Questa voce è stata curata da Caterina Camposano
Scheda sintetica
Il crescente ricorso a strumenti tecnologici ed alla cd. digitalizzazione dell’attività lavorativa ha determinato una crisi delle tradizionali forme di organizzazione del lavoro, caratterizzate dalla rigida separazione tra vita lavorativa e vita privata.
In questo contesto, si è diffuso nella realtà aziendale nazionale il cd. lavoro agile, ossia una forma di lavoro che, valorizzando la responsabilizzazione dei prestatori e la necessità di raggiungere dati risultati, permette al lavoratore di eseguire la propria prestazione anche in locali diversi da quelli aziendali, tramite il ricorso a strumentazioni informatiche (cd. lavoro da remoto) e senza che sia necessario rispettare un orario di lavoro rigido.
Il fenomeno, per quanto molto diffuso, originariamente ha trovato un’autonoma disciplina solo in una serie di accordi aziendali. Con il passare del tempo si è, però, fatta sempre più pressante l’esigenza di una regolamentazione legislativa, così da rendere più agevole per le imprese il ricorso a questa tipologia di lavoro.
A riguardo è intervenuta la legge 22 maggio 2017, n. 81, recante, oltre a una regolamentazione del lavoro autonomo, un’apposita disciplina del lavoro agile (o smart working).
Fonti normative
- Legge 22 maggio 2017, n. 81
- Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, risposta ad interpello n. 3/2021 – provvedimento n. 0010833.09-06-2021
Definizione
Il lavoro agile non rappresenta una nuova tipologia di contratto di lavoro, bensì una particolare modalità di esecuzione della prestazione nell’ambito di un normale rapporto di lavoro subordinato: in particolare, esso permette al lavoratore di organizzare la propria attività lavorativa con maggiore flessibilità, non prevedendo vincoli specifici in tema di orario di lavoro e di luogo di svolgimento della prestazione.
Infatti, l’art. 18 della legge n. 81/2017 ha chiarito che lo smart working si caratterizza per le seguenti peculiarità:
- il lavoro può essere svolto per fasi, cicli e obiettivi;
- non sono presenti vincoli di orario o di luogo di lavoro (salvo quelli connessi alla durata massima dell’orario giornaliero e settimanale derivanti da disposizioni di legge o di contratto collettivo);
- per lo svolgimento dell’attività lavorativa è possibile utilizzare strumenti tecnologici e, in questo caso, è lo stesso datore di lavoro ad essere responsabile del loro buon funzionamento e della loro sicurezza;
- Il lavoro può essere svolto all’interno o all’esterno dei locali aziendali.
Ai sensi dell’art. 19 l. 81/2017, “ai fini della regolarità amministrativa e della prova”, è necessario che venga stipulato tra le parti un accordo scritto, in cui dovranno essere regolati taluni aspetti riguardanti il rapporto di lavoro, tra cui, in particolare, il luogo e le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa fuori dai locali aziendali, le modalità di esercizio del potere di controllo e disciplinare da parte del datore di lavoro, l’individuazione degli illeciti disciplinari, i tempi di riposo e le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare il diritto alla disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro (vedi infra).
In sintesi, si può dunque affermare che il lavoro agile si distingue dal lavoro subordinato tradizionale per il fatto che viene a mancare l’obbligo di presenza e di orario: fermo restando che il lavoratore agile dovrà quanto meno tener conto delle modalità di svolgimento della prestazione così come concordate nell’accordo.
Il lavoro agile può essere svolto anche all’interno delle pubbliche amministrazioni.
Smart Working e Pubblico impiego
Le disposizioni sul lavoro agile trovano applicazione anche nei rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni. Il comma 2 dell’art. 18, infatti, afferma chiaramente che “Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, anche nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, secondo le direttive emanate anche ai sensi dell’articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124, fatte salve le diverse disposizioni specificamente adottate per tali rapporti”.
Scheda di approfondimento
L’accordo relativo al lavoro agile
Affinché il ricorso al lavoro agile sia regolare è necessario che tra le parti venga stipulato un accordo scritto. Si precisa, come anticipato, che la forma scritta è richiesta ad probationem. Questo accordo può essere sia a tempo determinato che a tempo indeterminato e, in particolare, deve disciplinare l’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali, il potere direttivo del datore di lavoro e l’utilizzo degli strumenti utilizzati dal lavoratore.
Oltre a questi profili, il legislatore ha stabilito che, in tale accordo, vengano regolamentati i tempi di riposo del lavoratore, nonché la disconnessione dello stesso dagli strumenti tecnologici utilizzati (cfr., sul punto, art. 19, co. 1, l. 81/2017).
In questo modo, da un lato, è stato espressamente riconosciuto il diritto del lavoratore a disconnettersi dai dispositivi informatici con cui lavora così da evitare un controllo pressante e senza limiti da parte del datore di lavoro; dall’altro, però, non è stata dettata una disciplina dettagliata direttamente dalla fonte legislativa, demandando tale compito all’accordo tra le parti.
I contraenti possono sciogliere l’accordo senza particolari formalità.
