Legittimità costituzionale

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Questa voce è stata curata da Isabella Digiesi

 

Scheda sintetica

Per “legittimità costituzionale” si intende la conformità alla Costituzione delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni.

Il controllo di legittimità costituzionale è effettuato dalla Corte Costituzionale.
Tale tipo di controllo presuppone la presenza di un ordinamento giuridico a costituzione rigida, che pone la Costituzione su un grado superiore alle leggi nel sistema delle fonti del diritto.
Infatti, se la Costituzione fosse flessibile, ossia posta allo stesso livello delle leggi, un atto avente forza di legge in contrasto con essa si limiterebbe ad abrogarne le parti contrastanti, secondo il meccanismo generale della successione delle leggi nel tempo (lex posterior derogat priori: la legge successiva abroga la precedente).
Invece, in presenza di una Costituzione rigida, la legge (o l’atto avente forza di legge) in contrasto con una norma costituzionale si considera essere invalida, più precisamente affetta da illegittimità costituzionale o incostituzionalità sotto il profilo formale o sotto il profilo sostanziale.

 

Fonti normative

  • Art. 134 della Costituzione
  • Art. 1 delle Disposizioni sulla legge in generale
  • Art. 23 § II Legge 11 marzo 1953 n° 87

 

 

Scheda di approfondimento

La legittimità costituzionale è la conformità ai principi costituzionali delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni.

Il controllo di legittimità costituzionale può essere organizzato secondo due modelli: diffuso e accentrato.

Il modello diffuso è un modello in cui non esiste un organo centrale che decide sulla costituzionalità delle norme bensì sono i giudici comuni a sindacarne la costituzionalità. Il sistema diffuso per eccellenza è il sistema statunitense nel quale ai giudici comuni è riconosciuto il potere di disapplicare una norma in quanto giudicata contraria ai principi costituzionali.

Il modello accentrato invece, prevede l’esistenza di un tribunale costituzionale centrale che decide della costituzionalità delle norme, negando al giudice ordinario un qualsivoglia potere di decisione della legittimità costituzionale sulla quale solo l’organo centrale è deputato a decidere.
La declaratoria di illegittimità costituzionale porterà all’ annullamento della norma in questione che quindi non potrà più essere applicata dal giudice comune.

Il sistema italiano di Giustizia Costituzionale è un sistema tendenzialmente accentrato.
Infatti, la Costituzione ha previsto la Corte Costituzionale come organo di giustizia costituzionale, negando ai giudici comuni qualsiasi potere in ordine al sindacato di legittimità costituzionale.

In particolare, il sindacato della Corte Costituzionale si esercita:

  • sulle leggi costituzionali e di revisione costituzionale, censurabili solo per vizi formali relativi al procedimento di adozione e sotto il profilo della conformità ai principi supremi dell’ordinamento;
  • sulle leggi ordinarie dello Stato, sindacabili senza alcuna limitazione;
  • sugli atti aventi forza di legge, ovvero decreti legislativi e decreti-legge emanati dal Governo ex artt. 76 e 77 Cost.;
  • sui decreti del Presidente della Repubblica contenenti norme di attuazione degli statuti delle Regioni ad autonomia speciale;
  • sulle leggi regionali e sulle leggi delle province di Trento e di Bolzano, se eccedono la loro competenza (art. 127 Cost.);
  • sugli statuti regionali, essendo questi approvati con legge regionale;
  • sulla deliberazione abrogativa di una legge, risultante da referendum.

Il giudice ordinario, nonostante non vanti alcun potere in merito al sindacato di legittimità costituzionale, può attivare il sindacato di legittimità costituzionale mediante il procedimento in via incidentale.
L’accesso incidentale alla Corte Costituzionale presuppone che sia in corso un processo innanzi ad un giudice e questo, per risolvere il caso concreto, debba applicare una legge (o atto avente forza di legge) che ritiene incostituzionale: il giudice, su richiesta delle parti o d’ufficio, ravvisata la rilevanza ai fini della decisione della causa e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità di una legge ovvero di un atto avente valore di legge, sospende il processo e rimette la decisione alla Corte Costituzionale (art. 23 § II legge 11 marzo 1953 n°87).
La declaratoria di incostituzionalità di una norma primaria (in Italia la Corte Costituzionale non può sindacare le norme secondarie cioè i regolamenti della cui eventuale illegittimità è la magistratura Amministrativa a essere competente) ha come effetto l’annullamento di tale atto e la caducazione degli effetti da esso prodotti ex tunc (ovverosia dal momento dell’emanazione dell’atto) fatti salvi gli eventuali rapporti giuridici decisi con forza di giudicato, cioè con sentenza non sottoponibile ai mezzi di impugnazione ordinari.