Questa voce è stata curata da Alexander Bell
Scheda sintetica
La pensione rappresenta la principale prestazione previdenziale contemplata dal nostro ordinamento e consiste in una rendita che viene riconosciuta al lavoratore al raggiungimento di una certa anzianità anagrafica e contributiva ovvero a seguito di eventi che determinino una riduzione permanente, totale o parziale, della sua capacità lavorativa.
Analogamente a quanto avviene in altri Paesi, anche il sistema pensionistico italiano, a seguito della riforma intervenuta nel 1995, poggia essenzialmente su due pilastri: un primo pilastro, costituito dalla previdenza obbligatoria, che viene gestito da enti pubblici (il principale è l’INPS) e che assicura a tutti i cittadini una pensione base; un secondo pilastro, costituito dalla previdenza complementare (o integrativa), che ha carattere volontario e che mira a incrementare il reddito già assicurato all’individuo dalla pensione minima.
A partire dal 1° gennaio 1996, l’ammontare della pensione base è determinato secondo il sistema di calcolo contributivo, ovverosia in base ai contributi versati dal soggetto nell’arco dell’intera vita assicurativa, e non più in base alle ultime retribuzioni percepite, come invece accadeva prima della riforma del 1995, allorché la pensione veniva determinata attraverso il sistema di calcolo retributivo.
Il meccanismo contributivo si applica integralmente ai soli lavoratori che abbiano iniziato a svolgere attività lavorativa dal 1° gennaio 1996. Per coloro che invece avevano iniziato a lavorare prima di quella data, il legislatore ha previsto una disciplina transitoria, in base alla quale:
- la pensione dei lavoratori che al 31 dicembre 1995 avevano maturato un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni si calcola applicando il meccanismo retributivo ai contributi riferiti ai periodi anteriori al 31 dicembre 1995, e il meccanismo contributivo ai contributi riferiti ai periodi successivi a tale data;
- la pensione dei lavoratori che al 31 dicembre 1995 avevano maturato un’anzianità contributiva di almeno 18 anni si calcola applicando il solo meccanismo retributivo (fatta eccezione per i contributi versati dal 1° gennaio 2012, ai quali, a seguito delle novità introdotte con il D.L. 201/2011, si applica il criterio contributivo, anziché quello retributivo, come stabiliva la normativa previgente).
Il principale ente pubblico gestore delle prestazioni pensionistiche è l’INPS, al quale è affidata la gestione dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (c.d. AGO).
Le prestazioni erogate dall’AGO sono:
- la pensione di vecchiaia;
- la pensione anticipata (ex pensione di anzianità);
- la pensione di inabilità;
- l’assegno di invalidità;
- la pensione ai superstiti (indiretta e di reversibilità);
- la pensione supplementare di vecchiaia.
Sono tenuti a iscriversi all’AGO tutti coloro che prestano lavoro retribuito alle dipendenze di terzi, fatta eccezione per talune categorie di lavoratori dipendenti per i quali la legge ha previsto forme previdenziali sostitutive all’AGO (per es. l’INPGI, nel caso dei giornalisti).
Sono iscritti all’AGO, in apposite gestioni speciali, anche alcune categorie di lavoratori autonomi, e in particolare gli artigiani, i commercianti, i coltivatori diretti, i mezzadri, i coloni e gli imprenditori agricoli professionali.
Pensione di vecchiaia
La pensione di vecchiaia è una rendita che viene corrisposta al lavoratore che abbia maturato una certa anzianità anagrafica e contributiva.
I requisiti per ottenere la pensione di vecchiaia sono stati modificati nel 2011 (D.L. 201/2011). L’odierna disciplina distingue, in particolare, tra i lavoratori che al 31 dicembre 1995 avevano già acquisito il primo credito contributivo e i lavoratori che, invece, hanno maturato la propria anzianità contributiva solo dopo il 1° gennaio 1996.
Per i primi (lavoratori dipendenti già in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995), il legislatore ha fissato specifici requisiti anagrafici e contributivi.
- Requisito contributivo: necessaria un’anzianità contributiva minima pari a 20 anni (si tiene conto della contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurato).
- Requisito anagrafico (vedi specifica voce).
