Corte di cassazione, ordinanza 9 gennaio 2024 n. 741

9 Gennaio 2024

Le nozioni di nullità e ingiustificatezza a proposito di un licenziamento denunciato come ritorsivo.

Tipo di Atto: Giurisprudenza di Cassazione

Dopo un trasferimento, giudizialmente annullato, seguito da una serie di provvedimenti disciplinari conservativi, tutti impugnati, il gestore di un negozio di abbigliamento era stato licenziato per giusta causa per comportamento scorretto nei confronti di una collaboratrice e altre mancanze, tutte ritenute dai giudici di merito esistenti, ma non talmente gravi da meritare una reazione espulsiva. La Corte d’appello, inoltre, a differenza del Tribunale, aveva desunto dalla sproporzione della sanzione la prova presuntiva del denunciato carattere ritorsivo del licenziamento, che aveva pertanto dichiarato nullo, con conseguente tutela reintegratoria piena (in regime della legge n. 92/2012). Il giudice di legittimità cassa la sentenza, ricordando che il licenziamento ritorsivo si caratterizza dal fatto che è determinato da un motivo illecito unico ed esclusivo, nel senso che “la sua efficacia determinativa va verificata in relazione all’assenza di altre motivazioni… astrattamente lecite” (e non pretestuose), valutazione che è diversa da quella condotta con i parametri della giusta causa e del giustificato motivo. Ne consegue (e questa è la ragione della cassazione della sentenza in esame) che l’accertamento del fatto che il licenziamento sia fondato su valutazioni sproporzionale, ma non illecite o pretestuose rispetto ai fatti, seppure possa concorrere con altri indizi gravi, precisi e concordanti a sostenerne il carattere ritorsivo, da solo non ne costituisce piena prova.