a conseguire in modo fraudolento l’obiettivo di applicare condizioni economiche inferiori ai lavoratori neo assunti, obiettivo osteggiato dalle organizzazioni sindacali in occasione delle trattative per il rinnovo del contratto aziendale dell’impresa distaccataria.
Il c.d. distacco “improprio”
Da non confondersi con il distacco è la fattispecie di sospensione del rapporto di lavoro con contestuale costituzione di altro rapporto parallelo presso un diverso datore di lavoro presso il quale, per un periodo di tempo, il lavoratore presterà la propria attività. Si tratta di una fattispecie utilizzata soprattutto nell’ambito dei gruppi di imprese con sedi in diversi paesi, presso le quali il lavoratore viene inviato.
In questi casi non occorre la sussistenza dei requisiti del distacco.
Il distacco improprio è uno schema già descritto da risalente giurisprudenza e ribadito da quella più recente. Una recente pronuncia descrive appunto l’ipotesi nella quale le parti abbiano pattuito un “distacco” del lavoratore che, fermo il perdurare del vincolo con il datore di lavoro distaccante, faccia sorgere un distinto rapporto con altro imprenditore – nel caso di specie all’estero – con sospensione del rapporto originario; la pronuncia precisa che in questa ipotesi i due rapporti restano separati, anche se le due società sono gestite da società collegate, senza che si possano imputare, se non diversamente pattuito, alla società distaccante le obbligazioni relative al secondo rapporto.
Qui ciascun datore di lavoro gestisce autonomamente il rapporto di lavoro che al medesimo fa capo (uno due rapporti è peraltro sospeso).
Potrebbe anche capitare che i due rapporti siano coesistenti, ove ad esempio l’attività venga prestata per entrambi sia pure in giorni diversi.
Ipotesi limite si hanno in situazione di gestione promiscua dell’attività oggetto del rapporto, con esercizio del potere direttivo da parte di diversi soggetti, nel qual caso si può al limite aversi un caso di unico centro di imputazione del rapporto nonché i rari casi di co-datorialità ai quali si è sopra accennato.
Casistica di decisioni della Magistratura in tema di distacco
In genere
- In caso di calo dell’attività produttiva, è legittimo il temporaneo distacco di un dipendente al fine di preservarne il patrimonio professionale e di incrementarne la polivalenza funzionale. (Cass. 17/9/2020 n. 19414, ord., Pres. Nobile Rel. Cinque, in Lav. nella giur. 2020, 1208)
- In caso di distacco del lavoratore in violazione delle condizioni previste dal comma 3 dell’art 30, D.Lgs. n. 276 del 2003 (distacco che comporti un mutamento delle mansioni che richiede il consenso del dipendente e distacco con trasferimento ad una unità produttiva sita a più di 50 km da quella cui il lavoratore sia adibito che richiede la sussistenza di comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive e sostitutive), non è prevista la sanzione della costituzione del rapporto alle dipendenze dell’utilizzatore, a differenza di quanto stabilito per la fattispecie di cui al comma 1 del medesimo articolo, dovendosi ritenere, in base ad un interpretazione letterale e logico – sistematica, oltre che rispondente ad un ragionevole bilanciamento di interessi, che solo alla ipotesi ritenuta più grave del distacco senza i requisiti fondamentali dell’interesse e della temporaneità sia riconosciuta la tutela civilistica di tipo costitutiva e sanzionatoria di tipo amministrativo (già di tipo penale), mentre per il “quomodo” attraverso cui il distacco venga attuato sia accordata solo la tutela civilistica di tipo risarcitoria. (Cass. 11/9/2020 n. 18959, ord., Pres. Nobile Est. Cinque, in Lav. nella giur. 2020, 1209)
- In caso di distacco del lavoratore, ai sensi dell’art 30, D.Lgs. n. 276 del 2003, la prova dell’interesse temporaneo del distaccante è a carico del datore di lavoro, costituendo requisito qualificante della fattispecie. (Cass. 11/9/2020 n. 18959, ord., Pres. Nobile Est. Cinque, in Lav. nella giur. 2020, 1210)
