Questa voce è stata curata da Isabella Digiesi
Scheda sintetica
Per prestatori di lavoro domestico, la Legge 2 aprile 1958, n. 339, all’art. 1, intende gli “addetti ai servizi domestici che prestano la loro opera, continuativa e prevalente, di almeno 4 ore giornaliere presso lo stesso datore di lavoro, con retribuzione in denaro o in natura.”
Pertanto per “lavoratore domestico” si intende ogni persona, uomo o donna, che è disposto a prestare a qualsiasi titolo la sua opera per aiutare il funzionamento della vita familiare.
Questo personale può essere:
Il datore di lavoro può essere rappresentato da una singola persona, da un gruppo familiare o da comunità stabili senza fine di lucro (religiose o militari).
La prestazione lavorativa dei domestici è riconducibile al rapporto di lavoro della generalità dei lavoratori subordinati.
Perché il lavoratore possa usufruire delle disposizioni contenute nella legge, le condizioni sono le seguenti:
- il lavoro deve essere prestato all’interno della famiglia;
- il lavoro deve essere continuativo e non sporadico (deve esserci un rapporto di lavoro con orari stabiliti e ripetuti a scadenze fisse);
- il lavoro deve essere “prevalente”, cioè deve impiegare almeno quattro ore, anche separate una dall’altra, ma, nell’arco di ogni giornata. (Tutti coloro che hanno un orario di lavoro inferiore vengono esclusi dalla legge 339/58 sul lavoro domestico, e possono applicare le norme del Codice Civile).
Fonti normative
- Legge 2 aprile 1958, n. 339: “Per la tutela del rapporto di lavoro domestico”;
- Legge 28 gennaio 2009, n. 2: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale”
- Contratto Collettivo Nazionale per il Lavoro Domestico
Prestazione lavorativa
La prestazione lavorativa dei domestici è riconducibile al rapporto di lavoro della generalità dei lavoratori subordinati.
L’accertamento della natura subordinata del rapporto presuppone la prova che sia stato stipulato, sia pure per fatti concludenti, un contratto di lavoro subordinato (Trib. Milano 5 luglio 2000, in Lavoro nella Giur., 2001, 189).
La prestazione deve avere una sua continuità, non essere quindi puramente occasionale e deve essere resa all’interno dell’abitazione del datore di lavoro (convivenza con la famiglia del datore di lavoro con eventuale fruizione del vitto e dell’alloggio).
Può svolgersi con servizio parziale, ad esempio a ore, oppure tutti i giorni della settimana o solo in alcuni.
La continuità e la prevalenza della prestazione lavorativa, peraltro non hanno alcun rilievo ai fini della tutela previdenziale: l’obbligo contributivo sussiste qualunque sia la durata della prestazione svolta (art. 1 DPR 1403/71).
I prestatori di lavoro domestico sono suddivisi in lavoratori con mansioni impiegatizie oppure operaie.
Categorie di lavoratori domestici
Il contratto nazionale di lavoro vigente prevede quattro distinte categorie per l’inquadramento dei lavoratori domestici, a seconda del livello di istruzione e del grado di professionalità richiesto:
- 1° categoria super: domestici dotati, oltre che di un diploma o di un attestato con valore legale, di una professionalità ben specifica;
- 1° categoria: dame di compagnia, capi cuoco, chef, infermieri diplomati, assistenti geriatrici e tutti quegli altri lavoratori che adempiono a mansioni di specifica ed elevata competenza professionale;
- 2° categoria: balie e bambinaie, autisti, guardarobiere, cameriere e prestatori di lavoro generico che abbiano maturato servizio necessario per transitare dalla terza alla seconda categoria (18 mesi di anzianità presso la stessa famiglia);
- 3° categoria: colf che svolgono lavori prettamente manuali o di fatica e che non hanno ancora maturato l’anzianità necessaria per il passaggio alla seconda categoria.
Generalmente le colf possono instaurare con il proprio datore di lavoro tre tipi di contratto a seconda dell’impegno richiesto:
- Colf a servizio intero: la lavoratrice domestica abita presso il datore di lavoro, usufruendo, oltre che della retribuzione, del vitto e dell’alloggio;
- Colf a mezzo servizio: la lavoratrice domestica che presta presso la stessa famiglia servizio per almeno 4 ore al giorno o per 24 ore settimanali, se il servizio non è uniforme in tutti i giorni della settimana;
- Colf ad ore: la lavoratrice domestica che presta presso la stessa famiglia servizio solo per alcuni giorni della settimana, e con orario inferiore alle 24 ore settimanali.
