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Scheda sintetica
Per ogni tipologia di lavoro trova applicazione una disciplina differente e, per tale ragione, è necessario distinguere tra di esse. Tuttavia, i confini tra le diverse tipologie sono talora di difficile definizione, in primo luogo in virtà della scelta del legislatore, che non ha ritenuto di specificare in modo analitico i tratti distintivi delle stesse.
La reale natura del rapporto di lavoro riveste però rilevanza fondamentale per il lavoratore, sia dal punto di vista delle tutele applicabili, sia da quello degli istituti contrattuali, retributivi e previdenziali.
Per evitare che dietro un contratto autonomo o parasubordinato si nasconda l’intento fraudolento del datore di lavoro di limitare tali diritti, la giurisprudenza è intervenuta individuando alcuni indici di subordinazione, cioè fattori che possono aiutare ad identificare la reale natura del rapporto di lavoro.
Al tempo stesso è del tutto evidente come, sempre per garantire una effettiva tutela del lavoratore, non sia sufficiente la dichiarazione delle parti resa nel contratto circa la natura autonoma del rapporto.
In questo senso la giurisprudenza ha più volte indicato come, viceversa, si debba fare riferimento a questioni sostanziali riferite alla modalità di effettuazione della prestazione lavorativa piuttosto che a tale mera dichiarazione formale (secondo il cosiddetto principio di indisponibilità del tipo contrattuale).
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Scheda di approfondimento
Lavoro subordinato e parasubordinato, autonomo e collaborazioni a carattere continuativo o saltuario: sono molteplici le forme con cui un’attività lavorativa può essere resa, e i confini tra le stesse non sono sempre facili da tracciare, pur essendo di estremo rilievo; infatti, per ognuna delle varie tipologie, trova applicazione una disciplina differente, sia sul piano normativo che fiscale.
Questa difficoltà di distinguere in modo preciso le diverse tipologie di lavoro dipende, in primo luogo, da una scelta del legislatore, che non ha ritenuto di specificare in modo analitico i tratti distintivi delle stesse.
Infatti, il Codice Civile, che costituisce la principale fonte normativa al riguardo, si limita a qualificare in modo abbastanza generico le due principali categorie, ovvero quelle del lavoro subordinato e del lavoro autonomo.
Così, ad esempio, l’articolo 2094 c.c. definisce lavoratore subordinato colui che si impegna, a fronte di una retribuzione, a prestare il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore, senza ulteriori specificazioni.
Si ha, invece, un contratto d’opera, e quindi una prestazione di lavoro autonomo, quando ci si obbliga a rendere in prima persona un’opera o un servizio “senza vincolo di subordinazione” (art. 2222 c.c.).
Si tratta, come si vede, di definizioni di carattere generale; se poi si considera che è del tutto estranea alla normativa codicistica la nozione di collaborazione coordinata e continuativa (talora qualificata come parasubordinazione, in virtù della prossimità al lavoro subordinato, ma da ricondursi alla più generale categoria del lavoro autonomo), ben si comprende come non sia per nulla agevole inquadrare in modo sistematico tali istituti.
Innanzitutto, è bene precisare come neppure la stipulazione di accordi, che qualifichino un rapporto di lavoro in un modo piuttosto che in un altro, sia decisiva.
Laddove un rapporto abbia effettivamente natura subordinata insorgono, indipendentemente dalla volontà delle parti, determinati obblighi inderogabili, specie di natura contributiva.
Pertanto, si rende sempre e comunque necessario, laddove si tratti di valutare la reale natura del rapporto stesso, esaminare, in concreto, le caratteristiche con cui questo si svolge o, se cessato, si è svolto.
A tal fine, la giurisprudenza ha individuato una serie di indici, alcuni più importanti altri secondari, la cui verifica è utile per potere valutare se un rapporto lavorativo sia caratterizzato da subordinazione o autonomia.
Tra gli indici di cui si deve tenere conto, quello che comunemente si ritiene assumere particolare importanza nel rivelare la natura subordinata del rapporto riguarda il pieno assoggettamento del prestatore di lavoro al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro.
In concreto, tale assoggettamento significa operare secondo orari di lavoro indicati dall’imprenditore, nei locali aziendali e con strumenti messi a disposizione dal datore di lavoro; svolgere tutte le attività che, di volta in volta, vengono indicate dall’imprenditore e che sono necessarie per il buon andamento dell’impresa; dover richiedere permessi in caso si abbia necessità di assentarsi o non si possa rispettare gli orari previsti; dover comunicare assenze e malattie; dover richiedere permessi in caso si abbia necessità di assentarsi o non si possa rispettare gli orari previsti; dover comunicare assenze e malattie; dover effettuare le ferie nei periodi indicati dal datore di lavoro, ecc: in una parola, non essere, appunto, autonomi, di determinare tempi e modi della propria attività lavorativa.
In quest’ottica, se è facile comprendere qual sia la differenza tra il lavoro subordinato ed il lavoro autonomo in senso proprio, che, nel linguaggio comune, si identifica con quello del libero professionista o del commerciale, più difficile è capire quale spazio residui per la collaborazione coordinata e continuativa.
Infatti, a differenza del lavoratore autonomo, che ha di regola una propria, sia pur minima, struttura imprenditoriale, una specifica professionalità e dunque una possibilità di operare a favore di più soggetti, il collaboratore coordinato è colui che, di regola, rende la propria prestazione per un periodo significativo a favore di uno specifico soggetto, secondo modalità predeterminate e senza margini di discrezionalità.
Di fatto, ciò finisce col produrre, in gran parte dei casi, un affievolimento delle distinzioni con i lavoratori subordinati, divenendo, anche il collaboratore, parte integrante della struttura imprenditoriale, con la necessità di sottostare ad obblighi analoghi a quelli previsti per i dipendenti, ma senza le medesime tutele.
Peraltro, la distinzione tra lavoro subordinato e collaborazione coordinata e continuativa potrebbe divenire, in futuro, ancora più sfumata; basti pensare, ad esempio, al telelavoro: attività lavorativa da svolgersi a domicilio grazie alle avanzate tecnologie informatiche.
Naturalmente, per un lavoratore non è conveniente un rapporto di lavoro autonomo, almeno se questo rapporto non sia caratterizzato da una reale autonomia.
Infatti, la retribuzione apparentemente più alta rispetto a quella del dipendente regolarmente assunto si accompagna, oltre al costante incremento del carico fiscale, a una bassa contribuzione previdenziale, ovvero, per intendersi, la maturazione di una pensione irrisoria, nonché l’impossibilità di ricevere un’indennità nei periodi di malattia.
Inoltre, al lavoratore autonomo, sia o meno coordinata e continuativa la sua prestazione, non si applicano tutte le tutele che, invece, sono accordate al lavoratore subordinato, a partire da quelle che garantiscono la stabilità del posto di lavoro.
Del resto, anche per le imprese il vantaggio di avvalersi di prestazioni di collaborazione piuttosto che di lavoro subordinato rischia di essere, in molti casi, più apparente che reale: a fronte di un consistente (anche se oggi in calo) risparmio contributivo, si pone il rischio, concreto, di una vertenza promossa dal lavoratore (magari a seguito dell’interruzione del rapporto) volta ad accertare, retroattivamente, l’effettiva natura subordinata del rapporto di lavoro.
Il che può comportare, nell’ipotesi estrema, l’obbligo di assumere il lavoratore, di risarcirgli il danno per il licenziamento e, soprattutto, di versargli tutti i contributi previdenziali precedentemente risparmiati, per di più con l’aggravio di sanzioni e more.
Indici della subordinazione
La Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare ripetutamente che laddove si accerti che un rapporto, sebbene qualificato come di collaborazione, ha in realtà natura subordinata, il lavoratore potrà rivendicare tutti i diritti conseguenti (retributivi e contributivi).
Perché tale rivendicazione sia possibile, è necessario che ricorrano dei requisiti ben precisi. Al fine di accertare la sussistenza di questi requisiti, la giurisprudenza è solita valutare tutta una serie di indici.
Tra i più significativi vanno senz’altro ricordati:
- il fatto che l’attività lavorativa si volga presso i locali aziendali;
- una presenza costante sul lavoro, specie se ad orario fisso e caratterizzata da un vero e proprio obbligo di presenza (e dunque con necessità di avvertire e di giustificarsi in caso di assenza);
- il concordare il periodo feriale;
- l’utilizzo, per lo svolgimento dell’attività lavorativa, di strumenti di proprietà del datore di lavoro;
- il ricevere costantemente ordini e disposizioni;
- la mancanza, in capo al lavoratore, di una propria attività imprenditoriale e della relativa struttura, sia pur minima.
Nessuno degli elementi sopra indicati è, di per sé, determinante ma, laddove sia riscontrabile la contemporanea presenza di più indici tra quelli esemplificativamente indicati, ciò potrà costituire una prova della natura subordinata del rapporto.
Le novità introdotte dal c.d. Jobs Act
Nell’ambito della recente riforma del diritto del lavoro, avviata a seguito dell’emanazione della legge delega n. 183 del 2014 (c.d. Jobs Act), il Governo ha provveduto a emanare il decreto legislativo n. 81 del 2015, entrato in vigore il 25 giugno 2015, che rinnova radicalmente la disciplina dei contratti di collaborazione e che, al contempo, introduce alcune norme verosimilmente destinate a impattare sulla nozione di subordinazione fatta propria dalla prassi.
Il decreto in parola ha disposto, anzitutto, l’abrogazione di tutte le norme contenute nel decreto legislativo n. 276 del 2003 che disciplinavano i contratti di lavoro a progetto, facendo al contempo salvi i contratti di collaborazione coordinata e continuativa previsti dall’art. 409 c.p.c.
Tra le norme abrogate dal d.lgs. 81/2015 vi è anche l’art. 69 bis del d.lgs. 276/2003; tale norma – introdotta nel 2012 dalla legge Fornero, al fine di arginare il fenomeno delle c.d. false partite iva – prevedeva una presunzione in forza della quale, in presenza di determinate condizioni, la prestazione resa da un soggetto titolare di partita iva si considerava un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa.
Con l’abrogazione delle suddette norme vengono quindi cancellate alcune tutele “minime” che il legislatore aveva previsto a favore dei lavoratori assunti a progetto e dei lavoratori con partita iva.
Quest’arretramento sul fronte delle tutele assicurate ai lavoratori precari è (solo) parzialmente controbilanciato dall’introduzione di una nuova presunzione di subordinazione, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 81/2015, in virtù del quale, a partire dal 1° gennaio 2016, la disciplina del rapporto di lavoro subordinato si applica anche alle collaborazioni organizzate dal committente (collaborazioni etero-organizzate). Il testo attualmente vigente, così come modificato dalla legge 128/2019, allarga il campo di applicazione delle tutele previste per il lavoro subordinato “anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente”.
Affinché scatti l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato, è dunque necessario che:
- la prestazione sia svolta in modo prevalentemente personale;
- la prestazione sia svolta con continuità;
- la prestazione sia etero organizzata dal committente.
Le tre condizioni sopra indicate costituiscono, di fatto, altrettanti indici di subordinazione, che vengono così ad affiancarsi – e in taluni casi a sovrapporsi – a quelli enucleati in questi anni dalla giurisprudenza. Ad ogni modo, per valutare se e in che misura questi nuovi indici tipizzati dal legislatore saranno in grado di influenzare la nozione giurisprudenziale di subordinazione, eventualmente estendendone la portata (come suggerito da uno dei primi commentatori della riforma, v. Chiusolo, “La disciplina delle collaborazioni”, in Guida al Jobs Act – versione definitiva (ottobre 2015), pubblicata su questo sito), occorrerà necessariamente attendere le prime pronunce dei Tribunali e della Cassazione.
Il secondo comma dell’art. 2 stabilisce peraltro che la nuova presunzione di subordinazione non si applica:
- alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;
- alle collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;
- alle attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
- alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I.
Per quanto riguarda le pubbliche amministrazioni, la riforma le esclude dalla nuova disciplina, ma stabilisce che dal 1° gennaio 2017 esse non potranno più stipulare contratti di collaborazione caratterizzati dagli indici di subordinazione indicati dall’art. 2.
Da ultimo, la nuova legge prevede la possibilità per le parti di richiedere alle commissioni di cui all’art. 76 del d.lgs. 276/03 la certificazione dell’assenza dei requisiti contemplati dalla stessa norma per l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato. Il lavoratore, in tal caso, potrà farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.
Aspetti formali e aspetti sostanziali della natura del rapporto di lavoro
Per escludere la natura subordinata del rapporto di lavoro, è sufficiente la stipula di un contratto in cui espressamente si preveda che la prestazione lavorativa verrà resa in regime di autonomia e senza alcun vincolo di subordinazione?
Secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza, la risposta è negativa, e tale tesi ha trovato la conferma anche del massimo organo giudicante, ovvero le Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
Con la pronuncia n. 61 del 13 febbraio 1999, la Suprema Corte è, infatti, intervenuta nel dibattito relativo alla rilevanza da attribuire, ai fini di stabilire l’effettiva natura di un rapporto di lavoro, al cosiddetto nomen juris, ovvero alla qualificazione attribuita dalle parti stesse al contratto da loro stipulato.
Ebbene, secondo tale sentenza, non è sufficiente che il contratto preveda l’instaurazione di un rapporto di lavoro autonomo per escludere che al lavoratore spettino tutti i diritti che la legge attribuisce, inderogabilmente, al lavoratore subordinato.
Più precisamente, tre sono i casi in cui, secondo la Cassazione, al rapporto di lavoro può essere attribuita natura subordinata, indipendentemente da quanto risulti dagli indici formali, ovvero:
- quando le parti nel contratto facciano riferimento ad un rapporto di collaborazione autonoma per evitare i maggiori costi derivanti dalla subordinazione;
- quando il contenuto del contratto nasconda la vera intenzione delle parti di instaurare un rapporto di lavoro dipendente;
- quando le parti, pur avendo effettivamente voluto stipulare un contratto di lavoro autonomo, nella successiva fase di esecuzione del contratto, ovvero nel corso del rapporto di lavoro, mostrino di aver mutato intenzione “per fatti concludenti”, ovvero comportandosi, in concreto, come datore di lavoro l’uno e dipendente l’altro.
In tali ipotesi, dunque, il lavoratore ha diritto, nel corso o all’esito del rapporto di lavoro, di richiedere l’accertamento giudiziale dell’effettiva natura del rapporto stesso.
A fronte di una simile richiesta il Giudice, non essendo vincolato dal contenuto letterale dell’accordo, può esaminare quali siano state, in concreto, le modalità di svolgimento del rapporto lavorativo, riconoscendone la natura subordinata tutte le volte che ne sussistano i requisiti previsti dalla giurisprudenza (inserimento organico nella struttura imprenditoriale, assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, obbligo di rispettare un orario di lavoro, obbligo di concordare permessi e ferie, ecc.).
Casistica di decisioni della Magistratura in tema di Qualificazione del contratto (differenze tra lavoro subordinato, indici della subordinazione, etc.)