Nel caso in cui esso sia stato stipulato a tempo indeterminato, sia il datore di lavoro che il lavoratore possono recedere ad nutum rispettando un preavviso non inferiore a trenta giorni (nel caso di lavoratore disabile, il preavviso deve essere pari ad almeno novanta giorni). Se l’accordo è stato stipulato a tempo determinato, le parti possono recedere, prima della scadenza naturale e senza alcun preavviso, in presenza di un giustificato motivo: non è quindi necessaria una giusta causa, richiesta invece ex lege per il recesso dal contratto di lavoro a tempo determinato prima della scadenza del termine (sul recesso dall’accordo nel lavoro agile cfr. art. 19, co. 2, l. 81/2017; sul recesso ante tempus dal contratto a tempo determinato cfr. art. 2119 c.c.).
In ordine alle conseguenze del recesso, si deve distinguere.
Nel caso in cui l’accordo fosse intervenuto nell’ambito di un rapporto di lavoro già in essere senza le caratteristiche del lavoro agile, le parti torneranno a svolgere il rapporto con le modalità originarie. Nel caso invece in cui il rapporto di lavoro sia, sin dall’origine, sorto con le caratteristiche del lavoro agile, il lavoratore comincerà – a seguito del recesso – a lavorare nelle modalità del lavoro subordinato non agile.
Trattamento economico e normativo
Il lavoratore agile ha diritto a un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato nei confronti dei prestatori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda. In particolare, per determinare i livelli retributivi applicabili occorre fare riferimento ai contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle RSA e RSU. Inoltre, l’accordo relativo alle modalità di esecuzione della prestazione può riconoscere al prestatore il diritto all’apprendimento permanente e alla periodica certificazione delle competenze, ciò al fine di permettere al lavoratore agile di mantenere le proprie conoscenze quanto meno allineate con quelle che si evolvono all’interno della sede aziendale (cfr. art. 21, l. 81/2017).
Spettano ai lavoratori agili gli incentivi di carattere fiscale e contributivo riconosciuti dalla legge in relazione ad incrementi di produttività ed efficienza.
Potere di controllo e disciplinare
Come i lavoratori “tradizionali” anche il lavoratore agile è soggetto al potere di controllo e disciplinare del datore di lavoro: per quanto concerne la prestazione resa al di fuori dei locali dell’impresa, i controlli da parte del datore di lavoro e le condotte illecite del lavoratore sono individuate nell’accordo scritto che disciplina il rapporto. Si noti che la riforma fa espresso riferimento alle condotte connesse all’esecuzione della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali.
Con riguardo al potere disciplinare, ciò significa che le parti hanno solo la facoltà di integrare (non di derogare) il codice disciplinare già vigente per i rapporti di lavoro subordinato di tipo tradizionale, prevedendo esclusivamente condotte che possono essere tenute al di fuori del luogo di lavoro (art. 21 co. 2, l. 81/2017).
Con riguardo al potere di controllo, si evidenzia che nel lavoro agile tale potere potrebbe incidere sensibilmente sulla sfera giuridica del lavoratore, poiché la prestazione viene resa da remoto, per il tramite di strumentazioni informatiche comprese nella deroga del co. 2 dell’art. 4 St. Lav., quindi svincolate dalla rigida disciplina sui controlli a distanza di cui al primo comma del medesimo articolo. Si impone, dunque, un rapido cenno al contenuto della disposizione ex art. 4 St. Lav.
Come noto, il co. 1 dell’art. 4 St. Lav. dispone che l’installazione di impianti audiovisivi e altri strumenti, dai quali derivi la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possano essere impiegati esclusivamente per finalità organizzative e produttive e per la tutela del patrimonio aziendale e della sicurezza dei lavoratori, previo accordo sindacale o, in mancanza, previa autorizzazione del competente Ispettorato Territoriale del Lavoro (ITL). Tale regime è derogato dal co. 2, il quale prevede che tali vincoli non si applicano agli strumenti impiegati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa ed agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. In altre parole, il datore di lavoro non è soggetto all’obbligo del previo accordo per quanto riguarda l’utilizzo di strumentazioni come tablet, computer, smartphone impiegati dai dipendenti a fini lavorativi. Infine, il co. 3 prevede che i dati raccolti possano essere utilizzati per la gestione del rapporto di lavoro e quindi anche ai fini disciplinari, a condizione che il lavoratore sia stato preliminarmente informato circa le modalità d’uso di tali strumenti e la tipologia di controlli nel rispetto della normativa sulla privacy.
Il diritto del lavoratore all’informazione è, quindi, l’unico contraltare al potere di controllo a distanza.
Per quanto sopra, poiché il lavoratore agile, per rendere la prestazione lavorativa, utilizza strumenti come computer, tablet, ossia non coperti dai vincoli del primo comma dell’art. 4, nel lavoro agile il controllo datoriale sullo svolgimento della prestazione lavorativa potrebbe assumere una portata più ampia, nonostante svolga la prestazione al di fuori del perimetro aziendale.
Per tale ragione, il legislatore ha previsto che nell’accordo individuale le parti disciplinino l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all’esterno dei locali aziendali nel rispetto dell’art. 4 St. Lav (cfr. art. 21, co. 1, l. 81/2017).
Tutela contro gli infortuni e le malattie professionali. Sicurezza sul lavoro
Il lavoratore agile ha diritto alla tutela contro le malattie professionali e gli infortuni. A tal fine la legge obbliga il datore di lavoro a consegnare al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza (almeno) annuale, un’informativa scritta che indichi i rischi sia generici che specifici connessi alla modalità di esecuzione della prestazione.