- Il distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa. Costituisce ipotesi di interposizione fittizia di manodopera, e non di legittimo distacco, quella del comando di un dipendente presso altra società in carenza d’interesse del datore di lavoro (fattispecie in cui la lavoratrice svolgeva compiti amministrativi che riguardavano esclusivamente l’attività della società distaccataria ed era allocata in una stanza con soli dipendenti di quest’ultimi). (Trib. Napoli 2/10/2019, n. 6082, Est. Coppola, in Riv. It. Dir. Lav. 2020, con nota di A. Ingrao, “Marchandage du travail tra appalto e distacco illeciti. Quando il datore di lavoro è un software nella logistica 4.0”, 98)
- L’articolo 14, punto 1, lettera a), del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento (CE) n. 118/97 del Consiglio, del 2 dicembre 1996, come modificato dal regolamento (CE) n. 631/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, e l’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CEE) n. 574/72 del Consiglio, del 21 marzo 1972, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento n. 1408/71, nella versione modificata e aggiornata dal regolamento n. 118/97, devono essere interpretati nel senso che, qualora l’istituzione dello Stato membro nel quale i lavoratori sono stati distaccati abbia investito l’istituzione che ha emesso certificati E 101 di una domanda di riesame e di revoca degli stessi, sulla scorta di elementi raccolti nell’ambito di un’inchiesta giudiziaria dalla quale è emerso che tali certificati sono stati ottenuti o invocati in modo fraudolento, e l’istituzione emittente non abbia tenuto conto di tali elementi ai fini del riesame della correttezza del rilascio dei suddetti certificati, il giudice nazionale può, nell’ambito di un procedimento promosso contro persone sospettate di aver fatto ricorso a lavoratori distaccati servendosi di tali certificati, ignorare questi ultimi se – sulla base di detti elementi e in osservanza delle garanzie inerenti al diritto a un equo processo che devono essere accordate a tali persone – constati l’esistenza di una tale frode. (Corte di Giustizia, Grande Sezione, 6/2/2018, C-359/16, Pres. Lenaerts Rel. Regan, in Riv. it. dir. lav. 2018, con nota di C. Faleri, “’Le droit cesse où l’abus commence’ ovvero sulla pronuncia della Corte di Giustizia riguardo al carattere vincolante della certificazione previdenziale nei casi di distacco transnazionale”, 647)
- Il rifiuto da parte del lavoratore di eseguire un provvedimento illegittimo di distacco non costituisce insubordinazione grave. Perciò, ove tale condotta gli sia addebitata e posta a fondamento del licenziamento per giusta causa, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione per insussistenza del fatto addebitatogli. (Corte app. Bologna 4/5/2017, Pres. Ed Est. Bruscati, in Riv. Giur. Lav. prev. soci. 2018, con nota di S. Donà, “Il rifiuto di eseguire un distacco illegittimo è autotutela del lavoratore (non insubordinazione)”, 40)
- Nel caso di distacco che prevede un mutamento di mansioni è necessario, ai sensi dell’art. 30, d.lgs. n. 276/2003, il consenso del prestatore di lavoro quale elemento costitutivo della fattispecie e requisito di legittimità del provvedimento del datore di lavoro. (Corte app. Bologna 4/5/2017, Pres. Ed Est. Bruscati, in Riv. Giur. Lav. prev. soci. 2018, con nota di S. Donà, “Il rifiuto di eseguire un distacco illegittimo è autotutela del lavoratore (non insubordinazione)”, 40)
