Cassazione S.U., sentenza 16 giugno 2014 n. 13676
Il lavoratore che non ha chiesto per tempo il rimborso dell’IRPEF versata, in applicazione della legge italiana, sull’incentivo alle dimissioni, perde definitivamente il diritto per intervenuta decadenza anche se successivamente la Corte di giustizia U.E. abbia dichiarato che la norma impositiva italiana è in contrasto col diritto comunitario.
Una norma di legge del 1997 (in vigore per i rapporti di lavoro cessati fino al 3 luglio 2006, quando venne abrogata) aveva stabilito uno sconto del 50% sull’IRPEF dovuta per l’incentivo all’esodo di uomini di 55 anni e di donne di 50. Una sentenza della Corte di giustizia del luglio 2005 dichiarò peraltro che la norma discriminava i lavoratori di sesso maschile e che pertanto era contraria al diritto comunitario; con successiva ordinanza del 2008, la medesima Corte di giustizia dichiarò che in un caso siffatto e in attesa che lo Stato membro eliminasse la discriminazione, il giudice nazionale doveva disapplicare la norma contrastante col diritto comunitario e applicare a tutti, maschi e femmine, la norma più favorevole. Nel caso esaminato dalle sezioni unite della Corte di cassazione, un lavoratore dimessosi a 52 anni nel 2001 con incentivo all’esodo tassato in tale anno in maniera piena, aveva promosso nel luglio 2006 istanza per ottenere il rimborso del 50% in più di IRPEF a suo tempo versato, invocando la sentenza della Corte di giustizia. La Corte di cassazione ha respinto il ricorso, rilevando che al momento della istanza di rimborso era già maturato il termine quadriennale di decadenza del diritto, decorrente dal momento del versamento nel 2001 dell’IRPEF piena, escludendo che la sentenza della Corte di giustizia del 2005 comportasse una nuova decorrenza dei termini di decadenza dalla data di deposito della stessa. Sezione: Principi generali