Corte d’appello di Napoli, 4 aprile 2024
Lavoratore sorpreso in attività incompatibili con la malattia: se il datore di lavoro non prova che il lavoratore ha rischiato di aggravare la patologia, il licenziamento è illegittimo (ma non c’è reintegrazione).
La Corte conferma la sentenza con cui in primo grado era stato dichiarato illegittimo il licenziamento subìto da un lavoratore, sorpreso da controlli di investigatori privati mentre era al mare impegnato in attività ludiche durante l’assenza per infortunio. Secondo il Collegio l’imprenditore, quando procede al licenziamento, deve provare non soltanto che il lavoratore ha svolto, in costanza di malattia, altre attività, ma anche che la malattia è simulata o che le attività svolte sono in grado di aggravarla, con la conseguente inosservanza dell’obbligo di diligenza ex art. 2104 c.c.. Se tale prova non viene raggiunta, il licenziamento disciplinare è ingiustificato e quindi illegittimo. Poiché, tuttavia, il “fatto materiale” in questo caso è stato provato, la tutela accordata al lavoratore è quella indennitaria, ex art. 18, c. 5, L. 700/1970.