- L’art. 12-bis, punto 1-bis, del Regolamento n. 574/72 del Consiglio, del 21.3.1972, che stabilisce le modalità di applicazione del Regolamento n. 1408/71 del Consiglio, del 14.6.1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, nella versione modificata e aggiornata dal Regolamento n. 118/97 del Consiglio, del 2.12.1996, come modificato dal Regolamento n. 647/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13.4.2005, deve essere interpretato nel senso che un certificato E101, rilasciato dall’istituzione designata dall’autorità competente di uno Stato membro, ai sensi dell’art. 14, par. 2, lett. a, del Regolamento n. 1408, nella versione modificata e aggiornata dal Regolamento n. 118/97, come modificato dal Regolamento n. 647/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13.4.2005, vincola tanto le istituzioni di sicurezza sociale dello Stato membro in cui l’attività lavorativa viene svolta quanto i giudici del medesimo Stato membro, anche qualora questi ultimi rilevino che le condizioni di svolgimento dell’attività del lavoratore interessato esulino palesemente dalla sfera di applicazione ratione materiae di tale disposizione del Regolamento n. 1408. (Corte di Giustizia 27/4/2017, C-620/15, in Riv. Giur. Lav. prev. soc. 2017, con nota di A. Sgroi, “L’efficacia vincolante del certificato E101 nei confronti dello Stato membro ove si reca il lavoratore distaccato e i poteri riconosciuti allo stesso dall’ordinamento europeo”, 645)
- Il distacco del lavoratore non comporta una novazione soggettiva e l’insorgenza di un nuovo rapporto con il beneficiario della prestazione lavorativa, ma solo la modificazione nell’esecuzione del rapporto stesso. (Cass. 22/1/2015 n. 1168, Pres. Macioce Est. Amoroso, in Lav. nella giur. 2015, 413)
- La dissociazione fra il soggetto che ha proceduto all’assunzione del lavoratore e l’effettivo beneficiario della prestazione (distacco comando) è consentito a condizione che continui a operare, sul piano funzionale, la causa del contratto di lavoro in corso con il distaccante, nel senso che il distacco realizzi uno specifico interesse imprenditoriale che consenta di qualificare il distacco medesimo quale atto organizzativo dell’impresa che lo dispone, così determinando una mera modifica delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa e il conseguente carattere non definitivo del distacco stesso. (Cass. 22/1/2015 n. 1168, Pres. Macioce Est. Amoroso, in Lav. nella giur. 2015, 413)
- L’ipotesi di comando o distacco costituisce espressione tipica dei poteri direttivi dell’imprenditore e postula, quindi, come unici requisiti indefettibili, i seguenti elementi: 1) l’interesse, in capo al datore di lavoro distaccante, al quale il rapporto rimane riferibile, alla prestazione del suo dipendente a favore del terzo; 2) la temporaneità del distacco, intesa non come brevità ma come non definitività; 3) il permanere, in capo al datore di lavoro del potere direttivo – eventualmente delegato al destinatario – unitamente a quello di determinare la cessazione del distacco. (Trib. Milano 7/10/2013, Giud. Cuomo, in Lav. nella giur. 2014, 89)
- Fatta salva l’ipotesi in cui un accordo tra uno Stato membro della Comunità Europea e uno Stato extracomunitario preveda espressamente una deroga al principio della territorialità dell’obbligo contributivo per effetto di una condizione di reciprocità, nel caso di impiego di lavoratori stranieri extracomunitari distaccati in Italia alle dipendenze di una collegata società italiana, quest’ultima è tenuta ai correlativi obblighi contributivi previdenziali e assistenziali ove risulti accertata la sua posizione di effettiva datrice di lavoro, ricevendone le prestazioni con carattere di stabilità e di esclusività, a prescindere dal fatto che gli stessi lavoratori siano sprovvisti della cittadinanza italiana, stante il principio della territorialità delle assicurazioni sociali. (Cass. 25/9/2012 n. 16244, Pres. Miani Canevari Rel. Berrino, in Lav. nella giur. 2012, 1221)
- La dissociazione fra il soggetto che ha proceduto all’assunzione del lavoratore e l’effettivo beneficiario della prestazione (c.d. distacco o comando) è consentita soltanto a condizione che essa realizzi, per tutta la sua durata, uno specifico interesse datoriale tale da consentirne la qualificazione come atto organizzativo dell’impresa che la dispone, così determinando una mera modifica delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa e la conseguente temporaneità del distacco, coincidente con la durata dell’interesse del datore di lavoro allo svolgimento della prestazione del proprio dipendente a favore di un terzo. Il relativo accertamento è riservato al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione adeguata e immune da vizi. (Cass. 15/5/2012 n. 7517, Pres. Roselli Est. Meliadò, in Orient. Giur. Lav. 2012, 263)
