Corte di Cassazione, ordinanza 11 settembre 2023, n. 26248
Peri i contributi non versati resta solo la possibilità del risarcimento danni o della rendita vitalizia.
Un lavoratore aveva ottenuto dai giudici di merito la condanna dell’INPS ad accreditargli i contributi omessi dal datore di lavoro per prestazioni di lavoro subordinato svolte tra il 2000 e il 2001. La Corte, cassando la contraria sentenza dell’appello, ricorda che nella propria giurisprudenza è consolidato il principio secondo cui, in caso di omesso versamento dei contributi da parte del datore di lavoro, il nostro ordinamento non prevede a favore dell’assicurato un’azione finalizzata a ottenere la condanna dell’ente alla regolarizzazione della sua posizione contributiva, ma gli riconosce, a tempo debito, esclusivamente il rimedio risarcitorio di cui all’art. 2116 c.c. o la facoltà di chiedere all’INPS la costituzione della rendita vitalizia di cui all’art. 13, l. 1338/62. In particolare, la rendita di cui all’art. 13 costituisce un congegno di regolarizzazione contributiva preordinato a valorizzare, ai fini del trattamento pensionistico, periodi contributivi per i quali si siano verificate omissioni contributive non sanabili per effetto di prescrizione: essa, dunque, non rappresenta in alcun modo una prestazione previdenziale, bensì uno strumento per rimediare all’inadempimento datoriale dell’obbligazione contributiva e ai danni che ne siano potuti derivare al lavoratore.