Modalità di comunicazione dell’assunzione
A partire dal 29 gennaio 2009, la Legge n. 2/2009, art. 16 bis, comma 11, ha semplificato la normativa di assunzione per i datori di lavoro domestici: l’Inps diventa il destinatario delle comunicazioni di assunzione, della cessazione (dimissioni o licenziamento), della trasformazione e della proroga del rapporto di lavoro del personale domestico, e pertanto non è più necessario effettuarle ai Centri per l’impiego (così come previsto per tutti gli altri lavoratori ai sensi dell’art. 9 bis, della Legge n. 608/1996 come modificato dalla Legge n. 296/2006).
L’Inps d’ufficio comunicherà tutti i dati ai Centri per l’impiego, al Ministero del Lavoro, all’Inail ed alla Questura, quest’ultima per i lavoratori extracomunitari, assolvendo a tutti gli obblighi legali nei confronti degli Enti ed Istituti richiamati (art.4 bis, c.6, D.Lgs. n. 181/2000).
La comunicazione deve essere eseguita attraverso documentazione avente data certa di trasmissione e deve almeno indicare:
- i dati anagrafici del lavoratore (codice fiscale, nome, cognome, luogo e data di nascita, residenza e/o domicilio);
- la data di assunzione e di cessazione prevista (salvo il caso di rapporto a tempo indeterminato);
- la tipologia contrattuale;
- il trattamento economico e normativo applicato.
Lavoratori italiani o dell’Unione Europea
Il datore di lavoro può assumere direttamente il lavoratore domestico italiano dopo avere concordato gli elementi del rapporto di lavoro.
I cittadini stranieri provenienti da paesi aderenti all’UE devono invece, uniformarsi per l’assunzione alla normativa italiana ed ottenere il certificato di soggiorno.
Lavoratori extracomunitari
Le procedure di assunzione sono diverse a seconda che il lavoratore si trovi già sul territorio italiano, con regolare permesso di soggiorno, o si trovi ancora nel suo paese:
- se il lavoratore si trova in Italia, l’assunzione avviene con le stesse modalità previste per i lavoratori domestici italiani e comunitari;
- se il lavoratore si trova all’estero, prima che arrivi in Italia il datore di lavoro deve presentare domanda all’Inps.
Nella domanda il datore di lavoro deve:
- assicurare una retribuzione mensile non inferiore a € 439,00 con condizioni normative retributive uguali a quelle stabilite per i lavoratori italiani;
- dimostrare di possedere un reddito familiare annuo non inferiore a quanto stabilito dalla legge per l’anno in corso;
- assicurare la disponibilità di un alloggio adeguato;
- impegnarsi a comunicare la cessazione del rapporto di lavoro entro cinque giorni all’Inps;
- garantire le spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di origine.
Verificata l’esistenza dei requisiti reddituali e delle condizioni contrattuali, è rilasciata l’autorizzazione e il datore di lavoro deve chiedere il nullaosta alla Questura.
L’autorizzazione completa di nullaosta, deve essere spedita al lavoratore nel Paese di residenza, in modo che egli possa esibirla alle autorità diplomatiche o consolari italiane del posto per ottenere il visto di ingresso in Italia.
L’autorizzazione è revocata se non viene utilizzata entro sei mesi dalla data del rilascio.
Documenti del lavoratore
All’atto di assunzione il lavoratore deve consegnare al datore di lavoro i documenti necessari previsti dalla legge e presentare in visione i seguenti documenti:
- la tessera sanitaria aggiornata;
- il proprio stato di famiglia;
- il codice fiscale;
- copia di un documento di identità personale non scaduto;
- l’eventuale numero di iscrizione all’Inps, nel caso in cui sia già stata assicurato.