Di converso, il lavoratore è obbligato a cooperare con il datore di lavoro nell’attuazione delle misure di prevenzione da quest’ultimo predisposte per scongiurare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione al di fuori del perimetro aziendale (art. 22, l. 81/2017).
La legge, inoltre, estende la tutela assicurativa INAIL al lavoratore “agile”, prevedendo espressamente la tutela contro gli infortuni occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per svolgere l’attività lavorativa all’esterno dell’impresa; tale forma di tutela però può esser riconosciuta solo nel caso in cui la scelta del luogo sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa, o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e comunque risponda a esigenze di ragionevolezza (cfr. co. 3, art. 23, l. 81/2017).
Sicurezza sul lavoro: le indicazioni dell’INAIL
L’INAIL, con circolare n. 48/2017, oltre a ribadire le disposizioni legislative, ha fornito le proprie indicazioni in tema di sicurezza sul lavoro.
- Alla prestazione resa in modalità di lavoro agile si estende l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali: l’analisi di tale prestazione di lavoro non differisce da quella compiuta in azienda, pertanto la classificazione tariffaria segue quella della medesima prestazione svolta in azienda.
- Il lavoratore “agile” deve essere assicurato all’Inail se, per svolgere l’attività, è esposto alle fonti di rischio ex art. 1 del DPR n. 1124/1965, fra cui rientra il c.d. rischio elettrico per l’uso di macchine da ufficio (computer, tablet, videoterminali).
- Il lavoratore “agile” è coperto dalla tutela INAIL anche per gli infortuni connessi alle attività prodromiche/accessorie purché strumentali allo svolgimento delle proprie mansioni.
- L’accordo individuale è lo strumento utile ad individuare i rischi lavorativi ai quali il lavoratore è esposto e i riferimenti spazio–temporali per riconoscere le prestazioni infortunistiche; in mancanza di indicazioni sufficienti, per l’indennizzabilità dell’infortunio saranno necessari specifici accertamenti per verificare che l’attività svolta all’atto dell’infortunio fosse strettamente connessa con quella lavorativa (in quanto necessitata e funzionale) sebbene svolta all’esterno dei locali aziendali.
- Il lavoratore “agile” deve essere assicurato solo in assenza di previa copertura assicurativa; in presenza di questa, deve essere denunciato dal datore di lavoro ai fini assicurativi solo se le attività svolte in modalità agile siano diverse da quelle svolte in ambito aziendale (così determinando una variazione del rischio).
Casi particolari
Il comma 3-bis dell’ art. 18, l. 81/2017, introdotto dalla legge n. 145/2018, ha disposto che i datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l’esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile sono tenuti a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile formulate dalle lavoratrici madri entro i tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità. La stessa priorità è riconosciuta ai lavoratori con figli in condizioni di disabilità gravi (ex art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104).
Computo nell’organico
In assenza di esplicita disposizione di legge, è controverso se si possa computare il lavoratore adibito alla modalità agile nell’organico aziendale. In senso affermativo depone l’illustrata facoltà bilaterale di recedere ad nutum dalla modalità agile, con (re)instaurazione delle ordinarie modalità di lavoro; il che implica, evidentemente, che in ogni momento il lavoratore possa (ri)entrare in azienda. In altre parole, poiché la modalità agile può in ogni momento essere “(ri)convertita” in modalità ordinaria, si potrebbe ritenere computabile il lavoratore agile nell’organico aziendale.
Peraltro, un diverso orientamento esclude i lavoratori agili dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contrattazioni collettive, applicando analogicamente la normativa del telelavoro, nonostante l’eterogeneità dei due istituti (cfr. art. 23 del d.lgs 80/2015).
Sul punto, tuttavia, ha preso una posizione chiara il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in risposta ad interpello n. 3/2021 del 9.6.2021, in ordine alla esclusione o meno dei dipendenti in smart working dalla base di computo dell’organico aziendale per la determinazione del numero dei soggetti disabili da assumere ai sensi della legge n. 68/1999.
Il Ministero, dopo aver ricostruito sistematicamente la normativa vigente sui criteri di computo dell’organico aziendale in ambiti applicativi diversi da quello delle assunzioni obbligatorie (oggetto di interpello) e dopo aver precisato che legge n. 81/2017 – sul lavoro agile – non presenta una disposizione analoga a quella contenuta nell’articolo 23 d.lgs 80/2015 sopra menzionato, ha ritenuto che i lavoratori in smart working possano rientrare a pieno titolo nell’organico aziendale, anche, pertanto, ai fini del calcolo della c.d. quota di riserva.
Il lavoro agile nell’emergenza COVID-19
Scheda sintetica
Il lavoro agile (o smart working), introdotto dalla L. 22 maggio 2017 n. 81 al precipuo obiettivo di conciliare i tempi di lavoro e di riposo, ha subito cambiamenti significativi con l’impatto della normativa dell’emergenza indotta dalla diffusione dell’epidemia da Covid-19.
In effetti, la modalità agile, caratterizzata dall’esecuzione della prestazione fuori dai locali aziendali, per mezzo di dispositivi informatici e piattaforme digitali, rappresenta lo strumento più idoneo a ridurre il contagio, consentendo al contempo la continuità lavorativa.
