Corte di Cassazione, sentenza 11 ottobre 2023, n. 28378

11 Ottobre 2023

Delegabili le indagini difensive, ma previa indicazione dei nominativi nell’incarico all’agenzia investigativa.

Tipo di Atto: Giurisprudenza di Cassazione

Nell’ambito di una complessa vicenda originata dal licenziamento disciplinare del dipendente di una compagnia telefonica, svolgente la propria attività all’esterno presso i clienti della società, al quale era stato contestato di essersi dedicato in orario di lavoro a incombenze estranee all’attività lavorativa, la Corte d’appello, ribaltando la sentenza di primo grado, aveva riconosciuto la legittimità del provvedimento espulsivo, dando rilievo decisivo agli elementi raccolti da un’agenzia investigativa, su incarico del datore di lavoro, nel corso di una serie di pedinamenti. In cassazione, il lavoratore aveva contestato, tra gli altri, l’utilizzabilità degli esiti dell’indagine investigativa in quanto svolta da agenti dipendenti da un’agenzia diversa da quella incaricata. La Cassazione, nell’accogliere il ricorso, osserva che: (i) dagli atti del giudizio emerge incontestabilmente che l’agenzia investigativa incaricata dal datore di lavoro aveva subappaltato l’esecuzione dei pedinamenti a investigatori privati esterni alla propria struttura; (ii) dai medesimi atti emerge altresì che il mandato investigativo, pur autorizzando l’agenzia investigativa ad avvalersi della collaborazione di soggetti esterni, prevedeva che, in tal caso, essa avrebbe dovuto indicare i relativi nominativi in calce all’atto di incarico, indicazione che è invece mancata nel caso di specie; (iii) si ravvisa dunque un contrasto con l’art. 8 del Codice di deontologia per i trattamenti di dati personali effettuati per lo svolgimento di indagini difensive (all. A.6, d.lgs. 196/03), secondo cui “l’investigatore privato deve eseguire personalmente l’incarico ricevuto e può avvalersi solo di altri investigatori privati indicati nominativamente all’atto del conferimento dell’incarico, oppure successivamente in calce a esso qualora tale possibilità sia stata prevista nell’atto di incarico”; (iv) la violazione di tale regola deontologica – alla quale va riconosciuta valenza normativa e che può pertanto essere individuata e applicata dal giudice anche d’ufficio – comporta l’inutilizzabilità dei dati raccolti nel corso dei pedinamenti, stante il disposto dell’art. 11, co. 2, d.lgs. 169/03, che, nella formulazione vigente all’epoca dei fatti, prevedeva che “i dati personali trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali non possono essere utilizzati”; (v) si tratta, nello specifico, di una inutilizzabilità assoluta, vincolante anche per il giudice.