Contratto di Prestazione Occasionale – PrestO

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Questa voce è stata curata da Arturo Di Mario

 

Scheda sintetica

Il contratto di prestazione occasionale è stato introdotto – unitamente al cd. Libretto famiglia – dall’art. 54 bis del d.l. 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modifiche dalla L. 21 giugno 2017 n. 96, al fine di supplire al vuoto normativo causato dall’abrogazione degli artt. 48, 49 e 50 del d. lgs. 81/2015, disciplinanti il contratto di lavoro accessorio.
Questo istituto dovrebbe sostituire i vecchi voucher, permettendo a professionisti, lavoratori autonomi, imprenditori, associazioni, fondazioni ed altri enti di natura privata, nonché alle amministrazioni pubbliche, di ricorrere a prestazioni di lavoro saltuarie e marginali, purché vengano rispettati determinati limiti economici.
Nel caso in cui questi limiti economici non venissero rispettati, e al fine di evitare gli abusi che in passato si erano già verificati nel ricorso a tale strumento, è stato anche previsto un sistema sanzionatorio.
La nuova disciplina, oltre a fissare un ammontare minimo per il compenso corrisposto al lavoratore, ha anche previsto una limitata tutela previdenziale. Infatti, sia l’utilizzatore che il prestatore devono accedere e registrarsi a un’apposita piattaforma informatica Inps che, da un lato, permetterà all’utilizzatore di versare i compensi che verranno poi accreditati al lavoratore; dall’altro, faciliterà la tracciabilità dei pagamenti grazie a una serie di comunicazioni obbligatorie rese sempre dall’utilizzatore.
Infine, il legislatore, conscio delle specificità connesse al settore agricolo e della Pubblica Amministrazione, ha previsto una regolamentazione parzialmente difforme per il CPO utilizzato in questi campi.
Nonostante tali accortezze, la scelta di introdurre il contratto di prestazione occasionale è criticabile per un duplice ordine di motivi. In primo luogo, è stata vanificata la volontà popolare che si era pronunciata a favore dell’indizione di un referendum riguardante l’abrogazione dei cd. buoni lavoro; inoltre, i nuovi strumenti, così come concepiti, lungi dall’essere esclusivamente funzionali a favorire l’emersione del lavoro nero, scoraggiano l’utilizzo di forme contrattuali già esistenti che riconoscono maggiori garanzie ai prestatori di lavoro ma sono più costose per il datore di lavoro.

 

Fonti normative

  • L. 17 marzo 2017, n. 25, conv. dalla L. 20 aprile 2017, n. 49, art. 1;
  • L. 24 aprile 2017, n. 50 conv., con modificazioni, dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, art. 54-bis;
  • 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di Bilancio 2018), art. 1, c. 368;
  • L. 12 luglio 2018, n. 87 conv., con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2018, n. 96, art. 2-bis;
  • Lgs. 27 giugno 2022, n. 104, art. 5;
  • 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di Bilancio 2023), art. 1, c. 342 e 343;
  • D.L. 4 maggio 2023, n. 48, conv. con modificazioni dalla L. 3 luglio 2023, n. 85.

 

Evoluzione storica

Il contratto di prestazione occasionale trova il proprio antecedente legislativo nel cd. lavoro accessorio, menzionato ufficialmente per la prima volta nel Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia (ottobre 2001). Nella redazione di tale documento, era stata presa a modello l’esperienza belga, ove prestazioni lavorative occasionali venivano rese soprattutto in ambito domestico: assistenza familiare, aiuto alle persone ammalate o con handicap, sorveglianza dei bambini, insegnamento supplementare, piccoli lavori di giardinaggio, collaborazione a manifestazioni sociali, caritatevoli, sportive, culturali.
In quell’ordinamento, tali attività venivano svolte esclusivamente a beneficio «di famiglie, società senza scopo di lucro ed enti pubblici» da soggetti «quali disoccupati di lunga durata, casalinghe, studenti, pensionati.».
Fulcro dell’esperimento era costituito dall’utilizzazione di “buoni” (titres-services) in alternativa ai pagamenti diretti, per semplificare il processo e, nel contempo, certificare le prestazioni, in modo tale da favorire l’emersione e il contrasto dell’economia sommersa.
Successivamente, nel 2003 la L. n. 30 (c.d. legge Biagi) aveva delegato il Governo a emanare uno o più decreti legislativi con lo scopo di portare a compimento il disegno riformatore del mercato del lavoro, favorendo la riemersione del “lavoro nero” e promuovendo una certa flessibilità contrattuale.
Al fine di perseguire questi obiettivi, il legislatore introdusse anche in Italia le cd. prestazioni occasionali di tipo accessorio. Già nella Relazione al decreto attuativo veniva delineata la disciplina di questa tipologia di lavoro:

  1. natura dell’attività lavorativa: durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare; compensi non superiori a 3.000 euro, sempre nel corso di un anno solare;
  2. ambito di applicazione: a) piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa l’assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap; b) insegnamento privato supplementare; c) piccoli lavori di giardinaggio, nonché di pulizia e manutenzione di edifici e monumenti; d) realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli; e) collaborazione con enti pubblici, associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori di emergenza, come quelli dovuti a calamità o eventi naturali improvvisi, o di solidarietà.
  3. beneficiari: a) disoccupati da oltre un anno; b) casalinghe, studenti e pensionati; c) disabili e soggetti in comunità di recupero; d) lavoratori extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia, nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro.
  4. modalità di pagamento: buoni lavoro.