Lettera di assunzione
Il datore di lavoro deve rilasciare al lavoratore una apposita lettera di assunzione dalla quale risultino i seguenti elementi:
- la data dell’inizio del rapporto di lavoro;
- l’eventuale data di cessazione se è un contratto a termine;
- la categoria di appartenenza e l’anzianità in tale categoria;
- la durata del periodo di prova;
- l’esistenza o meno della convivenza totale o parziale;
- la residenza del lavoratore, nonché l’eventuale diverso domicilio, valido agli effetti del rapporto di lavoro; per i rapporti di convivenza, il lavoratore dovrà indicare l’eventuale proprio domicilio diverso da quello della convivenza;
- la durata dell’orario di lavoro e della sua distribuzione;
- l’eventuale tenuta di lavoro fornita dal datore;
- la mezza giornata di riposo settimanale in aggiunta alla domenica;
- la retribuzione pattuita;
- la previsione di eventuali temporanei spostamenti per villeggiatura o altri motivi familiari;
- il periodo di ferie annuali.
I patti fissati tra le parti, in genere verbalmente, non possono derogare alle disposizioni di legge.
La lettera di assunzione, firmata dal lavoratore e dal datore di lavoro, deve essere scambiata tra le parti.
L’assicurazione obbligatoria Inps
Il datore di lavoro, al fine di versare i contributi dovuti per legge, è tenuto a presentare all’Inps la denuncia di assunzione, inoltrando la domanda (modulo LD 90), entro il decimo giorno successivo alla scadenza del trimestre nel corso del quale è avvenuta l’assunzione, agli Uffici Inps e agli Enti di Patronato.
Ovviamente la denuncia di assunzione deve essere presentata comunque, anche se sono trascorsi i termini; in questo caso però la legge prevede per il ritardo l’applicazione di una sanzione amministrativa nei confronti del datore di lavoro.
L’obbligo di assicurare la lavoratrice presso l’Inps, per poter garantire la pensione, l’indennità di maternità, gli assegni familiari, le rendite da malattie professionali e infortuni, sussiste anche se la colf o la badante è già assicurata presso un altro datore di lavoro o per un’altra attività.
I versamenti vanno fatti, poi, anche se la lavoratrice è già pensionata o è di nazionalità estera.
Contributi
In base alla denuncia iniziale del rapporto di lavoro, l’Inps provvede ad aprire una posizione assicurativa a favore del lavoratore domestico e ad inviare al datore di lavoro un blocchetto di bollettini di conto corrente postale per il versamento dei contributi.
I contributi coprono tutte le assicurazioni previdenziali:
- pensione anticipata (ex anzianità);
- pensione di vecchiaia;
- assegno di invalidità;
- pensione di inabilità;
- pensione ai superstiti o di reversibilità;
- indennità di disoccupazione;
- indennità di maternità;
- assegno per il nucleo familiare;
- indennità tubercolari;
- cure termali.
L’importo dei contributi da versare è rapportato alla retribuzione corrisposta al prestatore di lavoro e, ovviamente, al numero delle ore di lavoro prestate.
Risulta necessario tener conto che:
- nel determinare lo stipendio si deve sempre aggiungere la quota relativa alla tredicesima;
- per individuare la retribuzione su cui versare i contributi, se il lavoratore domestico usufruisce di vitto e alloggio, vanno aggiunti allo stipendio anche i valori convenzionali di questi benefici;
- per conteggiare il numero delle ore di lavoro prestate dal lavoratore domestico nel trimestre si parte dalla domenica iniziale fono all’ultimo sabato del trimestre.
I contributi sono dovuti nella stessa misura per tutti i lavoratori domestici (comunitari ed extracomunitari).
I contributi si versano ogni trimestre:
- dal 1° al 10 aprile si effettua il versamento per il primo trimestre;
- dal 1° al 10 luglio si effettua il versamento per il secondo trimestre;
- dal 1° al 10 ottobre si effettua il versamento per il terzo trimestre;
- dal 1° al 10 gennaio si effettua il versamento per il quarto trimestre.
L’assicurazione Inail
Colf e badanti hanno diritto alle indennità relative all’assicurazione per malattie professionali ed infortuni; infatti una quota dei contributi versati all’Inps riguarda anche l’assicurazione Inail.
In caso di infortunio sul lavoro, a colf e badanti spettano le seguenti prestazioni:
- una indennità giornaliera per l’inabilità temporanea;
- una rendita per l’inabilità permanente, quando l’attitudine al lavoro viene ridotta in via permanente in misura superiore al 10%;
- una rendita ai superstiti ed un assegno in un’unica rata, in caso di morte.
L’importo di tutte queste indennità è rapportato alla classe di contribuzione oraria sulla quale sono versati i contributi Inps.