In genere
- L’elemento idoneo a caratterizzare il rapporto di lavoro subordinato e a differenziarlo da altri tipi di rapporto (quali quello di lavoro autonomo, la società o l’associazione in partecipazione con apporto di prestazioni lavorative) è l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, tenendo presente che il potere direttivo non può esplicarsi in semplici direttive di carattere generale (compatibili con altri tipi di rapporto), ma deve manifestarsi in ordini specifici, reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa e che il potere organizzativo non può esplicarsi in un semplice coordinamento (anch’esso compatibile con altri tipi di rapporto), ma deve manifestarsi in un effettivo inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale. (Corte app. Palermo 22/4/2020, Pres. Alcamo Rel. Ioppolo, in Lav. nella giur. 2020, 1107)
- L’utilizzazione di diverse tipologie contrattuali — fra le quali il contratto di lavoro accessorio seguito dal contratto di apprendistato — in relazione a un indistinto e prolungato rapporto lavorativo, solo formalmente precario e senza alcuna giustificazione del mutamento di titolo, rivela l’adozione di uno schema formale divaricato rispetto alla sostanza del rapporto connotato da elementi propri della subordinazione. In tale circostanza, l’eventuale rispetto dei limiti quantitativi per il lavoro accessorio non esclude il potere del giudice di qualificare il rapporto sin dall’inizio come normale rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. (Cass. 12/12/2019 n. 32702, Pres. Di Cerbo Est. Arienzo, in Riv. It. Dir. lav. 2020, con nota di A. Topo, “Lavoro accessorio, evoluzione del diritto del lavoro e la funzione del giudice ordinario”, 305)
- L’art. 2 d.lgs. 81/2015 non determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato, ma l’estensione della disciplina del lavoro subordinato a un rapporto di lavoro autonomo. (Corte app. Torino 4/2/2019 n. 26, Pres. Fierro Est. Rocchetti, in Riv. It. Dir. Lav. 2019, con nota di M.T. Carinci, “Il lavoro eterorganizzato si fa strada… sulle ruote dei riders di Foodora”, e di R. Del Punta, “Sui riders e non solo: il rebus delle collaborazioni organizzate dal committente”, 340)
- Il concetto di subordinazione non postula necessariamente una continuità giornaliera della prestazione lavorativa. (Cass. 3/10/2017, n. 23056, ord. Pres. Amoroso Est. Curcio, in Riv. Giur. Lav. prev. soc. 2018, con nota di O. La Tegola, “L’eterodirezione della prestazione come criterio selettivo della subordinazione”, 10)
- L’elemento indispensabile che connota il lavoro subordinato distinguendolo da quello autonomo è il vincolo di soggezione del lavoratore subordinato al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro. Hanno carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria altri elementi del rapporto quali l’inserimento nell’organizzazione aziendale, il rispetto dell’orario, l’assenza di rischio. (Cass. 21/7/2017 n. 18018, Pres. Napoletano Est. Curcio, in Riv. Giur. Lav. prev. soc. 2018, con nota di O. La Tegola, “L’eterodirezione della prestazione come criterio selettivo della subordinazione”, 10)
- Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 53 della L. 9.10.1970, n. 740, nella parte in cui non consente di qualificare i rapporti di lavoro degli infermieri incaricati dagli istituti di prevenzione e di pena come rapporti di lavoro subordinato e, in via gradata, nella parte in cui, anche a voler ritenere che non precluda la qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato, limita a un compenso orario la retribuzione spettante, con esclusione di ogni altra indennità o gratificazione, e di ogni trattamento previdenziale e assicurativo, in riferimento agli artt. 3, c. 1, 36, c. 1, e 38, c. 2, Cost. (Corte Cost. 7/5/2015 n. 76, Pres. Criscuolo, Est. Sciarra, in Riv. giur. lav. prev. soc. 2016, con nota di Giuseppe Ferraro, “La Corte Costituzionale nel vortice delle teorie sulla subordinazione”, 10)
- Qualsiasi attività umana economicamente rilevante è suscettibile di essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo, a seconda delle modalità del suo svolgimento e del fatto che requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato è il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall’emanazione di ordini specifici, oltre che dall’esercizio di un’assidua attività di vigilanza e controllo dell’esecuzione della prestazione lavorativa. (Trib. Milano 11/9/2014, Giud. Dossi, in Lav. nella giur. 2015, 203)
- In tema di rapporto di lavoro, al fine della qualificazione dello stesso come rapporto di lavoro subordinato piuttosto che come di lavoro autonomo, costituisce elemento decisivo in tal senso l’essere il lavoratore inserito stabilmente e in modo esclusivo all’interno dell’organizzazione aziendale in diretta conseguenza all’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro. Nella stessa direzione qualificativa, costituiscono, invece, indici sintomatici della subordinazione, l’assenza di rischio di impresa, la continuità della prestazione, l’obbligo di osservanza dell’orario di lavoro, la cadenza periodica e la forma della retribuzione, l’utilizzazione da parte del lavoratore di strumenti9 di lavoro e lo svolgimento della prestazione in ambienti messi a disposizione dal datore di lavoro. (Trib. Milano 21/7/2014, Giud. Di Lorenzo, in Lav. nella giur. 2015, 97)
- In tema di rapporto di lavoro, al fine della qualificazione dello stesso come rapporto di lavoro subordinato piuttosto che come di lavoro autonomo, costituisce elemento decisivo in tal senso l’essere il lavoratore inserito stabilmente e in modo esclusivo all’interno dell’organizzazione aziendale in diretta conseguenza all’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro. Nella stessa direzione qualificativa, costituiscono, invece, indici sintomatici della subordinazione, l’assenza di rischio di impresa, la continuità della prestazione, l’obbligo di osservanza dell’orario di lavoro, la cadenza periodica e la forma della retribuzione, l’utilizzazione da parte del lavoratore di strumenti9 di lavoro e lo svolgimento della prestazione in ambienti messi a disposizione dal datore di lavoro. (Trib. Milano 21/7/2014, Giud. Di Lorenzo, in Lav. nella giur. 2015, 97)
- Ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato o autonomo, poiché l’iniziale contratto dà vita a un rapporto che si protrae nel tempo, la volontà che esso esprime e il “nomen iuris” non costituiscono fattori assorbenti, diventando viceversa il comportamento delle parti posteriore alla conclusione del contratto elemento necessario non solo ai fini della sua interpretazione, ma anche utilizzabile per l’accertamento di una nuova diversa volontà eventualmente intervenuta nel corso dell’attuazione del rapporto, diretta a modificare singole cause contrattuali e talora la stessa natura del rapporto inizialmente prevista. (Cass. 30/6/2014 n. 14757, Pres. Miani Canevari Rel. Nobile, in Lav. nella giur. 2014, 1128)
- La semplicità delle mansioni oggetto del rapporto di lavoro di carattere subordinato, pertanto asseritamente espletabili anche da un unico lavoratore, in assenza di evidenze relative alla quantità del lavoro prestato, non costituisce circostanza da sola sufficiente a escludere la costituzione di un duplice rapporto di lavoro. (Cass. 6/3/2014 n. 5297, Pres. Stile Est. Buffa, in Lav. nella giur. 2014, 607)
- In merito al lavoro giornalistico, si evidenzia come la subordinazione non è esclusa dal fatto che il prestatore goda di una certa libertà di movimento e non sia obbligato al rispetto di un orario predeterminato o alla quotidiana permanenza sul luogo di lavoro, non essendo nemmeno incompatibile con il suddetto vincolo la commisurazione della retribuzione a singole prestazioni. È, invece, determinante che il giornalista sia tenuto stabilmente a disposizione dell’editore. Altresì, il compenso del collaboratore fisso deve quantificarsi tenendo conto dell’importanza delle materie trattate, il tipo, la qualità nonché la quantità delle collaborazioni. (Cass. 9/1/2014 n. 290, Pres. Vidiri Est. Balestrieri, in Lav. nella giur. 2014, 406)
- Ai fini dell’individuazione del rapporto di lavoro subordinato, e della sua distinzione da quello autonomo, è determinante la subordinazione, cioè quel vincolo di natura personale che assoggetta il prestatore d’opera, limitandone conseguentemente la libertà, al potere direttivo del datore di lavoro (inerente all’intrinseco svolgimento della prestazione lavorativa), mentre altri elementi, quali la collaborazione, l’assenza di rischio economico, la natura dell’oggetto della prestazione, la continuità di essa, la forma della retribuzione e l’osservanza di un orario, possono avere una portata soltanto sussidiaria, restando peraltro escluso che anche la sussistenza di tutti questi altri elementi possa far qualificare di lavoro subordinato un rapporto in relazione al quale sia accertata la mancanza del predetto elemento determinante. (Trib. Foggia 8/1/2014, Giud. Napolitano, in Lav. nella giur. 2014, 719)
- Il criterio di distinzione del rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo è costituito dall’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia e inserimento nell’organizzazione aziendale; tale assoggettamento deve essere dimostrato dal lavoratore e concretamente apprezzato in relazione alla specificità dell’incarico conferito e al modo della sua attuazione. (Cass. 16/12/2013 n. 28025, Pres. Stile Rel. Garri, in Lav. nella giur. 2014, 408)
- Quando un rapporto di lavoro nel suo concreto esplicarsi presenti elementi e caratteristiche tali da essere compatibile sia con l’autonomia che con la subordinazione del lavoratore, il giudice deve fare necessario riferimento, per suo corretto inquadramento, alla volontà delle parti come espressasi sia nel momento genetico del rapporto, sia, eventualmente, nei momenti successivi. (Corte app. Potenza 3/12/2013, Pres. e Rel. Stassano, in Lav. nella giur. 2014, 415)
- La qualificazione del contratto di lavoro come autonomo o subordinato – ai fini della quale il “nomen iuris” attribuito dalle parti al rapporto può rilevare solo in concorso con altri validi elementi differenziali o in caso di non concludenza degli altri elementi di valutazione – occorre accertare se ricorra o no il requisito tipico della subordinazione, intesa come prestazione dell’attività lavorativa alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore e perciò con inserimento nell’organizzazione di questo, mentre gli altri caratteri dell’attività lavorativa, come la continuità, la rispondenza ai fini dell’impresa e le modalità di erogazione della retribuzione non assumono rilievo determinante, essendo compatibili sia con il rapporto di lavoro subordinato sia con quelli di lavoro autonomo. (Cass. 9/9/2013 n. 20606, Pres. Lamorgese Est. De Renzis, in Lav. nella giur. 2013, 1126)
- È onere del lavoratore che ricorre in giudizio chiedendo il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato fornire la prova dell’effettivo e pieno assoggettamento al potere direttivo, disciplinare e di controllo esercitato da parte del datore di lavoro. (Cass. 26/8/2013 n. 19568, Pres. Vidiri Rel. Maisano, in Lav. nella giur. 2013, 1040)
- Prima ancora dell’esame sul conseguimento della prova della subordinazione, è necessario verificare quale obbligazione il prestatore abbia assunto, ovverosia se si sia impegnato a mettere a disposizione del datore di lavoro le sue energie lavorative, sia pure a livelli qualitativi apicali, oppure se si sia impegnato a fornire un servizio e, se non ad assicurare un risultato finale, quanto meno a garantire il risultato della propria attività lavorativa. (Corte app. Potenza 3/4/2013 n. 145, Pres. Ferrone, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Luca Vicinanza, 940)
- Quando un rapporto di lavoro, nel suo esplicarsi, presenti elementi e caratteristiche tali da essere compatbile sia con l’autonomia che con la subordinazione del lavoratore, bisogna fare necessario riferimento, per un suo corretto inquadramento, alla volontà delle parti come espressasi sia nel momento genetico del rapporto, sia, eventualmente, nei momenti successivi. (Trib. Milano 1/2/2013, Giud. Cuomo, in Lav. nella giur. 2013, 529)
- Elemento essenziale del rapporto di lavoro subordinato, e criterio discretivo rispetto a quello di lavoro autonomo, è la subordinazione intesa come vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo del datore di lavoro, che inerisce alle intrinseche modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative e non già soltanto al loro risultato, mentre hanno carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria altri elementi del rapporto di lavoro. (Cass. 28/12/2012 n. 23999, Pres. Vidiri Rel. Garri, in Lav. nella giur. 2013, 309)
- In tema di distinzione tra il rapporto di lavoro subordinato e il rapporto di lavoro autonomo, le concrete modalità di svolgimento del rapporto prevalgono sulla diversa volontà manifestata nella scrittura privata eventualmente sottoscritta dalle parti, ben potendo le qualificazioni riportate nell’atto risultare non esatte, per mero errore delle parti o per volontà delle stesse, che intendano usufruire di una normativa specifica o eluderla; con l’aggiunta che la valutazione degli elementi probatori, ivi compresa l’interpretazione degli atti scritti, è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, insindacabile in cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento (nella specie, la Corte ha confermato la decisione del giudice di appello che, in sede di rinvio, aveva escluso la natura subordinata del rapporto di lavoro tra la società datrice e un dirigente collaboratore, atteso che dalle complessive risultanze processuali non era emersa una prova certa e tranquillante della natura subordinata del rapporto azionato in causa). (Cass. 8/6/2012 n. 9347, Pres. Miani Canevari Est. Stile, in Orient. Giur. Lav. 2012, 271)
- Il lavoratore che agisca in giudizio per sentir dichiarare la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso, ha l’onere di provare in maniera compiuta ed esauriente tale subordinazione, non essendo a tale scopo sufficienti generiche allegazioni in merito alla durata del rapporto, alle modalità di erogazione del compenso e all’osservanza di un preciso orario di lavoro. (Cass. 16/5/2012 n. 7652, Pres. Roselli Rel. Arienzo, in Lav. nella giur. 2012, 822)
- Ai fini della distinzione del rapporto di lavoro subordinato da quello autonomo, costituisce requisito fondamentale il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall’emanazione di ordini specifici, oltre che dall’esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell’esecuzione delle prestazioni lavorative. L’esistenza di tale vincolo va concretamente apprezzata con riguardo alla specificità dell’incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione, fermo restano che ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo. (Cass. 2/5/2012 n. 6643, Pres. Miani Canevari Rel. Filabozzi, in Lav. nella giur. 2012, 719)
- L’elemento qualificante del rapporto di lavoro è la subordinazione, intesa quale assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e gerarchico del datore di lavoro: tale potere può essere esercitato anche al termine della prestazione lavorativa e non solo durante le sue fasi di esecuzione. Detto elemento è, invece, assente nel lavoro autonomo e nella collaborazione coordinata e continuativa. In questa ipotesi, infatti, anche quando l’autonomia dell’obbligato è ridotta al minimo, non si può parlare di vera e propria dipendenza rispetto al committente. (Trib. Milano 2/4/2012, Giud. Mariani, in Lav. nella giur. 2012, 830)
- La qualifica di amministratore di una società per azioni non è di per sé incompatibile con la condizione di lavoratore subordinato alle dipendenze della stessa società ma per la configurabilità è necessario che il ricorrente non sia amministratore unico della società e che provi in modo certo il requisito della subordinazione, elemento tipico e qualificante del rapporto, che deve consistere nell’effettivo assoggettamento, nonostante la carica di amministratore rivestita, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della società nel suo complesso. (Cass. 1/2/2012 n. 1424, Pres. Lamorgese Rel. Arienzo, in Lav. nella giur. 2012, 404)
- La subordinazione viene configurata come soggezione del prestatore di lavoro al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, che discende dall’emanazione di ordini specifici, oltre che dall’esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo sull’esecuzione della prestazione lavorativa. Risulta quindi ininfluente che la prestazione si svolga in maniera ripetitiva e che la stessa si protragga nel tempo con le stesse modalità all’interno dell’impresa, senza assunzioni di rischio da parte del prestatore di lavoro. (Cass. 26/7/2011 n. 16254, Pres. Lamorgese Est. Morcavallo, in Lav. nella giur. 2011, 1054)
- In tema di subordinazione, oggetto specifico di indagine deve essere l’accertamento della eterodirezione delle modalità, anche di tempo e luogo, della prestazione, nonché di uno specifico obbligo di presenza e di frequenza con annessi obblighi di giustificazione dei ritardi e delle assenze e della correlativa sottoposizione del prestatore d’opera a un potere disciplinare e sanzionatorio del datore di lavoro; eterodirezione che, pur dovendo essere sempre presente, può assumere un carattere di maggiore o minore intensità in relazione alla maggiore o minore elevatezza delle mansioni esercitate o al contenuto della prestazione pattuita. (Trib. Milano 16/6/2011, Giud. Bianchini, in Lav. nella giur. 2011, 1061)
- Ha natura di lavoro subordinato la prestazione resa con soggezione alle direttive impartite dal datore di lavoro che si sostanzino nella puntuale fissazione delle mansioni, nella definizione di un preciso orario di lavoro e dei turni connessi. (Cass. 17/2/2011 n. 3863, Pres. Miani Canevari Rel. De Renzis, in Lav. nella giur. 2011, 521)
- Ai fini del riconoscimento della natura subordinata ovvero autonoma del rapporto di lavoro, costituiscono elementi fondamentali di valutazione l’esercizio del potere direttivo, organizzativo, di controllo e disciplinare esercitati concretamente ed efficacemente da parte del datore di lavoro, avendo altri elementi di fatto – quali l’assenza di rischio di impresa, l’osservanza di un orario di lavoro, le modalità della retribuzione, l’uso di ambienti e di mezzi di produzione messi a disposizione da parte del datore di lavoro – valore secondario e unicamente indicativo. (Cass. 17/12/2010 n. 25581, Pres. Roselli Rel. D’Agostino, in Lav. nella giur. 2011, 212)
- L’elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo, assumendo la funzione di parametro normativo di individuazione della natura subordinata del rapporto stesso, è il vincolo di soggezione personale del lavoratore al potere organizzativo, direttivo o disciplinare del datore di lavoro. (Cass. 17/6/2010 n. 14639, Pres. Sciarelli Rel. Bandini, in Lav. nella giur. 2010, 943)
- Gli indici caratteristici della subordinazione vanno individuati nell’assenza del rischio economico in capo al lavoratore e nell’inserimento del lavoratore nell’organizzazione produttiva del datore di lavoro specie in relazione al coordinamento con l’attività di altri lavoratori. (Cass. 27/4/2010 n. 10024, Pres. Roselli Est. Balletti, in Orient. giur. lav. 2010, 355)
- Con riferimento all’attività giornalistica, gli estremi della subordinazione sono configurabili ove vi sia uno stabile inserimento della prestazione resa dal giornalista nell’organizzazione aziendale così da poter assicurare, quantomeno per un apprezzabile periodo di tempo, la soddisfazione di un’esigenza informativa del giornale attraverso la sistematica compilazione di articoli su specifici argomenti o di rubriche, e permanga, nell’intervallo tra una prestazione e l’altra, la disponibilità del lavoratore alla necessità del datore di lavoro. (Trib. Milano 15/4/2010, Est. Bianchini, in Orient. giur. lav. 2010, 351)
- L’oggetto negoziale (prestazione delle energie lavorative) e il vincolo della subordinazione, con la conseguente inserzione del lavoratore nella struttura organizzativa aziendale, rappresentano le connotazioni fondamentali del rapporto di lavoro subordinato, talché non possono avere valore se non marginale, ai fini della individuazione della sussistenza degli elementi qualificanti del rapporto, né l’orario lavorativo, né l’appartenenza dei mezzi o strumenti di produzione a una o all’altra delle parti contraenti. L’inserimento del prestatore di lavoro nell’azienda postula, a sua volta, che l’attività lavorativa abbia il carattere della continuità, essendo, peraltro, all’uopo sufficiente la persistenza nel tempo dell’obbligo giuridico di compiere determinate prestazioni e di mantenere a disposizione del datore di lavoro la propria energia lavorativa, laddove le modalità di esplicazione ben possono manifestarsi diverse e variabili, in relazione alla natura delle mansioni e alle esigenze dell’impresa. (Trib. Noce Inferiore 15/4/2010, Giud. Ruggiero, in Lav. nella giur. 2010, 739)