In attuazione della legge Biagi, venne emanato il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 che disciplinò agli artt. 70-73 il lavoro occasionale di tipo accessorio confermando in toto quanto riportato nella citata Relazione.
Il ricorso al lavoro accessorio, dunque, soggiaceva a limitazioni tanto di carattere soggettivo e oggettivo: lavoratori accessori potevano essere esclusivamente soggetti a rischio di esclusione sociale (o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro o sul punto di uscirne), mentre l’ambito di applicazione comprendeva una serie di attività lavorative marginali, elencate tassativamente.
La disciplina originaria, tuttavia, fu oggetto di una lunga serie di interventi legislativi che, oltre a intervenire sul valore nominale dei buoni e sui limiti economici che legittimavano il ricorso a tale tipologia di lavoro, finirono per eliminare qualsiasi vincolo connesso ai beneficiari e all’ambito di applicazione, attuando in pratica una sorta di liberalizzazione del ricorso all’istituto senza prevedere correttivi efficaci che ne prevenissero un uso distorto e irregolare.
Le prime modifiche arrivarono già nel 2004 quando l’art. 16 del d.lgs. n. 251 innalzò il limite dei compensi da 3.000 a 5.000 euro, mentre l’art. 17 stabilì che la fissazione del valore nominale dei buoni dovesse avvenire con decreto del Ministro del lavoro.
Successivamente il d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 maggio 2005, n. 80 (art. 1-bis, c. 1, lett. e) eliminò il parametro temporale (ossia, il riferimento alla durata complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dell’anno solare) e estese l’applicazione del lavoro accessorio all’ambito dell’impresa familiare di cui all’art. 230-bis c.c., sia pure limitatamente ai settori del commercio, del turismo e dei servizi.
Dopo pochi mesi il D.L. 30 settembre 2005, n. 203 (art. 11-quaterdecies, introdotto dalla L. di conversione n. 248/2005) ampliò ulteriormente l’elenco delle attività in relazione alle quali era legittimo ricorrere al lavoro accessorio, inserendo tra le attività lavorative di natura meramente occasionale l’esecuzione di vendemmie di breve durata e a carattere saltuario, effettuata da studenti e pensionati.
Fu però nel biennio 2008-2010 che il legislatore intervenne massicciamente sulla normativa in questione attraverso una serie di provvedimenti legislativi che ampliarono definitivamente il campo di applicazione del lavoro accessorio sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo.
In particolare, l’art. 22 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla l. 6 agosto 2008, n. 133, eliminò quasi tutti i limiti di carattere soggettivo previsti in precedenza, cancellando il riferimento ai lavoratori a rischio di esclusione sociale e consentendo a qualsiasi lavoratore di svolgere prestazioni di lavoro accessorio purché correlate ad attività marginali elencate espressamente dal legislatore.
Il d.l. 10 febbraio 2009, n. 5, convertito con modificazioni dalla l. 33/2009, e la legge 23 dicembre 2009, n. 191, invece, estesero ulteriormente l’elenco dei settori ove era possibile ricorrere al lavoro accessorio occasionale.
Successivamente, la c.d. Legge Fornero operò una sostanziale semplificazione della normativa con lo scopo «di riaffermare l’originaria finalità dello strumento, quella cioè di coprire “spazi” non coperti da altri istituti, consentendo di ricondurre nella regolarità possibili attività svolte abitualmente “in nero”». Vennero così eliminate le cause soggettive e oggettive per ricorrere alla prestazione di lavoro accessorio, contemplando principalmente limiti di carattere economico.
In seguito alla riforma, infatti, per prestazioni di lavoro accessorio dovevano intendersi le attività lavorative di natura meramente occasionale che non davano luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare. Ogni singolo committente, imprenditore commerciale o professionista, poteva utilizzare la prestazione di uno stesso lavoratore occasionale per compensi non superiori a 2.000 euro per anno solare.
Nel 2013, anche il Governo Letta proseguì nel percorso di liberalizzazione dell’istituto, eliminando il riferimento alla necessaria occasionalità della prestazione, in modo tale da rendere possibile l’attivazione del lavoro accessorio sempre e comunque.
Nel 2015 si inaugurò una nuova fase, il d.lgs. n. 81 del 15 giugno (c.d. Jobs Act, art. 55, c. 1, lett. d) abrogò e sostituì integralmente (artt. 48-50) gli artt. da 70 a 73 del d.lgs. n. 276/2003, «nell’ottica di consentire il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio per le attività lavorative in tutti i settori produttivi, garantendo, nel contempo, la piena tracciabilità dei buoni lavoro acquistati».
Ai sensi della nuova disciplina, per prestazioni di lavoro accessorio si dovevano intendere le attività lavorative che non avessero dato luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro (9.333 lordi) nel corso di un anno civile, tenendo presente che per ogni singolo committente non era possibile superare la soglia dei 2.000 euro.
Il compenso poteva essere elargito unicamente tramite buoni lavoro (c.d. voucher) il cui ricorso è limitato al rapporto diretto prestatore-utilizzatore finale.
L’anno successivo il d.lgs. 24 settembre 2016, n. 185 fissò per i committenti imprenditori non agricoli o professionisti l’obbligo di comunicare alla Direzione del lavoro territorialmente competente tramite sms o posta elettronica, prima dell’inizio delle prestazioni di lavoro accessorio, i dati anagrafici e il codice fiscale del lavoratore, indicando, altresì, il luogo della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore ai 30 giorni successivi.
Nel vigore del Jobs Act, a parte il divieto di utilizzazione dei voucher negli appalti e i vincoli per le prestazioni in agricoltura, in pratica il contratto di lavoro accessorio poteva essere impiegato in ogni ambito lavorativo e utilizzato da tutti i committenti e da tutti i lavoratori (subordinati, parasubordinati, autonomi, professionisti).
L’impianto originale del 2003 risultava, dunque, completamente stravolto, venendo ormai a mancare qualsiasi riferimento alla occasionalità della prestazione lavorativa.
In questo quadro si è inserita la proposta della CGIL di indire un referendum popolare volto ad abrogare totalmente il lavoro accessorio occasionale. Benché la stessa Corte Costituzionale avesse dichiarato ammissibile il referendum, il governo, con una mossa alquanto criticabile, intervenne preventivamente, eludendo il confronto con la volontà popolare e cancellando la disciplina in questione.
Nonostante ciò, il lavoro occasionale era destinato a risorgere e nella legge di conversione del d.l. n. 50/2017 è stato introdotto l’art. 54-bis che disciplina ex novo le prestazioni occasionali introducendo nuovo Contratto di Prestazione Occasionale (CPO) e il Libretto di Famiglia.