- Il datore di lavoro distaccatario condannato per comportamento antisindacale, a fronte di distacco in frode alla legge, in presenza di trattative aziendali nella introduzione del c.d. salario all’ingresso, è tenuto ad assumere i lavoratori distaccati fin dalla data di ingresso nello stabilimento, applicando loro il normale trattamento vigente a quella data per i dipendenti a tempo indeterminato e non quello stabilito dal contratto aziendale sul salario di ingresso successivamente stipulato. (Trib. Ravenna 3/6/2011, Giud. Riverso, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di A. Lassandari, “Trattative sindacali ed illecito distacco: le relazioni collettive nell’evoluzione contemporanea”, 186)
- Gli articoli 56 TFUE e 57 TFUE non ostano a che uno Stato membro subordini, durante il periodo transitorio di cui al capitolo 2, punto 2, dell’allegato XII dell’Atto relativo alle condizioni di adesione all’Unione europea della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea, il distacco, ai sensi dell’art. 1, n. 3, lett. c), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 1996, 96/71/CE, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi, di lavoratori cittadini polacchi sul suo territorio al rilascio di un permesso di lavoro. (Corte di Giustizia CE 10/2/2011, Cause riunite C-307/09, C-308/09 e C-309/09, Pres. Cunha Rodrigues Est. Lohmus, in Orient. Giur. Lav. 2011, 22)
- Il distacco di lavoratori ai sensi dell’art. 1, n. 3, lett. c), della direttiva 96/71 è una prestazione di servizi fornita dietro retribuzione per la quale il lavoratore distaccato rimane alle dipendenze dell’impresa prestatrice, senza che alcun contratto di lavoro sia stipulato con l’impresa utilizzatrice. Esso è caratterizzato dal fatto che il trasferimento del lavoratore nello Stato membro ospitante costituisce l’oggetto stesso della prestazione di servizi effettuata dall’impresa prestatrice e che detto lavoratore svolge i suoi compiti sotto il controllo e la direzione dell’impresa utilizzatrice. (Corte di Giustizia CE 10/2/2011, Cause riunite C-307/09, C-308/09 e C-309/09, Pres. Cunha Rodrigues Est. Lohmus, in Orient. Giur. Lav. 2011, 22)
- La somma eccedente il rimborso del personale distaccato corrisposto al distaccante, da parte del distaccatario, è sottoposta a Iva detraibile. (Cass. 7/9/2010 n. 19129, in D&L 2010, 1140)
- In tema di distacco del lavoratore, requisiti costitutivi della fattispecie sono l’interesse del datore di lavoro distaccante, la tempestività del distacco e l’individuazione di una determinata attività lavorativa da svolgere da parte del lavoratore distaccato. (Corte app. Torino 21/7/2009, Pres. Girolami Est. Grillo Pasquarelli, in Riv. giur. lav. e prev. soc. 2010, con nota di Lucia Valente, “Distacco e appalto di servizi”, 287)
- La direttiva n. 96/71/CE, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di un prestazione di servizi, interpretata alla luce dell’art. 49 del Trattato, osta a un provvedimento legislativo che imponga agli enti pubblici aggiudicatari di attribuire gli appalti edilizi esclusivamente alle imprese che, all’atto della presentazione delle offerte, si impegnino per iscritto a corrispondere ai propri dipendenti una retribuzione non inferiore a quella minima prevista dal contratto collettivo vigente nel luogo dell’esecuzione dell’appalto. (Corte di Giustizia 3/4/2008, causa n. 346/06, Pres. e Rel. Timmermans, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di Vania Brino, “Gli equilibrismi della Corte di Giustizia: il caso Ruffert”, 479)