Nel caso in cui la prognosi dell’infortunio sia stabilita per un periodo inferiore a quattro giorni, e quindi non sia prevista alcuna prestazione a carico dell’Inail, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere alla lavoratrice la retribuzione pattuita, compresa l’eventuale indennità di vitto e alloggio.
Periodo di prova
I prestatori di lavoro possono essere soggetti ad un periodo di prova regolarmente retribuito che è di trenta giorni di lavoro effettivo per la prima e seconda categoria e di otto giorni di lavoro effettivo per le altre categorie.
Il prestatore di lavoro che abbia superato il periodo di prova senza aver ricevuto disdetta si intende automaticamente confermato.
Durante il periodo di prova il rapporto può essere risolto senza preavviso, ma con il pagamento della retribuzione e delle eventuali competenze accessorie corrispondenti al lavoro prestato.
Il periodo di prova va computato a tutti gli effetti nell’anzianità.
Orario di lavoro
La legge non fissa limiti alla durata della prestazione lavorativa, che sono invece esattamente individuati dal contrato collettivo.
La durata della prestazione lavorativa si distingue in orario intero e orario ridotto, a ore e assistenza notturna.
Nel caso di lavoro a tempo pieno la durata normale dell’orario di lavoro è quella concordata tra le parti; la stesa non può comunque superare il limite massimo settimanale di:
- 54 ore per i lavoratori conviventi;
- 40 ore per i lavoratori non conviventi.
Il tempo necessario alla consumazione del pasto è concordato tra le parti e non viene computato nell’orario di lavoro.
Riposi
Il lavoratore domestico convivente ha diritto ad un riposo giornaliero di almeno 11 ore consecutive nell’arco della stessa giornata e, qualora il suo orario giornaliero non sia interamente collocato tra le ore 6 e le ore 14, oppure tra le ore 14 e le ore 22, ad un riposo intermedio non retribuito, normalmente nelle ore pomeridiane, non inferiore alle 2 ore giornaliere di effettivo riposo.
E’ consentito il riposo consensuale e a regime normale di eventuali ore non lavorate, in ragione di non più di 2 ore giornaliere.
Il riposo settimanale è pari ad una giornata intera normalmente coincidente con la domenica, o a due mezze giornate, una delle quali di domenica.
Le ferie
Nell’interesse dei datori di lavoro e dei dipendenti ogni anno deve essere garantito ai lavoratori domestici un periodo di riposo, dei giorni di ferie continuativi per recuperare energie fisiche e psichiche.
Al momento dell’assunzione il datore di lavoro si accorda con il lavoratore sul periodo dell’anno in cui godere delle ferie.
Solo i lavoratori stranieri possono chiedere di cumulare le ferie di due anni così da programmare con più comodità il rientro nel Paese d’origine.
I giorni di ferie non goduti, possono essere spesi in un altro periodo.
Quando il rapporto di lavoro termina, le ferie non godute devono essere corrisposte economicamente. Non rientrano nel periodo di riposo i giorni di malattia o infortunio e le festività nazionali.
La retribuzione
La retribuzione dei lavoratori domestici comprende:
- il minimo contrattuale, aggiornato ogni anno in base agli indici Istat di variazione del costo della vita;
- gli scatti di anzianità: essi maturano ogni due anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro sino ad un massimo di sette. Sono retribuiti in misura pari al 4% del minimo;
- eventuale compenso sostitutivo di vitto e alloggio;
- un eventuale superminimo.
L’indennità sostitutiva di vitto e alloggio, quando è dovuta, va sommata alla retribuzione effettiva, sia ai fini della tredicesima mensilità, sia per il TFR e ai fini contributivi.
Il datore di lavoro, contestualmente alla corresponsione periodica della retribuzione, deve predisporre un prospetto paga in duplice copia, una per il lavoratore, firmata dal datore di lavoro, e l’altra per il datore di lavoro, firmata dal lavoratore.
Risoluzione del rapporto di lavoro
Il rapporto di lavoro domestico può risolversi per una delle seguenti cause:
- interruzione del periodo di prova;
- recesso per libera volontà del lavoratore o del datore di lavoro, a condizione che si dia regolare avviso all’altra parte;
- licenziamento in tronco per giusta causa;
- dimissioni;
- morte del lavoratore.
Preavviso
I termini di preavviso cui sono tenute le parti del rapporto sono fissati in relazione all’anzianità di servizio maturata presso lo stesso datore di lavoro:
- fino a 5 anni di anzianità, 15 giorni di calendario;
- oltre i 5 anni di anzianità, 30 giorni di calendario.
