Corte di cassazione, sentenza 19 marzo 2019 n. 7657
Il dipendente pubblico destinatario della sospensione cautelare facoltativa per pendenza di processo penale non ha l’onere di comunicare la propria assoluzione.
Più in generale, il datore di lavoro che opta per la sospensione (nell’ipotesi: cautelare non obbligatoria) del rapporto di lavoro si assume i rischi conseguenti all’accertamento della ragione che giustifica la sospensione, vale a dire, nel caso in esame, la condanna penale del dipendente. Ne consegue che, ove quest’ultima si realizzi, il datore di lavoro ha l’onere, data la natura strumentale della sospensione rispetto al futuro licenziamento di natura disciplinare, di attivare o riattivare il relativo procedimento disciplinare. Nel caso in cui, viceversa, il procedimento penale si concluda in senso favorevole al dipendente, è ancora esclusivamente il datore di lavoro che ha l’obbligo di riattivare il rapporto di lavoro, corrispondendo altresì al dipendente le retribuzioni perdute, senza che tale corresponsione sia condizionata a un onere del dipendente di comunicare l’esito del procedimento penale.
Sezione: rapporto di lavoro