- Il distacco può essere legittimato da qualsiasi interesse del distaccante, purché non coincidente con quello della mera somministrazione di lavoro altrui. Pertanto, fermo restando l’interesse del datore di lavoro distaccante a che il lavoratore svolga la propria attività presso il distaccatario e in assenza di specifico divieto di legge, il distacco può avvenire anche con riferimento a lavoratori assunti con contratto a termine, purché entro il periodo di validità del rapporto e nel rispetto della causale del rapporto. (Trib. Roma 21/11/2007, Est. Coluccio, in Lav. nella giur. 2008, con commento di Pasquale Dui, 934)
- Il distacco del lavoratore, la cui durata coincide con quella dell’interesse del datore di lavoro a che il dipendente renda la sua prestazione presso un soggetto terzo, è un istituto per sua natura temporaneo; di conseguenza, la cessazione del compito del dipendente presso il distaccatario non configura un’ipotesi di soppressione del posto di lavoro ed è inidonea a integrare un giustificato motivo oggettivo di licenziamento, salvo che il datore di lavoro provi l’impossibilità di riassorbire il lavoratore nella propria struttura societaria. (Trib. Genova 5/12/2006, Est. Melandri, in D&L 2007, 250 e in Dir. e prat. lav. 2008, 1428)
- Le parti di un rapporto di lavoro possono pattuire un distacco del lavoratore che, fermo il perdurare del vincolo con il datore di lavoro distaccante, faccia sorgere un distinto rapporto con altro imprenditore, anche all’estero, con sospensione del rapporto originario. In tale caso i rapporti restano separati, anche se le due imprese sono gestite da società collegate, con conseguente non imputabilità alla società distaccante, se non diversamente pattuito, delle obbligazioni relative al secondo rapporto. (Cass. 5/9/2006 n. 19036, Pres. Mileo Rel. Roselli, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Maddalena Rosano, “Il “prestito” del lavoratore in seno al gruppo come possibile atto di dissimulazione del distacco”, 663)
- La fattispecie del distacco o comando differisce a seconda che la stessa avvenga in regime di diritto privato ovvero di diritto pubblico. Nel primo caso, infatti, il distacco non altera la causa del contratto di lavoro con il distaccante, operando piuttosto come strumento organizzativo a disposizione dello stesso datore di lavoro di cui realizza uno specifico interesse, che giustifica la presenza in capo allo stesso di tutti i poteri e di tutti gli obblighi (ivi compresi quelli di natura economica). Diversa la struttura della fattispecie nell’ipotesi in cui la stessa operi in regime di diritto pubblico. In questo caso il distacco assume un carattere provvedimentale di competenza e di interesse del soggetto distaccatario. Ne consegue una sensibile modifica del rapporto di servizio, atteso che il dipendente è inserito sia sotto il profilo organizzativo-funzionale che sotto quello gerarchico-disciplinare nell’ambito dell’amministrazione di destinazione, in capo alla quale ricadono gli oneri (anche) di carattere patrimoniale. (Cass. 8/9/2005 n. 17842, Pres. Ciciretti Est. Di Cerbo, in Orient. Giur. Lav. 2005, 848)
- La temporaneità della destinazione del lavoratore a prestare la propria opera in favore di un terzo (c.d. “distacco”), la quale configura uno dei presupposti di legittimità del “distacco” stess, non richiede che tale durata abbia natura predeterminata fin dall’inizio né che essa sia più o meno lunga o sia contestuale all’assunzione del lavoratore, ovvero persista per tutta la durata del rapporto, ma solo che la durata del distacco coincida con quella dell’interesse del datore di lavoro a che il proprio dipendente presti la sua opera in favore di terzo. (Cass. 2/9/200 n. 17748, in Dir. e prat. lav. 2008, 1428)
- Non si configura come un distacco, ma come una semplice sospensione del rapporto, l’ipotesi in cui un dipendente, attraverso una pluralità di contratti di durata annuale, presti la propria opera a favore di consociate estere di una società italiana, ove manchi uno specifico interesse del datore alla prestazione resa in territorio straniero, in modo che non può darsi applicazione delle norme di cui al DL 31/7/87 n. 317, convertito nella L. 3/10/87 n. 398. (Corte d’appello Milano 31/7/2003, Pres. Mannacio Est. Sala, in D&L 2004, con nota di Vincenzo Ferrante “Sulla nozione di distacco e sulle novità delle domande in grado d’appello”, 138)