Per i necessari approfondimenti si veda la voce Pensione di vecchiaia
Pensione anticipata (ex pensione di anzianità)
A partire dal 1° gennaio 2012, la pensione di anzianità – che consentiva ai lavoratori che avevano maturato una certa anzianità contributiva di ottenere una rendita pensionistica prima di aver raggiunto l’età anagrafica richiesta per la pensione di vecchiaia – è stata sostituita dalla pensione anticipata.
Quanto alla disciplina previgente, si segnala che il legislatore, nel tempo, aveva più volte modificato i requisiti necessari per accedere alla pensione di anzianità.
Come detto, il 1° gennaio 2012 è entrata in vigore la disciplina di un nuovo trattamento pensionistico, la pensione c.d. anticipata, che ha sostituito in toto la pensione di anzianità.
I requisiti per accedere alla pensione anticipata sono modulati diversamente, a seconda che il lavoratore interessato abbia o meno maturato un’anzianità contributiva al 31 dicembre 1995.
Più in particolare, i lavoratori dipendenti il cui primo accredito contributivo sia avvenuto entro il 31 dicembre 1995 possono conseguire il diritto alla pensione anticipata, indipendentemente dall’età anagrafica, ove siano in possesso di specifiche anzianità contributive.
Il D.L. 201/2011 ha profondamente modificato la disciplina dei trattamenti pensionistici, sia irrigidendo i requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia, sia sostituendo la pensione anticipata alla pensione di anzianità.
La previgente disciplina continua comunque a trovare applicazione nei confronti dei lavoratori che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2011 i requisiti precedentemente richiesti per ottenere la pensione.
Il legislatore italiano ha inoltre individuato talune categorie di lavoratori, in relazione alle quali le previgenti disposizioni in materia di accesso alla pensione di vecchiaia e di anzianità continuano ad applicarsi (entro determinati limiti numerici e di risorse economiche) anche a coloro che maturino i requisiti successivamente al 31 dicembre 2011.
Per i necessari approfondimenti si veda nel dettaglio la voce Pensione anticipata.
Modalità di calcolo della pensione
A partire dal 1° gennaio 1996, l’ammontare della pensione base è determinato secondo il sistema di calcolo contributivo, ovverosia in base ai contributi versati dal soggetto nell’arco dell’intera vita assicurativa, e non più in base alle ultime retribuzioni percepite, come invece accadeva prima della riforma del 1995, allorché la pensione veniva determinata attraverso il sistema di calcolo retributivo.
Il meccanismo contributivo si applica integralmente ai soli lavoratori che abbiano iniziato a svolgere attività lavorativa dal 1° gennaio 1996.
Per coloro che invece avevano iniziato a lavorare prima di quella data, il legislatore ha previsto una disciplina transitoria, in base alla quale:
- la pensione dei lavoratori che al 31 dicembre 1995 avevano maturato un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni si calcola applicando il meccanismo retributivo ai contributi riferiti ai periodi anteriori al 31 dicembre 1995, e il meccanismo contributivo ai contributi riferiti ai periodi successivi a tale data (sistema c.d. misto);
- la pensione dei lavoratori che al 31 dicembre 1995 avevano maturato un’anzianità contributiva di almeno 18 anni si calcola applicando il solo meccanismo retributivo (fatta eccezione per i contributi versati dal 1° gennaio 2012, ai quali, a seguito delle novità introdotte con il D.L. 201/2011, si applica il criterio contributivo, anziché quello retributivo, come stabiliva la normativa previgente).
Calcolo della pensione nel sistema retributivo
Nel sistema retributivo, la pensione corrisponde a una quota percentuale della media delle retribuzioni percepite dal lavoratore negli ultimi anni della propria attività.
Più in particolare, la pensione viene calcolata sulla base di tre elementi:
- la retribuzione annua pensionabile;
- l’anzianità contributiva;
- l’aliquota di rendimento.
Per determinare l’esatto ammontare della pensione occorre anzitutto ricavare il dato relativo alla retribuzione annua pensionabile, che corrisponde alla media delle retribuzioni percepite dal lavoratore nel periodo immediatamente precedente la data di decorrenza della pensione (c.d. periodo di riferimento).
Fino al 1993, il periodo di riferimento era costituito dalle ultime 260 settimane (pari a 5 anni) coperte da contributi: cioè a dirsi che, per le pensioni con decorrenza antecedente il 1° gennaio 1993, la retribuzione pensionabile corrispondeva alla media delle retribuzioni percepite dal lavoratore negli ultimi cinque anni di attività lavorativa.
