Corte Costituzionale, sentenza 23 giugno 2023, n. 130

23 Giugno 2023

Pressante invito al legislatore perché provveda a rimuovere l’incostituzionalità del differimento e della rateazione del TFS.

Tipo di Atto: Corte Costituzionale

Come noto, l’art. 3, co. 2, d.l. n. 79/97, e l’art. 12, co. 7, d.l. n. 78/10 prevedono il differimento e la rateizzazione (graduale e oltre un certo ammontare) del trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici. La Corte costituzionale, investita della relativa questione di costituzionalità dal TAR Lazio, osserva che: (i) la natura retributiva delle indennità di fine servizio, ribadita in più occasioni dalla giurisprudenza costituzionale, inserisce tali prestazioni nell’ambito applicativo dell’art. 36 Cost, quindi con la garanzia della giusta retribuzione, anche con riguardo alla tempestività dell’erogazione; (ii) dato che il TFS incide significativamente sull’equilibrio del bilancio statale, non è tuttavia da escludersi che, in situazioni di grave difficoltà finanziaria, il legislatore possa eccezionalmente comprimere il diritto del lavoratore alla tempestiva corresponsione di tale indennità, purché l’intervento legislativo sia sottoposto a una rigorosa delimitazione temporale e sia conforme ai principi di ragionevolezza e proporzionalità; (iii) il termine dilatorio di dodici mesi previsto per l’erogazione del tfs dall’art. 3, co. 2, d.l. n. 79/97, in caso di cessazione dal rapporto di lavoro per raggiunti limiti di età o di servizio, non rispetta tali requisiti, essendosi trasformato da intervento urgente di riequilibrio finanziario in misura a carattere strutturale; (iv) quanto alla previsione del pagamento rateale del TFS, di cui all’art. 12, co. 7, d.l. n. 78/10, sebbene sia strutturata secondo una progressione graduale delle dilazioni, che consente di calibrare il sacrificio economico derivante dalla percezione frazionata dell’indennità in modo tale da renderne esenti i beneficiari dei trattamenti più modesti, essa, tuttavia, combinandosi col meccanismo del differimento, finisce con l’aggravare il vulnus costituzionale evidenziato; (v) a tale vulnus non può tuttavia porre rimedio la Corte costituzionale (che pertanto dichiara inammissibile la questione), ma solo il legislatore, al quale spetta il compito di individuare i mezzi e le modalità di attuazione di un intervento riformatore che tenga conto sia delle esigenze di cassa sia delle peculiari e importanti esigenze del lavoratore, che il TFS mira a soddisfare; (viii) la discrezionalità del legislatore non è temporalmente illimitata: non sarebbe tollerabile l’eccessivo protrarsi dell’inerzia legislativa, tenuto anche conto che la Corte aveva già rivolto al legislatore, con la sentenza n. 159 del 2019, un monito con il quale si segnalava la problematicità della normativa in esame.