Corte di cassazione, sentenza 12 settembre 2016 n. 17921
Il recesso in prova nullo equivale a tutti gli effetti a un licenziamento illegittimo.
Con la conseguenza, precisa la Corte, dell’applicazione della tutela reale (art. 18 S.L.) o obbligatoria (art. 8 L. n. 604/1966), a seconda della ricorrenza dei relativi requisiti dimensionali. La sentenza impugnata in cassazione aveva viceversa ritenuto applicabili le ordinarie conseguenze “civilistiche” di un negozio nullo (eliminazione dello stesso, ricostruzione del rapporto di lavoro e risarcimento danno pari alle retribuzioni perdute, in assenza del requisito dimensionale per l’applicazione della tutela reale). Il caso esaminato riguardava un lavoratore assunto in prova, che in precedenza aveva già svolto le medesime mansioni per la società, ma con un contratto di collaborazione a progetto. Di notevole interesse l’affermazione che anche in questo caso, in cui il primo contratto aveva la forma della collaborazione a progetto, l’identità delle mansioni (come accertata dai giudici di merito) determina la nullità, per difetto di causa (la prova, appunto) del patto di prova apposto al successivo contratto di lavoro subordinato. – Sezione: rapporto di lavoro