Dal 1° gennaio 1993 in poi, detto periodo di riferimento è stato progressivamente esteso, sino a ricomprendere l’intera vita lavorativa del soggetto.
Nel regolare la progressiva estensione del periodo di riferimento, il legislatore ha previsto una disciplina volta a tutelare tutti quei soggetti che, al 31 dicembre 1992, avevano già maturato una determinata anzianità contributiva.
In particolare, per questa categoria di soggetti si deve tenere conto:
- della retribuzione media percepita negli ultimi cinque anni di lavoro, per calcolare la quota di pensione relativa ai contributi versati fino al 31 dicembre 1992 (Quota A);
- della retribuzione media percepita in un periodo di riferimento variabile, per calcolare la quota di pensione relativa ai contributi versati dal 1° gennaio 1993 in avanti (Quota B).
Ai fini del calcolo della Quota B, il periodo di riferimento varia a seconda dell’anzianità contributiva maturata dal soggetto al 31 dicembre 1992.
Più nello specifico:
- per i lavoratori che al 31 dicembre 1992 erano in possesso di un’anzianità contributiva pari o superiore a 15 anni, il periodo cui fare riferimento per determinare la retribuzione media pensionabile corrisponde alle ultime 520 settimane (10 anni) coperte da contribuzione;
- va peraltro evidenziato che il legislatore ha reso graduale anche il passaggio dalle 260 alle 520 settimane, stabilendo, in particolare, che per le pensioni liquidate tra il 1° gennaio 1993 e il 30 aprile 2001 il periodo su cui calcolare la retribuzione media pensionabile dovesse corrispondere a 260 settimane aumentate del 50% del numero di settimane intercorrenti tra il 1° gennaio 1993 e la data di decorrenza della pensione (nel caso, per es., di una pensione con decorrenza il 1° gennaio 1994, il periodo di riferimento corrisponde alle ultime 286 settimane di contribuzione: 260 + (52 diviso 2)); per le pensioni con decorrenza dal 1° gennaio 1996 in avanti, detto aumento è poi passato dal 50% al 66,6%: al numero di settimane calcolate fino al 31 dicembre 1995 (pari a 338: 260 + la metà delle 156 settimane comprese tra il 1° gennaio 1993 e il 31 dicembre 1995), quindi, si è aggiunto il 66,6% delle settimane intercorrenti tra il 1° gennaio 1996 e la data di decorrenza della pensione;
- per i lavoratori che al 31 dicembre 1992 erano in possesso di un’anzianità contributiva inferiore a 15 anni, il periodo cui fare riferimento per determinare la retribuzione media pensionabile corrisponde alle ultime 260 settimane antecedenti il 1° gennaio 1993, cui vanno aggiunte le ulteriori settimane di contribuzione che intercorrono da tale data alla data di decorrenza della pensione (nel caso, per es., di una pensione con decorrenza il 1° gennaio 1999, il periodo di riferimento corrisponde alle ultime 572 settimane di lavoro del soggetto: 260 + 312).
Per i soggetti privi di anzianità contributiva al 1° gennaio 1993, invece, il periodo cui fare riferimento per determinare la retribuzione media pensionabile corrisponde all’intera vita lavorativa: cioè a dirsi che, per i soggetti assunti dal 1° gennaio 1993 in avanti, la retribuzione pensionabile corrisponde alla media delle retribuzioni percepite dal lavoratore dal primo all’ultimo giorno di lavoro.
Ebbene, una volta stabilito il periodo di riferimento, occorre determinare la retribuzione annua mediamente percepita dal lavoratore in quest’arco temporale.
A tal fine, occorre:
- individuare le retribuzioni effettivamente percepite dal lavoratore in ciascun anno solare ricompreso nel periodo di riferimento;
- dividere queste cifre per il numero di settimane effettivamente coperte da contribuzione, così da ottenere, per ciascun anno rientrante nel periodo di riferimento, la retribuzione media settimanale effettiva;
- le retribuzioni medie settimanali effettive vanno rivalutate e moltiplicate per il numero di settimane ricomprese nell’anno: si ottengono così le retribuzioni annue rivalutate;
- le retribuzioni annue rivalutate vanno quindi sommate tra loro;
- la somma così ottenuta deve quindi essere divisa per il numero di settimane ricomprese nel periodo di riferimento (ad es. 260, nel caso di pensione con decorrenza antecedente il 1° gennaio 1993);
- tale importo, da ultimo deve essere moltiplicato per 52, così da ottenere la retribuzione annua pensionabile.