- Nel caso in cui la prestazione dedotta in contratto sia estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione, al fine della distinzione tra rapporto di lavoro autonomo e subordinato il criterio di rappresentato dall’assoggettamento del prestatore all’esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare non si manifesta come particolarmente significativo; ne segue che, per la qualificazione del rapporto di lavoro, occorre fare ricorso a criteri distintivi sussidiari, quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell’orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale (anche con riferimento al soggetto tenuto alla fornitura degli strumenti occorrenti) e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore. (Cass. 30/3/2010 n. 7681, Pres. Roselli Est. Picone, in D&L 2010, con nota Ilaria Mazzurana, “Ancora qualche riflessione in tema di qualificazione del rapporto di lavoro”, 476)
- In caso di domanda diretta ad accertare la natura subordinata del rapporto di lavoro, qualora la parte che ne deduce l’esistenza non abbia dimostrata la sussistenza del requisito della subordinazione – ossia della soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, che discende dall’emanazione di ordini specifici oltre che dall’esercizio di un’assidua attività di vigilanza e controllo sull’esecuzione della prestazione lavorativa – non occorre, ai fini del rigetto della domanda, che sia provata anche l’esistenza del diverso rapporto dedotto dalla controparte (nella specie, di associazione in partecipazione), dovendosi escludere che il mancato accertamento di quest’ultimo equivalga alla dimostrazione dell’esistenza della subordinazione, per la cui configurabilità è necessaria la prova positiva di specifici elementi che non possono ritenersi sussistenti per effetto della carenza di prova su una diversa tipologia di rapporto. (Cass. 8/2/2010 n. 2728, Pres. Sciarelli Est. La Terza, in Orient. giur. lav. 58)
- La prestazione di attività lavorativa onerosa all’interno dei locali dell’azienda, con materiali e attrezzature proprie della stessa e con modalità tipologiche proprie di un lavoratore subordinato, in relazione alle caratteristiche delle mansioni svolte, comporta una presunzione di subordinazione, che è onere del datore di lavoro vincere. (Corte app. Firenze 15/1/2010, Pres. Muntoni Est. Bronzini, in D&L 2010, con nota Ilaria Mazzurana, “Ancora qualche riflessione in tema di qualificazione del rapporto di lavoro”, 476)
- La qualità di dipendente di una società è compatibile anche con quella di amministratore delegato a condizione che sia riscontrabile la formazione della volontà imprenditoriale in modo autonomo rispetto a quella del detto amministratore e, quindi, l’esistenza di un centro di imputazione delle decisioni direttive dell’azienda diverso e superiore, anche gerarchicamente, a quello dell’amministratore medesimo. (Corte app. Milano 11/1/2010, Pres. ed Est. Ruiz, in Orient. giur. lav. 2010, 62)
- La prestazione di lavoro degli sportellisti di agenzie ippiche può essere svolta sia nell’ambito di un rapporto di natura autonoma che subordinata. La Corte di legittimità afferma che in mancanza della prova specifica del vincolo di soggezione del lavoratore al potere gerarchico, organizzativo e disciplinare dell’imprenditore il rapporto può essere legittimamente considerato autonomo. A sostegno della natura autonoma del rapporto rileva che i turni di lavoro siano organizzati sulla base della disponibilità degli operatori e che la facoltà di rimanere assente non comporti alcuna sanzione disciplinare. (Cass. 22/12/2009 n. 26986, Pres. Sciarelli Est. Zappia, in Riv. giur. lav. e prev. soc. 2010, con commento di Carlo Lanzinger, 262)
- Le mansioni di impiegata, addetta ai compiti di segreteria in genere, svolte a titolo oneroso, all’interno dei locali dell’azienda, con materiali e attrezzature proprie della stessa, non possono che inerire – tipologicamente – a un rapporto di lavoro di natura subordinata, con importanti conseguenze anche in tema di ripartizione dell’onere della prova. (Trib. Bari 21/11/2009, Est. Napoliello, in Lav. nella giur. 2010, con commento di Enrico Maria Terenzio, 827)
- Quando le parti hanno liberamente ritenuto di escludere l’elemento della subordinazione, non è possibile, specie nei casi in cui sono presenti elementi compatibili sia con il lavoro autonomo che con quello subordinato, pervenire a una diversa qualificazione del rapporto se non si dimostra che, in concreto, il detto elemento della subordinazione, intesa come assoggettamento del lavoratore al potere del datore di lavoro di disporre della prestazione e controllarne intrinsecamente lo svolgimento, si sia di fatto realizzato in fase di esecuzione. (Trib. Bologna 16/6/2009, Giud. Molinaro, in Lav. nella giur. 2009, 956)
- Nell’accertamento della subordinazione si deve fare riferimento alla specificità dell’incarico svolto dal lavoratore e alle caratteristiche organizzative dell’impresa. (Cass. 14/5/2009 n. 11207, Pres. Ianniruberto Rel. Stile, in Riv. it. dir. lav. 2010, con nota di Alessandra Raffi, “Il rapporto di lavoro alle dipendenze dei gruppi parlamentari e la c.d. ‘autodichia’ della Camera dei Deputati”, 865)
- L’elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo è il vincolo di soggezione personale del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia e inserimento nell’organizzazione aziendale, mentre altri elementi, quali l’assenza di rischio, la continuità della prestazione, l’osservanza di un orario e la forma della retribuzione, pur avendo natura meramente sussidiaria e non decisiva, possono costituire indici rivelatori della subordinazione, idonei anche a prevalere sull’eventuale volontà contraria manifestata dalle parti, ove incompatibili con l’assetto previsto dalle stesse. (Nella specie, la S.C., ritenendo inapplicabili al direttore sanitario di una clinica privata le norme statali di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, relative al direttore generale di una ASL o di una azienda ospedaliera, ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto subordinato il rapporto di lavoro del primo sulla base soltanto del collegamento funzionale delle mansioni con l’organizzazione imprenditoriale del datore, senza verificare la compatibilità di di tale elemento quale indice non assorbente della sussistenza del vincolo di subordinazione, con il rapporto di collaborazione professionale autonomo che le parti avevano formalmente previsto e che non era escluso dalle disposizioni di legge – L.R. Veneto 30 dicembre 1985, n. 68 – applicabili al rapporto). (Cass. 9/3/2009 n. 5645, Pres. Roselli Est. Amoroso, in Lav. nella giur. 2009, 836)
- La ricostruzione della fattispecie in termini di lavoro subordinato non può prescindere dalla considerazione di quegli elementi che unicamente permettono il discrimina fra un’attività autonoma e una subordinata e che si concretano nell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo disciplinare e di controllo del datore, con conseguente limitazione della sua autonomia e inserimento nell’organizzazione aziendale (c.d. etero direzione), mentre non basta allegare un generico potere direttivo compatibile con altre tipologie contrattuali (non concretantesi, cioè, in un effettivo potere di condizionare la prestazione nel suo contenuto intrinseco) come anche, attesa la riferita necessità, affermarsi l’effettivo inserimento nell’organizzazione aziendale, nonostante la possibilità del singolo lavoratore – e a suo insindacabile giudizio – di decidere se recarsi o meno al lavoro, senza necessità di giustificare o preavvisare e senza che, soprattutto, conseguano conseguenze disciplinari, venendo meno proprio quella possibilità di connotazione tipica dell’attività subordinata e che permette alla parte datoriale di organizzare l’attività aziendale. Gli elementi dell’assenza del rischio, della presenza di un orario, della misura fissa della retribuzione, ecc., quindi, non possono che considerarsi indiziari, dovendosi considerare gli elementi qualificanti sopra riportati, sì come parametrati alla singola e concreta prestazione dedotta e con specifico riferimento alle modalità della sua attuazione. (Trib. Roma 6/3/2009, Est. Emili, in Orient giur. Lav. 72)
- Un rapporto di lavoro può essere qualificato come subordinato se si dimostra che la subordinazione si è di fatto realizzata in fase di esecuzione con l’assoggettamento del lavoratore al potere del datore di lavoro di disporre della prestazione e controllarne intrinsecamente lo svolgimento. Presupposto essenziale per il riconoscimento della qualifica dirigenziale è l’esercizio del potere di iniziativa e di individuazione di strategie aziendali in modo autonomo, caratteristica incompatibile con l’assoggettamento a vincoli di subordinazione gerarchica. (Trib. Monza 7/2/2009, dott. Di Lauro, in Lav. nella giur. 2009, 529)
- Chi invochi la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato ha il preciso onere di dimostrare la ricorrenza degli elementi tipici della subordinazione, e in particolare la sussistenza di un potere di eterodirezione e organizzazione della prestazione da parte del datore di lavoro. (Trib. Milano 13/1/2009, Est. Peragallo, in Orient. giur. lav. 2009, 69)
- Il carattere saltuario della prestazione lavorativa non esclude il configurarsi del vincolo di subordinazione (nella specie, la Suprema Corte ha escluso che l’assenza del requisito della costante disponibilità del cameriere di ristorante nei confronti del datore di lavoro deponga per la natura autonoma del rapporto di lavoro). (Cass. 7/1/2009 n. 58, Pres. Sciarelli Est. Roselli, in Orient. giur. lav. 2009, 67)
- Un rapporto di lavoro subordinato può essere sostituito da uno di lavoro autonomo, ma a tal fine è necessario che all’univoca volontà delle parti di mutare il regime giuridico del rapporto si accompagni un effettivo mutamento delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, pur potendo restare immutato il contenuto della stessa, quale conseguenza del venir meno del vincolo di assoggettamento del lavoratore al datore di lavoro, dovendosi altrimenti desumere, con presunzione semplice, che il rapporto sia proseguito col regime precedente. (Cass. 10/12/2008 n. 29000, Pres. Sciarelli Est. Bandini, in Lav. nella giur. 2009, 409)
- Ai fini della prova dell’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, non sono sufficienti le mere indicazioni circa l’asserita continuità ed esclusività delle prestazioni rese dal lavoratore, l’elevato grado della collaborazione, l’impegno a tempo pieno, né circa la tipologia delle mansioni ciò in quanto, potendo ogni attività umana esplicarsi tanto in regime di autonomia, quanto di subordinazione, tali elementi risultano neutri, se non accompagnati dalla prova della sussistenza di un reale rapporto gerarchico e disciplinare nonché della soggezione alle direttive del datore di lavoro. (Trib. Bari 18/11/2008, D.ssa Spagnoletti, in Lav. nella giur. 2009, 311)
- Nel caso di rapporto di lavoro formalmente autonomo prestato con continuità e coordinazione, la subordinazione può essere esclusa solo ove venga accertata l’assenza di rischio e di un’organizzazione imprenditoriale anche minima in capo al lavoratore. (Cass. 7/8/2008 n. 21380, Pres. Senese Est. Roselli, in D&L 2008, con nota di Sara Huge, “Subordinazione e autonomia: risvolti fattuali e indicazioni pratiche dalle ultime pronunce di legittimità”, 956)
- Ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, l’inesistenza di un obbligo del lavoratore di giustificare le assenze e il mancato esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro possono assumere valore indiziario circa la natura autonoma della prestazione soltanto qualora il datore di lavoro fornisca la prova di assenze del lavoratore o la non corretta esecuzione della prestazione senza l’applicazione di alcuna sanzione disciplinare. (Cass. 7/8/2008 n. 21380, Pres. Senese Est. Roselli, in D&L 2008, con nota di Sara Huge, “Subordinazione e autonomia: risvolti fattuali e indicazioni pratiche dalle ultime pronunce di legittimità”, 956)
- La saltuarietà della prestazione lavorativa di per sé non impedisce l’accertamento della natura subordinata di un rapporto di lavoro formalmente autonomo, posto che il vincolo della subordinazione non ha tra i suoi tratti caratteristici indefettibili la permanenza nel tempo dell’obbligo del lavoratore di tenersi a disposizione del datore di lavoro. (Cass. 1/8/2008 n. 21031, Pres. De Luca Est. Bandini, in D&L 2008, con nota di Sara Huge, “Subordinazione e autonomia: risvolti fattuali e indicazioni pratiche dalle ultime pronunce di legittimità”, 957, e in Lav. nella giur. 2008, con commento di Giorgio Mannacio, 1141)
- Un ricercatore che prepara una tesi di dottorato sulla base di un contratto di borsa di studio deve essere considerato lavoratore, ai sensi dell’art. 39 del Trattato CE, soltanto se esercita la sua attività per un determinato periodo di tempo sotto la direzione di un istituto e se percepisce una retribuzione a titolo di controprestazione per tale attività. (Corte di Giustizia 17/7/2008, causa n. 94/07, Pres. Tizzano Rel. Levits, in Riv. It. Dir. Lav. 2009, con nota di Silvia Borelli, “La nozione di ‘lavoratore’ e l’efficacia dell’art. 39 Trattato CE”, 225)
- L’elemento decisivo che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato dal lavoro autonomo è l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro e il conseguente inserimento del lavoratore in modo stabile ed esclusivo nell’organizzazione aziendale. Costituiscono poi indici sintomatici della subordinazione, valutabili dal giudice di merito sia singolarmente che complessivamente, l’assenza del rischio di impresa, la continuità della prestazione, l’obbligo di osservare l’orario di lavoro, la cadenza e la forma della retribuzione, l’utilizzazione di strumenti di lavoro e lo svolgimento della prestazione in ambienti messi a disposizione dal datore di lavoro. (Nella fattispecie è stata confermata la sentenza di merito che si era pronunciata per la natura subordinata della prestazione lavorativa svolta da addetti a un call center). I verbali redatti dai funzionari degli enti previdenziali o dagli is(pettori del lavoro possono costituire prova sufficiente delle circostanze riferite dai lavoratori al pubblico ufficiale, qualora il loro specifico contenuto probatorio o il concorso di altri elementi renda superfluo l’epletamento di ulteriori mezzi istruttori. (Cass. 14/4/2008 n. 9812, Pres. Ravagnani Est. D’Agostino, in D&L 2008, con nota di Sara Huge “Ultimo atto verso il riconoscimento della subordinazione dei lavoratori dei call center”, 569)
- In tema di attività giornalistica, sono configurabili gli estremi della subordinazione – tenuto conto del carattere creativo del lavoro – in presenza di indici rivelatori quali l’inserimento stabile nella struttura produttiva e la persistenza, nell’intervallo tra una prestazione e l’altra, dell’impegno di portare la propria opera a disposizione del datore di lavoro, in modo da essere sempre disponibile per soddisfarne le esigenze; né la subordinazione è esclusa dal fatto che il prestatore goda di una certa libertà di movimento e non sia obbligato al rispetto di un orario predeterminato o alla continua permanenza sul luogo di lavoro, non essendo neanche incompatibile con il suddetto vincolo la commisurazione della retribuzione a singole prestazioni (Nella specie, la S.C. ha ritenuto corretta la valutazione operata dal giudice di merito che aveva ravvisato la subordinazione nella prestazione svolta continuativamente dal 1981 al 1996, avente ad oggetto l’incarico di redigere articoli nel settore sportivo e un compenso quale corrispondente, successivamente qualificata, nel corso del rapporto, anche dall’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti). (Rigetta, Trib. Roma, 4 maggio 2004). (Cass. 12/2/2008 n. 3320, Pres. De Luca Est. Di Nubila, in Dir. & prat. lav. 2008, 2156)
- Molte attività lavorative umane sono svolgibili in regime di subordinazione o in regime di autonomia: ciò comporta che le parti possono scegliere non già di nominare come meglio ritengono il contenuto del loro contratto, bensì di determinare le modalità fattuali di svolgimento dell’attività lavorativa in modo coerente con il tipo giuridico scelto. (Cass. 6/9/2007 n. 18692, Pres. Senese Est. De Matteis, in D&L 2007, con nota di Sara Huge, “Subordinazione e autonomia: un atteso chiarimento”, 1114)
- Una volta provata la subordinazione, è onere del datore di lavoro provare i requisiti formali richiesti dalla legge per le tipologie contrattuali diverse dal rapporto di lavoro subordinaton a tempo indeterminato (fattispecie nella quale era sorto contrasto in merito alla natura subordinata o autonoma della prestazione lavorativa svolta da un commesso addetto alla vendita). (Cass. 6/9/2007 n. 18692, Pres. Senese Est. De Matteis, in D&L 2007, con nota di Sara Huge, “Subordinazione e autonomia: un atteso chiarimento”, 1114)
- Il riferimento al “nomen iuris” dato dalle parti al contratto di lavoro appare di utilità nelle fattispecie in cui i caratteri differenziali fra due o più figure negoziali non appaiono facilmente tracciabili, anche con riferimento al lavoro subordinato, non potendosi negare che quando la volontà negoziale si è espressa in modo libero e in forma articolata, concretizzandosi in un documento che individua le modalità dei rispettivi diritti e obblighi, il giudice deve accertare in maniera rigorosa se quanto dichiarato nel documento contrattuale si sia tradotto nella realtà di fatto attraverso un coerente comportamento delle parti. (Cass. 18/4/2007 n. 9264, in Dir. e prat. lav. 2008, 710)
- Il datore di lavoro può senz’altro prefiggersi il raggiungimento di determinati obiettivi chiedendo al lavoratore di cooperare con diligenza e fedeltà per il conseguimento di essi; in tale caso, tuttavia, rimane fermo e invalicabile il principio che, come si desume anche dall’art. 2094 c.c., l’obbligazione del lavoratore nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato è di mezzi e non di risultato con la conseguenza che non costituisce inadempimento, disciplinarmente sanzionabile, il mancato conseguimento da parte di un lavoratore al quale non è stato imputato alcun comportamento negligente nello svolgimento della prestazione lavorativa. (Corte app. Roma 12/4/2007, Pres. Cataldi Est. Chiocca, in D&L 2007, 1134)
- Ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato non si deve prescindere dalla volontà delle parti contraenti, dovendosi tenere presente il nomen iuris utilizzato, il quale non ha rilievo assorbente, poiché deve considerarsi il comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla conclusione del contratto, e in caso di contrasto tra dati formali e dati fattuali circa le caratteristiche e le modalità della prestazione, è necessario dare prevalenza agli elementi di fatto. (Cass. 20/3/2007 n. 6622, in Dir. e prat. lav. 2008, 710)
- Elemento indefettibile del rapporto di lavoro subordinato – e criterio discretivo, nel contempo, rispetto a quello di lavoro autonomo – è la subordinazione intesa come vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo del datore di lavoro, che inerisce alle intrinseche modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative e non già soltanto al loro risultato, mentre hanno carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria altri elementi del rapporto di lavoro (quali, ad esempio, la collaborazione, l’osservanza di un determinato orario, la continuità della prestazione lavorativa, l’inserimento della prestazione mededima nell’organizzazione aziendale e il coordinamento con l’attività imprenditoriale, l’assenza di rischio per il lavoratore e la forma della retribuzione), i quali – lungi dal surrogare la subordinazione o, comunque, dall’assumere valore decisivo ai fini della prospettata qualificazione del rapporto – possono, tuttavia, essere valutati globalmente, appunto, come indizi della subordinazione stessa, tutte le volte che non sia agevole l’apprezzamento diretto a causa di peculiarità delle mansioni, che incidano sull’atteggiarsi del rapporto. Inoltre, non è idoneo a surrogare il criterio della subordinazione nei precisati termini neanche il nomen iuris che al rapporto di lavoro sia dato dalle sue stesse parti (cosiddetta “autoqualificazione”), il quale, pur costituendo un elemento dal quale non si può in generale prescindere, assume rilievo decisivo ove l’autoqualificazione non risulti in contrasto con le concrete modalità di svolgimento del rapporto medesimo. (Cass. 27/2/2007 n. 4500, Pres. Ciciretti Est. Stile, in Lav. nella giur. 2007, 1026)
