Ancora sul rapporto tra licenziamento disciplinare e assoluzione in sede penale
Corte di Cassazione, ordinanza 29 novembre 2024, n. 30748
La Corte d’appello aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento per giusta causa del dipendente di una società privata alla luce del giudicato nel parallelo procedimento penale, nell’ambito del quale il lavoratore era stato assolto per insussistenza del fatto contestato. Secondo i giudici, l’assoluzione spiegava effetti diretti nel giudizio disciplinare ai sensi dell’art. 653 c.p.p. La Cassazione, accogliendo il ricorso della società datrice, osserva che: (i) il richiamo della Corte d’appello all’art. 653 c.p.p. non è pertinente, riguardando lo stesso solo il rapporto di lavoro del dipendente pubblico; (ii) al caso di specie va invece applicato l’art. 654 c.p.p., in base al quale, nei giudizi civili non di danno, il giudicato penale di condanna o di assoluzione non è opponibile a soggetti che non abbiano partecipato al relativo processo; (iii) questo comporta che, se il datore non si è costituito parte civile nel processo penale, il giudice del lavoro adito con impugnativa del licenziamento, ove pure irrogato in base agli stessi comportamenti che furono oggetto di imputazione in sede penale, non è obbligato a tener conto dell’accertamento contenuto nel giudicato di assoluzione del lavoratore, ma ha il potere di ricostruire autonomamente i fatti e di pervenire a valutazioni e qualificazioni degli stessi del tutto svincolate dall’esito del procedimento penale.