Corte di cassazione, ordinanza 7 febbraio 2023 n. 6838

7 Febbraio 2023

Ancora sulla ripartizione dell’onere della prova in caso di licenziamento ritorsivo.

Tipo di Atto: Giurisprudenza di Cassazione

In un caso relativo al licenziamento per giustificato motivo oggettivo della dipendente di un’associazione alberghiera, Tribunale e Corte d’appello, avendo accertato che il recesso era stato in realtà disposto in reazione al rifiuto della lavoratrice di rinunciare al superminimo, avevano dichiarato la nullità del licenziamento, in quanto determinato da intento ritorsivo e avevano ordinato la reintegrazione della dipendente. La Cassazione, nel rigettare il ricorso dell’associazione datrice di lavoro, osserva che: (i) come in più occasioni ribadito da recentissime sentenze di legittimità, la domanda di accertamento della nullità del licenziamento fondato su motivo illecito può essere accolta ogniqualvolta il lavoratore ne dimostri l’intento ritorsivo determinante e ciò anche in presenza di altri fattori che avrebbero potuto configurare una giusta causa o un giustificato motivo di recesso; (ii) l’intento ritorsivo può essere provato anche mediante presunzioni, prima fra tutte quella relativa all’assenza di una giusta causa o un giustificato motivo di licenziamento, elementi il cui onere probatorio grava sul datore; (iii) l’art. 4, l. 108/90, nel riconoscere alle organizzazioni di tendenza l’inapplicabilità dell’art. 18 St. Lav., fa salva l’ipotesi regolata dall’art. 3 – che prevede l’applicazione della tutela reale ai licenziamenti nulli in quanto discriminatori o determinati da motivo di ritorsione o rappresaglia a prescindere dal numero dei dipendenti dell’azienda e anche a favore dei dirigenti –, sicché, in tale evenienza, va ordinata, anche nei confronti di dette associazioni, la reintegra del lavoratore.