- L’elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo è il vincolo di soggezione personale del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e organizzativo del datore di laoro, con conseguente limitazione della sua autonomia e inserimento nell’organizzazione aziendale; sotto questo profilo, pur avendo natura sussidiaria e non decisiva, possono costituire indici rivelatori della subordinazione, complessivamente considerati e tali da prevalere sul nomen iuris attribuito dalle parti al rapporto, altri elementi quali l’assenza di rischio, l’inserimento nell’organizzazione aziendale, l’osservanza di un orario e la forma della retribuzione (nella fattispecie, è stata confermata la sentenza di merito che, valutando complessivamente tali indici, si era pronunciata per la natura subordinata della prestazione lavorativa svolta dalle hostess a congressi e manifestazioni fieristiche). (Cass. 30/1/2007, n. 1893, Pres. Mattone Est. Monaci, in D&L 2007, 443)
- Posto che ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto tanto di un rapporto di lavoro autonomo, quanto di un rapporto di lavoro subordinato, principale elemento di distinzione, al fine di individuare la natura dell’attività prestata, è data dalla ricorrenza dell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, rilevando gli altri indici rivelatori solo in via sussidiaria. (Trib. Santa Maria Capua Vetere 9/1/2007, in Dir. e prat. lav. 2008, 707)
- La norma (art. 59, comma 15, l. 27 dicembre 1997, n. 449, recante “misure per la stabilizzazione della finanza pubblica”), che qualifica come lavoratori autonomi gli scultori, i pantografisti, i tornitori a mano, i pittori, i decoratori e i rifinitori aventi sede nelle zone di montagna e che esercitino individualmente la loro attività artistica tradizionale, ha efficacia ricognitiva e in quanto tale retroattiva. Questo, tuttavia, non implica una qualificazione vincolante dei rapporti medesimi, sì da attrarli sempre e comunque entro la disciplina del rapporto di lavoro autonomo, né avrebbe potuto implicarlo, poiché non è consentito al legislatore negare la qualificazione giuridica di rapporti di lavoro subordinato a rapporti che oggettivamente abbiano tale natura, ove ne derivi l’inapplicabilità di protezioni inderogabilmente disposte per il lavoro subordinato. (Cass. 16/10/2006 n. 22129, Pres. ciciretti Est. Morcavallo, in riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Maria Cristina Cautadella, 283)
- Ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro, essendo l’iniziale contratto causa di un rapporto che si protrae nel tempo, la volontà che esso esprime e il nomen iuris che utilizza non costituiscono fattori assorbanti, diventando l’esecuzione, per il suo fondamento nella volontà inscritta in ogni atto di esecuzione, la sua inerenza all’attuazione della causa contrattuale e la sua protrazione, non solo strumento di interpretazione della natura e della causa del rapporto di lavoro (ai sensi dell’art. 1362, comma 2, c.c.), bensì anche espressione di una nuova eventuale volontà delle parti che, in quanto posteriore, modifica la volontà iniziale conferendo, al rapporto, un nuovo assetto negoziale. (Cass. 5/7/2006 n. 15327, Pres. Sciarelli Est. Cuoco, in Lav. nella giur. 2007, 85)
- L’elemento della subordinazione (che si connota, soprattutto, per l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro), che consente di distinguere il rapporto di lavoro di cui all’art. 2104 c.c. dal lavoro autonomo, non costituisce un dato di fatto elementare, quanto piuttosto una modalità di essere del rapporto, potenzialmente desumibile da un complesso di circostanze, richiedenti una complessiva valutazione (e ciò, in particolare, nei rapporti di lavoro, come quello giornalistico, aventi natura professionale e intellettuale) che è rimessa al giudice del merito, il quale, perciò, a tal fine, non può esimersi, nella qualificazione del rapporto di lavoro, da un concreto riferimento alle sue modalità di espletamento e ai principi di diritto ispiratori della valutazione compiuta allo scopo della sussunzione della fattispecie nell’ambito di una specifica tipologia contrattuale. Pertanto, se tale apprezzamento di fatto non è immune da vizi giuridici e non è supportato da un’adeguata motivazione, non si sottrae al sindacato di legittimità. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza del merito che, in tema di opposizione avverso un’ordinanza-ingiunzione emessa dall’Inpgi per l’irrogazione di sanzioni in materia contributiva, aveva rilevato l’insussistenza del rapporto di lavoro subordinato con riguardo ad alcuni giornalisti sul presupposto del mero richiamo delle risultanze emergenti dal verbale ispettivo, sicché la relativa motivazione appariva del tutto apodittica e, quindi, inidonea a sorreggere la predetta conclusione). (Cass. 16/6/2006 n. 13935, Pres. Mattone Est. Toffoli, in Lav. nella giur. 2006, 1125, e in Dir. e prat. lav. 2007, 135)
- La presunzione di lavoro subordinato imposta dal legislatore francese per i rapporti di lavoro di cui siano titolari artisti stabiliti in un altro Stato membro e che svolgono la propria attività in Francia costituisce, indipendentemente dal merito di tale scelta legislativa, un ostacolo alla libera prestazione dei servizi in ambito comunitario a norma dell’art. 49 CE, poiché essa può dissuadere gli artisti stessi dal fornire i propri servizi in Francia e gli organizzatori di spettacoli francesi dall’ingaggiarli. La Repubblica francese non è pertanto legittima ad asoggettare indiscriminatamente gli artisti al proprio regime di sicurezza sociale del lavoro subordinato. (Corte di Giustizia 15/6/2006, causa n. C-255/04, Pres. Jann Rel. Poiares Maduro, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Avondola, “L’indispensabilità del tipo contrattuale in sede legislativa nella nostra giurisprudenza costituzionale e in quella comunitaria”, 237)
- La presunzione di lavoro subordinato imposta dal legislatore francese per i rapporti di lavoro di cui siano titolari artisti stabili in un altro Stato membro e che svolgono la propria attività in Francia costituisce, indipendentemente dal merito di tale scelta legislativa, un ostacolo alla libera prestazione dei servizi in ambito comunitario o anorma dell’art. 49 CE, poichè essa può dissuadre gli artisti stessi dal fornire i propri servizi in Francia e gli organizzatori di spettacoli francesi dall’ingaggiarli. La Repubblica francese non è pertanto legittimitata ad assoggettare indiscriminatamente gli artisti al proprio regime di sicurezza sociale al lavoro subordinato. (Corte di Giustizia CE 15/6/2006 n. C-255/04, Pres. Jann Rel. Poiares Maduro, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Arianna Avondola, 238)
- L’elemento distintivo del rapporto di lavoro subordinato consiste nell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, che si estrinseca in specifiche disposizioni, che si risolvono nell’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale. (Trib. Parma 30/5/2006, Est. Brusati, in D&L 2006, 771)
- Ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo, a seconda delle modalità del suo svolgimento e l’elemento tipico che contraddistingue il primo dei suddetti tipi di rapporto è costituito dalla subordinazione, intesa quale disponibilità del prestatore nei confronti del datore di lavoro con assoggettamento alle direttive da questo impartite circa le modalità di esecuzione dell’attività lavorativa; altri elementi, come l’osservanza di un orario, l’assenza di un rischio economico, la forma di retribuzione e la stessa collaborazione possono avere, invece, valore indicativo, ma mai determinante. (Trib. Milano 18/4/2006, Est. Ravazzoni, in D&L 2006, 771)
- La presenza dei caratteri della subordinazione nel rapporto di lavoro, quale la predeterminazione del contenuto delle prestazioni e l’organizzazione degli strumenti produttivi da parte del datore di lavoro, nonché la partecipazione lavorativa nei locali di quest’ultimo e l’assenza di rischio economico del lavoratore, non perde il suo valore indicativo per il solo fatto che il lavoro venga reso soltanto per poche ore durante la giornata (fattispecie relativa a traduttrice e annunciatrice per notiziari in lingua slovena utilizzata dalla Rai nei locali aziendali per poche ore al sabato e alla domenica). (Cass. 14/3/2006 n. 5495, Pres. Ciciretti Est. Di NUbila, in D&L 2006, 465)
- Elemento prevalente nella qualificazione della subordinazione è costituito dall’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo del datore di lavoro, che assume un’intensità differenziata in funzione dell’autonomia tecnica della prestazione e che, nel caso di addetti a mansioni di pulizia inviati a effettuare lavori presso terzi (dato il carattere elementare della prestazione, che non esige precisi ordini e direttive oltre al tempo e al luogo della prestazione, né che gli ordini siano dati dal datore di lavoro), può essere delegato dallo stesso datore di lavoro a soggetti terzi. (Cass. 13/2/2006 n. 3042, Pres. Sciarelli Est. Cuoco, in D&L 2006, 465)
- Il contratto di lavoro subordinato dà origine ad un rapporto che, fondato sulla volontà delle parti, si protrae nel tempo, restando, tale volontà, inscritta in ogni atto di esecuzione del contratto. L’esecuzione, esprimendo soggettivamente la suddetta volontà ed oggettivamente la causa contrattuale, e protraendosi nel tempo, resta (ai sensi dell’art. 1362 c.c., secondo comma, c.c.) lo strumento di emersione di una nuova diversa volontà eventualmente intervenuta nel corso dell’attuazione del rapporto e diretta a modificare singole sue clausole e talora la stessa natura del rapporto lavorativo inizialmente prevista, conferendo, al medesimo, un nuovo assetto negoziale. Colui che intende far valere questa modifica ha, tuttavia, l’onere di indicare gli elementi della consensuale esecuzione che, in quanto contrastanti con il contenuto dell’atto iniziale, determinino il nuovo contenuto negoziale del rapporto. In assenza di questa indicazione e di una conseguente ragione per escludere il vincolo emergente dal contenuto dell’atto iniziale, questo resta sufficiente elemento di interpretazione del contratto. (Cass. 21/10/2005 n. 20361, Pres. Mileo Rel. Cuoco, in Dir. e prat. lav. 2006, 1047)
- Premesso che ogni attività umana economicamente rilevante può essere svolta, in linea di principio, sia in forma autonoma che in forma subordinata, va altresì sottolineato che, secondo l’ormai costante insegnamento della S.C. tratto distintivo del rapporto di lavoro subordinato è l’inserimento del prestatore di lavoro nella struttura imprenditoriale del datore, con assoggettamento del medesimo al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore stesso, rispetto al quale altri elementi (quali l’assenza del rischio, la continuità della prestazione, l’osservanza di un orario di lavoro e la fissità della retribuzione) assumono, ove singolarmente considerati, natura meramente sussidiaria e non decisiva. (Corte app. Roma 11/10/2005, Pres. Marinelli Rel. Cambria, in Lav. Nella giur. 2006, 614)
- Sono tipici indici di subordinazione: l’esclusività del rapporto; l’assenza di indicazione circa l’opus da fornire, che esclude una obbligazione di risultato (tipica del lavoro autonomo) e concretizza una obbligazione di mezzi (tipica del lavoro subordinato); l’uso da parte del lavoratore dei locali, degli strumenti e delle attrezzature della società; la pattuizione di un compenso fisso mensile; il rimborso di tutte le spese sostenute. (Trib. Milano 27/7/2005, Est. Martello, in Orient. Giur. Lav. 2005, 563)
- Quando in un contratto di collaborazione autonoma è concordato lo svolgimento dell’attività – organizzazione di congressi e inserimento di dati al computer – per un certo numero di ore al mese, dunque, con l’impegno a tempo del collaboratore e per sua natura l’attività non può svolgersi che con quella modalità – la presenza in azienda per un certo numero di ore – il rapporto deve essere qualificato come di lavoro subordinato, non essendo ravvisabile in tale fattispecie quell’elemento dell’autorganizzazione del lavoro, anche per ciò che riguarda tempi e modalità, che è tipica della collaborazione autonoma. (Trib. Milano 21/10/2004, Est. Di Ruocco, in Lav. nella giur. 2005, 699)
- L’elemento idoneo a caratterizzare il rapporto di lavoro subordinato e a differenziarlo da altri tipi di rapporto (quali quello di lavoro autonomo, la società o l’associazione in partecipazione con apporto di prestazioni lavorative) è l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, tenendo presente che il potere direttivo non può esplicarsi in semplici direttive di carattere generale (compatibili con altri tipi di rapporto), ma deve manifestarsi in ordini specifici, reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa e che il potere organizzativo non può esplicarsi in un semplice coordinamento (anch’esso compatibile con altri tipi di rapporto), ma deve manifestarsi in un effettivo inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale. Peraltro, la qualificazione formale del rapporto effettuata dalle parti al momento della conclusione del contratto, pur non essendo decisiva, non è tuttavia irrilevante e pertanto, qualora a fronte della rivendicata natura subordinata del rapporto venga dedotta e documentalmente provata l’esistenza di un rapporto di associazione in partecipazione, l’accertamento del giudice di merito deve essere molto rigoroso (potendo anche un associato essere assoggettato a direttive e istruzioni nonché ad un’attività di coordinamento latamente organizzativa) e non trascurare nell’indagine aspetti sicuramente riferibili all’uno o all’altro tipo di rapporto quali, per un verso, l’assunzione di un rischio economico e l’approvazione di rendiconti e, per altro verso, l’effettiva e provata soggezione al potere decisionale del datore di lavoro. (Cass. 7/10/2004 n. 20002, Pres. Mileo Rel. Di Iasi, in Dir. e prat. lav. 2005, 905)
- La subordinazione consiste in un vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro (eterodirezione), con la conseguente limitazione della sua autonomia e il suo inserimento nella organizzazione aziendale. In linea di principio è rilevante l’obbligatoria continuità della prestazione intesa non tanto come dato temporale quanto come indice della permanenza nel tempo dell’obbligo del lavoratore di dare la prestazione e del corrispondente diritto del datore di lavoro di pretenderla; altri elementi quali l’assenza di rischio, l’osservanza di un orario e la cadenza della retribuzione assumono natura sussidiaria. Corte d’appello Milano 6/10/2004, Pres. Ruiz Rel. Sbordone, in Lav. nella giur. 2005, 390)
- Al fine dell’accertamento della subordinazione è necessario verificare la sussistenza dell’esercizio del potere direttivo e gerarchico del datore di lavoro, non essendo sufficiente, a tal fine, che il lavoratore si attenesse a direttive ed istruzioni generali del tutto compatibili con un rapporto di collaborazione coordinata continuativa. (Corte d’appello Milano 6/10/2004, Pres. Ruiz Rel. De Angelis, in Lav. nella giur. 2005, 191)
- Ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, quando l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni (e, in particolare della loro natura intellettuale o professionale) e del relativo atteggiarsi del rapporto, occorre fare riferimento ai criteri complementari e sussidiari – come quello della subordinazione, della continuità delle prestazioni, dell’osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell’attività lavorativa con l’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale – che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente come indizi probatori della subordinazione, senza che il nomen iuris adottato dalle parti possa assumere carattere assorbente. (Trib. Roma 2/7/2004, Giud. Di Sario, in Giur. It. 2005, 729)
- Requisito fondamentale da cui desumere la natura autonoma o dipendente di un rapporto di lavoro è costituito dalla sussistenza o meno del vincolo di subordinazione. (Trib. Roma 17/5/2004 Est. Marrocco, in Lav. nella giur. 2004, 1306)
- Il nomen iuris attribuito alle parti oppure l’iscrizione del lavoratore nell’albo delle imprese artigiane o in una gestione previdenziale separata, come del resto la cadenza e la misura fissa della retribuzione o l’assenza di rischio, costituiscono elementi meramente sussidiari ai fini dell’accertamento della natura, subordinata o meno, di un rapporto di lavoro, giacchè l’elemento distintivo del rapporto di lavoro, che si estrinseca in specifiche disposizioni, le quali si risolvono nell’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale. (In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata che aveva negato la subordinazione di un’impiegata di un servizio di autonoleggio, attribuendo decisiva rilevanza al fatto che parte del compenso fosse commisurata su una percentuale dei corrispettivi pagati dai clienti, omettendo di assicurare le precise mansioni espletate, la facoltà della lavoratrice di rifiutare la stipula di contratti di locazione, l’eventuale addebito di responsabilità per danni derivati da contratti stipulati, nonché l’orario di lavoro esattamente pattuito, essendo irrilevante la facoltà di allontanarsi dai locali dell’impresa, che è compatibile con l’esercizio delle prestazioni subordinate). (Cass. 13/5/2004 n. 9151, Pres. Dell’Anno Rel. Roselli, in Lav. e prev. oggi 2004, 1099)
- Allorquando la prestazione dedotta in contratto è estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione, il criterio rappresentato dall’assoggettamento del prestatore all’esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare non è significativo ai fini della distinzione tra rapporto di lavoro autonomo e subordinato ed occorre pertanto fare ricorso a criteri distintivi sussidiari, quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell’orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale (anche con riferimento al soggetto tenuto alla fornitura degli strumenti occorrenti) e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore, desunto anche dalla eventuale concomitanza di altri rapporti di lavoro. (Cass. 5/5/2004, 8659, Pres. Mattone Est. De Renzis, in D&L 2004, 333, con nota di Roberto Muggia, “Le frontiere mobili della subordinazione”)
- Ai fini della distinzione tra lavoro autonomo a lavoro subordinato quando l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non è agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni (e, in particolare, della loro natura intellettuale o professionale) e del relativo atteggiarsi del rapporto, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari – come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell’osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale – che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente come indizi probatori della subordinazione. L’apprezzamento in concreto circa la riconducibilità di determinate prestazioni all’uno o all’altro tipo di rapporto costituisce accertamento di merito devoluto al giudice del merito, come tale incensurabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivato. (Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto il carattere subordinato del rapporto dedotto in giudizio, avente ad oggetto prestazioni didattiche presso un istituto professionale parificato, desumendolo da una serie di indici sintomatici, quali: l’assoggettamento del lavoratore al potere di coordinamento e disciplinare del datore di lavoro, il suo inserimento nell’organizzazione aziendale, lo svolgimento di controlli da parte del datore di lavoro, funzionali all’esercizio del potere direttivo, del sistema retributivo, commisurato alle ore di insegnamento effettivamente svolte, l’assoggettamento all’orario delle cosiddette attività ausiliarie, come i colloqui con le famiglie, la partecipazioni a riunioni con gli altri docenti, gli scrutini, nonché l’inserimento funzionale dell’insegnante nell’impresa scolastica dove il rischio della gestione gravava esclusivamente sul titolare, che aveva messo a disposizione i mezzi strumentali, didattici e non, necessari all’espletamento dell’attività del docente, senza alcuna conseguente assunzione di rischio da parte di quest’ultimo e senza la benchè minima partecipazione del predetto all’acquisto di tali mezzi). (Cass. 18/3/2004 n. 5508, Pres. Prestipino Rel. Cellerino, in Lav. e prev. oggi 2004, 915)
- Carattere distintivo essenziale del rapporto di lavoro subordinato è il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo del datore di lavoro che deve estrinsecarsi nell’emanazione di ordini specifici oltre che nell’esercizio di un’attività di vigilanza e di controllo nell’esecuzione delle prestazioni lavorative, sia pure diversamente atteggiata in relazione alla peculiarità di queste ultime. (Trib. Roma 17/3/2004, Est. Casari, in Lav. nella giur. 2004, 710)
