Questa voce è stata curata da Pasquale Picciariello
Nozione
Il lavoro a turni è disciplinato dal D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66 e dalla contrattazione collettiva cui la legge fa rinvio.
Il decreto definisce come lavoro a turni “qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro anche a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che può essere di tipo continuo o discontinuo, e il quale comporti la necessità per i lavoratori di compiere un lavoro a ore differenti su un periodo determinato di giorni o di settimane” e come lavoratore a turni “qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni”.
Si veda anche la voce Orario di lavoro
Normativa
- Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66
- Contratto collettivo (nazionale e integrativo)
A chi rivolgersi
- Ufficio vertenze sindacale
- Studio legale specializzato in diritto del lavoro
Disciplina
La legge non contiene una ricostruzione sistematica del lavoro a turni, limitandosi semplicemente ad elaborarne (con il Decreto 66/2003) la definizione.
Frammenti di disciplina vengono introdotti solo indirettamente come eccezioni all’applicazione di altri istituti quali:
- riposo settimanale (art. 9 co. 2 lett. a);
- riposo giornaliero (art. 17 co. 3 lett. a);
Con riferimento alle ipotesi di riposo settimanale, infatti, il Decreto 66 introduce una deroga al principio secondo il quale “il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all’articolo 7”, proprio con riferimento ai turnisti in tutti i casi in cui “il lavoratore cambi squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di una squadra e l’inizio di quello della squadra successiva, di periodi di riposo settimanale”.
Analogamente si introduce (articolo 17 del Decreto 66/2003) la possibilità di prevedere nei contratti collettivi, ovvero in mancanza di disciplina collettiva attraverso un decreto del Ministero del Lavoro o di quello della Funzione Pubblica, la deroga al diritto al riposo giornaliero minimo di 11 ore consecutive per i turnisti in tutti i casi in cui “il lavoratore cambi squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di una squadra e l’inizio di quello della squadra successiva, di periodi di riposo giornaliero”.
La Direttiva 93/104/CE
Proprio con riferimento al lavoro a turni, si è registrata una certa incongruenza tra il Decreto 66/2003 e la Direttiva 93/104/CE, di cui il Decreto 66 costituisce il provvedimento interno di attuazione.
La norma comunitaria, infatti, prescriveva all’articolo 12 l’obbligo per gli Stati Membri, in sede di applicazione della Direttiva, di prendere le misure necessarie “affinché:
- i lavoratori notturni e i lavoratori a turni beneficino di un livello di protezione in materia di sicurezza e di salute adatto alla natura del loro lavoro;
- i servizi o mezzi appropriati di protezione e prevenzione in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori notturni e dei lavoratori a turni siano equivalenti a quelli applicabili agli altri lavoratori e siano disponibili in qualsiasi momento”.
La norma interna non è intervenuta in sede di attuazione a disciplinare il profilo specifico legato alle misure per garantire la sicurezza dei lavoratori turnisti.
I (potenziali) benefici pensionistici
La Legge 247/2007 aveva accordato una delega al Governo per l’emanazione di una disciplina recante l’abbassamento dei presupposti per l’accesso alla pensione per alcune categorie di lavoratori esposti ad attività usuranti.
Il 19 marzo 2008 veniva diffusa una bozza di Decreto Legislativo) che prevedeva, fra l’altro, il riconoscimento di un beneficio pensionistico a favore dei lavoratori turnisti notturni, scaglionato in ragione della media di notti svolte nel corso dell’anno.
In particolare, il diritto al prepensionamento anticipato veniva suddiviso in tre fasce:
- un anno di prepensionamento per chi lavora fra 64 e 71 notti l’anno;
- due anni di anticipo per chi lavora fra le 72 e le 77 notti;
- tre anni chi lavora oltre 77 notti l’anno.
A seguito del cambio di Governo, la delega per l’emanazione del decreto attuativo della Legge 247/2007 veniva infruttuosamente prorogata fino al 31 dicembre 2008.
Attualmente, Il Parlamento è impegnato nell’esame di una nuova proposta di delega al governo per l’emanazione di una disciplina destinata ai lavori usuranti che dovrebbe interessare anche i turnisti.
Il diritto del turnista alla programmazione del tempo libero
E’ noto che la legge prevede un limite alla variazione unilaterale della collocazione del tempo di lavoro per il dipendente assunto con contratto part time, giustificato in ragione della necessità per il lavoratore di poter programmare il proprio tempo al fine di poter integrare la retribuzione in maniera tale da renderla adeguata ai sensi dell’articolo 36 della Costituzione.
Tale limite si è per lungo tempo ritenuto insussistente con riferimento al rapporto di lavoro full time.
Con una recente pronuncia (Cass. 21 maggio 2008, n. 12962), tuttavia, la Corte di Cassazione ha elaborato un limite analogo a carico del datore di lavoro anche con riferimento ai lavoratori full time turnisti.
In particolare, la Corte ha ritenuto che, in applicazione delle clausole generali di buona fede e correttezza nell’ambito del contratto di lavoro, sussista un impedimento alla libera modificabilità ovvero alla unilaterale determinazione dei turni da parte del datore di lavoro.
In sostanza, a parere della Corte, in capo al datore di lavoro ricadrebbe l’onere di rendere conoscibili con congruo anticipo tali turni, al fine di consentire al dipendente la libera organizzazione del proprio tempo di non lavoro.
Il fondamento di tale limite è stato rinvenuto dalla Cassazione nell’esigenza ineludibile di tutelare la dignità del lavoratore, il quale deve essere posto nelle condizioni di poter gestire il proprio tempo libero al quale è stata riconosciuta una “specifica importanza stante il rilievo sociale che assume lo svolgimento, anche per il lavoratore a tempo pieno, di attività sportive, ricreative o culturali, sociali,politiche, scolastiche ecc., o anche di un secondo lavoro, nel caso in cui non sia prevista una clausola di esclusiva”.