Mentre la normativa ordinaria subordina il ricorso al lavoro agile alla stipula di un accordo individuale (perno dell’istituto), il legislatore dell’emergenza ha abilitato il ricorso alla modalità agile anche in assenza di tale accordo, al fine di incentivarne l’impiego: si parla, pertanto, di lavoro agile semplificato.
Il venir meno dell’obbligatorietà dell’accordo ha portato parte degli interpreti a discorrere di imposizione unilaterale della modalità agile, manifestazione dello ius variandi datoriale (almeno nel lavoro privato).
L’istituto è oggetto di una normativa stratificata, il cui punto di arrivo si può riassumere in:
- abolizione della necessità dell’obbligo di stipulare l’accordo individuale che definisca l’orario, il potere di controllo e disciplinare e la disconnessione;
- riduzione degli obblighi di informazione in materia di salute e sicurezza in via telematica, anche ricorrendo agli schemi resi disponibili sul sito dell’INAIL: non è più necessaria la consegna dell’informativa scritta al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Le deroghe alla disciplina della legge n. 81/2017 devono, in ogni caso, attuarsi nel rispetto dei principi informatori della medesima, entro i quali si iscrivono i limiti temporali e il diritto alla disconnessione a presidio del riposo e della salute. Al riguardo, si evidenzia che il legislatore ha potenziato il diritto alla disconnessione introducendo l’articolo 2, comma 1ter, l. n. 61/2021 (di conversione del decreto-legge n. 30/2021) a mente del quale “è riconosciuto al lavoratore [sia nel pubblico che nel privato ndr.] che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati. L’esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi”.
Se da un lato, come premesso, il legislatore ha finito per rendere la modalità agile estrinsecazione dello ius variandi datoriale, dall’altro lato, lo stesso legislatore riconosce un vero e proprio diritto al lavoro agile esercitabile da particolari categorie di lavoratori, ossia lavoratori svantaggiati o fragili (per ragioni di salute o di cura parentale, cfr. sul punto infra).
La modalità agile semplificata ha una durata a tempo determinato, condizionata al permanere dello stato provvisorio di emergenza sanitaria, già prorogato al 31 marzo 2021 dal d.l. 183/2020, c.d. “decreto milleproroghe” (salvo casi individuati da specifiche disposizioni), ad oggi, ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2021 dalla Legge 87/2021, di conversione del D.L. n. 52/2021 (cfr. in particolare artt. 11 e 11-bis).
Fonti normative
- D.L. 23 febbraio 2020, n. 6 Art. 1;
- D.P.C.M. 1 marzo 2020 Art. 1;
- D.P.C.M. 4 marzo 2020 Art. 1;
- D.P.C.M. 8 marzo 2020 Art. 2;
- D.P.C.M. 11 marzo 2020 Art. 1;
- Protocollo 14 marzo 2020 Art. 8;
- D.L. 17 marzo 2020, n. 18 convertito con L. 24 aprile 2020, n 27 Art. 39;
- D.P.C.M. 10 aprile 2020 Art. 1;
- Protocollo 24 aprile 2020 Art. 8;
- D.P.C.M. 26 aprile 2020 Art. 1;
- D.L. 19 maggio 2020, n. 34 convertito con L. 17 luglio 2020, n. 77Artt. 90 e 263;
- D.L. 104/2020 artt. 21-bis e 21 ter;
- D.L. 7 ottobre 2020 n. 125 convertito con L. 27 novembre 2020, n. 159;
- D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 convertito con Legge 18 dicembre 2020, n. 176;
- L. 30 dicembre 2020, n. 178 Art. 1, comma 481;
- D.L. 31 dicembre 2020 n. 183 Art. 19, allegato 1.
- D.L. 13 marzo 2021, n. 30 convertito con L. 6 maggio 2021, n. 61;
- D.L. 22 marzo 2021, n. 41 convertito con L. del 21 maggio 2021, n. 69;
- D.L. 22 aprile 2021, n. 52 convertito con legge 17 giugno 2021, n. 87;
- D.L. 30 aprile 2021, n. 56 (abrogato dalla legge 17 giugno 2021, n. 87).
Smart Working semplificato nel lavoro privato
Fin dai primi interventi normativi volti a fronteggiare l’emergenza pandemica, il legislatore ha raccomandato al datore di lavoro privato il massimo utilizzo del lavoro agile per tutte le attività che possano essere svolte a distanza o da remoto, prevedendone all’uopo una regolamentazione semplificata, in deroga alla disciplina ordinaria ex lege n. 81/2017.
Come anticipato, lo smart working può essere applicato in assenza di accordi individuali e senza rispettare la disciplina sugli obblighi di informativa di cui all’art. 22 L. 81/2017. È sufficiente, infatti, una comunicazione in via telematica, eventualmente ricorrendo alla documentazione disponibile sul sito dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro (cfr. art. 90, co 4, D.L 34/2020), fermi, in ogni caso i principi informatori della materia, tra i quali, si evidenziano i limiti temporali e il diritto alla disconnessione.
Smart Working semplificato nella PA
In questa fase emergenziale, lo smart working assume un peso peculiare anche in relazione al lavoro nella PA.
