Corte di Cassazione, ordinanza 16 febbraio 2024, n. 4279

16 Febbraio 2024

Sull’onere di allegazione e prova in caso di lamentata dequalificazione professionale e di danno da mobbing.

Tipo di Atto: Giurisprudenza di Cassazione

Una dipendente del Ministero della giustizia aveva chiesto il risarcimento danni per dequalificazione professionale e per comportamenti vessatori asseritamente posti in essere nei suoi confronti dal personale del Ministero della Giustizia. I giudici di merito avevano rigettato le domande, osservando, da un lato, che la lavoratrice, per dimostrare la lamentata dequalificazione, avrebbe dovuto, fin dall’atto introduttivo del giudizio, illustrare il contenuto della propria qualifica e confrontarlo con le mansioni assegnatele; dall’altro lato, che le condotte poste in essere dai colleghi non integravano gli estremi del mobbing. La Cassazione, nell’accogliere il ricorso della funzionaria, osserva che: (i) in giurisprudenza è consolidato il principio secondo cui, una volta che il lavoratore pubblico indichi le mansioni svolte, è dovere del giudice porre a confronto tale dato con la contrattazione applicabile, per verificare la fondatezza o meno dell’assunto secondo cui l’attività non sarebbe stata coerente con l’inquadramento professionale; (ii) il raffronto tra mansioni effettivamente svolte e mansioni dovute in base all’inquadramento non è infatti un dato di fatto, che deve essere tempestivamente allegato dal lavoratore che propone la domanda, bensì un segmento del percorso argomentativo da seguire per esprimere il giudizio sulla fondatezza o meno della domanda; (iii) altrettanto consolidato è altresì il principio – anch’esso disatteso dai giudici di merito nel caso di specie – secondo cui la riscontrata assenza degli estremi del mobbing non fa venire meno la necessità di valutare, sulla base dei medesimi fatti allegati a sostegno della domanda, l’eventuale responsabilità del datore di lavoro per avere anche solo colposamente omesso di impedire che un ambiente di lavoro stressogeno provocasse un danno alla salute dei lavoratori (la tutela di cui all’art. 2087 c.c. non si esaurisce infetti con la repressione del mobbing).