Tribunale di Milano, 23 aprile 2015
Non è legittimo il pedinamento del lavoratore effettuato mediante un’agenzia investigativa e per più settimane e sull’intera vita del dipendente. I c.d. controlli difensivi sono ammissibili come mezzi eccezionali, in assenza di altri mezzi di controllo, e senza che lo strumento possa eccedere rispetto al fine di verifica di un’attività illecita.
Importante pronuncia del Tribunale di Milano, che pone un freno alla prassi sempre più diffusa di sottoporre a controllo un lavoratore facendolo pedinare costantemente da una agenzia investigativa, al fine di verificare se questi tenga condotte ritenute non corrette per poi procedere (come nel caso giudicato) ad un licenziamento per motivi disciplinari. Il pedinamento del lavoratore, ritiene il giudice, è attività che può portare a raccogliere notizie su profili personali (ed eventualmente anche riservati e sensibili) del dipendente, entrando in contrasto con l’art. 8 dello statuto dei lavoratori che vieta le indagini sui fatti della vita privata del lavoratore non rilevanti ai fini della valutazione della sua attitudine professionale. Se è vero che la giurisprudenza ha riconosciuto l’utilizzabilità dei c.d. controlli difensivi, anche mediante investigazioni, questi vanno intesi come strumenti eccezionali, da attivare solo in presenza di uno specifico sospetto di una possibile condotta illecita del dipendente (sospetto basato su altre prove), solo quando non siano disponibili altri mezzi di controllo e comunque senza che il controllo assuma modalità invasive.