Reperibilità in orario di lavoro

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Questa voce è stata curata da Giampaolo Furlan e Ylenia Vasini

Definizione

La reperibilità è l’obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato, fuori dal proprio orario di lavoro, in vista di una eventuale prestazione lavorativa e di raggiungere, in breve tempo, il luogo di lavoro per eseguire la prestazione richiesta.

La chiamata del datore di lavoro deve essere generalmente supportata da ragioni di urgenza e di indifferibilità.

La reperibilità consiste in una prestazione strumentale e accessoria rispetto alla prestazione di lavoro principale.
La reperibilità è istituto specifico di alcune tipologie di attività quali, a titolo esemplificativo, esercenti una professione sanitaria, lavoratori addetti alla manutenzione di impianti e macchinari (CCNL Cartai Industria), vigili del fuoco, ecc.

 

Fonti normative

  • Contrattazione collettiva nel settore privato
  • Contrattazione collettiva e altre fonti quali ad esempio, Regolamenti, nel settore pubblico

 

Indennità di reperibilità

L’indennità di reperibilità è la controprestazione a carico del datore di lavoro data in cambio del servizio di reperibilità offerto dal lavoratore.

Tale indennità è disciplinata, generalmente, dalla contrattazione collettiva.

Qualora la reperibilità fosse garantita durante il riposo settimanale, essendo qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro tout court, in quanto limita, senza escludere, il godimento del riposo stesso, la relativa indennità spettante al lavoratore reperibile consisterebbe in un corrispettivo quantitativamente diverso da quello previsto in caso di effettiva e piena prestazione lavorativa e non legittimerebbe, di conseguenza, la pretesa di un riposo compensativo.

Sul punto la giurisprudenza è, tuttavia, divisa.

 

Giurisprudenza in tema di reperibilità

Reperibilità durante il riposo settimanale o un giorno festivo

  1. La reperibilità svolta nel giorno destinato al riposo settimanale, non equivalendo a un’effettiva prestazione lavorativa, limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso e comporta il diritto a un particolare trattamento economico aggiuntivo stabilito dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, determinato dal Giudice. ( Trib. Milano 31/5/2010, Est. Lualdi, in D&L 2010, con nota di Elena Tanzarella, “La somministrazione illegittima nella PA e il conseguente risarcimento del danno”, 1085)
  2. In materia di lavoro, il mero obbligo di reperibilità, anche nell’ipotesi in cui lo stesso cada in una giornata festiva o di riposo, non equivale a prestazione lavorativa; conseguentemente, in assenza di apposite previsioni contrattuali, esso non da diritto né ad un giorno di riposo compensativo, né ad un compenso equivalente a quello spettante in caso di svolgimento della prestazione lavorativa. (Trib. Genova, Sez. lavoro, 17/10/2008)
  3. Il mancato pieno godimento del riposo settimanale, determinato dalla necessità di essere reperibile in una giornata festiva o di riposo e dalla mancata fruizione del riposo compensativo, si pone in irrimediabile contrasto col principio costituzionale dell’irriducibile diritto del lavoratore al riposo settimanale (art. 36 Cost.), da fruirsi di regola in coincidenza della domenica (art. 2109 c.c.), per 24 ore consecutive; d’altra parte, il lavoratore ha diritto alla propria integrità psicofisica – bene garantito dalla Costituzione ex art. 32 -, la quale non si esaurisce nella sola attitudine a produrre ricchezza, ma si collega alla dimensione stessa dell’individuo nell’ambito in cui esplica la propria personalità in tutti gli aspetti ad essa connessi. Conseguentemente, anche la “reperibilità”, con le limitazioni che impone alla libertà personale e per il logorio psicofisico che produce, è sufficiente a configurare l’obbligo del datore di lavoro a risarcire il danno che consegue al lavoratore che presti il servizio di pronta disponibilità nel giorno di riposo settimanale, atteso che tale irrinunciabile diritto è qualificato dalla necessità, oltre che dalla ricostituzione delle energie biopsichiche del lavoratore, anche dalla esigenza di quest’ultimo di partecipare serenamente alle comuni forme di vita familiare e sociale, senza vincoli particolari. (App. Bari, Sez. lavoro, 02/02/2008)
  4. Nel caso in cui, già in sede di accordi contrattuali, sia prevista la possibilità, per l’azienda, di richiedere al personale in regime di reperibilità nei giorni festivi, di essere adibito, con idonei compensi, all’espletamento di attività di servizio in tali giorni, si deve ritenere che il lavoratore non abbia diritto al risarcimento del danno per la mancata fruizione del riposo, non concretando, tale circostanza, violazione della normativa legale e contrattuale e non determinando, quindi, per il lavoratore stesso alcun pregiudizio di carattere retributivo, risarcitorio o indennitario sotto il profilo di un possibile danno da usura psicofisica, usura che, determinata dal protrarsi delle ore lavorative, riceve un adeguato ristoro mediante la retribuzione come ore di lavoro straordinario. (Cons. Stato, Sez. VI, 27/07/2007, n.4180)
  5. L’obbligo di reperibilità senza effettiva chiamata in servizio (c.d. reperibilità passiva) non comporta un’esclusione dalla fruizione del riposo settimanale, ma soltanto una sua limitazione ed è pertanto legittima la previsione dell’art. 7, C.c.n.l. 20 settembre 2001 del comparto sanità, integrativo del C.c.n.l. 7 aprile 1999, secondo cui il servizio di pronta disponibilità non seguito dalla chiamata in servizio coincidente con il giorno festivo destinato al riposo settimanale non attribuisce al lavoratore un diritto irrinunciabile ad un riposo compensativo, ma soltanto una facoltà a godere di tale riposo, fermo restando il debito orario settimanale e fermo restando il diritto ad una specifica indennità. (App. Bologna, 12/01/2006)
  6. La reperibilità assicurata in un giorno adibito al riposo settimanale, laddove la prestazione di lavoro non venga effettivamente resa, non dà diritto ad una giornata di riposo compensativo, ma solo alla indennità specificatamente prevista dal contratto collettivo di categoria. (Pret. Savona, 12/11/1993)
  7. L’obbligo di reperibilità rientra negli obblighi contrattuali del rapporto di lavoro ed è compensato con una maggiorazione retributiva che peraltro non può legittimare la privazione totale del riposo settimanale, che sarebbe in contrasto con l’art. 36, 3° comma, cost.; nel caso di specie, il turno domenicale capita una volta al mese ed i lavoratori addetti hanno l’obbligo di essere rintracciabili in qualsiasi momento, non l’obbligo di rimanere a casa. (Pret. Milano, 14/07/1989)
  8. La reperibilità integra la messa a disposizione del datore di lavoro delle energie lavorative; pertanto se cade di domenica dà diritto a riposo compensativo; la relativa indennità ha carattere retributivo e non va inclusa nel computo del compenso per festività. (Pret. Prato, 22/02/1988)
  9. Il riposo settimanale (di regola in coincidenza con la domenica, salve le eccezioni di cui agli art. 1 e 5, l. 22 febbraio 1934, n. 370) costituisce un diritto irrinunciabile del lavoratore (art. 36 cost.), la cui fruizione, dovendo tendere alla ricostituzione delle energie biopsichiche del dipendente ed a permettergli di partecipare alle comuni forme di vita familiare e sociale senza vincoli particolari, è esclusa dal cosiddetto obbligo di reperibilità (che impone al lavoratore di fornire al datore di lavoro notizie atte a rintracciarlo in qualsiasi momento in vista di un’eventuale prestazione lavorativa), sicché contrasta con la norma costituzionale predetta la disposizione collettiva che, fuori delle eccezioni suindicate e senza prevedere recupero sostitutivo, estenda l’obbligo di reperibilità, ancorché remunerato, alla giornata domenicale (principio affermato in relazione all’art. 32 del contratto collettivo per i telefonici del 1978 ed in controversia concernente la legittimità o meno della sanzione disciplinare inflitta a lavoratore rifiutatosi di prestare servizio di reperibilità). (Cass. civ., Sez. lavoro, 05/06/1987, n.4940)

