Corte di Cassazione, ordinanza 4 marzo 2024, n. 5653
Sulla nozione di prova pratica nei concorsi pubblici.
Il caso riguarda l’annullamento, da parte dei giudici di merito su ricorso di due candidate, di una procedura selettiva indetta dal Comune per la stabilizzazione di un LSU come collaboratore amministrativo. L’annullamento era stato motivato dal fatto che la “prova pratica” richiesta ai sensi dell’art. 27, co. 2, DPR 487/94 era stata in realtà svolta illegittimamente mediante un test su nozioni di tipo generale. I giudici avevano altresì escluso che, partecipando al test scritto, le due ricorrenti avessero prestato acquiescenza alle modalità di svolgimento della prova selettiva, come viceversa sostenuto dal Comune. La decisione è confermata dalla Cassazione, la quale osserva che (i) per consolidato proprio orientamento, la prova pratica (che non coincide necessariamente con la “prova manuale”) si contrappone a quella teorica in quanto è finalizzata a valutare non il grado di conoscenza astratta dei principi di una determinata disciplina, ma la capacità del candidato di assumere in concreto comportamenti necessari o opportuni in un determinato contesto operativo; (ii) ai fini dell’acquiescenza a un provvedimento amministrativo, non è sufficiente un atteggiamento di mera tolleranza contingente, né il compimento di atti resi necessari e opportuni, nell’immediato, dall’esistenza del suddetto provvedimento, in una logica di riduzione del pregiudizio da esso derivante, ma che non per questo escludono l’eventuale coesistente intenzione dell’interessato di agire poi per l’eliminazione degli effetti del provvedimento stesso.