Corte di Cassazione, ordinanza 28 giugno 2024, n. 17912
Sui presupposti del compenso del lavoro eccedente quello ordinario nel pubblico impiego
Un infermiere, dipendente pubblico, aveva chiesto in giudizio il pagamento dell’attività svolta oltre il debito orario nell’esecuzione del servizio speciale di “dialisi estiva” in favore anche di pazienti di altre regioni. La domanda era stata respinta dalla Corte d’appello, che aveva ricondotto la pretesa del lavoratore nell’ambito delle c.d. “prestazioni aggiuntive” (disciplinate prima dalla legge e poi dal contratto collettivo), di cui peraltro mancavano nel caso in esame i principali requisiti previsti dalla normativa citata. La Cassazione, nell’accogliere il ricorso dell’infermiere, osserva che: (i) è pacifico che nel caso di specie fossero carenti gli elementi costitutivi del diritto a vedersi remunerate le c.d. prestazioni aggiuntive; (ii) lo svolgimento di lavoro oltre il debito orario, sotto il profilo della remunerazione, non intercetta, tuttavia, soltanto la fattispecie delle prestazioni aggiuntive, ma anche quella del lavoro straordinario, ed è a tale disciplina normativa che bisogna fare riferimento per valutare la pretesa del lavoratore; (iii) ai fini del riconoscimento del diritto alla remunerazione del lavoro straordinario, è necessario che esso sia stato svolto su incarico, anche solo implicito, del datore, la cui autorizzazione può essere anche invalida, magari perché comporta un eccesso di spesa pubblica, senza che ciò intacchi il diritto al compenso del prestatore (eventualmente a norma dell’art. 2026 c.c.), involgendo semmai la responsabilità di chi ha autorizzato in maniera illecita.