- Ai fini della distinzione del rapporto di lavoro subordinato da quello autonomo, pur non potendosi prescindere dalla volontà delle parti contraenti, tenendo presente il “nomen iuris” dalle stesse adottato, elemento fondamentale è l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, estrinsecantesi in ordini specifici oltre che in una vigilanza ed in un controllo assiduo delle prestazioni lavorative, da valutarsi con riferimento alla peculiarità del lavoro conferito al lavoratore ed alle modalità della sua attuazione. (Nella fattispecie, relativa a lavoro giornalistico, la S.C. ha cassato la sentenza di merito la quale, con inadeguata motivazione in ordine alle acquisizioni istruttorie, aveva ritenuto sussistente il requisito della subordinazione ed aveva omesso di analizzare se le mansioni espletate configurassero quelle proprie della qualifica di redattore ovvero quelle di collaboratore fisso ai sensi dell’art. 2 del contratto di lavoro). (Cass. 9/3/2004 n. 4797, Pres. Miani Canevari Rel. Balletti, in Dir. e prat. lav. 2004, 2067)
- Secondo le norme dell’ordinamento statuale vigente -applicabili anche al rapporto di lavoro del religioso, non essendo il relativo status limitativo della comune capacità del soggetto ed essendo gli effetti dei voti, previsti dal diritto canonico, riconosciuti, in base al diritto concordatario, solo a determinati fini- la fattispecie tipica del rapporto di lavoro subordinato è caratterizzato non solo dagli estremi della collaborazione e della subordinazione ma anche dell’onerosità e, pertanto, non ricorre nel caso in cui una determinata attività, ancorchè oggettivamente configurabile quale prestazione di lavoro subordinato, non sia eseguita con spirito di subordinazione né in vista di adeguata retribuzione, ma affectionis vel benevolentiae causae o in omaggio di principi di ordine morale o religioso in vista di vantaggi che si traggano o si speri di trarre dall’esercizio dell’attività stessa. La configurabilità dello svolgimento a titolo gratuito di una prestazione obiettivamente lavorativa, come tale al di fuori del contratto di lavoro in senso tecnico, non trova ostacolo nelle norme costituzionali (art. 36) e del codice civile (artt. 2094, 2099, 2113 e 2126) che presuppongono l’onerosità del rapporto, in quanto le stesse, attenendo alla figura tipica del contratto di lavoro, non escludono l’ammissibilità di una prestazione lavorativa con le caratteristiche suindicate, la cui pattuizione è consentita all’autonomia privata. (Cass. 7/11/2003 n. 16774, Pres. Senese Rel. Figurelli, in Dir. e prat. lav. 2004, 769)
- Al fine della prova dell’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, non sono sufficienti le mere indicazioni circa l’asserita continuità ed esclusività delle prestazioni rese dal lavoratore, l’elevato grado della collaborazione, l’impegno a tempo pieno, né circa la tipologia delle mansioni, ciò in quanto, potendosi ogni attività umana esplicarsi vuoi in regime di autonomia vuoi di subordinazione, tali elementi risultano neutri se non accompagnati dalla prova della sussistenza di un reale rapporto gerarchico e disciplinare nonché soggezione alle direttive del datore di lavoro; non basta, inoltre provare che la categoria richiesta corrisponde alla declaratoria contrattuale di una qualifica attribuita ad un rapporto di lavoro subordinato, se non sussistono in concreto gli elementi caratterizzanti la subordinazione. (Corte d’appello Torino 16/7/2003, Pres. Peyron Rel. Girolami, in Lav. nella giur. 2003, 1170)
- Anche ai lavoratori autonomi, ai soli di fatto o agli associati in partecipazione possono essere impartite (dai datori di lavoro o dai consociati) direttive o indicazioni in ordine allo svolgimento del lavoro (specie se sia necessario sopperire ad una minore esperienza di costoro o comunque sia stato concordato, ovvero risulti opportuno o necessario un coordinamento delle attività), senza che, per ciò solo, possa ritenersi inequivocabilmente provata l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, caratterizzato invece da un più pregnante vincolo di natura personale, che impone al dipendente di assoggettarsi al potere organizzativo, gerarchico e disciplinare del datore di lavoro, ponendo a disposizione di questi le proprie energie lavorative, adeguandosi ai suoi ordini e sottoponendosi al suo controllo nello svolgimento della prestazione. (Cass. 17/12/2003 n. 19352, Pres. Sciarelli Rel. Di Iasi, in Dir. e prat. lav. 2004, 1244)
- Ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo, a seconda delle modalità del suo svolgimento; l’elemento tipico che contraddistingue il primo dei suddetti tipi di rapporto è costituito dalla subordinazione, intesa quale disponibilità del prestatore nei confronti del datore di lavoro con assoggettamento alle direttive da questo impartite circa le modalità di esecuzione dell’attività lavorativa, altri elementi –come l’osservanza di un orario, l’assenza di rischio economico, la forma della retribuzione e la stessa collaborazione- possono avere, invece, valore indicativo ma mai determinante. (Corte d’appello Torino, 25/11/2003, Pres. Buzano Rel. Macuso, in Lav. nella giur. 2004, 709)
- Per la qualificazione del contratto di lavoro come subordinato occorre accertare se ricorra il requisito tipico della subordinazione, intesa come prestazione dell’attività lavorativa alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore e perciò con l’inserimento nell’organizzazione di questo, mentre gli altri caratteri dell’attività lavorativa, come la continuità, la rispondenza dei suoi contenuti ai fini propri dell’impresa e le modalità di erogazione della retribuzione non assumono rilievo determinante, essendo compatibili sia con il rapporto di lavoro subordinato, sia con quello di lavoro autonomo parasubordinato. (Corte d’appello Milano 6/9/2003, Pres. Mannacio Rel. Ruiz, in Lav. nella giur. 2004, 399)
- L’essenza della subordinazione deve ravvisarsi, tra l’altro, nell’esistenza di una forma particolarmente penetrante ed assidua di vigilanza sull’operato del lavoratore. (Trib. Forlì 1/8/2003, Pres. e Rel. Velotti, in Lav. nella giur. 2004, 398)
- Un rapporto di lavoro subordinato tra la società di persone ed uno dei suoi soci, è configurabile in via eccezionale nella sola ipotesi in cui il socio presti la sua attività lavorativa sotto il controllo gerarchico di una altro socio munito di poteri di supremazia. L’onere probatorio gravante sul socio che pretenda di vedersi riconoscere la sussistenza del rapporto subordinato è quindi preciso e puntuale e deve necessariamente concretizzarsi nella dimostrazione della soggezione gerarchica ad un socio. (Corte d’appello Torino 2/7/2003, Pres. Buzano Rel. Fierro, in Lav. nella giur. 2003, 1175)
- La costituzione – a seguito di una domanda di ammissione – di un rapporto caratterizzato da un vincolo associativo istituito per lo svolgimento dell’attività di particolare valore sociale e morale esclude che il rapporto possa, ex post, essere qualificato come di lavoro subordinato. Infatti, nelle associazioni del tipo di cui alla L. n. 266/91, il lavoro costituente esecuzione della finalità associativa non è prestato in esecuzione di un contratto di lavoro subordinato, anche si svolge con modalità analoghe. Nelle associazioni di tale tipo, le modalità sono assunte come necessario corollario del patto associativo e ne rappresentano la necessaria estrinsecazione, mentre il riconoscimento di un compenso non muta la natura del vincolo. (Corte d’appello Milano 27/5/2003, Pres. E Rel. Mannacio, in Lav. nella giur. 2003, 1175)
- La previsione di un rigido orario per la prestazione lavorativa costituisce sicura estrinsecazione del potere direttivo del creditore del servizio (e quindi della natura subordinata del rapporto di lavoro) solo quando sia espressione dell’autonomia decisionale nell’organizzazione aziendale e non quando inerisca alla prestazione richiesta, tale da dover essere espletata, per sua natura, in tempi non modificabili, che anche il lavoratore autonomo, debitore del risultato, sia tenuto a rispettare. (Cass. 9/12/2002, n. 17534, Pres. Senese, Rel. Vigolo, in Lav. nella giur. 2003, 376)
- Un rapporto di lavoro subordinato può essere sostituito da uno di lavoro autonomo, ma a tal fine è necessario che all’univoca volontà delle parti di mutare il regime giuridico del rapporto si accompagni un effettivo mutamento delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa (pur potendo restare immutato il contenuto della stessa), quale conseguenza del venir meno del vincolo di assoggettamento del lavoratore al datore di lavoro, dovendosi altrimenti presumere (con presunzione semplice) che il rapporto sia proseguito col regime precedente. (Cass. 28/9/2002, n. 14071, Pres. Sciarelli, Rel. Filadoro, in Lav. nella giur. 2003, 174)
- Rientra nell’ambito del lavoro subordinato un rapporto di lavoro caratterizzato dall’assoggettamento pieno del lavoratore al potere direttivo ed organizzativo dell’imprenditore, anche nell’ipotesi in cui si sia prevista la possibilità per il lavoratore di farsi sostituire da altro collega inserito in un apposito elenco del personale disponibile (fattispecie relativa a lavoratori addetti alla ricezione delle scommesse sui cavalli). (Corte d’Appello Milano 1/6/2002, Est. Ruiz, in D&L 2002, 624)
- Allorquando sussistono gli indici propri della subordinazione ed in particolare l’assoggettamento del lavoratore alle direttive del datore di lavoro, la continuatività delle prestazioni rese nonché l’obbligo di avvisare i superiori in caso di malattia, si deve ritenere sussistere un rapporto di lavoro subordinato. (Trib. Roma 15/2/2002, Est. Miglio, in Lav. nella giur. 2003, 86)
- Gli elementi che differenziano il lavoro subordinato da quello autonomo sono l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con la conseguente limitazione dell’autonomia di questi e l’inserimento nell’organizzazione aziendale; è rilevante l’esistenza in tal senso di un diritto del datore di lavoro e di un obbligo del lavoratore, più che l’entità del concreto esercizio dei poteri da parte del datore stesso. (Cass. 4/2/2002, n. 1420, Pres. Sciarelli, Est. Toffoli, in Riv. it. dir. lav. 2003, 26, con nota di Matteo Maria Mutarelli, Sulla qualificazione del contratto di associazione in partecipazione; in D&L 2002, 398)
- Requisiti determinanti ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato sono ravvisabili nell’assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo, gerarchico e disciplinare del datore di lavoro – potere che deve estrinsecarsi in specifici ordini (e non in semplici direttive, compatibili anche con il lavoro autonomo) -, oltre che nell’esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo sull’esecuzione dell’attività lavorativa e nello stabile inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale del datore di lavoro; il rischio economico dell’attività lavorativa e la forma di retribuzione hanno, invece, carattere sussidiario (e sono utilizzabili specialmente quando nel caso concreto non emergano elementi univoci a favore dell’una o dell’altra soluzione), fermo restando che l’accertamento sull’esistenza o meno del vincolo di subordinazione è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici (nella specie, il giudice di merito, con la sentenza confermata dalla S.C., aveva ritenuto correttamente qualificato contrattualmente nell’ambito del lavoro autonomo – in relazione alla piena autonomia delle modalità di esecuzione, nell’ambito delle direttive impartite, pur in presenza di un compenso fisso giornaliero e di un obbligo di esclusiva – un’attività di supervisione delle officine produttive della convenuta, di gestione del magazzino, di controllo di qualità e di ispezione presso i fornitori) (Cass. 11/9/00, n. 11936, pres. De Musis, in Orient. giur. lav. 2000, pag. 642)
- In relazione alla configurabilità, da un lato, di una nozione giuridica di subordinazione nella prestazione di lavoro (che dà rilievo alla messa a disposizione da parte del lavoratore delle proprie energie a favore del datore di lavoro, con l’assoggettamento al suo potere direttivo e disciplinare) e, dall’altro, di elementi sintomatici della situazione di subordinazione (quali la continuità dello svolgimento delle mansioni, il versamento a cadenze periodiche del relativo compenso, la presenza di direttive tecniche e di poteri di controllo e disciplinari, il coordinamento dell’attività lavorativa rispetto all’assetto organizzativo aziendale all’alienità del risultato, l’esecuzione del lavoro all’interno della struttura dell’impresa con materiali e attrezzature proprie della stessa, l’osservanza di un vicolo di orario, l’assenza di rischio economico), il giudizio relativo alla qualificazione di uno specifico rapporto come subordinato o autonomo ha carattere sintetico (nel senso che, rilevati alcuni indici significativi, li valuta nel loro assieme, in relazione alle peculiarità del caso concreto) e integra un giudizio di fatto censurabile, in sede di legittimità, solo per ciò che riguarda sia la individuazione dei caratteri identificativi del lavoro subordinato, mentre è insindacabile, se sorretta da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, la scelta degli elementi di fatto cui attribuire, da soli o in varia combinazione tra loro, rilevanza qualificatoria sia la riconduzione o meno degli stessi allo schema contrattuale del lavoro subordinato) (Cass. 2/9/00, n. 11502, pres. Grieco, in Orient. giur. lav. 2000, pag. 638)
- L’apposizione di una clausola di rendimento minimo, che costituisce un elemento accessorio del contratto di lavoro, è compatibile con la natura subordinata del rapporto, non potendo escludersi una obbligazione di risultato ove questo sia da conseguire con le modalità tipiche del lavoro dipendente (Cass. 13/7/00, n. 9292, pres. Grieco, in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 220, con nota di Tiraboschi, Lavoro dirigenziale e novazione simulata)
- Nelle situazioni ove, per la particolare attività (come in alcune forme di lavoro in agricoltura), alcuni aspetti (orari, mansioni) non assumono natura rigida, il mero inserimento del lavoratore nell’azienda non è parametro di qualificazione nel senso della subordinazione, né può costituire elemento esclusivo per dedurre la subordinazione stessa; il parametro di qualificazione si risolve, quindi, necessariamente negli elementi (non diversamente deducibili) dei quali l’inserimento è mera conseguenza: la sussistenza e la permanenza dell’obbligo del lavoratore di mantenere a disposizione del datore l’attività lavorativa nella sua indifferenziata materialità (come operae) e la sussistenza e la permanenza del suo conseguente assoggettamento al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro stesso (Cass. 25/2/00, n. 2171, pres. Bucarelli, in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 212, con nota di Ponari, Violazione del dovere di esclusiva nel rapporto di pubblico impiego e qualificazione della prestazione vietata)
- L’elemento caratterizzante il lavoro subordinato è il vincolo della subordinazione, inteso come inserimento del lavoratore nell’organizzazione dell’impresa in via continuativa e sistematica, nonché come esercizio di una costante vigilanza del datore di lavoro sull’operato del lavoratore, mentre hanno valore sussidiario altri elementi, quali le modalità della prestazione, la forma del compenso e l’osservanza di un determinato orario (Cass.1/10/97 n. 9606, est. Putaturo, pres. Panzarani, in D&L 1998, 472)
- Va ritenuta la natura subordinata e non autonoma del rapporto di lavoro, ove sia accertata l’esistenza del vincolo di subordinazione, ricavabile, pur in presenza di una certa flessibilità dell’orario, dalla valutazione complessiva di una serie di elementi di fatto sintomatici, quali la natura delle mansioni esercitate, la totale assenza di rischio d’impresa e organizzazione imprenditoriale del prestatore, l’inserimento nell’organizzazione imprenditoriale del datore con utilizzo esclusivo di strumenti dal medesimo forniti, la retribuzione fissa mensile non correlata al risultato del lavoro prestato, e la continuità e l’esclusività della prestazione (Pret. Parma 12/12/96, est. Federico, in D&L 1997, 616)
- Carattere distintivo del rapporto di lavoro dipendente è la subordinazione, intesa come posizione tecnico – gerarchica in cui si trova il lavoratore in correlazione a un potere direttivo del datore di lavoro che inerisce all’intrinseco svolgimento delle sue prestazioni, mentre assumono valore sussidiario gli altri elementi la cui presenza concreta normalmente una fattispecie di lavoro subordinato, quale l’inserimento continuativo e sistematico del lavoratore, il vincolo di orario per l’esecuzione della prestazione, la corresponsione di una retribuzione fissa e la stessa utilizzazione a opera delle parti contraenti di un determinato nomen iuris (Pret. Milano 30/12/95, est. Vitali, in D&L 1996, 428)
- Ai fini della decisione circa la natura subordinata di un rapporto di lavoro deve verificarsi, secondo la tesi c.d. tipologica della subordinazione, la ricorrenza di indici che, in una valutazione di prevalenza, fondino un giudizio di approssimazione a una figura tipica; nella fattispecie è stata affermata la natura subordinata del rapporto risultando accertati i seguenti elementi: inserzione della prestazione nell’attività aziendale, parziale svolgimento della prestazione stessa nei locali dell’azienda, continuità, orario di lavoro sia pure elastico, eterodeterminazione, potere dispositivo nei confronti di altri dipendenti, percezione di compenso fisso garantito (oltre che di una parte mobile) (Pret. Milano 24/1/95, est. De Angelis, in D&L 1995, 635)
Professioni intellettuali
- In caso di prestazione d’opera di natura intellettuale, come quella resa dai professori d’orchestra in esecuzione di contratti conclusi in relazione a specifici programmi, al fine di individuare gli indici sintomatici della subordinazione non può essere attribuita rilevanza assorbente all’obbligo di rispettare rigidamente gli orari (sia con riguardo alle prove che agli spettacoli) né alla soggezione alle direttive provenienti dal direttore, perché funzionali alla realizzazione dell’opera, garantita dal coordinato apporto di ciascuno dei musicisti, ed al luogo della prestazione, dovendosi piuttosto apprezzare la sussistenza di un potere direttivo del datore di disporre pienamente della prestazione altrui, nell’ambito delle esigenze della propria organizzazione produttiva, da escludersi se i lavoratori sono liberi di accettare le singole proposte contrattuali e sottrarsi alle prove in caso di variazioni assunte in corso d’opera a fronte di pregressi impegni e di assumerne anche nei confronti di terzi. (Cass. 4/5/2020 n. 8444, Pres. Raimondi Est. Lorito, in Lav. nella giur. 2020, 995)
- In tema di contratto di prestazione d’opera intellettuale, la possibilità di recesso “ad nutum” del cliente contemplata dall’art. 2237, comma 1, c.c., non ha carattere inderogabile e quindi è possibile che, per particolari esigenze delle parti, sia esclusa tale facoltà fino al termine del rapporto; l’apposizione di un termine a un rapporto di collaborazione professionale continuativa può essere sufficiente a integrare la deroga pattizia alla facoltà di recesso così come disciplinata dalla legge, non essendo a tal fine necessario un patto specifico ed espresso; pertanto, poiché in assenza di pattuizioni diverse o di giusta causa, l’apposizione di un termine finale determina in modo vincolante la durata del rapporto, nel caso di recesso unilaterale dal contratto da parte del committente il prestatore ha il diritto di conseguire il compenso contrattualmente previsto per l’intera durata del rapporto. In questo senso si è consolidata la giurisprudenza da anni (Cass. n. 25238/2006 tra le più recenti). Nel caso di specie, pertanto, l’apposizione del termine ha avuto il ruolo di determinare in modo vincolante la durata del contratto, derogando alla facoltà ex art. 2237 c.c., non di fissare condizioni economiche immodificabili. Da l recesso deriva un danno in astratto corrispondente ai compensi non percepiti fino al termine prefissato. Con l’ordinaria diligenza, tuttavia, il professionista de quo avrebbe potuto reperire, prima della scadenza del contratto, un’attività sostitutiva. Egli, inoltre, non ha svolto la prestazione. Deve quindi trovare applicazione l’art. 1227, 2° comma, e si può ragionevolmente ridurre della metà tale compenso.(Corte app. Milano 17/3/2008 n. 357, in Dir. e prat. lav. 2008, 2104)