Tali termini sono ridotti del 50% in caso di dimissioni del lavoratore.
Nel caso di mancato preavviso è dovuta l’indennità sostitutiva, pari alla retribuzione corrispondente al periodo di preavviso spettante.
Nell’ipotesi di licenziamento (non disciplinare) e qualora il datore di lavoro ritenga di esonerare il lavoratore dalle prestazioni nel periodo di preavviso, spetta allo stesso il corrispettivo per questo arco di tempo.
Trattamento di fine rapporto
Alla cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore domestico ha sempre diritto alla liquidazione, anche se il lavoro è precario, saltuario e di poche ore la settimana.
Ciò anche nel caso di lavoro in prova.
Per calcolare le somme dovute a titolo di trattamento di fine rapporto, bisogna tenere conto della:
- retribuzione mensile;
- tredicesima;
- indennità sostitutiva del vitto e dell’alloggio, per il lavoratore che consuma due pasti al giorno e dorme in casa.
Adempimenti del datore di lavoro
Alla cessazione del rapporto di lavoro il datore di lavoro deve:
- entro 5 giorni informare il Centro per l’impiego competente;
- contestualmente, effettuare la comunicazione all’Inail;
- in caso di lavoratore extracomunitario, la cessazione del rapporto deve essere comunicata alla Questura.
Casistica di decisioni della Magistratura in tema di lavoro domestico
- Anche la lavoratrice domestica che dia le dimissioni nel periodo tutelato di maternità ha diritto alla NASPI.
La ricorrente, assunta come collaboratrice familiare, si è dimessa durante il periodo di maternità per prestare le cure occorrenti alla figlia e ha presentato domanda di NASPI, avendo maturato i relativi requisiti contributivi ed occupazionali. La prestazione è stata negata dall’INPS in sede amministrativa, ritenendo che la lavoratrice domestica non rientrerebbe nell’ambito applicativo degli artt. 54 e 55 del T.U. maternità del 2001. Il Tribunale accoglie il ricorso della lavoratrice, valorizzando il combinato disposto dell’art. 1, secondo comma, del T.U. maternità, che fa salve le condizioni di maggior favore stabilite da altre disposizioni, e dell’art. 25 del C.C.N.L. di riferimento, che al comma 3 sancisce il medesimo divieto di licenziamento di cui agli artt. 54 e 55 del Testo Unico: l’interpretazione a sostegno del diritto della lavoratrice domestica madre viene adottata anche in considerazione del generale divieto di discriminazioni posto dall’art. 3 dello stesso d.lgs. 151/2001. (Trib. Lodi 30/6/2023, Giud. Manfredi, in Wikilabour, Newsletter n. 12/23) - La sussistenza di un legame meramente affettivo tra le parti, estraneo all’ambito familiare (ossia, ai vincoli di coniugio, parentela o affinità), non rende operante alcuna presunzione di gratuità della prestazione di lavoro (nella specie, domestico). (Cass. 16/6/2015 n. 12433, Pres. Vidiri Est. Venuti, in Riv. It. dir. lav. 2016, con nota di Roberto Voza, “Lavoro domestico e presunzione di gratuità: non basta l’affetto”, 150)
- Per l’individuazione del datore di lavoro, al criterio dell’apparenza del diritto il giudice deve preferire il criterio dell’effettività del rapporto, in quanto la subordinazione è la soggezione del lavoratore all’altrui effettivo potere direttivo, organizzativo, di controllo e disciplinare. (Nella specie, una lavoratrice aveva reso prestazioni domestiche in favore di un’anziana, ma, nel corso del rapporto, aveva sempre osservato le direttive della di lei figlia, da questa percependo la retribuzione; la S.C. ha respinto il ricorso avverso la decisione di merito, correggendone tuttavia la motivazione, nel senso che la legittimazione passiva della figlia era fondata sull’effettività del potere direttivo da lei esercitato e non – come ritenuto dal giudice territoriale – sull’apparenza giuridica determinata dalla sua condotta). (Cass. 5/3/2012 n. 3418, Pres. De Luca Rel. Tria, in Lav. nella giur. 2012, 504)
- Lo svolgimento dell’attività di amministratore di s.r.l. da parte di un pensionato, obbliga lo stesso soggetto all’iscrizione al fondo previdenziale commercianti. L’esistenza della prevalenza dell’attività professionale è da ritenersi implicitamente esistente per mancanza di altra attività lavorativa produttiva di reddito. A questi fini è irrilevante il reddito da pensione. (Trib. Forlì 12/5/2010 n. 96, Giud. Angelini Chesi, in Lav. Nella giur. 2011, con commento di Domenico Mesiti, 310)