Come noto, sin dai primi mesi del 2020, si succedevano svariati provvedimenti statali che chiamavano le pubbliche amministrazioni a limitare le presenze dei lavoratori sul posto di lavoro, solo se necessarie ad assicurare le attività indifferibili e non altrimenti erogabili.
Il lavoro agile diveniva, così, la “modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa” utilizzabile anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla normativa vigente (cfr. art. 87 del d.l. 18/2020).
Successivamente, il richiamato articolo veniva integrato e parzialmente modificato dalla legislazione successiva, in particolare dall’art. 263 del d.l. n. 34/2020 che, pur continuando a riconoscere nel lavoro agile la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa, ne prescriveva una soglia minima, pari almeno al 50%.
Si evidenzia che, a tutt’oggi, questa percentuale è stata eliminata, anche al fine di adeguare le misure di contingentamento del personale delle pubbliche amministrazioni sul luogo di lavoro alle esigenze della progressiva completa riapertura di tutti gli uffici pubblici e a quelle dei cittadini e delle imprese, connesse al graduale riavvio delle attività produttive e commerciali (cfr. in particolare, D.M. 56/2021 e art. 1, comma 1, L. 87/2021).
Ad oggi, pertanto, l’art. 263, come variamente inciso dalla legislazione successiva, dispone che le amministrazioni pubbliche, fino alla definizione della disciplina del lavoro agile da parte dei contratti collettivi, ove previsti, e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021 , possano ricorrere al lavoro agile anche in assenza di accordi individuali , fermi, in ogni caso i principi informatori della materia, tra i quali, si evidenziano i limiti temporali e il diritto alla disconnessione (con riguardo al termine del 31 dicembre 2021, cfr. art. 11-bis del D.L. 52/2021).
Alla luce delle novità introdotte dal d.l. 52/2021 convertito con legge 87/2021, si devono oramai ritenere superate le previsioni del D.M. 19 ottobre 2020 che forniva un “quadro ricognitivo organico della disciplina sul lavoro agile nell’emergenza” prevedendo:
- che ciascuna amministrazione assicuri lo svolgimento del lavoro agile almeno al 50% del personale impegnato in attività esercitabili in tale modalità. È possibile ricorrere al lavoro agile semplificato, prescindendo dagli accordi individuali richiesti dalla normativa generale in materia di lavoro agile, fino al 31 dicembre 2020;
- che gli enti assicurino le percentuali più elevate possibili di lavoro agile, compatibili con le loro potenzialità organizzative e con la qualità e l’effettività del servizio erogato;
- che il lavoratore agile alterni giornate lavorate in presenza e giornate lavorate da remoto;
- che il lavoro agile si svolga, di norma, senza vincoli di orario e luogo di lavoro, ferma restando la possibilità di organizzarlo per specifiche fasce di contattabilità;
- che l’amministrazione favorisca il lavoro agile per i lavoratori disabili o fragili anche attraverso l’assegnazione di mansioni diverse e di uguale inquadramento, promuovendo il loro impegno in attività di formazione;
- che, nella rotazione del personale, l’ente tenga conto anche delle condizioni di salute dei componenti del nucleo familiare del dipendente, della presenza di figli minori di quattordici anni, della distanza tra la zona di residenza o di domicilio e la sede di lavoro, del numero e della tipologia dei mezzi di trasporto utilizzati, nonché dei relativi tempi di percorrenza.
Con successivo D.M. del 9 dicembre 2020, il Ministro per la pubblica amministrazione ha varato le nuove indicazioni di metodo sull’elaborazione del c.d. “p.o.l.a.”, ossia il piano organizzativo del lavoro agile, per supportare le amministrazioni pubbliche impegnate nel passaggio del lavoro agile stesso dalla fase emergenziale a quella ordinaria. In sintesi, il D.M. ha tracciato le linee guida che definiscono i contenuti minimi del “p.o.l.a.”, individuando due fattori determinanti: la nuova cultura organizzativa e le nuove tecnologie digitali, entrambi indispensabili per “creare spazi di lavoro digitali virtuali nei quali la comunicazione, la collaborazione e la socializzazione non dipendono da orari e luoghi di lavoro”.
Infine, con ulteriore D.M. del 29 dicembre 2020, sono state definite la composizione e le funzioni dell’Osservatorio nazionale del lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni (istituito ai sensi dell’art. 263, c. 3-bis, del D.L. 34/2020).
Nel frattempo, come già affermato, il c.d. “decreto milleproroghe” ha inciso anche sull’organizzazione del lavoro nella PA, in particolare sul menzionato art. 263 del d.l. 34/2020, prorogandone l’efficacia fino alla fine dell’emergenza epidemiologica nei termini anzidetti e comunque non oltre il 31 marzo 2021.
Il piano organizzativo del lavoro agile: il c.d. “p.o.l.a.”
L’art. 263 del d.l. 34/2020, già richiamato, dispone che le pubbliche amministrazioni elaborino, entro il 31 gennaio di ogni anno, il piano organizzativo del lavoro agile prevedendo, oggi, la possibilità di adibire alla modalità agile almeno il 15% del personale (in luogo dell’originario 60%).
