Impresa sottoposta a misura di prevenzione antimafia e potere di licenziamento
Corte di Cassazione, ordinanza 5 febbraio 2025, n. 2803
Il caso riguarda l’impugnazione del licenziamento di un lavoratore di un’azienda sottoposta a sequestro preventivo antimafia con la mera motivazione che questi risultava tra gli indagati nell’ambito del procedimento penale che aveva portato all’applicazione del sequestro e in ragione del suo ruolo di direttore tecnico, ma senza attivare la procedura prevista dall’art. 7, l. 300/70. La Cassazione ribadisce l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, tra le prerogative che la legge riconosce nella materia all’amministratore giudiziario, vi è anche quella – ricavabile dall’art. 56, d.lgs. 159/11 (c.d. Codice Antimafia) – di poter procedere alla risoluzione dei rapporti di lavoro senza dover seguire le garanzie procedimentali proprie del licenziamento disciplinare, essendo solo necessario che la risoluzione del rapporto contenga la specificazione dei motivi di recesso, che devono essere funzionali alla gestione del bene sequestrato e alla tutela delle esigenze di ordine pubblico.