Così ricavata la retribuzione annua pensionabile, si tratta quindi di stabilire quale quota percentuale di questa somma spetta al lavoratore a titolo di pensione. Detta quota è la risultante di due variabili: da un lato, l’anzianità contributiva maturata dal lavoratore; dall’altro, l’aliquota di rendimento (che è la percentuale da applicare alla retribuzione media pensionabile per ogni anno di contribuzione).
L’aliquota di rendimento varia a seconda della fascia di reddito in cui rientra la retribuzione annua pensionabile del lavoratore: per il 2013, detta aliquota è pari al 2% per le retribuzioni fino a 45.530 euro (l’aliquota progressivamente decresce per fasce di importo superiore).
L’importo annuo della pensione si determina applicando alla retribuzione annua pensionabile l’aliquota di rendimento per ciascun anno di contribuzione. Per esempio, un lavoratore con una retribuzione annua pensionabile rientrante nella prima fascia – quella cui si applica l’aliquota del 2% –, che ha maturato 40 anni di contributi, ha diritto a una pensione il cui importo è pari all’80% della retribuzione annua pensionabile (2% per ogni anno di contribuzione: 2 x 40 = 80%).
Va infine ricordato che per le pensioni con decorrenza dal 1° gennaio 1993, il trattamento pensionistico spettante al lavoratore si compone di due quote:
- una prima quota, calcolata sulla base dell’anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1992 e sulla media delle retribuzioni degli ultimi 5 anni (quota A);
- una seconda quota, calcolata sulla base dell’anzianità contributiva maturata dal 1° gennaio 1993 alla data di decorrenza della pensione e sulla media delle retribuzioni percepite in un periodo di riferimento variabile, da determinarsi secondo i criteri di cui si è detto in precedenza (quota B).
Calcolo della pensione nel sistema contributivo
Nel sistema contributivo, entrato in vigore a partire dal 1° gennaio 1996, l’ammontare della pensione è stabilito in base ai contributi versati dal soggetto nell’arco dell’intera vita assicurativa, e non in base alle ultime retribuzioni percepite, come invece avviene nell’ambito del sistema retributivo.
In particolare, l’importo del trattamento pensionistico viene calcolato moltiplicando il Montante contributivo individuale (MCI) per il Coefficiente di trasformazione (CT).
Il Montante contributivo individuale si ottiene sommando i contributi che ogni anno vengono accantonati dal lavoratore – per un importo annuo pari al 33% della retribuzione, nel caso dei lavoratori dipendenti –, rivalutati sulla base del tasso annuo di capitalizzazione derivante dalla variazione media quinquennale del PIL (prodotto interno lordo) determinata dall’Istat.
Il coefficiente di trasformazione, invece, varia in base all’età del lavoratore nel momento in cui inizia a decorrere la pensione, a partire dall’età di 57 anni.
La revisione dei coefficienti avviene triennalmente attraverso un decreto del Ministero del Lavoro.
A partire dal 1° gennaio 2013, si applicano i seguenti coefficienti di trasformazione:
- Pensionamento a 57 anni di età: 4,304%
- Pensionamento a 58 anni di età: 4,416%
- Pensionamento a 59 anni di età: 4,535%
- Pensionamento a 60 anni di età: 4,661%
- Pensionamento a 61 anni di età: 4,796%
- Pensionamento a 62 anni di età: 4,940%
- Pensionamento a 63 anni di età: 5,094%
- Pensionamento a 64 anni di età: 5,259%
- Pensionamento a 65 anni di età: 5,435%
- Pensionamento a 66 anni di età: 5,624%
- Pensionamento a 67 anni di età: 5,826%
- Pensionamento a 68 anni di età: 6,046%
- Pensionamento a 69 anni di età: 6,283%
- Pensionamento a 70 anni di età: 6,541%
Regime fiscale della pensione
La pensione viene tassata alla fonte dall’INPS, che agisce come sostituto di imposta. In particolare, l’INPS trattiene, a titolo di ritenuta d’acconto, una quota della pensione spettante al lavoratore. Detta quota è determinata applicando all’imponibile annuo (costituito dall’importo complessivo lordo della pensione) un’aliquota percentuale che varia per fasce di reddito.