Si sono poi succeduti nel tempo più interventi normativi che hanno modificato l’art. 54-bis:

– l’art. 2-bis della L. n. 96/2018, di conversione del D.L. 87/2018 (c.d. Decreto dignità), rubricato “Disposizioni per favorire il lavoratore nell’ambito delle prestazioni occasionali”, è intervenuto riguardo alle aziende agricole, alle aziende alberghiere, alle strutture ricettive che operano nel settore del turismo e gli enti locali per i quali è previsto un utilizzo più semplificato del contratto, che prevede la comunicazione della data di inizio della prestazione e il monte ore complessivo presunto con riferimento ad un arco temporale non superiore a 10 giorni anziché la data e l’ora di inizio e di termine della prestazione. Vi sono poi disposizioni che riguardano nuove modalità di pagamento, autocertificazioni informatiche e un attenuamento delle sanzioni applicate alle imprese agricole;

– l’art. 5 del D.Lgs. 27 giugno 2022, n. 104 è intervenuto soprattutto riguardo alle informazioni che l’utilizzatore deve trasmettere all’Inps prima della prestazione lavorativa e alle modalità di pagamento per le prestazioni effettuate;

– l’art. 1, c. 342 e 343, della L. 29 dicembre 2022, n. 197 ha esteso l’importo massimo di compenso erogabile per anno civile dal singolo utilizzatore, riguardo alla totalità dei prestatori, a 10.000 euro; ha ampliato la platea di utilizzatori del Contratto di prestazione occasionale, consentendone il ricorso agli utilizzatori che hanno alle proprie dipendenze fino a dieci lavoratori subordinati a tempo indeterminato; ha permesso anche alle aziende alberghiere e alle strutture ricettive, che operano nel settore del turismo, di acquisire prestazioni occasionali nei limiti dimensionali previsti per tutti gli altri utilizzatori; ha stabilito per le discoteche, sale da ballo, night-club e simili, di cui al codice Ateco2007 93.29.1, l’applicazione dei nuovi limiti economici per le attività lavorative di natura occasionale; ha escluso, a decorrere dal 1° gennaio 2023, l’utilizzazione del Cpo da parte delle imprese operanti nel settore agricolo che potranno, tuttavia, utilizzare per il biennio 2023-2024 prestazioni di lavoro occasionale secondo le nuove disposizioni dettate dai commi 344-354.

– l’art. 37 del D.L. 4 maggio 2023, n. 48 conv., con modificazioni, dalla L. 3 luglio 2023, n. 85 ha introdotto, unicamente per gli utilizzatori che operano nei settori dei congressi, delle fiere, degli eventi, degli stabilimenti termali e dei parchi divertimento, l’aumento del limite economico a 15.000 euro ed esteso il limite dimensionale a 25 lavoratori subordinati a tempo indeterminato.

 

Definizione e limiti economici

Il Contratto di prestazione occasionale (Cpo) è il contratto mediante il quale un utilizzatore acquisisce, con modalità semplificate, prestazioni di lavoro occasionali o saltuarie di ridotta entità.

Per prestazioni di lavoro occasionali, si intendono le attività lavorative che danno luogo, nel corso di un anno civile, ovvero dal 1° gennaio al 31 dicembre:

  • per ciascun prestatore, con riferimento alla totalità degli utilizzatori, a compensi di importo complessivamente non superiore a 5.000 euro;
  • per ciascun utilizzatore, con riferimento alla totalità dei prestatori, a compensi di importo complessivamente non superiore a 10.000 euro, elevati a 15.000 euro per gli utilizzatori che operano nei settori dei congressi, delle fiere, degli eventi, degli stabilimenti termali e dei parchi divertimento.

Sono computati in misura pari al 75% del loro importo i compensi per prestazioni di lavoro occasionali rese da:

titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità. L’Inps ha precisato che «Lo svolgimento, da parte dei pensionati, di prestazioni occasionali sia nell’ambito del Contratto di prestazioni occasionali che del Libretto Famiglia può determinare l’incumulabilità del trattamento pensionistico con i redditi da lavoro, con l’effetto di sospendere la pensione (ad es. pensione quota 100; pensione ai lavoratori c.d. precoci) o ridurne l’importo in pagamento (ad es. trattamenti previdenziali di invalidità, pensioni ai superstiti, etc.)»;

studenti con meno di venticinque anni di età;

persone disoccupate (art. 19, D.Lgs. n. 150/2015) che abbiano presentato all’ANPAL la Dichiarazione di Immediata Disponibilità (DID);

percettori di prestazioni integrative del salario, di reddito di inclusione (REI o SIA) ovvero di altre prestazioni di sostegno del reddito. In questo caso l’INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, laddove prevista, gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni occasionali rese dal prestatore (Circ. Inps n. 107/2017, par. 2).

I prestatori devono obbligatoriamente autocertificare la propria condizione all’atto di registrazione sulla piattaforma informatica.

  • per le prestazioni complessivamente rese da ogni prestatore in favore del medesimo utilizzatore, a compensi di importo non superiore a 2.500 euro e comunque non più di 280 ore lavorative.

I suddetti limiti si applicano anche alle attività lavorative di natura occasionale, svolte nell’ambito delle attività di discoteche, sale da ballo, night-club e simili, di cui al codice Ateco2007 93.29.1.

Tali importi sono al netto di contributi, premi assicurativi, costi di gestione e sono esenti da tassazione ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.

