Corte di Cassazione, ordinanza interlocutoria 29 maggio 2024, n. 15030
Alla Corte costituzionale l’esclusione dei dirigenti dal “blocco” dei licenziamenti individuali per g.m.o. durante la pandemia da Covid-19
La Corte d’appello aveva dichiarato la nullità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo di un dirigente d’azienda, in quanto disposto ad aprile 2020, nella vigenza del “blocco” dei licenziamenti (collettivi e individuali per g.m.o.) durante la pandemia da Covid-19, introdotto dall’art. 46, d.l. 18/20 e successive proroghe e che i giudici di merito avevano ritenuto applicabile anche ai dirigenti, secondo una lettura costituzionalmente orientata della norma. L’interpretazione dei giudici di merito non è condivisa dalla Cassazione, che osserva: (i) nel definire l’ambito applicativo del divieto dei licenziamenti individuali, il legislatore dell’emergenza ha fatto espresso riferimento al recesso per “giustificato motivo oggettivo disposto ai sensi dell’art 3 della legge 15 luglio 1966 n. 604”, che non menziona i dirigenti, quindi esclusi dal successivo divieto; (ii) al contrario, il blocco dei licenziamenti collettivi riguarda senz’altro anche i dirigenti, perché anche a costoro si applica la l. 223/91, le cui procedure sono state temporaneamente vietate dal legislatore dell’emergenza pandemica, attraverso il citato art. 46; (iii) per i dirigenti, si registra, quindi, un’asimmetria nel regime del blocco dei licenziamenti, che non appare ragionevole, tenuto anche conto che il sacrificio così imposto ai datori di lavoro è stato bilanciato attraverso una serie di misure economiche che presuppongono tutte la portata generalizzata del blocco dei licenziamenti collettivi e individuali per ragioni oggettive, a prescindere dalla categoria legale di inquadramento dei dipendenti altrimenti licenziabili; (iv) l’asimmetria non è tuttavia superabile attraverso l’interpretazione costituzionalmente conforme della norma emergenziale come proposta dalla Corte d’appello, che non è compatibile con il dato letterale assolutamente univoco dell’art. 46, né, d’altro canto, attraverso un’applicazione analogica della norma, il cui carattere eccezionale è evidente; (v) non resta quindi che investire della questione la Corte costituzionale, perché si pronunci sulla compatibilità della norma con l’art. 3, Cost.