Corte Costituzionale, sentenza 28 febbraio 2023, n. 33
Legittima l’esclusione della polizia penitenziaria dal più favorevole regime pensionistico previsto per il personale militare.
La Corte dei Conti, chiamata a pronunciarsi sul ricorso presentato da un ex appartenente al Corpo della polizia penitenziaria in pensione dal 2018, che chiedeva il ricalcolo della parte retributiva del proprio trattamento pensionistico mediante applicazione dell’aliquota del 44% prevista dall’art. 54, DPR 1092/73, per il personale a ordinamento militare, aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, co. 4, l. 395/90, disposizione che prevede che, per il calcolo della quota retributiva della pensione del personale a ordinamento civile, quale è quello appartenente alla polizia penitenziaria, trovi applicazione la meno favorevole aliquota del 35%. Ad avviso del giudice rimettente, tale assetto normativo comporterebbe un’ingiustificata disparità di trattamento pensionistico sia rispetto alle Forze di polizia a ordinamento militare (Guardia di finanza e Arma dei carabinieri), sia rispetto al personale del Corpo dei vigili del fuoco e di quello forestale, ai quali l’art. 54, DPR 1092/73, si applica per effetto della estensione operata espressamente dall’art. 61 del medesimo decreto. La Corte Costituzionale, nel rigettare la questione, osserva che (i) nel 2021 il legislatore ha introdotto una disposizione che ha esteso al personale delle Forze di polizia a ordinamento civile (e quindi anche a quello della Polizia penitenziaria), in possesso, alla data del 31 dicembre 1995, di un’anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, l’applicazione dell’art. 54 citato ai fini del calcolo della quota retributiva della pensione da liquidare con il sistema misto; tale disposizione, entrata in vigore il 1° gennaio 2022, tuttavia, non si applica retroattivamente, nel senso la riliquidazione del trattamento pensionistico opera solo a partire dal rateo di gennaio 2022; (ii) sebbene nel corso degli anni non siano mancati interventi normativi volti ad allineare la disciplina applicabile a tutto il personale appartenente al comparto sicurezza, ciò non è tuttavia sufficiente per sostenere l’esistenza nel nostro ordinamento di un generale principio di piena omogeneità di regolazione fra personale militare e personale civile del comparto di pubblica sicurezza, persistendo al contrario una strutturale diversità tra i rispettivi status, che giustifica differenti soluzioni sul piano normativo e che è all’origine della dicotomia nelle discipline previdenziali fra impiego civile e impiego militare presente nel DPR 1092/73.