Corte costituzionale, sentenza 27 gennaio 2023 n. 8
Legittima la ripetibilità dell’indebito retributivo e previdenziale diverso dal pensionistico, con cautele e garanzie per il percipiente di buona fede.
Denunciando la violazione dell’art. 117, primo comma Cost., in relazione a una norma della Cedu, alcune Corti italiane avevano dichiarato non manifestamente infondata la questione di incostituzionalità dell’art. 2033 cod. civ, nella parte in cui non prevede l’irripetibilità di indebiti retributivi e previdenziali diversi da quelli pensionistici a tutela dell’eventuale affidamento di buona fede del percipiente. Nel respingere la questione di legittimità costituzionale, la Corte adotta anzitutto i presupposti e la nozione di affidamento incolpevole elaborati dalla Corte EDU (buona fede soggettiva del beneficiario richiedente o d’ufficio, provenienza dell’attribuzione da un ente pubblico e fondata su di una disposizione di legge, regolamento o contratto, carattere ordinario e reiterato dell’erogazione etc.) e rileva che la giurisprudenza di quest’ultima appare orientata a evitare che la ripetizione d’indebito costituisca una misura sproporzionata rispetto all’affidamento, ipotizzando una serie di cautele e garanzie (eliminazione degli interessi legali e sanzioni, rateizzazione del debito rapportato alle condizioni del percipiente, sua sospensione o eliminazione ove incida su diritti fondamentali dell’uomo), collegate alla concreta situazione di fatto. Ciò posto, la Corte costituzionale evidenzia che l’ordinamento italiano appresta numerosi strumenti di tutela del percipiente che incolpevolmente ha fatto affidamento sulla legittimità della erogazione indebita da parte dell’ente pubblico: dalla piena irripetibilità dell’indebito previdenziale pensionistico, assistenziale e assicurativo INAIL (ma anche retributivo, nello speciale caso previsto dall’art. 2126 cod. civ.) fino alla possibilità di utilizzare gli strumenti di mediazione tra gli interessi e i bisogni delle parti indicati dalla Corte EDU, in applicazione del principio positivo della buona fede oggettiva nell’esecuzione dei rapporti obbligatori.