- La presunzione di onerosità di qualsiasi attività oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro subordinato, basata sui criteri della normalità, dell’apparenza e della buona fede, ispirati alla tutela del ragionevole e legittimo affidamento della parte interessata, può essere superata esclusivamente con una prova rigorosa del contenuto di una diversa relazione tra le parti. Nel caso di specie, non è in contestazione l’espletamento di prestazioni oggettivamente configurabili come tipiche del lavoro domestico, potendo essere esclusa la sussistenza del dedotto rapporto di lavoro subordinato, solo dall’accertamento in concreto di una situazione tale da raffigurare un diverso rapporto tra le parti, privo del carattere di onerosità. In particolare, la circostanza dello svolgimento di attività extralavorative, non è incompatibile con il vincolo della subordinazione. (Cass. 7/8/2008 n. 21365, in Orient. giur. lav. 2008, 79)
- Al personale addetto ai lavori domestici, in ispecie se con funzioni direttive in quanto preposto alla sovrintendenza del lavoro degli altri addetti alla casa, non spetta il compenso per lavoro straordinario, escluso espressamente dall’art. 1 del r.d.l. n. 692 del 1923, disposizione da ritenersi, in mancanza di espressa o implicita abrogazione (che si realizza in caso di nuova completa disciplina della materia), pienamente vigente, restando sconosciuto, nel nostro ordinamento, il principio di desuetudine delle norme scritte. La durata dell’impegno, peraltro, è idonea a integrare un ulteriore parametro per la determinazione della retribuzione adeguata ai sensi dell’art. 36 Cost., dovendosi, a tal fine, tenere pure conto della possibile esistenza di periodi di attesa e della conseguente effettiva continuità dell’attività lavorativa del personale e del correlato nimpegno di direzione. (Nella specie, relativa all’attività di maggiordomo o capo cameriere presso un palazzo principesco, la S.C., nel riformare la sentenza, ha rilevato che nel nostro sistema, di diritto scritto, non può essere invocata la desuetudine per ritenere inapplicabile una pur risalente disposizione, ferma la possibile rilevanza del maggior impegno ai fini dell’art. 36 Cost.). (Cass. 9/6/2008 n. 15150, in Orient. giur. lav. 2008, 79)
- In tema di lavoro domestico, la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro effettuata dal giudice di merito è censurabile in sede di legittimità soltanto limitatamente alla scelta dei parametri normativi di individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto, mentre l’accertamento degli elementi, che rivelano l’effettiva presenza del parametro stesso nel caso concreto attraverso la valutazione delle risultanze processuali e che sono idonei a ricondurre le prestazioni a uno dei modelli, costituisce apprezzamento di fatto che, se immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato, resta insindacabile in Cassazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso l’esistenza di subordinazione in considerazione della natura del tutto sporadica e occasionale dell’attività, espletata dal lavoratore in assenza di ordini specifici e di un costante controllo datoriale). (Cass. 27/7/2007 n. 16681, Pres. Sciarelli Est. Miani Canevari, in Lav. nella giur. 2008, 191)
- L’individuazione dell’esistenza di un rapporto di lavoro domestico si basa su parametri individuati dall’interpretazione giurisprudenziale. La sussistenza di un rapporto di lavoro domestico comporta, nel caso di recesso, l’applicazione della disciplina del licenziamento ad nutum, con l’unica limitazione rappresentata dall’obbligo di preavviso. Non sussiste pertanto obbligo a carico del datore di lavoro di risarcire il danno alla lavoratrice licenziata. (Corte d’appello Torino 11/6/2003, Pres. Peyron Est. Grillo Paquarelli, in Lav. nella giur. 2004, 86)
- Rientra nello schema di contratto a favore di terzo il contratto di lavoro domestico stipulato dalla figlia del beneficiario avente per oggetto la cura della persona e della casa del padre, persona cieca ed anziana; sussiste pertanto la legittimazione passiva in capo alla stipulante in relazione all’adempimento degli obblighi contrattuali. (Trib. La Spezia 1/8/2002, Est. Panico, in D&L 2002, 939)