Corte di cassazione penale, sentenza 22 gennaio 2024 n. 2573
La retribuzione proporzionata e sufficiente nel penale.
Due imprenditori agricoli erano stati condannati per il reato di sfruttamento aggravato del lavoro (art. 603 bis c.p.), per avere utilizzato la manodopera di quattro lavoratori extracomunitari con una retribuzione oraria di 3 euro per nove ore lavorative giornaliere, approfittando del loro stato di bisogno. Analizzando l’indice di sfruttamento della reiterata corresponsione di retribuzioni palesemente difformi da quelle dei contratti collettivi nazionali o territoriali più rappresentativi e “comunque sproporzionate rispetto alla qualità e alla quantità del lavoro prestato” (3° comma, n. 1 della norma), la Cassazione, confermando la condanna, precisa anzitutto che i quattro indici dello sfruttamento lavorativo indicati dal terzo comma dell’art. 603 bis non esauriscono le possibilità di individuazione dello stesso. Inoltre la norma ha riguardo chiaramente non solo al lavoro formalmente qualificato come subordinato, ma a ogni attività lavorativa accettata in stato di bisogno di cui approfitta il datore, “ancorché qualificata o simulata sotto altri tipi contrattuali”. Quanto ai termini di confronto della retribuzione percepita rispetto a quella dovuta per le medesime attività secondo la contrattazione più rappresentativa e, comunque in base al canone della proporzionalità, la Corte si rifà sostanzialmente agli esiti delle elaborazioni della giurisprudenza civile, soprattutto quanto al parametro della proporzionalità, declinato in conformità al dettato dell’art. 36 Cost., quindi prevalente anche sui contratti collettivi.