Corte di cassazione, sentenza 15 gennaio 2016 n. 583
Quale che sia la denominazione della componente del danno non patrimoniale di cui si chiede il risarcimento, essa, per evitare duplicazioni, deve essere dedotta e provata nella sua specificità.
Nel caso esaminato, un lavoratore aveva lamentato una serie di danni non patrimoniali conseguenti a un infortunio sul lavoro attribuibile a colpa del datore e aveva ottenuto, oltre a danno biologico, anche la liquidazione del danno morale, nel quale il giudice aveva ricompreso sia quello derivante dalla sofferenza immediata (danno morale in senso stretto, nella terminologia corrente) sia l’alterazione del regime e delle abitudini di vita precedenti (normalmente denominato danno esistenziale). In cassazione, il lavoratore lamentava la mancata liquidazione del danno esistenziale, ma la Corte, pur discostandosi dalla giurisprudenza delle sezioni unite del 2008 in tema di unicità del danno non patrimoniale e ammettendo la possibilità di individuare varie componenti di tale danno, respinge la richiesta, rilevando che, ancorché sotto la diversa denominazione di danno morale, il danno esistenziale era già stato liquidato dai giudici di merito. – Commento: rapporto di lavoro.