- L’assenza di un espresso divieto di legge di assegnare più volte il lavoratore alla medesima azienda utilizzatrice, da parte di due imprese fornitrici, non rende il rapporto stesso unitario (caso di un lavoratore legittimamente distaccato per quasi un anno consecutivamente, presso la stessa azienda utilizzatrice). (Trib. Torino 1/7/2003, Est. Cirvilleri, in Lav. nella giur. 2003, 1140, con commento di Antonio Quagliarella)
- E’ legittimo, in quanto di natura ampiamente discrezionale, il provvedimento con il quale l’amministrazione dispone la cessazione del dipendente dalla posizione di “comando” per sopraggiunte esigenze di servizio. (Consiglio di Stato 8/1/2003, n.2, Pres. Giovannini, Est. Romeo, in Foro it. 2003 parte terza, 138)
- La prestazione espletata dal lavoratore presso il terzo beneficiario fa sorgere il diritto alla qualifica corrispondente alle mansioni superiori, che gli sono state assegnate dal terzo medesimo ove ricorrano, nella concreta fattispecie, i requisiti per la configurazione di un “distacco” (interesse, del datore di lavoro distaccante, a che il proprio dipendente presti l”opera a favore del terzo; temporaneità del distacco, intesa nel senso che questo duri solo per il tempo in cui persista siffatto interesse) e ove le mansioni rese a favore del terzo risultino “omogenee”, rispetto a quelle precedentemente rese al datore di lavoro e, più in generale, presentino i requisiti richiesti dalla contrattazione collettiva ai fini dell’inquadramento del prestatore nella qualifica superiore pretesa. (Corte Appello Milano 4/5/01, pres. Mannaccio, est. De Angelis, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 329)
- Il “comando” o “distacco” di un lavoratore disposto dal datore di lavoro presso altro soggetto, destinatario delle prestazioni lavorative, è configurabile quando sussiste l’interesse del datore di lavoro a che il lavoratore presti la propria opera presso il soggetto distaccatario, la temporaneità del distacco (intesa non come brevità, ma come ” non definitività”)e le permanenza, in capo al datore di lavoro distaccante, sia del potere direttivo (eventualmente delegabile al distaccatario), sia del potere di determinare la cessazione del distacco; ai fini della legittimità del distacco non vi è, invece, necessità né di una previsione contrattuale che lo autorizzi, né dell’assenso preventivo del lavoratore interessato, che esegue la sua prestazione altrove in osservanza del dovere di obbedienza di cui all’art. 2104 c.c. (Cass. 7/11/00, n. 14458, pres. Amirante, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 968)
- L’invio di propri dipendenti, fin dall’assunzione a tempo indeterminato, da parte di una cooperativa configura un comando o distacco lecito e non contravviene al divieto di interposizione posto dall’art. 1, l. n. 1369/60, se in capo al distaccante esiste e persiste un interesse di natura anche non economica, ma solidaristica (fattispecie relativa al distacco di tre dipendenti a favore del patronato ACLI da parte di una cooperativa promossa dalla sezione provinciale delle ACLI) (Cass. 17/1/00, n. 594, pres. Santojanni, est. Guglielmucci, in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 407, con nota di Carinci, Sulla distinzione tra distacco lecito e interposizione: ha rilievo la natura dell’interesse del distaccante)
- Il distacco del lavoratore presso altra società collegata, ove disposto nell’interesse e nell’ambito del potere organizzativo della società collegata, e non del datore di lavoro effettivo, va ritenuto illegittimo per violazione della L. 1369/60, con la conseguenza che il lavoratore distaccato deve essere considerato alle dipendenze della società collegata, sin dall’inizio del distacco (Pret. Milano 29/11/94, est. Peragallo, in D&L 1995, 362)