I compensi percepiti:

  • non incidono sullo stato di disoccupazione;
  • non devono essere indicati nella domanda di richiesta per ottenere il Reddito di cittadinanza (Rdc);
  • sono computabili, per i lavoratori extracomunitari, ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.

Non possono prestare lavoro occasionale soggetti con i quali l’utilizzatore abbia in corso o abbia cessato da meno di sei mesi un rapporto di lavoro subordinato (a tempo indeterminato o a termine) o di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.). I divieti non trovano comunque applicazione in relazione al personale utilizzato attraverso la somministrazione. (Circ. INL n. 5/2017)

Utilizzatori

Possono fare ricorso al “contratto di prestazione occasionale”:

  • professionisti;
  • lavoratori autonomi;
  • imprenditori;
  • associazioni;
  • fondazioni ed altri enti di natura privata;
  • società sportive (D.Lgs. n. 120/2023, art. 1, c. 17, lett. c);
  • discoteche, sale da ballo, night-club e simili, di cui al codice Ateco2007 93.29.1;
  • settori dei congressi, delle fiere, degli eventi, degli stabilimenti termali e dei parchi divertimento;
  • Amministrazioni pubbliche di cui all’art.1, c. 2, D.Lgs. n. 165/2001.

Non possono ricorrere al contratto di prestazione occasionale:

  • gli utilizzatori che hanno alle proprie dipendenze più di 10 lavoratori subordinati a tempo indeterminato, ovvero 25 per i soli utilizzatori che operano nei settori dei congressi, delle fiere, degli eventi, degli stabilimenti termali e dei parchi di divertimento;
  • le imprese dell’edilizia e di settori affini;
  • le imprese esercenti l’attività di escavazione o lavorazione di materiale lapideo;
  • le imprese del settore delle miniere, cave e torbiere;
  • le imprese impegnate nell’ambito dell’esecuzione di appalti di opere o servizi;
  • le imprese del settore agricolo;
  • le società sportive (inizialmente il comma 4 dell’art. 25 del D.Lgs. n. 36 aveva previsto, ricorrendone i presupposti, l’utilizzo della prestazione occasionale nel lavoro sportivo, ma successivamente il comma è stato abrogato dall’art. 13, c. 1, lett. e) del D.Lgs. n. 163/2022).

Il periodo da assumere a riferimento per il calcolo della forza aziendale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato è il semestre che va dall’ottavo al terzo mese antecedente la data dello svolgimento della prestazione lavorativa occasionale. Ad esempio, se la prestazione verrà resa il giorno 23 luglio 2017, dovrà essere effettuato il computo della media occupazionale dei lavoratori a tempo indeterminato per i mesi da novembre 2016 (ottavo mese precedente) ad aprile 2017 (terzo mese precedente).

A questo punto la media semestrale va calcolata sulla base del dato effettivo, senza operare alcun arrotondamento. Se, ad esempio, il valore medio della forza aziendale a tempo indeterminato risulta pari a 5,1, il datore di lavoro non può fare ricorso alle prestazioni di lavoro occasionale. (Msg. Inps 12 luglio 2017, n. 2887)

Nel computo dei dipendenti da conteggiare nella forza aziendale a tempo indeterminato sono ricompresi i lavoratori di qualunque qualifica:

  • lavoratori assunti a tempo indeterminato;
  • lavoratori assunti a tempo parziale. Si computano in proporzione all’orario svolto, rapportato al tempo pieno. A tal fine, l’arrotondamento opera per le frazioni di orario che eccedono la somma degli orari a tempo parziale corrispondente a unità intere di orario a tempo pieno (D.Lgs. n. 81/2015, art. 9);
  • lavoratori somministrati (D.Lgs. n. 81/2015, art. 34, c. 3);
  • lavoratori intermittenti. Vengono computati nell’organico dell’impresa in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre. Non vanno considerate le ore in cui il lavoratore resta in disponibilità (D.Lgs. n. 81/2015, art. 18);
  • lavoratori subordinati che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza (telelavoro, lavoro agile);
  • lavoratori a domicilio quando l’attività è svolta a favore del committente.

Non sono invece da conteggiare gli apprendisti (art. 47, c. 3, D.Lgs. 81/2015; Msg Inps 12 luglio 2017, n. 2887).

Nel determinare la media occupazionale, devono essere ricompresi nel semestre anche i periodi di sosta di attività e di sospensioni stagionali; per le aziende di nuova costituzione il requisito si determinerà in relazione ai mesi di attività, se inferiori al semestre di riferimento.

Diritti del prestatore

Il prestatore di lavoro occasionale ha diritto:

  • all’assicurazione INPS per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (IVS), con iscrizione alla Gestione separata;
  • all’assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;
  • al riposo giornaliero (art. 7, D.Lgs. n. 66/2003), alle pause (art. 8, D.Lgs. n. 66/2003) e ai riposi settimanali (art. 9, D.Lgs. n. 66/2003);
  • all’informazione sugli elementi essenziali del rapporto di lavoro e sulle condizioni di lavoro e la relativa tutela (art. 1, c. 1, lett. f), D.Lgs. n. 104/2022; Circ. INL n. 4/2022).

Sono escluse le prestazioni di malattia, di maternità, di disoccupazione e l’assegno per il nucleo familiare.

L’indennità NASpI è interamente cumulabile con i compensi derivati da lavoro occasionale, non oltre il limite di 5.000 euro per anno civile, e il beneficiario non è tenuto a comunicare all’Inps il compenso derivante dalla predetta attività (Circ. Inps n. 174/2017, par. 2).

Retribuzione

Il compenso è fissato liberamente dalle parti con i seguenti limiti:

  • non inferiore a € 9,00 per ogni ora di lavoro;
  • non inferiore a € 36,00 (pari a 4 ore di lavoro) per giornata lavorativa, anche se la prestazione effettiva risulta essere inferiore a 4 ore.

La misura del compenso per le ore successive è fissata dalle parti, sempre nel rispetto della misura minima oraria di € 9,00.