Con D.M. del 9 dicembre 2020, il Ministro per la pubblica amministrazione ha varato le nuove indicazioni di metodo sull’elaborazione del c.d. “p.o.l.a.”, per supportare le amministrazioni pubbliche impegnate nel passaggio del lavoro agile stesso dalla fase emergenziale a quella ordinaria. In sintesi, il D.M. ha tracciato le linee guida che definiscono i contenuti minimi del “p.o.l.a.”, individuando due fattori determinanti: la nuova cultura organizzativa e le nuove tecnologie digitali, entrambi indispensabili per “creare spazi di lavoro digitali virtuali nei quali la comunicazione, la collaborazione e la socializzazione non dipendono da orari e luoghi di lavoro”.
Con altro D.M. del 29 dicembre 2020, sono state definite la composizione e le funzioni dell’Osservatorio nazionale del lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni (istituito ai sensi dell’art. 263, c. 3-bis, del D.L. 34/2020, come modificato dall’art. 11Bis del d.l. 52/2021).
Quando il ricorso allo smart working configura l’esercizio di un diritto soggettivo?
Come premesso, lo smart working emergenziale, modalità ordinaria di lavoro nella PA ed espressione dello ius variandi nel lavoro privato, ha finito per costituire un’opzione lavorativa essenzialmente appannaggio del datore di lavoro.
Al contempo, però, il legislatore ha delineato specifiche ipotesi, ora non più in vigore, in cui il lavoro agile si configura quale vero e proprio diritto del lavoratore, nelle quali l’eventuale rifiuto opposto dal datore di lavoro dovrà essere motivato da idonee ragioni aziendali suscettibili di controllo in sede giudiziale.
In particolare:
- l’art. 39 del l.d. n. 18/2020 ha stabilito che i lavoratori dipendenti in condizioni di grave disabilità o che abbiano, nel proprio nucleo familiare, una persona con grave disabilità, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile, ove compatibile con le caratteristiche della prestazione (art. 39, commi 1 e 2bis applicabili anche ai dipendenti della PA). La disposizione, inoltre, riconosce ai soli lavoratori del settore privato, affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa, un diritto di precedenza rispetto agli altri nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile (art. 39 co. 2). Tale diritto era riconosciuto fino al 31 dicembre 2020.
- l’art. 90, comma 1, secondo periodo, d.l. n. 34/2021 riconosceva lo stesso diritto in favore dei lavoratori dipendenti pubblici e privati maggiormente esposti al rischio di contagio da Covid-19 (sulla base delle valutazioni dei medici competenti nell’ambito della sorveglianza sanitaria). Tale diritto era riconosciuto fino al 15 ottobre 2020.
- L’art. 90 d.l. 34/2020 al comma 1 accorda lo stesso diritto ai genitori con figli minori di anni quattordici, sempre che non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione di attività lavorativa o che non vi sia altro genitore che possa occuparsi del minore (normativa applicabile al solo settore privato).
- Si discorre di diritto al lavoro agile anche nei casi prescritti dagli artt. 21bis e 21ter introdotti dalla legge di conversione n. 126/2020 del d.l. 14 agosto 2020 n. 104 ed applicabili ai lavoratori privati e pubblici.
- L’art. 21bis attribuisce tale diritto al genitore lavoratore dipendente, per il periodo in cui il proprio figlio convivente e minore di quattordici anni si trovi in quarantena disposta dal Dipartimento di prevenzione delle Asl locali, a seguito di contatto verificatosi all’interno della struttura scolastica frequentata, o durante lo svolgimento di attività in palestre, piscine, centri sportivi, circoli sportivi o nei locali nei quali si impartiscono lezioni musicali o linguistiche.
- Aderendo al significato letterale della norma, si dovrebbero ritenere non legittimati ad esercitare tale diritto i genitori non conviventi con il minore: sul punto, del resto, si è espresso l’INPS con la circolare n. 116/2020 nella quale si legge che “ai fini del di diritto al congedo di cui trattasi, la convivenza sussiste quando il figlio ha la residenza anagrafica nella stessa abitazione del genitore richiedente. Pertanto, qualora il genitore ed il figlio risultino all’anagrafe residenti in due abitazioni diverse, il congedo non può essere fruito, non rilevando le situazioni di fatto” (si precisa che la circolare INPS si riferiva all’art. 5 del d.l. 111/2020 poi abrogato dall’articolo 1, comma 2, della Legge 13 ottobre , n. 126. articolo 5, ma atteso il contenuto delle due fattispecie, in parte sovrapponibile, deve ritenersi impiegabile anche in relazione all’art. 21bis).
- L’art. 21ter (efficace fino al 30 giugno 2021) ricalca quanto previsto dall’art.39 del Decreto c.d. Cura Italia, pur restringendone l’ambito, posto che il primo si riferisce solo ai figli con disabilità e non genericamente a soggetti disabili gravi presenti nel nucleo familiare (come invece dispone l’art. 39).
- Il comma 2bis dell’art. 26 d.l. 18/2020, introdotto dal D.L. 14 agosto 2020, n. 104, a seguito della L. 30 dicembre 2020 n. 178 c.d. legge di bilancio prescrive che a decorrere dal 16 ottobre 2020 e fino al 28 febbraio 2021 “i lavoratori fragili di cui al comma 2 svolgono di norma la prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto”. La disposizione, riferibile sia ai lavoratori pubblici che privati, attribuisce ai lavoratori fragili (i.e. i lavoratori immunodepressi o a rischio ad esito di patologie oncologiche, o sottoporti a terapie salvavita, o i disabili gravi ex art. 3, co. 2 l. 104/1992) il diritto di svolgere la prestazione lavorativa in smart working, Come da ultimo disposto dal d.l. 41/2021, il diritto de quo è efficace fino al 30 giugno 2021.
