Corte di cassazione, ordinanza 15 dicembre 2020 n. 28646 –
Un’associazione di avvocati che ha il compito di difendere in giudizio gli omosessuali e diffondere la cultura del rispetto dei loro diritti è legittimata a svolgere in giudizio un’azione, anche risarcitoria, contro comportamenti discriminatori nel lavoro a danno della categoria.
Le dichiarazioni pubbliche di un avvocato di non intendere assumere mai, nel proprio studio, personale omosessuale concretano una discriminazione in materia di accesso all’occupazione e al lavoro.
Nel corso di un’intervista radiofonica, un avvocato aveva dichiarato che non assumerebbe mai o avvierebbe una collaborazione nel proprio studio con persone omosessuali. Un’associazione di avvocati avente per statuto il compito di difendere gli omosessuali e diffondere la cultura del rispetto dei loro diritti aveva promosso un giudizio per far accertare il carattere discriminatorio, anche ai sensi del diritto comunitario, di tali dichiarazioni e ottenere un risarcimento danni. Nel corso del giudizio, a seguito di richiesta di una corretta interpretazione del diritto comunitario, la Corte di giustizia affermò che tale diritto non impone, ma non osta a una normativa nazionale che riconosca la legittimazione attiva di siffatta associazione in un giudizio discriminatorio e che le frasi dell’avvocato concretano una discriminazione, in ragione dell’orientamento sessuale, in materia di accesso all’occupazione a delle condizioni di lavoro, anche se l’avvocato non abbia in corso una procedura di assunzione, purché non si tratti di dichiarazioni puramente ipotetiche. Ora la Cassazione, in applicazione del diritto italiano, ammette l’Associazione all’azione antidiscriminatoria e, anche in applicazione del diritto comunitario, accoglie le sue richieste, ritenendo le dichiarazioni dell’avvocato non ipotetiche e concretamente lesive.
Sezione: rapporto di lavoro