L’Inps ha precisato che nel caso in cui la prestazione lavorativa inizia alle ore 22,00 del giorno 1 e termina alle ore 02,00 del giorno 2 il committente deve registrare 4 ore per il giorno 1 e 4 ore per il giorno 2 per un totale di 8 ore.

Sono completamente a carico dell’utilizzatore, in relazione al compenso minimo orario (9 euro):

  • € 2,97 (33% del compenso), per contribuzione ivs a favore della Gestione separata Inps;
  • € 0,32 (3,5% del compenso), per premio dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (Inail);
  • € 0,12 (1% sui versamenti complessivi effettuati dall’utilizzatore) per la gestione del servizio da parte dell’Inps.

Comunicazioni

L’utilizzatore è tenuto a trasmettere almeno sessanta minuti prima dell’inizio della prestazione lavorativa, attraverso la piattaforma informatica Inps o avvalendosi dei servizi di contact center messi a disposizione dall’Inps, una dichiarazione contenente, tra l’altro, le seguenti informazioni:

  • i dati identificativi del prestatore;
  • il luogo di svolgimento della prestazione;
  • la data e l’ora di inizio e di termine della prestazione;
  • la misura del compenso pattuita in misura non inferiore a 36 euro, per prestazioni di durata non superiore a 4 ore continuative nell’arco della giornata;
  • il settore di impiego del prestatore;
  • altre informazioni per la gestione del rapporto di lavoro.

La comunicazione avviene mediante l’utilizzo di un calendario giornaliero gestito attraverso la procedura INPS, con l’indicazione giornaliera delle prestazioni.

L’utilizzatore deve dichiarare, nel caso, l’appartenenza del prestatore ad una delle seguenti categorie: titolare di pensione di vecchiaia o di invalidità; studente con meno di venticinque anni di età; persona disoccupata; percettore di prestazioni integrative del salario, di reddito di inclusione o di altre prestazioni di sostegno del reddito.

Nell’ipotesi in cui per causa di forza maggiore (indisponibilità sopravvenuta del prestatore ecc.), la prestazione di lavoro non dovesse avvenire, l’utilizzatore deve darne comunicazione, sempre a mezzo di procedura telematica INPS, tassativamente entro le 24 ore (precisamente le ore 23.59) del terzo giorno successivo a quello originariamente previsto per lo svolgimento della prestazione (data di svolgimento della prestazione lavorativa giornaliera).

Una volta decorso il terzo giorno successivo a quello previsto per lo svolgimento della prestazione, l’INPS procede ad integrare il compenso pattuito dalle parti nell’ambito del primo prospetto paga da formare, nonché a valorizzare la posizione assicurativa del lavoratore ai fini IVS e INAIL, trattenendo le somme destinate al finanziamento degli oneri gestionali.

A tutela dei lavoratori, la piattaforma telematica INPS supporta:

  • la dichiarazione trasmessa dall’utilizzatore preventivamente allo svolgimento della prestazione lavorativa, con l’indicazione dei termini generali della medesima – comunicazione di posta elettronica e/o di short message service(SMS) e MyINPS;
  • la eventuale comunicazione di revoca della dichiarazione trasmessa dall’utilizzatore in caso di mancato svolgimento della prestazione lavorativa – attraverso comunicazione di posta elettronica e/o di short message service (SMS) e MyINPS. In tal caso, qualora la comunicazione di revoca sia stata resa a fronte di una prestazione lavorativa effettivamente svolta, il lavoratore, sempre entro le ore 24.00 del terzo giorno successivo a quello di svolgimento della prestazione, avvalendosi della procedura telematica INPS, può comunicare l’avvenuto svolgimento della prestazione, con il conseguente diritto all’accredito del compenso ed alla valorizzazione della posizione assicurativa;
  • la conferma, da parte del prestatore o dell’utilizzatore, dell’avvenuto svolgimento della prestazione lavorativa, che potrà essere effettuata al termine della prestazione giornaliera medesima attraverso le funzionalità della procedura telematica INPS. Una volta comunicato l’avvenuto svolgimento della prestazione, la procedura non consente all’utilizzatore la trasmissione di revoca riferita alla stessa prestazione lavorativa. La conferma dell’avvenuto svolgimento sarà disponibile finché la prestazione diventa irrevocabile (entro le ore 24.00 del terzo giorno successivo a quello di svolgimento della prestazione). Trascorso tale termine la conferma non è più disponibile.

L’INPS in collaborazione con l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, procederà a controlli automatici sulle revoche delle comunicazioni di prestazioni inserite in procedura. A fronte di una prestazione di lavoro che risulti effettivamente svolta, l’avvenuta revoca della dichiarazione preventiva da parte dell’utilizzatore determina l’applicazione delle sanzioni in materia di lavoro nero.

Pubblica Amministrazione

Possono fare ricorso al “contratto di prestazione occasionale” anche le Amministrazioni pubbliche (art. 1, c. 2, D.Lgs. n. 165/2001) – nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e fermo restando il limite reddituale e il limite di durata pari a 280 ore nell’arco dello stesso anno civile per il medesimo prestatore – esclusivamente per esigenze temporanee o eccezionali per:

  • progetti speciali rivolti a specifiche categorie di soggetti in stato di povertà, di disabilità, di detenzione, di tossicodipendenza o che fruiscono di ammortizzatori sociali;
  • svolgimento di lavori di emergenza correlati a calamità o eventi naturali improvvisi;
  • attività di solidarietà, in collaborazione con altri enti pubblici o associazioni di volontariato;
  • organizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritative.

Per gli Enti locali è possibile indicare nella dichiarazione preventiva un monte ore complessivo presunto con riferimento a un arco temporale non superiore a 10 giorni consecutivi.

Le P.A. e gli Enti locali possono utilizzare il contratto di prestazioni occasionali indipendentemente dal numero di dipendenti.