- L’esecuzione di una prestazione d’opera professionale di natura intellettuale effettuata da chi non sia iscritto nell’apposito albo previsto dalla legge, dà luogo, ai sensi degli artt. 1418 e 2231 c.c., a nullità assoluta del rapporto tra tra professionista e cliente, privando il contratto di qualsiasi effetto. Pertanto, il professionista non iscritto in detti albi – e a maggior ragione quello che non sia munito nemmeno della prescritta qualifica professionale per appartenenre a categoria del tutto differente, nella specie consulente del lavoro incaricato della gestione contabile e fiscale di un’azienda commerciale – non ha alcuna azione per il pagamento della retribuzione, nemmeno quella sussidiaria di arricchimento senza causa. (Cass. 12/10/2007 n. 21495, in Dir. e prat. lav. 2008, 2102)
- L’art. 2237 c.c. – nel consentire al cliente di recedere dal contratto di prestazione di opera intellettuale – ammette, in senso solo parzialmente analogo a quanto stabilito dall’art. 2227 c.c. per il contratto d’opera, la facoltà di recesso indipendentemente da quello che è stato il comportamento del prestatore d’opera intellettuale, ossia prescindendo dalla presenza o meno di giusti motivi a carico di quest’ultimo. Tale amplissima facoltà – che trova la sua ragion d’essere nel preponderante rilievo attribuito al carattere fiduciario del rapporto nei confronti del cliente – ha come contropartita l’imposizione a carico di quest’ultimo dell’obbligo di rimborsare il prestatore delle spese sostenute e di corrispondergli il compenso per l’opera da lui svolta, mentre nessuna indennità è prevista (a differenza di quanto dal cit. art. 2227 c.c.) per il mancato guadagno. Ciò non esclude, tuttavia, che ove si inseriscano nel contratto clausole estranee al suo contenuto tipico, alle stesse possano applicarsi, in difetto di più specifiche determinazioni, le normali regole relative all’inadempimento dei contratti, con la possibilità, nel caso di contratto a prestazioni corrispettive, di avvalersi di quella forma di autotutela rappresentata dall’eccezione di inadempimento disciplinata dall’art. 1460 c.c. (Cass. 25/6/2007 n. 14702, in Dir. e prat. lav. 2008, 2103)
- L’obbligazione del consulente aziendal, la cui attività consiste nel fornire consigli relativi alla gestione dell’impresa, deve considerarsi, quanto agli obiettivi economici dell’imprenditore, come obbligazione di mezzo e non di risultato, nel senso che il mancato conseguimento di questi obiettivi non può essere imputato al consulente come inadempimento, con il derivante effetto che tale risultato non può costituire una giusta causa di recesso da parte del committente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, con motivazione logica e adeguata, aveva ritenuto che i suddetti obiettivi di impresa, testualmente elencati nel contratto, non determinavano specifiche prestazioni del consulente ma fornivano mere direttive a cui il consulente si era attenuto nel breve periodo di durata della sua attività, durante il quale aveva discrezionalmente e diligentemente selezionato ed eseguito le attività più urgenti, in tal modo adempiendo ai suoi obblighi, donde la corretta valutazione di ingiustificatezza del recesso operato dalle committenti). (Rigetta App. Campobasso 28/5/2003). (Cass. 15/12/2006 n. 26895, Pres. Mattone Est. Roselli, in Dir. e prat. lav. 2007, 1971)
- La prestazione d’opera intellettuale nell’ambito dell’assistenza legale è riservata agli iscritti agli albi forensi solo nei limiti della rappresentanza, assistenza e difesa delle parti in giudizio e, comunque, della diretta collaborazione con il Giudice nell’ambito del processo. Al di fuori di tali limiti, l’attività di assistenza e consulenza legale non può considerarsi riservata agli iscritti agli albi professionali, non rientrando, conseguentemente, nella previsione dell’art. 2231 c.c., e dando diritto a compenso a colui che la esercita anche in difetto di qualsiasi abilitazione specifica (nella specie, la Corte ha ritenuto incensurabile la sentenza di merito che aveva riconosciuto il diritto al compenso per l’attività stragiudiziale svolta dal segretario di un’organizzazione sindacale in favore di un lavoratore nei confronti del datore di lavoro, genericamente qualificata come assistenza sindacale, non avendo peraltro il lavoratore neppure dedotto in quale specifico albo professionale il consulente avrebbe dovuto essere iscritto). (Cass. 30/5/2006 n. 12840, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Eufrasia Sena, “E’ consentito prestare assistenza legale stragiudiziale anche senza iscrizione all’Ordine”, 26)
- Con riferimento a prestazioni di carattere intellettuale, che non richiedono alcuna organizzazione imprenditoriale né postulano l’assunzione di rischio a carico del lavoratore, il criterio fondamentale per l’accertamento della natura (autonoma o subordinata) del rapporto di lavoro è costituito dall’esistenza di un potere direttivo del datore di lavoro che, pur nei limiti imposti dalla connotazione professionale della prestazione di lavoro, abbia un’ampiezza di estrinsecazione tale da consentirgli di disporre, in maniera piena, della stessa nell’ambito delle esigenze proprie della sua organizzazione produttiva; in sede di legittimità è censurabile solo la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto – incensurabile in tale sede se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici – la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice ad includere il rapporto nell’uno o nell’altro schema contrattuale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, con motivazione insufficiente, aveva ritenuto la natura subordinata di un rapporto di lavoro, stipulato come autonomo, avente ad oggetto la prestazione, presso la RAI , di attività di traduttore-annunciatore per la realizzazione in varie lingue di programmi radiofonici con trasmissione di notiziari in diretta quattro volte la settimana, attribuendo rilievo ad elementi non univoci, quali la continuità e la predeterminazione della prestazione, e omettendo invece di esaminarne altri – quali la volontà delle parti nel momento iniziale del rapporto, le modalità comportamentali in caso di assenza, la struttura di controllo della prestazione, l’obbligo o la mera richiesta di sostituzione di lavoratori dipendenti – rilevanti ai fini dell’indagine in concreto sulla natura del rapporto. (Cass. 1/9/2004 n. 17659, Pres. Mileo Rel. Mazzarella, in Lav. nella giur. 2005, 282)
- Nel caso di prestazioni di contenuto intellettuale, poiché queste ultime per la loro stessa natura non richiedono alcuna organizzazione imprenditoriale, né postulano un’assunzione di rischio a carico del lavoratore, la qualificazione del rapporto va desunta esclusivamente dalla posizione tecnico-gerarchica di subordinazione in cui si trovi o meno il lavoratore medesimo, in correlazione ad un potere direttivo del datore di lavoro, che inerisca all’intrinseco svolgimento di quelle prestazioni, restando irrilevante, ove difetti detto requisito, l’eventuale sussistenza di connotati normalmente propri del lavoro subordinato, quali la collaborazione, l’osservanza di un determinato orario, la continuità dell’attività e la forma della retribuzione, ma pure compatibili con altre forme di rapporto in cui sia dedotte una prestazione lavorativa. (Trib. Roma 1/6/2004, Pres. Domenico Rel. Giovanni, in Lav. nella giur. 2005, 389)
- Con riferimento alle prestazioni di contenuto intellettuale, che non richiedono alcuna organizzazione imprenditoriale né postulano un’assunzione di rischio a carico del lavoratore, il criterio fondamentale per l’accertamento della natura (autonoma o subordinata) del rapporto di lavoro è costituito dall’esistenza di un potere direttivo del datore di lavoro che, pur nei limiti imposti dalla connotazione professionale della prestazione lavorativa, abbia un’ampiezza di estrinsecazione tale da consentirgli di disporre, in maniera piena, della stessa nell’ambito delle esigenze proprie della sua organizzazione produttiva. (Nella specie, la S.C. ha annullato la decisione della corte territoriale che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva accolto la domanda di due traduttrici e annunciatrici – le quali avevano prestato presso la Rai la propria attività per la realizzazione in varie lingue di programmi radiofonici con trasmissione di notiziari in diretta tre volte la settimana – volta ad ottenere, previo riconoscimento della natura subordinata di tale attività, in luogo di quella autonoma ufficialmente risultante dal contratto stipulato, l’inquadramento quali annunciatrici di secondo livello del contratto collettivo e le connesse differenze retributive. La S.C. ha ritenuto che la decisione impugnata non avesse chiarito le circostanze afferenti alle modalità di espletamento del rapporto che, alla stregua del principio di cui in massima, portavano al riconoscimento della natura subordinata dello stesso, limitandosi a valorizzare la continuità e la predeterminazione della prestazione, caratteristiche che, oltre ad essere incerte, non comprovavano comunque di per sé la natura subordinata del rapporto, come l’inserimento, asserito e non motivato, nella struttura organizzativa della Rai. (Cass. 21/5/2004 n. 9764, Pres. Ianniruberto Rel. Mazzarella, in Dir. e prat. lav. 2004, 2740)
- In caso di prestazioni che, per la loro natura intellettuale, mal si adattano ad essere eseguite sotto la direzione del datore di lavoro e con una continuità regolare, anche negli orari, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato oppure autonomo, sia pure con collaborazione coordinata e continuativa, il primario parametro distintivo della subordinazione, intesa come assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo del datore di lavoro, deve essere necessariamente accertato o escluso mediante il ricorso ad elementi sussidiari, che il giudice deve individuare in concreto-con accertamento di fatto incensurabile in cassazione se immune da vizi giuridici ed adeguatamente motivato-dando prevalenza ai dati fattuali emergenti dal concreto svolgimento del rapporto, senza che il “nomen iuris” utilizzato dalle parti possa assumere carattere assorbente (fattispecie relativa a prestazioni sanitarie eseguite dai medici presso una casa di cura privata e formalmente definite, nei relativi contratti, come prestazioni libero-professionali). (Cass. 28/3/2003, n. 4770, Pres. Mattone, Rel. Morcavallo, in Dir. e prat. lav. 2003, 1988)
- Nelle prestazioni professionali di alto profilo, come l’esercizio della professione medica, la subordinazione, intesa come assoggettamento al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, risulta necessariamente più attenuata e sfumata. In tal caso è necessario fare riferimento al potere direttivo dell’imprenditore non con riguardo al contenuto delle prestazioni, né alle loro modalità sotto il profilo tecnico, ma ai limiti esterni dell’attività professionale, vale a dire all’inquadramento della prestazione nell’ambito dell’organizzazione aziendale, fermo restando che, per aversi subordinazione, non è necessario che il potere direttivo del datore di lavoro si esplichi mediante ordini continui o che la vigilanza svolta sul lavoratore sia strettamente vincolante, potendo l’assoggettamento realizzarsi attraverso direttive programmatiche o di coordinamento dell’attività del lavoratore medesimo (Corte Appello Potenza 12/10/00, pres. Scermino, est. Vetrone, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 924)
- Ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, quando l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni (e, in particolare, della loro natura intellettuale o professionale) e del relativo atteggiarsi del rapporto, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari – come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell’osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale – che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente con indizi probatori della subordinazione (Cass. 26/8/00, n. 11182, pres. Trezza, in Orient. giur. lav. 2000, pag. 648)
Professioni di basso contenuto professionale
- In relazione a lavorazioni di particolare semplicità e ripetitività, il vincolo di subordinazione (c.d. “attenuato”) si configura anche laddove il potere direttivo del datore di lavoro si esplichi mediante istruzioni di carattere generale, fornite una volta per tutte all’inizio del rapporto, desumendosi inoltre dalla permanente disponibilità del lavoratore ad eseguire tali istruzioni. (Cass. 20/5/2002, Pres. Mercurio, Est. Stile, in Foro it. 2003 parte prima, 1148, con nota di A.M. Perrino, “Prime note a margine della legge delega 30/03: in particolare le modifiche del part-time e l’introduzione di figure di lavoro flessibile”)
Persone legate da vincolo di parentela
- Per superare la presunzione di gratuità delle prestazioni lavorative rese in ambito familiare (che trova la sua fonte nella circostanza che tali prestazioni vengono normalmente rese affectionis vel benevolentiae causae) è necessario che la parte che faccia valere in giudizio diritti derivanti da tali rapporti offra una prova rigorosa degli elementi costitutivi del rapporto di lavoro subordinato e, in particolar modo, dei requisiti indefettibili della subordinazione e della onerosità. In particolare, con riferimento all’attività lavorativa prestata in agricoltura in favore di parenti e affini (nel quadro di colture tradizionali e di piccole proprietà) la mera prestazione di attività lavorativa non è sufficiente a far configurare un rapporto di lavoro subordinato, essendo invece necessaria una specifica prova della subordinazione e della onerosità delle prestazioni, che può esser fornita anche al di fuori degli elementi sintomatici più tipici della subordinazione, purché risulti un nesso di corrispettività tra la prestazione lavorativa e quella retributiva, entrambe caratterizzate dall’obbligatorietà, e la prestazione lavorativa sia soggetta a direttive e controlli, pur se in un eventuale quadro caratterizzato da maggiore elasticità di orari. (Cass. 20/4/2011 n. 9043, Pres. Vidiri Rel. Tria, in Lav. nella giur. 2011, 625)
- La sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra datore e lavoratore non può essere di per sé esclusa dalla presenza di un vincolo parentale tra le stesse parti. Di conseguenza, se viene accertata l’esistenza di un rapporto di lavoro dipendente non può che derivarne anche un obbligo di versamento dei contributi assicurativi. (Cass. 29/11/2010 n. 24130, Pres. Vidiri Rel. Monaci, in Lav. nella giur. 2011, 208)
- Per la prova di un rapporto di lavoro tra persone legate ad un vincolo di parentela, di affinità o di coniugio, anche non conviventi, sussiste una presunzione di gratuità delle prestazioni lavorative e, quindi, di una loro offerta non in adempimento di obblighi derivanti dall’esecuzione di un rapporto di lavoro, bensì di doveri sorti “affectionis vel benevolentiae causae”. Ciò non significa però che tale presunzione debba considerarsi assoluta o così rigorosa, come nel caso del rapporto di lavoro tra coniugi, da escludere in modo assoluto la prova contraria. (Cass. 28/11/2003 n. 28248, Pres. Sciarelli Rel. Capitanio, in Dir. e prat. lav. 2004, 554)
- Ove la presunzione di gratuità delle prestazioni lavorative fra persone legate da vincoli di parentela o affinità debba essere esclusa per l’accertato difetto della convivenza degli interessati, non opera “ipso iure” una presunzione di contrario contenuto, indicativo cioè dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato; pertanto, in caso di contestazione, la parte che faccia valere diritti derivanti da tale rapporto ha comunque l’obbligo di dimostrarne, con prova precisa e rigorosa, tutti gli elementi costitutivi e, in particolare, i requisiti indefettibili della onerosità e della subordinazione (Trib. Milano 16/3/01, est. Cincotti, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 67)
- Le prestazioni lavorative fra conviventi, nell’ambito di una comunità familiare anche di fatto (nella fattispecie l’asserito dipendente conviveva more uxorio con la figlia dell’asserito datore di lavoro nell’abitazione di quest’ultimo) si presumono rese a titolo gratuito, dovendosi ritenere espletate al di fuori di qualsiasi incontro di volontà contrattuale e determinate da impulsi affettivi e dalla comunanza di interessi, che escludono il carattere oneroso del rapporto; tale presunzione di gratuità può essere superata dalla prova rigorosa, incombente sulla parte che sostiene l’esistenza del rapporto di lavoro, circa i requisiti della subordinazione e della onerosità della prestazione (Trib. Catania 24/10/94, pres. Pagano, est. Zappaia, in D&L 1995, 650)
Nomen iuris (definizione datane dalle parti)
- Ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro, il nomen iuris utilizzato dalle parti, se costituisce elemento certamente rilevante, non esime tuttavia dall’accertamento delle effettive modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Dovendo il giudice accertare in maniera rigorosa se quanto dichiarato nel documento contrattuale si sia tradotto nella realtà attribuendo prevalenza agli elementi di fatto rispetto ai dati formali risultanti dal contratto. (Trib. Milano 6/5/2009, d.ssa Pattumelli, in Lav. nella giur. 2009, 848)
- Il principio per cui, ai fini della qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, è necessario aver riguardo all’effettivo contenuto del rapporto stesso, indipendentemente dal nomen iuris usato dalle parti, non implica che – specialmente nei casi caratterizzati dalla presenza di elementi compatibili con l’uno o con l’altro tipo di rapporto – la dichiarazione di volontà delle parti stesse in ordine alla fissazione di detto contenuto, o di un elemento di esso qualificante ai fini della distinzione medesima, debba essere stralciata nell’interpretazione del precetto contrattuale e che non debba tenersi conto del relativo affidamento delle parti e della disciplina giuridica del rapporto da esse voluta nell’esercizio della loro autonomia contrattuale. Così, allorché, nel regolare i loro reciproci interessi, abbiano dichiarato di voler escludere l’elemento della subordinazione,non si può pervenire a una diversa qualificazione del rapporto,se non si dimostra che in concreto tale elemento si sia di fatto realizzato nello svolgimento del rapporto medesimo. (Corte app. Roma 23/8/2005, Consigliere Relatore Ciampi, in Lav. Nella giur. 2006, 709)
- Il nomen iuris attribuito dalle parti oppure l’iscrizione del lavoratore nell’albo delle imprese artigiane o in una gestione previdenziale separata, come del resto la cadenza e la misura fissa della retribuzione o l’assenza di rischio, costituiscono elementi meramente sussidiari ai fini dell’accertamento della natura, subordinata o meno, di un rapporto di lavoro, giacchè l’elemento distintivo del rapporto di lavoro subordinato consiste nell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, che si estrinseca in specifiche disposizioni, le quali si risolvono nell’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva negato la subordinazione di un’impiegata di un servizio di autonoleggio, attribuendo decisiva rilevanza al fatto che parte del compenso fosse commisurata su una percentuale dei corrispettivi pagati dai clienti, omettendo di considerare le precise mansioni espletate, la facoltà della lavoratrice di rifiutare la stipula di contratti di locazione, l’eventuale addebito di responsabilità per danni derivati da contratti stipulati, nonché l’orario di lavoro esattamente pattuito, essendo irrilevante la facoltà di allontanarsi dai locali dell’impresa, che è compatibile con l’esercizio delle prestazioni subordinate). (Cass. 13/5/2004 n. 9151, Pres. Dell’Anno Rel. Roselli, in Lav. nella giur. 2004, con commento di Fabio Massimo Gallo, 1163)
- Ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato o autonomo, il criterio del nome iuris adottato dalle parti non ha valore prevalente, dovendo la qualificazione medesima desumersi, oltre che dal dato formale, dalle concrete modalità della prestazione e di attuazione del rapporto. (Cass. 20/5/2002, Pres. Mercurio, Est. Stile, in Foro it. 2003 parte prima, 1148, con nota di A.M. Perrino, “Prime note a margine della legge delega 30/03: in particolare le modifiche del part-time e l’introduzione di figure di lavoro flessibile”)
- La qualificazione del rapporto compiuta dalle parti nella iniziale stipulazione del contratto non è determinante stante l’idoneità, nei rapporti di durata, del comportamento delle parti ad esprimere una diversa effettiva volontà contrattuale. (Corte d’appello di Potenza 9/5/2002, Est. Vetrone, in Lav. nella giur.2003, 193)
- Ai fini dell’accertamento della natura subordinata di un rapporto di lavoro, alla stregua del criterio di effettività, devono ritenersi prevalenti, sull’assetto formale della obbligazione lavorativa concordato ab initio o modificato in corso di rapporto, le modalità concrete di esecuzione dello stesso, se sono tali da poter contraddire e vanificare la qualificazione ad esso attribuita dalle parti (Cass. 13/7/00, n. 9292, pres. Grieco, in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 220, con nota di Tiraboschi, Lavoro dirigenziale e novazione simulata)
- Ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato deve farsi riferimento al concreto atteggiarsi del rapporto stesso e alle sue specifiche modalità di svolgimento, potendo il richiamo alla iniziale volontà delle parti, cristallizzatasi nella redazione del contratto di lavoro, valere come elemento di valutazione ai fini dell’identificazione della natura del rapporto solo se ed in quanto le concrete modalità di svolgimento dello stesso lascino margini di ambiguità e/o incertezze (Cass. 9/6/00, n. 7931, pres. De Musis, in Orient. giur. lav. 2000, pag. 663)
- Ove le parti, nel regolare i loro reciproci interessi, abbiano dichiarato di voler escludere la natura subordinata di un rapporto di lavoro, è possibile pervenire ad una diversa qualificazione di esso soltanto se si dimostra in concreto l’elemento della subordinazione, intesa come vincolo di natura personale, che assoggetta il prestatore di lavoro al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore, che si deve estrinsecare nella specificazione della prestazione lavorativa richiesta in adempimento delle obbligazioni assunte dal prestatore medesimo; subordinazione che deve essere in fatto provata nello svolgimento del rapporto di lavoro (Cass. 22/11/99 n. 12926, pres. Lanni, in Riv. it. dir. lav. 2000, pag. 633, con nota di Granata, Organizzazione di tendenza, contratto di lavoro subordinato e licenziamento individuale: il caso del telefono Azzurro)
- Ai fini dell’accertamento della natura autonoma o subordinata del rapporto di lavoro, anche in presenza della qualificazione in via autonoma operata dalle parti, deve attribuirsi rilevanza decisiva alla sussistenza del requisito della subordinazione da accertarsi alla luce delle concrete modalità di svolgimento del rapporto di lavoro, con la conseguenza che non possono ravvisarsi gli estremi del rapporto di agenzia, bensì quelli del rapporto di lavoro subordinato, nell’attività svolta da alcuni venditori con stabile inserimento della loro prestazione nell’organizzazione aziendale del datore di lavoro, senza alcun rischio di impresa e nel rispetto delle direttive impartite dal datore di lavoro (Pret. Torino 7/12/95, in D&L 1996, 694, n. SCORCELLI, Contratto di agenzia e rapporto di lavoro subordinato)
- Ai fini dell’accertamento della natura autonoma o subordinata del rapporto di lavoro, può essere riconosciuto un ruolo rilevante alla volontà manifestata dalle parti al momento dell’instaurazione del rapporto stesso, soprattutto in quei casi in cui la prestazione del lavoratore sia di notevole valore intellettuale e/o professionale, il lavoratore non sia persona sprovveduta né in posizione di inferiorità rispetto al datore di lavoro sotto il profilo economico – sociale – culturale e il lavoratore medesimo sia pienamente consapevole delle conseguenze derivanti dalla qualificazione in via autonoma del rapporto di lavoro in termini di perdita delle tutele e delle garanzie connesse al rapporto di lavoro subordinato, talché le stesse possano considerarsi ultronee rispetto alla reciproca soddisfazione degli scopi e degli interessi perseguiti dalle parti (nella fattispecie, ai fini dell’accertamento della natura del rapporto di lavoro intercorso tra una biologa e un centro di analisi mediche, è stata attribuita rilevanza decisiva alla volontà delle parti di instaurare un rapporto di lavoro autonomo in considerazione del fatto che in concreto il rapporto non si è svolto con modalità che potessero far presumere il superamento dell’originario intendimento delle parti attraverso la realizzazione della subordinazione, non essendo state considerate tali la corresponsione di un compenso mensile e l’utilizzazione da parte del lavoratore delle strutture del datore di lavoro, in quanto compatibili anche con un rapporto di lavoro autonomo (Pret. Pistoia 14/1/95, est. Amato, in D&L 1995, 631, nota SCORCELLI, Accertamento della natura autonoma o subordinata del rapporto di lavoro e rilevanza della volontà negoziale delle parti)
Novazione del rapporto
- Un rapporto di lavoro subordinato può essere sostituito da uno di lavoro autonomo a seguito di specifico negozio novativo, ma a tal fine è necessario che all’univoca volontà delle parti di mutare il regime giuridico del rapporto si accompagni un effettivo mutamento delle prestazioni lavorative come conseguenza del venir meno del vincolo di assoggettamento del lavoratore al datore di lavoro, ancorchè rimanga identico il contenuto della prestazione (nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza impugnata, in quanto il giudice di merito ha correttamente ritenuto che la prestazione di lavoro del ricorrente, originariamente svolta in regime di subordinazione, era proseguita nelle identiche forme, anche a seguito di negozio novativo e formale conversione in rapporto di lavoro autonomo. (Cass. 20/5/2002, n. 7310, Pres. Mercurio, Est. Stile, in Foro it. 2003, parte prima, 1148)
Questioni retributive
- Il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che la disposizione di un contratto collettivo di lavoro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, contenente tariffe minime per i prestatori autonomi di servizi, affiliati a una delle organizzazioni di lavoratori parti del contratto, che svolgono per un datore di lavoro, in forza di un contratto d’opera, la stessa attività dei lavoratori subordinati di tale datore di lavoro, esula dall’ambito di applicazione dell’art. 101, paragrafo 1, TFUE solo qualora tali prestatori siano “falsi autonomi”, ossia prestatori che si trovano in una situazione paragonabile a quella di detti lavoratori. Spetta al giudice del rinvio procedere a una tale valutazione. (Corte di Giustizia 4/12/2014 C-413/13, Pres. e Rel. Tizzano, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di Pietro Ichino, “Sulla questione del lavoro non subordinato ma sostanzialmente dipendente nel diritto europeo e in quello degli Stati membri”, 566)
- Ogni attività oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro subordinato si presume effettuata a titolo oneroso e tale presunzione di onerosità può essere superata – quando si sostenga la riconducibilità delle prestazioni a un diverso rapporto privo del requisito dell’onerosità – solo con una prova rigorosa del contenuto di tale diversa relazione tra le parti (nella fattispecie è stato ritenuto irrilevante ai fini della prova dell’esistenza di un vincolo affettivo, idoeno a superare la presunzione di onerosità di un rapporto di lavoro domestico, sia lo svolgimento di attività extralavorative da parte del lavoratore sia la promessa da parte del datore di lavoro di attribuzioni patrimoniali non connesse a obblighi contrattuali). (Cass. 7/8/2008 n. 21365, Pres. Senese Est. Miani Canevari, in D&L 2008, con nota di Sara Huge, “Subordinazione e autonomia: risvolti e indficazioni pratiche dalle ultime pronunce di legittimità”, 955)
- Il venir meno, a seguito di sentenza della Corte di cassazione, della pronuncia che aveva riconosciuto un rapporto di lavoro subordinato in luogo di un rapporto di lavoro autonomo e disposto il ripristino del rapporto con la reintegrazione del lavoratore licenziato, comporta, da un lato, la caducazione del diritto a differenze retributive – che trovano titolo in parametri retributivi riferiti a lavoratori subordinati – e al risarcimento dei danni per l’illegittimità del licenziamento e, dall’altro, che il definitivo accertamento della natura autonoma del rapporto impedisce l’applicazione dell’art. 2126 c.c., rendendo irrilevante la messa a disposizione delle energie lavorative. Pertanto, in conseguenza dell’affermazione definitiva della diversa qualificazione giuridica del rapporto di lavoro- autonomo anziché subordinato – e del venir meno, perciò, del titolo in base al quale erano state incassate le relative somme da parte del lavoratore, trova applicazione l’art. 336 c.p.c. che legittima il datore di lavoro a richiedere la restituzione di quelle somme. (Cass. 25/8/2005 n. 17330, Pres. Mercurio Rel. Celentano, in Dir. e prat. lav. 529)
- Qualora un rapporto di lavoro autonomo riceva, a seguito di pronuncia giudiziale, la diversa qualificazione di rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato, il datore di lavoro che intenda portare in compensazione le somme corrisposte in eccedenza rispetto alla nuova disciplina pretesa ed ottenuta dal lavoratore, non può limitarsi ad eccepire l’avvenuto pagamento, ma ha l’onere di dedurre e dimostrare che detto pagamento, a suo tempo effettuato, è rimasto, per effetto dell’efficacia retroattiva del nuovo trattamento economico, ormai privo di causa (Fattispecie relativa a rapporto di lavoro autonomo convertito in rapporto di lavoro parasubordinato di medicina convenzionale). (Corte d’Appello Potenza 5/6/2003, Pres. De Angelis Est. Di Nicola, in D&L 2003, 984)
- In ipotesi di accertata natura subordinata di rapporto in realtà svoltosi alla stregua di lavoro autonomo, con compenso pattuito in misura superiore ai minimi salariali del corrispondente lavoro subordinato, compete al lavoratore la corresponsione del Tfr maturato sui compensi percepiti, ma non la corresponsione di differenze retributive, posto che il compenso convenuto per le prestazioni autonome deve intendersi pattuito come interamente compensativo dell’opera prestata (Pret. Parma 12/12/96, est. Federico, in D&L 1997, 616)
- Nell’ipotesi in cui la natura subordinata del rapporto sia stata accertata in sede giudiziale, il raffronto fra i compensi di fatto percepiti e quelli astrattamente previsti dal CCNL applicabile deve condursi su base annua, con la conseguenza che le mensilità aggiuntive previste dal CCNL non sono dovute ove risulti che, in tale arco di tempo, i complessivi compensi percepiti siano stati superiori a quelli complessivi previsti dalla contrattazione collettiva (Pret. Milano 24/1/95, est. De Angelis, in D&L 1995, 635)
Casi pratici
- Con riferimento alla qualificazione dell’attività dei “riders”, non può escludersi che, a fronte di specifica domanda della parte interessata fondata sul parametro normativo dell’art. 2094 c.c., il giudice accerti in concreto la sussistenza di una vera e propria subordinazione; è noto, infatti, che le controversie qualificatorie sono influenzate in modo decisivo dalle modalità effettive di svolgimento del rapporto, da come le stesse sono introdotte in giudizio, dai risultati dell’istruttoria espletata, dall’apprezzamento di tale materiale effettuato dai giudici del merito, dal convincimento ingenerato in questi circa la sufficienza degli elementi sintomatici riscontrati, tali da ritenerne provata la subordinazione. (Trib. Palermo 24/11/2020, Giud. Marino, in Lav. nella giur. 2021, 318)
- In presenza di sufficienti indizi, gravi precisi e concordanti, in merito alla sussistenza del delitto di sfruttamento del lavoro di cui all’art. 603-bis c.p., nel rispetto del principio di proporzionalità tra situazione concretamente accertata e applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria è lo strumento preferibile per una (ri)legalizzazione societaria. Per tale finalità, l’intervento ablativo deve essere modulato in modo da consentire un penetrante ed effettivo controllo da parte del Tribunale sugli organi di gestione, lasciando, tuttavia, il normale esercizio di impresa in capo agli attuali organi di amministrazione societaria. In caso di mancata collaborazione dell’organo amministrativo, il Tribunale può estendere l’intervento ablativo fino al totale impossessamento delle compagini societarie. (Trib. Milano 27/5/2020, decr., Pres. e Rel. Roia, in Riv. It. Dir. lav. 2020, con nota di A. Esposito, “I riders di Uber Italy s.r.l.”, 547)
- Il rapporto di lavoro del rider iscritto ad una piattaforma digitale, incaricato del recapito a domicilio di alimenti e cibi da asporto per conto di esercizi commerciali convenzionati, deve qualificarsi come autonomo e ricondursi all’art. 2, d.lgs. n. 81/2015, con conseguente applicazione della disciplina del lavoro subordinato. (Trib. Firenze 1/4/2020 n. 886, decr., Est. Gualano, in Riv. It. Dir. lav. 2020, con nota di D. Draetta, “Il lavoro autonomo dei riders ai tempi del Covid-19”, 473)
- Deve altresì applicarsi al medesimo rapporto la disciplina del nuovo capo V-bis del d.lgs. n. 81/2015 e, quindi, ai sensi dell’art. 47-septies, il d.lgs. n. 81/2008 in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro. (Trib. Firenze 1/4/2020 n. 886, decr., Est. Gualano, in Riv. It. Dir. lav. 2020, con nota di D. Draetta, “Il lavoro autonomo dei riders ai tempi del Covid-19”, 473)
- Ai sensi dell’art. 71, d.lgs. n. 81/2008, il datore di lavoro deve fornire, a propria cura e spese, al rider i dispositivi di protezione individuale, quali guanti monouso, mascherina protettiva, gel disinfettanti e prodotti a base alcolica per la pulizia dello zaino. (Trib. Firenze 1/4/2020 n. 886, decr., Est. Gualano, in Riv. It. Dir. lav. 2020, con nota di D. Draetta, “Il lavoro autonomo dei riders ai tempi del Covid-19”, 473)
- La definizione legale dei dependent contractors va interpretata alla luce del precedente Algonquin Tavern. Il fatto che essi vengano selezionati da Foodora e siano tenuti a consegnare cibo secondo i termini e le condizioni determinati dalla stessa società e in conformità con i suoi standard costituisce indizio di una somiglianza con i dipendenti subordinati più che con i lavoratori autonomi. Questo Tribunale rileva come nella realtà dei fatti i riders lavorino per Foodora e non per sé stessi e conseguentemente ritiene che i ciclofattorini di Foodora siano e.dependent contractors e debbano essere trattati come tali ai sensi della legge. (Ontario Labour Relations Board 25/2/2020, in Riv. It. Dir. lav. 2020, con nota di E. Lackova, “I riders e il tertium genus canadese nell’epoca digitale”, 577)
- Deve escludersi la natura subordinata dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa già in essere tra i fattorini (rider) e una società di consegna di cibo a domicilio, operante tramite una piattaforma tecnologica di intermediazione fra fattorini e clienti. Ciò in quanto i collaboratori erano liberi di dare, o no, la propria disponibilità per i turni offerti dall’azienda, nonché in considerazione della ridotta durata dei rapporti in questione e di una prestazione media intermittente ma inferiore alle 20 ore settimanali. (Corte app. Torino 4/2/2019 n. 26, Pres. Fierro Est. Rocchetti, in Riv. It. Dir. Lav. 2019, con nota di M.T. Carinci, “Il lavoro eterorganizzato si fa strada… sulle ruote dei riders di Foodora”, e di R. Del Punta, “Sui riders e non solo: il rebus delle collaborazioni organizzate dal committente”, 340)
- Nel contempo, in considerazione del fatto che la turnistica e le zone di partenza erano stabilite dall’azienda, gli indirizzi di consegna erano comunicati ai fattorini tramite app e i tempi di consegna erano predeterminati, deve ritenersi che le suddette collaborazioni fossero organizzate dal committente ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 81/2015, derivandone l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Di conseguenza, deve accogliersi la domanda dei collaboratori avente a oggetto il riconoscimento del trattamento retributivo dei lavoratori dipendenti (con applicazione parametrale del ccnl logistica trasporto merci), ma solo con riguardo ai giorni e alle ore di lavoro effettivamente svolte. (Corte app. Torino 4/2/2019 n. 26, Pres. Fierro Est. Rocchetti, in Riv. It. Dir. Lav. 2019, con nota di M.T. Carinci, “Il lavoro eterorganizzato si fa strada… sulle ruote dei riders di Foodora”, e di R. Del Punta, “Sui riders e non solo: il rebus delle collaborazioni organizzate dal committente”, 340)
- Il legame di subordinazione è caratterizzato dall’esecuzione di un’attività lavorativa sotto l’autorità di un datore che ha il potere di impartire ordini e direttive, di controllarne l’esecuzione e di sanzionare gli adempimenti del lavoratore. Viola l’articolo L. 8221-6, II del codice del lavoro la Corte d’Appello laddove ritenga che un fattorino – che collabora per una società che utilizza una piattaforma digitale e un’applicazione al fine di mettere in contatto i ristoranti partner, i clienti che ordinano i pasti attraverso la piattaforma e i ciclofattorini che consegnano i pasti a domicilio – non sia legato alla società medesima da un contratto di lavoro subordinato, sebbene si evinca dalle sue stesse osservazioni che l’applicazione era dotata di un sistema di geolocalizzazione che permetteva alla società di seguire in tempo reale la posizione del fattorino e la rilevazione del numero totale di chilometri percorsi e che la società disponeva di un potere sanzionatorio nei confronti del fattorino. (Cour de Cassation Chambre Social, 28/11/2018 n. 1737 (17-20.079), Pres. Huglo Est. Salomon, in Riv. It. Dir. Lav. 2019, con nota di C. Garbuio, “Il contributo della Cour de Cassation francese alla qualificazione dei lavoratori digitali: se la piattaforma esercita i poteri tipici del datore, sussiste un lien de subordination”, 179)
- I fattorini che effettuano consegna dei pasti a domicilio a seguito di un contratto stipulato con la società Deliveroo hanno piena libertà di lavoro, non sono tenuto al rispetto di obblighi di esclusiva o di non concorrenza né altri obblighi nei confronti della controparte, non sono integrati all’interno di un “service organisé” e, pertanto, non possono essere ritenuti lavoratori subordinati). (Cour d’appel de Paris, Pôle 6, Chambre 22/11/2017, n. 16/12875, Pres. Métadieu, in Riv. It. Dir. Lav. 2018, con nota di A. Donini, La libertà del lavoro sulle piattaforme digitali, 46)
- Gli autisti che forniscono un servizio di trasporto in autovettura a terzi a seguito di un contratto stipulato con la società Uber rientrano nella nozione di worker (ERA 1996: s. 230 (3) (b); WTR 1998, reg. 36 (1); NMWA 1998, section 54(3). Il livello di controllo esercitato dalla società è tale da determinare un obbligo di disponibilità in capo ai prestatori in tutte le situazioni in cui abbiano effettuato accesso alla App, si trovino sul territorio nel quale sono autorizzati a lavorare e abbiano la libertà e l’intenzione di accettare incarichi. (Employment Appeal Tribunal, England and Wales, 10/11/2017, n. UKEAT/0056/17/DA, Est. Eady QC, in Riv. It. Dir. Lav. 2018, con nota di A. Donini, La libertà del lavoro sulle piattaforme digitali, 46)
- Nel rapporto giuridico intercorrente tra Uber e i suoi autisti sussiste il carattere dell’intuitu personae, quello dell’onerosità e quello della non occasionalità. Si configura quindi un rapporto di lavoro in cui è presente la subordinazione soggettiva (soggezione a ordini, a controlli continui, a sanzioni disciplinari); la subordinazione oggettiva (per la destinazione della prestazione alla realizzazione dei fini dell’impresa) e la subordinazione strutturale (per l’inserzione del lavoratore all’interno dell’organizzazione). (Vara do trabalho de Belo Horizonte – MG 14/2/2017, n. 0011359 – 34.2016.5.03.0012, Est. Marcio Toledo Gonçalves, in Riv. It. Dir. lav. 2017, con nota di G. Pacella, “Lavoro e piattaforme: una sentenza brasiliana qualifica subordinato il rapporto tra Uber e gli autisti”, 560)
- In ragione del carattere atipico della prestazione avente ad oggetto l’attività di accompagnamento di turisti nello shopping assistendoli logisticamente in varia maniera, deve essere cassata la decisione dei giudici del merito che ne hanno riconosciuto il carattere subordinato senza previo accertamento dell’esistenza di un orario di lavoro obbligatorio e di una modalità della pretesa retribuzione, né previa attenta verifica della sussistenza di presunte pretese direttive in ordine a una attività molto atipica e molto fluida. (Cass. 20/7/2016 n. 14947, Pres. Nobile Est. Bronzini, in Lav. nella giur. 2016, 1020)
- Nel caso di attività lavorativa resa da parte degli sportellisti di un’agenzia ippica, la natura subordinata del rapporto di lavoro non può essere esclusa in base al semplice fatto che il prestatore sia libero di accettare l’offerta di lavoro ovvero di rifiutarla senza fornire alcuna giustificazione, specie nel caso in cui si tratti di mansioni semplici e ripetitive remunerate in proporzione all’attività effettivamente svolta. (Cass. 14/6/2016 n. 12199, Pres. Napoletano Rel. De Gregorio, in Lav. nella giur. 2016, 927)
- Il fatto che il lavoratore abbia un proprio staff, nei confronti del quale proponga assunzioni, promozioni, aumenti di stipendio e ferie, non esprime, di per sé, subordinazione, potendo essere anche attuazione di un rapporto di lavoro autonomo; assume l’aspetto della subordinazione solo ove sia l’esecuzione di direttive ricevute dal datore nell’ambito della situazione di assoggettamento, in cui lo stesso lavoratore si trovi, e che resta il determinante parametro della subordinazione. (Trib. Milano 14/2/2013, Giud. Casella, in Lav. nella giur. 2013, 623)