Le aliquote attualmente vigenti sono le seguenti:
- Fino a 15.000 euro: 23%
- Oltre 15.000 euro – Fino a 28.000 euro: 27%
- Oltre 28.000 euro – Fino a 55.000 euro: 38%
- Oltre 55.000 euro – Fino a 75.000 euro: 41%
- Oltre 75.000 euro: 43%
Cumulo della pensione con altri redditi
Quanto alla pensione di vecchiaia, a partire dal 1° gennaio 2001 il legislatore ne ha previsto la totale cumulabilità con i redditi da lavoro dipendente e autonomo.
Il regime di totale cumulabilità è stata poi esteso, a partire dal 1° gennaio 2009, sia alle pensioni di vecchiaia calcolate interamente con il sistema contributivo, sia alla pensione di anzianità (dal 2012 sostituita dalla pensione anticipata, per la quale vale il medesimo regime).
Modalità di richiesta e pagamento
Il lavoratore che intenda ottenere la pensione deve presentare un’apposita domanda all’ente previdenziale. Una volta pervenuta la domanda, l’ente è tenuto ad adottare un provvedimento entro i successivi 120 giorni. Qualora la pensione venga liquidata oltre detto termine, al pensionato spettano gli interessi legali maturati sino al giorno dell’effettivo pagamento.
A partire dal 30 settembre 2011, la domanda di pensione può essere presentata esclusivamente per via telematica.
La pensione è liquidata il primo giorno di ogni mese e può essere riscossa:
- all’ufficio postale, con le seguenti modalità: in contanti allo sportello, con accredito sul proprio corrente postale o su conto di deposito a risparmio, con assegno postale inviato all’indirizzo del pensionato, con Inps card (da richiedere all’ufficio postale);
- in banca, con le seguenti modalità: in contanti allo sportello, con accredito sul proprio corrente bancario, con accredito sul proprio conto di risparmio nominativo o con assegno circolare inviato al domicilio del pensionato.
Per riscuotere la pensione, occorre esibire il libretto di pensione unitamente a un documento di riconoscimento.
Le segnalazioni della Newsletter di Wikilabour in tema di pensione
- Ancora sul blocco degli automatismi retributivi del pubblico impiego nel quinquennio 2011-2015, nei riflessi pensionistici.
Come è noto, il legislatore, con legge del 2010 e successive, bloccò per il pubblico impiego ogni automatismo retributivo per il periodo 2011-2015, senza possibilità di recuperi successivi. Furono sollevate varie questioni di legittimità costituzionale relativamente a tale trattamento anche nelle sue ricadute pensionistiche, tutte dichiarate infondate dalla Corte costituzionale (salvo che per il personale magistratuale), fino all’ultima del 2018 (n.200). Nel presente giudizio la questione è stata riproposta da alcuni militari, pensionati nel periodo del blocco, che lamentano una disparità di trattamento pensionistico rispetto agli ufficiali superiori e generali, per i quali una legge del 2017 avrebbe consentito il recupero degli automatismi ai fini pensionistici. La Corte ha dichiarato infondata anche questa nuova questione, in quanto ancorata a una interpretazione errata della legge riguardante gli ufficiali superiori e generali. (Corte Cost. 27/7/2020 n. 167, Pres. Cartabia Rel. Amoroso, in Wikilabour, Newsletter n. 15/2020) - Per i dipendenti in aspettativa sindacale, la retribuzione figurativa da accreditare ai fini pensionistici non comprende gli emolumenti legati alla prestazione effettiva.
Un dipendente in aspettativa sindacale ex art. 31 S.L. aveva chiesto che nella retribuzione convenzionale da accreditargli, nel periodo, ai fini pensionistici fossero compresi anche vari premi di risultato e incentivi all’attività produttiva previsti dal contratto collettivo applicabile. Intervenendo per la prima volta nella ricostruzione del quadro normativo di disciplina della fattispecie, la Corte respinge la domanda, con la motivazione di cui alla massima. (Cass. 6/4/2020 n. 7698, Pres. Manna Rel. Ghinoy, in Wikilabour, Newsletter n. 8/2020)