L’utilizzatore nella comunicazione preventiva deve fornire le seguenti informazioni:

  • i dati anagrafici e identificativi del prestatore;
  • il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa;
  • l’oggetto della prestazione;
  • la data di inizio della prestazione e il monte ore complessivo presunto (con riferimento ad un arco temporale non superiore a 10 giorni per gli Enti locali);
  • la misura del compenso pattuita come stabilito dalla legge.

I dipendenti pubblici hanno la possibilità di svolgere lavoro occasionale presso privati, previa richiesta di autorizzazione all’amministrazione di appartenenza.

In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti. (D.Lgs. n. 165/2001, artt. 36, 53; Circ. Inps 9 luglio 2009, n. 88, par. 3)

Aziende alberghiere e strutture ricettive del settore turistico

Utilizzatori

Possono ricorrere alle prestazioni occasionali le aziende alberghiere e le strutture ricettive del settore turistico, che abbiano alle proprie dipendenze non più di 10 lavoratori a tempo indeterminato, che svolgono attività principale o prevalente contraddistinta da uno dei seguenti codici Ateco2007:

  • alberghi (55.10.00);
  • villaggi turistici (55.20.10);
  • ostelli della gioventù (55.20.20);
  • rifugi di montagna (55.20.30);
  • colonie marine e di montagna (55.20.40);
  • affittacamere per brevi soggiorni, case e appartamenti per vacanze, bed and breakfast, residence (55.20.51);
  • aree di campeggio e aree attrezzate per camper e roulotte (55.00.30).

Il settore di attività deve risultare dal Registro delle imprese. I soggetti privi di iscrizione nel Registro devono dichiarare, nella procedura informatica per il lavoro occasionale, di svolgere attività nel settore turistico e ricettivo e fornire all’Inps tutte le notizie utili per una corretta classificazione.

Comunicazioni

L’utilizzatore, almeno sessanta minuti prima dell’inizio dello svolgimento della prestazione lavorativa, tramite la piattaforma informatica INPS deve fornire le seguenti informazioni:

  • i dati anagrafici e identificativi del prestatore;
  • il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa;
  • l’oggetto della prestazione;
  • la data di inizio della prestazione e il monte ore complessivo presunto con riferimento ad un arco temporale non superiore a 10 giorni;
  • il compenso pattuito per la prestazione nei limiti previsti dalla legge.

La comunicazione avviene mediante l’utilizzo di un calendario giornaliero gestito attraverso la procedura INPS, che prevede l’indicazione, da parte dell’utilizzatore, dell’arco temporale di svolgimento della prestazione, che va da uno a dieci giorni consecutivi, nonché della durata complessiva della predetta prestazione.

Se la prestazione lavorativa non viene svolta, l’utilizzatore deve effettuare, sempre avvalendosi della procedura telematica INPS, la revoca tassativamente entro le ore 24.00 (precisamente entro le ore 23.59) del terzo giorno successivo alla data conclusiva dell’arco temporale originariamente previsto per lo svolgimento della prestazione (non superiore a 10 giorni consecutivi).

Sicurezza sul lavoro

Si applicano le norme del T.U. e tutte le altre norme speciali vigenti in materia di sicurezza e tutela della salute nei casi in cui la prestazione sia svolta a favore di un committente imprenditore o professionista. Negli altri casi si applicano esclusivamente le disposizioni di cui all’art. 21 ad eccezione dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l’insegnamento privato supplementare e l’assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili.

Registrazione preventiva di utilizzatori e prestatori

Per l’accesso alle prestazioni del Cpo, i prestatori e gli utilizzatori del lavoro occasionale devono registrarsi e utilizzare l’apposita piattaforma telematica INPS.

All’atto della registrazione, gli utilizzatori e i prestatori forniranno le informazioni identificative necessarie per la gestione del rapporto di lavoro e dei connessi adempimenti contributivi.

La registrazione può essere svolta:

  • direttamente dall’utilizzatore/prestatore, attraverso l’accesso alla piattaforma telematica con l’utilizzo delle proprie credenziali personali (PIN INPS, credenziali SPID – Sistema Pubblico di Identità Digitale, CNS – Carta Nazionale dei Servizi);
  • avvalendosi dei servizi di contact center INPS, che gestiranno, per conto dell’utente (utilizzatore/prestatore), lo svolgimento delle attività di registrazione e/o degli adempimenti di comunicazione della prestazione lavorativa. Anche in tal caso, è preliminarmente necessario che l’utente risulti in possesso delle credenziali personali (PIN INPS, credenziali SPID – Sistema Pubblico di Identità Digitale, CNS – Carta Nazionale dei Servizi);
  • tramite intermediari di cui alla L. n. 12/1979 o Enti di patronato di cui alla L. n. 152/2001, in questo caso esclusivamente per i servizi erogati al prestatore (Msg. Inps n. 3177/2017).

I prestatori di lavoro dovranno indicare l’Iban del:

  • conto corrente bancario/postale, intestato o cointestato al prestatore, ovvero
  • libretto postale, intestato o cointestato al prestatore, ovvero
  • carta di credito, dotata di Iban e intestata al prestatore.

Per quanto riguarda l’Iban:

  • l’errata compilazione dei dati, esenta l’INPS da ogni forma di responsabilità in caso di erogazione del compenso a beneficiari diversi dal prestatore;
  • la mancata indicazione, attiva il pagamento del compenso da parte dell’INPS, mediante bonifico bancario domiciliato pagabile presso gli uffici della società Poste Italiane S.p.A. In tal caso, gli oneri di pagamento del bonifico bancario domiciliato (€ 3,84), sono a carico del prestatore e vengono trattenuti, da parte dell’Istituto, sul compenso spettante al prestatore.

Poste Italiane trasmette al prestatore una comunicazione con la quale lo informa della disponibilità delle somme entro il 15 del mese, riscuotibili presso qualsiasi ufficio postale previa esibizione di documento di identità e della medesima comunicazione.