- l’art. 2 co. 1, D.L. 30/2021 riconosce al lavoratore dipendente, pubblico o privato, genitore di figlio convivente minore di 16 anni, alternativamente all’altro genitore, la possibilità di svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile per tutto o parte del periodo corrispondente alla durata della sospensione dell’attività didattica in presenza, dell’infezione da Covid-19 o della quarantena del figlio disposta dalla ASL territorialmente competente a seguito di contatto ovunque avvenuto. il diritto de quo è efficace fino al 30 giugno 2021 fino al 30 giugno 2021.
- l’art. 2, co. 1-bis, D.L. 30/2021 riconosce il diritto al lavoro agile cumulativamente ad entrambi i genitori, a prescindere dall’età in caso di figli disabili, con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento) o BES (bisogno educativi speciali) in DAD, quarantena o affetti da Covid o in caso di chiusura dei centri assistenziali diurni. Il diritto de quo è efficace fino al 30 giugno 2021.
Si aggiunga, infine, che fuori dei casi individuati dalla normativa emergenziale – ed oltre a quelli introdotti con il co. 3 bis dell’art. 18 l. 81/2017 – il lavoro agile può essere un’occasione di lavoro per le persone con disabilità, sempre che tale modalità comporti un “accomodamento ragionevole”, da intendersi come adattamento alla situazione concreta delle normali procedure, dei processi o delle infrastrutture idoneo a consentire al lavoratore con disabilità di accedere, partecipare o progredire nell’impiego o nella carriera (cfr. co. 3-bis del d.lgs 9 luglio 2003, n. 216). In tali circostanze, il rifiuto del datore di lavoro, ove tale accomodamento sia realmente “ragionevole” (e non determini un onere sproporzionato ed eccessivo nei confronti dell’azienda che in ogni caso è tenuta a provare) è suscettibile di configurare un comportamento discriminatorio (cfr. d.lgs 216/2003). È opportuno specificare che in ordine a tali fattispecie, introdotte dalla normativa “ordinaria” (ossia non emergenziale), non sussiste alcun termine di efficacia.
A chi rivolgersi
- Ufficio legale esperto in diritto del lavoro
- Ufficio di vertenza sindacali
- Ispettorato del lavoro territorialmente competente.
Il ruolo dell’ispettorato del lavoro
L’art. 12bis del D.L. n. 76/2020 ha integralmente sostituito l’art. 14 del D. Lgs. n. 124/2004, ampliando il potere di disposizione del personale ispettivo al fine di semplificarne l’utilizzo e di rafforzare la tutela sostanziale dei lavoratori.
In sintesi, l’art. 14 del d.lgs. n. 124/2004 prevede la possibilità per gli ispettori di adottare disposizioni in tutti i casi in cui le irregolarità rilevate in materia di lavoro e legislazione sociale non siano già soggette a sanzioni penali o amministrative, introducendo un sistema sanzionatorio riferito a tutti gli ulteriori obblighi normativi e contrattuali.
Poiché la disposizione si riferisce ad “obblighi normativi e contrattuali”, l’INL, con circolare, ha precisato che il proprio potere sussiste solo qualora siano sprovviste di specifica sanzione le norme di legge e le norme del contratto collettivo applicato anche di fatto dal datore di lavoro: di conseguenza il potere non sussiste in caso di violazione di clausole contrattuali meramente individuali (cfr. sul punto circolare INL n. 5 del 2020 e note INL nr. 1107 e nr. 4539 rispettivamente del 11.12.2020 e del 15.12.2020).
Si evidenzia che il potere di disposizione non è limitato a comportamenti attuali dei datori di lavoro, ma si estende a contegni pregressi nel caso in cui la condotta oggetto di disposizione possa materialmente sanare la violazione dell’obbligo e nel caso in cui tale condotta sia funzionale ad evitare la sua ripetizione nel futuro. In questa seconda ipotesi, la disposizione dovrà indicare un termine di ottemperanza che varia a seconda della natura della norma violata.
L’INL, all’allegato 2 della nota del 15 dicembre 2020, ha formulato le Esemplificazioni del potere di disposizione ex art. 14 d.lgs. n. 124/2004 e cita (tra gli altri) la violazione degli artt. 21 bis e 21 ter del D.L. 104/2020 convertito in L. 126/2020 relativo alle disposizioni in materia di smart working emergenziale.
Proprio perché recante “esemplificazioni” l’elenco deve ritenersi non esaustivo; pertanto l’INL potrà senz’altro adottare le disposizioni ex art. 14 d.lgs 124/2004 in tutti i casi in cui la legge riconosce al lavoratore il diritto allo smart working.
Di conseguenza i lavoratori che abbiano formulato una richiesta di fruire della modalità agile che sia rimasta inevasa o sia stata indebitamente declinata, potranno denunciare detto contegno all’Ispettorato del lavoro territorialmente competente, al fine di fruire in modo effettivo della tutela prevista a loro favore.