- Non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, né del lavoro autonomo, l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione universitarie, che costituisce una particolare ipotesi di “contratto di formazione – lavoro”, oggetto di specifica disciplina. (Trib. Perugia 21/11/2011, Giud. Medoro, in Lav. nella giur. 2012, 316)
- In relazione alla qualificazione come autonome o subordinate delle prestazioni rese da un professionista in uno studio professionale (nella specie, consulente fiscale in uno studio legale tributarista), la sussistenza o meno della subordinazione deve essere verificata in relazione alla intensità della etero-organizzazione della prestazione, al fine di stabilire se l’organizzazione sia limitata al coordinamento dell’attività del professionista con quella dello studio, oppure ecceda le esigenze di coordinamento per dipendere direttamente e continuativamente dall’interesse dello studio, responsabile nei confronti dei clienti di prestazioni assunte come proprie e non della sola assicurazione di prestazioni altrui. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva negato il carattere subordinato del rapporto avendo accertato che l’organizzazione della prestazione non eccedeva le esigenze di coordinamento dell’attività di professionista con quella dello studio e che i controlli – esercitati sui tempi dell’incarico e sul risultato conclusivo dell’attività svolta dal collaboratore – non riguardavano le modalità di espletamento dell’incarico e non si traducevano in una espressione del potere conformativo sul contenuto della prestazione. (Cass. 14/2/2011 n. 3594, Pres. Foglia Est. Filabozzi, in Orient. giur. lav. 2011, 54)
- Lo svolgimento di mansioni ulteriori e ultronee rispetto all’oggetto tipico del contratto di trasporto rappresentate in particolare da attività di cernita, identificazione e carico dei pacchi da consegnare svolte all’interno dei locali del committente, con l’utilizzo di materiali e modalità tipiche della subordinazione, sono sussumibili nel paradigma del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. (Trib. Bolzano 30/1/2009, Est. Puccetti, in D&L 2009, con nota di Peter Michaeler, “La doppia vita del ‘padroncino’, vero trasportatore e vero subordinato”, 719)
- Il fatto che la legge n. 266/1991 sancisce che la qualità di volonatario sia incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro autonomo o subordinato non esclude che un rapporto di lavoro possa essere dissimulato da un rapporto di volontariato; di conseguenza, se un presunto volontario risulta di fatto retribuito da una associazione di volontariato, trova applicazione non la disciplina del volontariato, ma la normale disciplina gius-lavoristica. (Cass. 21/5/2008 n. 12964, Pres. Mattone Rel. Di Nubila, in Lav. nella giur. 2009, con commento di Luigi Menghini, 53)
- Lo svolgimento di attività lavorativa a titolo oneroso, all’interno dei locali della datrice di lavoro, con l’utilizzo di materiali e attrezzature della stessa e modalità tipologiche proprie della subordinazione, comporta una presunzione di sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. (Cass. 6/9/2007 n. 18692, Pres. Senese Est. De Matteis, in D&L 2007, con nota di Sara Huge, “Subordinazione e autonomia: un atteso chiarimento”, 1114)
- È correttamente motivata la sentenza di merito che qualifica quale subordinato il rapporto di lavoro intrattenuto dal personale infermieristico di cura ove riscontri la presenza dei seguenti indici di subordinazione: la predisposizione di turni lavorativi, la sussistenza dell’obbligo di presentare certificato medico in caso di malattia, la reperibilità, la modalità del compenso ragguagliato alle ore e non al risultato, l’identità delle modalità di espletamento di mansioni rispetto a lavoratori qualificati come subordinati, l’utilizzazione di attrezzature aziendali e del camice di lavoro, l’inserimento nell’organizzazione, nonché il carattere professionale dell’attività espletata che rende superflua una particolare specificazione delle direttive. (Cass. 18/7/2007 n. 15979, Pres. De Luca Est. Celentano, in Lav. nella giur. 2008, 191)
- La norma (art. 59, comma 15°, l. 27 dicembre 1997, n. 449, recante “misure per la stabilizzazione della finanza pubblica”), che qualifica come lavoratori autonomi gli scultori, i pantografisti, i tornitori a mano, i pittori, i decoratori e i rifinitori aventi sede nelle zone di montagna e che esercitino individualmente la loro attività artistica tradizionale, ha efficacia ricognitiva e in quanto tale retroattivita. Questo, tuttavia, non implica una qualificazione vincolante dei rapporti medesimi, sì da attrarli sempre e comunque entro la disciplina del rapporto di lavoro autonomo, nè avrebbe potuto implicarlo, poichè non è consentito al legislatore negare la qualificazione giuridica di lavoro subordinato a rapporti che oggettivamente abbiano tale natura, ove ne derivi l’inapplicabilità di protezioni inderogabilmente disposte per il lavoro subordinato. (Cass. 16/10/2006 n. 22129, Pres. Ciciretti Est. Morcavallo, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Maria Cristina Cataudella, “Indisponibilità del tipo lavoro subordinato e qualificazione del lavoro a domicilio”, 283)
- tipizzazione all’interno del contratto collettivo di lavoro della figura di “informatore scientifico” tra i lavoratori subordinati non può valere come indice di subordinazione dal momento che ogni attività umana, di per sè considerata, può formare oggetto di un rapporto di natura sia autonoma sia subordinata. Pertanto, in presenza di un progetto correttamente formulato, sarà il lavoratore che richiede, a norma dell’art. 69, comma 2, d.lgs. n. 276 del 2003, in trasformazione del contratto di lavoro a progetto in un rapporto di lavoro subordinato a dover dimostrare la sussistenza dell’essenziale requisito della subordinazione, intesa come assoggettamento del prestatore di lavoro al potere direttivo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro. Nel caso di specie, l’attività di verifica della conoscenza, della diffusione e del posizionamento sul mercato dei farmaci prodotti dall’impresa committente, con conseguente necessità di realizzare uno studio che comporti la rilevazione, l’analisi e l’elaborazione dei dati relativi alle specialità farmaceutiche sul territorio nazionale integra di per sè un progetto dotato di sufficiente specificità, così che non possano ricorrere, nel caso di specie, gli estremi per l’applicazione dell’art. 69, comma 1, d.lgs. n. 276 del 2003 (Trib. Milano 10/11/2005, Giud. porcelli, in Giust. civ. 2006, 1605)
- Il contratto autonomo di consulenza si caratterizza come attività estranea a quella tipica dell’impresa committente; attività che si svolge in un settore diverso seppure connesso e complementare a quello proprio dell’impresa e che comporta un impiego circoscritto o nel tempo o nell’oggetto, oltre che svolto in condizioni di effettiva autodeterminazione. (Trib. Milano 3/5/2005, Est. Martello, in Orient. Giur. Lav. 2005, 255)
- Nell’ambito di un rapporto di collaborazione professionale, intercorrente tra un medico e una casa di cura, al fine di valutare la sussistenza o meno degli elementi integranti la subordinazione, il giudice di merito non deve limitarsi a richiamare gli indici caratteristici del lavoro subordinato in termini generici, ma deve considerare la peculiarità del caso, tenendo nel dovuto conto varie circostanze, tra cui il fatto che il medico sia o meno libero di organizzarsi per le sedute attribuitegli dalla casa di cura in piena autonomia, se faccia o meno uso di apparecchiature che eccedono le potenzialità economiche del medico stesso, se sussista o meno un potere conformativo in capo al datore di lavoro – o di un suo delegato – sul contenuto della prestazione, al fine di evidenziare eventuali aspetti che incidano sul rapporto medico-paziente, al punto che l’impresa risulti responsabile nei confronti dei clienti di prestazioni assunte come proprie e non della sola assicurazione di prestazione altrui. (Cass. 14/4/2005 n. 7742, Pres. Sciarelli Rel. Spanò, in Dir. e prat. lav. 2005, 1944)
- La prestazione lavorativa della disc-jockey che operi per sei ore notturne con una frequenza di otto/nove notti al mese, percependo una retribuzione fissa a serata, sotto il potere direttivo del soggetto che gestisce la discoteca, è qualificabile come lavoro subordinato. L’esistenza di un rapporto affettivo anche molto stretto non esclude la presunzione di onerosità della prestazione lavorativa né la subordinazione, che occorre verificare in concreto tenendo presente che in questi casi essa assume una forma attenuata. (Trib. Milano 4/2/2005, Est. Frattin, in D&L 2005, 197)
- Al fine di configurare come rapporto di lavoro subordinato l’attività di maestro di tennis occorre avere riguardo a tutti gli indici rivelatori della subordinazione che sono l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro con conseguente limitazione della sua autonomia ed inserimento nell’organizzazione aziendale; al riguardo è rilevante l’esistenza in tal senso di un diritto del datore di lavoro e, rispettivamente, di un obbligo del lavoratore, derivanti dal contratto, fermo restando che la qualificazione del rapporto compiuta dalle parti nella iniziale stipulazione del contratto non è determinante, stante la idoneità, nei rapporti di durata, del comportamento della parti ad esprimere sia una diversa effettiva volontà contrattuale, sia una nuova diversa volontà. (Trib. Roma 25/6/2004, Est. Magaldi, in Lav. nella giur. 2004, 1307)
- L’attività di messo notificatore dei verbali di violazioni del Codice della strada può essere svolta tanto in regime di autonomia quanto di subordinazione lavorativa. (Cons. di Stato 3/9/2003 n. 4906, Pres. Schinaia Est. Millemaggi Cagliani, in Giur. It. 2004, 1522)
- Non ha natura di rapporto di lavoro subordinato il rapporto di lavoro tra società e membro del Consiglio di amministrazione, al quale sono attribuiti poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, ove sia assente alcun rapporto di gerarchia tra il medesimo e gli altri componenti del Consiglio di amministrazione.
- Qualora accanto ad un rapporto di lavoro subordinato tra un dirigente ed una società si ponga la carica, ricoperta dallo stesso dirigente, di membro del Consiglio di amministrazione di altra società del gruppo, l’assenza di uno specifico emolumento per tale ultimo incarico e dunque la gratuità della prestazione è legittima, essendo la coerente conseguenza del fatto che l’attività di consigliere rappresenta una frazione della prestazione lavorativa dedotta nel contratto di lavoro subordinato. (Corte d’Appello Milano 11/4/2003, Pres. ed Est. Mannacio, in D&L 2003, con nota di Filippo Capurro, “Aspetti giuslavoristici della figura dell’amministratore di società”)
- Il venditore porta a porta, in assenza di un’attività rigidamente svolta e preordinata dal datore di lavoro con vincolo di subordinazione, va qualificato come lavoratore autonomo (nella specie, si trattava di attività svolta da incaricati di vendita diretta alla commercializzazione di prodotti alimentari surgelati attraverso il sistema della vendita presso il domicilio di clienti privati, con effettuazione della consegna dei prodotti e incasso del relativo prezzo di listino). (Trib. Ascoli Piceno 19/2/2003, Giud. D’Ecclesia, in Foro it. 2003 parte prima, 1249)
- In relazione alla inquadrabilità come autonome o subordinate delle prestazione rese da un esercente la professione medica cui ove le prestazioni necessarie per il perseguimento dei fini aziendali siano organizzate in maniera tale da non richiedere l’esercizio da parte del datore di lavoro di un potere gerarchico concretizzantesi in ordini e direttive e nell’esercizio del potere disciplinare, non può farsi ricorso ai poteri distintivi costituiti dall’esercizio dei poteri direttivo e disciplinare, né possono considerarsi indicativi della natura subordinata del rapporto elementi come la fissazione di un orario per le visite, o eventuali controlli nell’adempimento della prestazione, se non si traducono nella espressione del potere confermativo sul contenuto della prestazione proprio del datore di lavoro, dovendo, in tali ipotesi, la sussistenza o meno della subordinazione essere verificata in relazione della intensità della etero-organizzazione della prestazione, al fine di stabilire se l’organizzazione sia limitata al coordinamento dell’attività del medico con quell’impresa, oppure ecceda le esigenze di coordinamento per dipendere direttamente e continuativamente dall’interesse dell’impresa, responsabile nei confronti dei clienti di prestazioni assunte come proprie e non della sola assicurazione di prestazioni altrui.(Cass. 7/2/2003, n. 3471, Pres. Sciarelli, Rel. Figurelli, in Lav. nella giur. 2003, 676)
- L’attività didattica svolta dal religioso non alle dipendenze di terzi, ma nell’ambito della propria congregazione e quale componente di essa, secondo i voti pronunciati, non costituisce prestazione di attività di lavoro subordinato ai sensi dell’art. 2094 c.c., soggetta alle leggi dello Stato italiano, bensì opera di evangelizzazione religionis causa, in adempimento dei fini della congregazione stessa, regolata esclusivamente dal diritto canonico, e quindi non legittima il religioso alla proposizione di domande dirette ad ottenere emolumenti che trovano la loro causa in un rapporto di lavoro subordinato. L’eccezione di illegittimità costituzionale di questa interpretazione dell’art. 2094 c.c., sollevata in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost. è manifestamente infondata, sia in quanto l’attività è resa in virtù di una libera scelta del religioso il quale, attraverso i voti di obbedienza, povertà e di diffusione della fede, accetta di svolgerla senza corrispettivo economico, sia in quanto il carattere di normale onerosità del rapporto di lavoro non riguarda le prestazioni svolte all’interno della comunità religiosa, sotto l’unico stimolo di principi morali, senza la tipica subordinazione e senza prospettive di retribuzione. (Cass. 2/12/2002, n. 17096, Pres. Ianniruberto, Rel. Dell’Anno, in Lav. nella giur. 2003, 375)
- L’accertamento della natura subordinata di un rapporto nato apparentemente come rapporto sociale nell’ambito di una cooperativa di produzione e lavoro, passa inevitabilmente attraverso la prova della simulazione del contratto di società che dissimuli un contratto di lavoro subordinato e non ha nulla a che vedere con l’ordinario accertamento della natura subordinata di un rapporto altrimenti nato come collaborazione autonoma (Trib. Milano 30/11/00, est. Di Ruocco, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 940)
- La collaborazione prestata per diversi anni a favore di influente uomo politico per la trattazione di istanze dei cittadini, senza erogazione di corrispettivo, ma solo con la promessa di sistemazione del figlio del collaboratore, non può qualificarsi rapporto di lavoro subordinato (Trib. Taranto 22/3/00, pres. e est. Turco, in Riv. It. dir. lav. 2001, pag. 22)
- Integra un rapporto di lavoro subordinato l’attività svolta in qualità di “aiuto istruttore sub” e animatore di un villaggio turistico, ove sia accertata l’esistenza del vincolo di subordinazione, ricavabile da una serie di “indici” sintomatici quali: l’eterodirezione, intesa come soggezione del lavoratore al potere direttivo della datrice di lavoro; la natura delle mansioni esercitate; l’inserimento continuativo e sistematico nell’organizzazione dell’impresa; le modalità di erogazione della retribuzione, comprovanti l’assenza di rischio d’impresa da parte del lavoratore, a nulla rilevando il diverso nomen juris (nella specie: lavoro autonomo avente per oggetto prestazioni di consulenza) concordato fra le parti (Trib. Roma 22/1/99, pres. ed est. Zecca, in D&L 1999, 590)
- Pur essendovi compatibilità fra assunzione di una carica elettiva nell’ambito di un’associazione sindacale e sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato fra l’associazione stessa e l’eletto, non è qualificabile come attività di lavoro subordinato l’attività svolta da una dirigente sindacale che abbia svolto attività quali sottoscrizione contratti, partecipazione ad assemblee, riunioni e trattative sindacali con autonomia gestionale, organizzativa e decisionale (Pret. Parma 13/10/98, est. Ferraù, in D&L 1999, 427)
- L’opera prestata in favore di un ente religioso da un ministro di culto, espressione della propria vocazione e caratterizzata perciò dalla volontarietà, oltre che dalla gratuità, non può configurare un rapporto di lavoro subordinato. Di questo difetta infatti l’essenziale elemento dello scambio fra prestazione e compenso, essendo l’attività unicamente finalizzata all’edificazione della fede di appartenenza e a soddisfare con ciò aspirazioni di natura spirituale (Pret. Roma 12/8/96, est. Gaddi, in D&L 1997, 586, nota Balli)
- Né il contratto di società, né l’esistenza del rapporto organico che lega l’amministratore alla società, valgono a escludere la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato fra amministratore e società, la cui sussistenza deve essere verificata in concreto, sulla base degli indispensabili presupposti dell’oggettivo svolgimento di attività estranee alle funzioni di amministratore e della ricorrenza della subordinazione, sia pure nelle forme peculiari compatibili con la prestazione lavorativa dirigenziale (Cass. 7/3/96 n.1793, pres. Micali, est. Picone, in D&L 1997, 353)
Pubblico impiego
- Non è possibile considerare costituito un rapporto di lavoro di tipo subordinato con la P.A. qualora manchi uno stabile inserimento dell’interessato nell’organizzazione dell’Ente, mentre va riconosciuta la sussistenza di un incarico di tipo professionale. (Cons. Stato 15/9/2003 n. 5144, Pres. Frascione Est. Cerreto, in Lav. nelle P.A. 2004, 502)
- L’affidamento ad operatori sanitari, da parte di una U.S.L. e con apposita convenzione, dell’incarico di svolgimento, in via continuativa, di prestazioni professionali non implica, di per sé, la costituzione di rapporti di lavoro subordinato con i connessi oneri previdenziali a carico dell’ente committente, come emerge dall’art. 6 bis del D.L. 18/1/93, n. 9, convertito in l. 18/3/93, n. 67, il quale, nel dettare il nuovo testo dell’art. 13, l. 23/12/92, n. 498 – con efficacia interpretativa estesa anche ai contratti in corso alla data della sua entrata in vigore – ha espressamente previsto che le istituzioni sanitarie operanti nel servizio sanitario nazionale non sono soggette, relativamente ai contratti da esse stipulati per prestazioni professionali a carattere individuale, all’adempimento degli obblighi di legge in materia di previdenza. (Cass. 20/4/01, n. 5882, pres. Trezza, est. Putaturo Donati, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 272)
- L’art. 6 bis DL 18/1/93 n.9, convertito in L.18/3/93 n. 67, esteso anche alle università e agli istituti di istruzione universitaria grazie all’art. 3 DL21/4/95 n. 120, convertito in L.21/6/95 n. 236, non pone una presunzione assoluta di natura autonoma dei rapporti di lavoro dei medici cd. “gettonati”, ma si limita a escludere che a essi possano applicarsi gli obblighi previdenziali e assistenziali previsti per il lavoro subordinato, fermo restando che tali obblighi vanno però rispettati ove i rapporti in questione abbiano di fatto assunto, anche in contrasto con il nomen iuris adottato dalle parti, contenuto e modalità propri del lavoro subordinato. Nel caso di specie (in virtù della continuità della prestazione, eccedente anche i limiti massimi autorizzati, dell’inserimento nei turni orari di lavoro – ivi compresi quelli di guardia notturna e festiva – al pari del personale dipendente, dell’attività di diagnosi e di assistenza medica svolta, della sottoposizione agli ordini e al controllo dei direttori di clinica, nonché dell’inserimento nell’organizzazione funzionale dell’ente) i rapporti intercorsi fra l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e i medici cd. “gettonati” sono rapporti di pubblico impiego (non rilevando, in contrario, il nomen iuris e l’assenza di atti formali di nomina) e, come tali, pur se costituiti invalidamente per violazione dei divieti legislativi di assunzione di personale non di ruolo presso le pubbliche amministrazioni, ex art.2126 c.c., sono assoggettati ai conseguenti oneri previdenziali e assistenziali gravanti sulla predetta Università, non ostando a tal fine il disposto dell’art. unico del DL23/12/78 n.817 (Pret. Napoli 24/9/96, est. Vitiello, in D&L 1997, 310, n. Manna, Sul lavoro dei medici cd. Gettonati).