Si raccomanda al prestatore di indicare esattamente in fase di registrazione anagrafica il proprio domicilio se diverso dalla residenza, per consentire il recapito della comunicazione della disponibilità del bonifico domiciliato.

Gestione dei pagamenti da parte degli utilizzatori

Per ricorrere alle prestazioni di lavoro occasionali, l’utilizzatore, anche tramite gli intermediari di cui all’art. 1 della L. n. 12/1979 ferma restando la propria responsabilità, deve alimentare preventivamente il proprio portafoglio telematico, con il versamento della somma destinata al pagamento della prestazione e l’assolvimento degli oneri di assicurazione sociale ed i costi di gestione delle attività a favore dell’Inps.

Le modalità di versamento sono:

  1. versamento a mezzo modello F24 – Elementi identificativi (ELIDE), con l’indicazione dei dati identificativi (codice fiscale e i dati anagrafici) dell’utilizzatore e la causale “CLOC” denominata “Finanziamento del contratto di lavoro occasionale – art. 54-bis D.L. n. 50/2017 (Ris. Agenzia Entrate n. 81/2017).

L’Inps ha precisato che le persone giuridiche devono indicare il proprio codice fiscale e non quello del legale rappresentante.

Nel campo “elementi identificativi” non dovrà essere inserito alcun valore. È esclusa la facoltà di compensazione dei crediti.

Le Pubbliche Amministrazioni utilizzeranno il modello F24EP;

  1. strumenti di pagamento elettronico con addebito in c/c ovvero su carta di credito/debito, gestiti attraverso la modalità di pagamento “pagoPA” di Agid e accessibili esclusivamente dal servizio Prestazioni Occasionali del Portale dei Pagamenti INPS attraverso l’utilizzo delle credenziali personali dell’utilizzatore (PIN Inps, Carta Nazionale dei Servizi o dello SPID – Sistema Pubblico di Identità Digitale).

A seconda della forma di pagamento, le somme sono utilizzabili per remunerare le prestazioni occasionali ed assolvere agli obblighi contributivi, di norma: entro 7 giorni dall’operazione di versamento con mod. F24 e alcuni giorni per il pagamento tramite pagoPA.

La misura dei versamenti è individuata dall’utilizzatore. Ogni pagamento alimenta il portafoglio virtuale dell’utilizzatore del Cpo.

La trattenuta delle somme destinate al finanziamento degli oneri gestionali, nella misura prevista per ogni tipologia di prestazione occasionale, è effettuata al momento dell’acquisizione della dichiarazione/comunicazione di prestazione lavorativa tramite la piattaforma informatica INPS. Nel Contratto di prestazione occasionale, in caso di revoca della dichiarazione andata a buon fine, l’importo sarà riaccreditato nel portafoglio virtuale dell’utilizzatore. (Circolari Inps n. 107/2017, par. 7 e n. 103/2018, par. 7)

 

Gestione dell’erogazione dei compensi ai prestatori

L’INPS provvede a pagare il compenso al prestatore entro il giorno 15 del mese successivo a quello di svolgimento della prestazione.

In particolare, l’INPS conteggia tutti i compensi relativi a prestazioni di lavoro occasionale rese durante il mese ed a erogare il totale complessivo entro il giorno 15 del mese successivo, accreditando le somme sul conto del prestatore.

Il prestatore, attraverso la piattaforma telematica, potrà acquisire il prospetto paga mensile, con l’indicazione dei seguenti dati:

  • elementi identificativi degli utilizzatori;
  • compensi percepiti;
  • contribuzione INPS/INAIL;
  • ogni altra informazione utile per l’attestazione delle prestazioni svolte.

Il pagamento dei compensi al prestatore avviene:

  1. tramite accredito delle somme sul conto corrente bancario indicato sulla piattaforma al momento della registrazione o successivamente modificato – entro il giorno 15 del mese successivo a quello di svolgimento della prestazione;
  2. tramite bonifico bancario domiciliato pagabile presso gli uffici della società Poste Italiane S.p.A. entro il giorno 15 del mese successivo a quello di svolgimento della prestazione. Gli oneri del pagamento sono a carico del prestatore (euro 3,84). Tale modalità è utilizzata nei casi di mancata indicazione delle coordinate bancarie (IBAN) da parte del prestatore e nell’ipotesi di cui al successivo punto;
  3. per il tramite di qualsiasi sportello postale, a fronte della richiesta del prestatore espressa all’atto della registrazione nella piattaforma informatica INPS e della successiva generazione e presentazione di univoco mandato ovvero di autorizzazione di pagamento emesso dalla citata piattaforma, stampato dall’utilizzatore e consegnato al prestatore, decorsi quindici giorni dal momento in cui la prestazione inserita nella procedura informatica è validata dall’utilizzatore. (Circ. Inps n. 107/2017, par. 8; Circ. Inps n. 103/2018, par. 6; Msg. Inps n. 410/2023)

Sanzioni per l’utilizzatore

Limite economico e di durata della prestazione

Il superamento, nell’arco dello stesso anno civile, per ciascuna prestazione resa da un singolo prestatore in favore di un singolo utilizzatore, del limite di € 2.500,00 o del limite di durata della prestazione pari a 280 ore comporta la trasformazione del relativo rapporto in un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, a far data dal giorno in cui si realizza il predetto superamento, con applicazione delle connesse sanzioni civili ed amministrative. (Circ. INL 9 agosto 2017, n. 5)

La trasformazione del rapporto e le relative sanzioni non si applicano alle P.A. (art. 54-bis, c. 20, D.L. n. 50/2017, ma anche art. 36, c. 5, D.Lgs. n. 165/2001).

Rapporti di lavoro in corso o cessati

L’impiego di prestazioni di lavoro occasionali da parte di lavoratori con i quali l’utilizzatore abbia in corso o abbia cessato da meno di 6 mesi un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa implica la conversioneex tunc in un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato con l’applicazione delle relative sanzioni civili e amministrative, sempre che sia accertata la natura subordinata del lavoro in corso o cessato.