Casistica di decisioni della Magistratura in tema di lavoro agile
- È ammissibile un provvedimento d’urgenza ad un fare infungibile. (Nel caso di specie, un dipendente di una società a contratto a tempo indeterminato, addetto al servizio di assistenza legale ed invalido al sessanta per cento, aveva chiesto a seguito della pandemia da Covid-19 di essere adibito al lavoro agile negato dall’azienda che gli aveva prospettato le ferie forzate. Il giudice ravvisando la sussistenza degli elementi per il provvedimento d’urgenza tra cui anche il periculum in mora concede il richiesto strumento di coercizione indiretta ex art. 614-bis c. p.c. con lo scopo d’incentivare l’adempimento dell’obbligo imposto, cui la resistente si è dimostrata refrattaria pur a fronte delle reiterate richieste del ricorrente lavoratore invalido, comminando una multa di cinquanta euro per ogni giorno di ritardo). (Trib. Grosseto 23/4/2020, ord., Giud. Grosso, in Lav. nella giur. 2020, con nota di L. Valente, Emergenza Covid-19 e diritto soggettivo allo smart working, 1193)
- Tutta la normativa straordinaria ed urgente cerca di coniugare la salvaguardia dell’attività lavorativa (soprattutto nei settori considerati essenziali, come quello relativo all’attività della resistente) con le esigenze di tutela della salute e di contenimento della diffusione dell’epidemia. In tale contesto, il ricorso al lavoro agile, disciplinato in via generale dalla L. 22 maggio 2017, n. 81, è stato considerato una priorità. Per ovvie ragioni, tale modalità lavorativa non può, né poteva, essere imposta in via generale e indiscriminata; cionondimeno la stessa è stata, reiteratamente e fortemente, raccomandata ed addirittura considerata modalità ordinaria di svolgimento della prestazione nella P.A. (…). Il datore di lavoro non può agire in maniera irragionevolmente o immotivatamente discriminatoria nei confronti di questo o quel lavoratore, tantomeno laddove vi siano titoli di priorità legati a motivi di salute. (Trib. Grosseto 23/4/2020, ord., in Lav. nella giur. 2020, 999)
Le segnalazioni della Newsletter di Wikilabour in tema di lavoro agile
- Prestazione di lavoro in modalità agile nel corso dell’emergenza Covid: valutazione in concreto della compatibilità del lavoro agile con le caratteristiche della prestazione.
Una lavoratrice di un’azienda sanitaria pubblica ricorre in giudizio domandando, tra l’altro, di essere adibita a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche al fine di conciliare le esigenze di cura e assistenza del figlio disabile, anche ai sensi dell’art. 39, 1° comma, del d.l. n. 18/2020. Il Giudice afferma che per stabilire la compatibilità del lavoro agile con lo svolgimento di attività sanitarie dell’azienda pubblica, la valutazione va fatta in concreto avendo riguardo alla specifica attività svolta e che incombe sul datore di lavoro l’onere di provare detta incompatibilità. Nel caso specifico la lavoratrice faceva parte delle task force organizzate per la gestione dell’emergenza Covid, ma le mansioni a lei attribuite di rapporto con l’utenza potevano essere svolte da remoto e non erano dunque incompatibile col lavoro a distanza. In via d’urgenza, il Tribunale ordina dunque di adibire la lavoratrice al lavoro agile. (Trib. Roma 20/6/2020, Giud. de Ioris, in Wikilabour, Newsletter n. 13/2020) - Emesso un ordine in via d’urgenza all’impresa: va assegnata al lavoro agile la lavoratrice invalida e con figlia disabile.
L’art. 39 del d.l. n. 18/2020 prevede che nel periodo dell’emergenza Covid-19 i lavoratori in condizione di disabilità abbiano diritto a svolgere la prestazione in modalità agile, ove compatibile con le caratteristiche della prestazione. Nel caso, una lavoratrice invalida al 60% e madre di una ragazza con handicap grave ottiene un ordine d’urgenza per lo svolgimento del lavoro dal domicilio, considerato che le mansioni venivano svolte con l’utilizzo del telefono e di strumenti informatici, e che uscire da casa per recarsi al lavoro la esponeva a un grave rischio per la salute sua e della figlia. (Trib. Bologna 23/4/2020, Giud. Cosentino, in Wikilabour, Newsletter n. 9/2020) - Emergenza Covid-19: no all’imposizione delle ferie e diritto al lavoro agile per il lavoratore affetto da una patologia grave.
Un lavoratore, portatore di una invalidità civile per grave patologia, propone ricorso d’urgenza per essere ammesso a svolgere l’attività lavorativa in modalità agile, attivata per altri colleghi in costanza della pandemia del coronavirus. Il Tribunale, nell’accogliere il ricorso, osserva che in materia di lavoro agile la normativa emergenziale prevede la priorità di accesso al lavoro agile per i soggetti affetti da gravi patologie; inoltre, ritiene il Giudice che, ove sia possibile svolgere la prestazione con tale modalità, il datore di lavoro non possa imporre il ricorso alle ferie in modo indiscriminato o penalizzante. (Trib. Grosseto 23/4/2020, in Wikilabour, Newsletter n. 9/2020).