Obbligo di reperibilità

  1. Il mero obbligo di reperibilità non equivale ad una prestazione lavorativa e quindi impone il riconoscimento del compenso non di un giorno di lavoro, ma solo di un corrispettivo del sacrificio, minore, di quello di una effettiva e piena prestazione. Deve ritenersi legittima, stante la insussistenza nel nostro ordinamento del c.d. principio di onnicomprensività della retribuzione, la clausola contrattuale collettiva che esclude l’indennità di reperibilità dalla base di computo del TFR (nella specie è stato altresì specificato che il TFR, in forza del Ccnl per i dipendenti di istituti di vigilanza all’epoca vigente, doveva essere computato esclusivamente su stipendio, contingenza, terzo elemento, scatti di anzianità, 13 e 14, eventuali superminimi ed assegni “ad personam”, e quota integrativa). (Pret. Torino, 02/10/1988)
  2. La reperibilità fuori orario (con la connessa disponibilità più o meno estesa temporalmente) non costituisce di per sé una mansione in senso tecnico-giuridico, ma integra un obbligo accessorio ed intermedio per il lavoratore preposto ad un determinato servizio ed alle connesse specifiche mansioni; pertanto, la riduzione temporale di tale obbligo (che non può definirsi neppure lavoro di attesa) e correlativamente la riduzione quantitativa (attuabile anche nel mutamento di forma) dello speciale compenso previsto per detta reperibilità non urtano contro il divieto stabilito dalla prima parte dell’articolo 2103 codice civile. Ove, come nella specie, l’obbligo di reperibilità sia connesso alla possibilità di assentarsi dal lavoro, salvo garantire durante l’assenza la sicurezza dei locali e dei materiali affidati in custodia, deve ritenersi che detta reperibilità costituisca una particolare modalità della prestazione che non ha nulla a che vedere con il lavoro straordinario. (Cass. civ., Sez. lavoro, 17/02/1987, n.1720)

Indennità di reperibilità

  1. Con l’indennità di reperibilità si intendono retribuire tutte quelle prestazioni oltre l’orario normale di lavoro che, pur comportando una presenza continua, non implicano un impegno assiduo, costante ed ininterrotto. (Cons. Stato, Sez. IV, 19/12/2007, n.6573)
  2. Il compenso per lavoro festivo e per giornate di reperibilità, ove inerente a prestazioni occasionali (nella specie, tre o quattro volte all’anno), non è computabile ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto. (Pret. Torino, 31/03/1990)