I divieti non trovano comunque applicazione in relazione al personale utilizzato attraverso la somministrazione. (Circ. INL 9 agosto 2017, n. 5)

Comunicazione preventiva

Per la violazione degli obblighi di comunicazione preventiva (comunicazione effettuata in ritardo o che non contenga tutti gli elementi richiesti o gli elementi non corrispondano a quanto effettivamente accertato) viene applicata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 2.500 per ogni prestazione lavorativa giornaliera per cui risulta accertata la violazione. La disposizione non si applica alla P.A. (Circ. INL 9 agosto 2017, n. 5)

Non trova applicazione la procedura di diffida di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004 e la sanzione ridotta ai sensi dell’art. 16 della L. n. 689/1981 è pertanto pari ad euro 833,33 per ogni giornata non tracciata da regolare comunicazione. Laddove venga riscontrata la violazione degli obblighi di cui sopra in relazione a più lavoratori, pertanto, la sanzione ridotta risulterà essere il prodotto tra il citato importo di euro 833,33 e la somma delle giornate in cui si è svolto il lavoro occasionale, indipendentemente dal numero dei prestatori impiegato nella stessa giornata (Nota INL 21 agosto 2017, n. 7427).

Mancata comunicazione o revoca della comunicazione preventiva di prestazione lavorativa effettivamente svolta

In questi casi, ferma restando la registrazione del lavoratore sulla piattaforma Inps, si avranno due fattispecie sanzionatorie: la semplice sanzione amministrativa (art. 54-bis, c. 20) e la maxisanzione per lavoro nero.

Per l’applicazione della sanzione amministrativa devono ricorrere contemporaneamente i seguenti requisiti:

  1. la prestazione sia comunque possibile in ragione del mancato superamento dei limiti economici e temporali (280 ore);
  2. la prestazione possa effettivamente considerarsi occasionale in ragione della presenza di precedenti analoghe prestazioni lavorative correttamente gestite, così da potersi configurare una mera violazione dell’obbligo di comunicazione.

A titolo di esempio l’Istituto menziona la mancata comunicazione di una singola prestazione giornaliera a fronte di una serie di prestazioni occasionali regolarmente comunicate nel corso dello stesso mese. In questo caso è lecito pensare a una semplice violazione dell’obbligo di comunicazione con relativa applicazione della specifica misura sanzionatoria. (Circ. INL 9 agosto 2017, n. 5; Nota INL 19 aprile 2022, n. 856)

Nei casi di:

  • mancata trasmissione della comunicazione preventiva secondo le modalità di legge;
  • invio della comunicazione nel corso dell’accesso ispettivo;
  • revoca della comunicazione a fronte di una prestazione di lavoro giornaliera effettivamente svolta;

e in presenza di subordinazione (debitamente e accuratamente dimostrata), il rapporto di lavoro potrà ritenersi sconosciuto alla P.A., con la conseguente possibilità di contestare l’impiego di lavoratori in “nero” e di procedere all’applicazione della maxisanzione per lavoro nero (art. 3, c. 3, D.L. n. 12/2002 conv. dalla L. n. 73/2002 modificato dall’art. 22, c. 1, D.Lgs n. 151/2015).

Mancata consegna al lavoratore della copia della dichiarazione delle informazioni inviata all’Inps

La mancata consegna al lavoratore (in formato elettronico o in forma cartacea) della copia della dichiarazione delle informazioni di cui alle lett. da a) a e), comma 17 dell’art. 54-bis, comporta la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 a euro 1.500 per ogni lavoratore interessato.

Impresa/Professionista con più di 10 lavoratori subordinati e Imprese

Il ricorso al contratto di prestazione occasionale da parte di:

  • utilizzatori che hanno alle proprie dipendenze più di 10 lavoratori subordinati a tempo indeterminato;
  • imprese del settore agricolo (dal 1° gennaio 2023);
  • imprese dell’edilizia e di settori affini;
  • imprese esercenti l’attività di escavazione o lavorazione di materiale lapideo;
  • imprese del settore delle miniere, cave e torbiere;
  • imprese impegnate nell’ambito dell’esecuzione di appalti di opere o servizi;

comporta la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 2.500 per ogni prestazione lavorativa giornaliera per cui risulta accertata la violazione. (Circ. INL 9 agosto 2017, n. 5)

Non trova applicazione la procedura di diffida di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004 e la sanzione ridotta ai sensi dell’art. 16 della L. n. 689/1981 è pertanto pari ad euro 833,33 per ogni giornata non tracciata da regolare comunicazione. Laddove venga riscontrata la violazione degli obblighi di cui sopra in relazione a più lavoratori, pertanto, la sanzione ridotta risulterà essere il prodotto tra il citato importo di euro 833,33 e la somma delle giornate in cui si è svolto il lavoro occasionale, indipendentemente dal numero dei prestatori impiegato nella stessa giornata (Nota INL 21 agosto 2017, n. 7427).

Riposo giornaliero, riposo settimanale e pause

Il mancato rispetto da parte dell’utilizzatore delle disposizioni previste dagli artt. 7, 8 e 9 del D.Lgs. n. 66/2003 (riposo giornaliero, riposo settimanale e pause) comporta l’applicazione delle sanzioni previste all’art. 18-bis del D.Lgs. n. 66/2003.

Tutela della salute e sicurezza sul lavoro

L’art. 3, c. 8. D.Lgs. n. 81/2008 – così come sostituito dall’art. 20, c. 1, lett. a), n. 1, D.Lgs. n. 151/2015 – stabilisce che nei confronti dei lavoratori che effettuano prestazioni di lavoro accessorio, le disposizioni del T.U. sulla sicurezza e le altre norme speciali vigenti in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori si applicano nei casi in cui la prestazione sia svolta a favore di un committente imprenditore o professionista.