Corte di cassazione, sentenza 20 settembre 2016 n. 18418
Anche il fatto privo del carattere d’illiceità, indicato come motivo di un licenziamento disciplinare, comporta la tutela reintegratoria.
Come è noto, secondo la riforma dell’art. 18 operata dalla “legge Fornero”, solo l’insussistenza del fatto contestato o la sua previsione nel contratto collettivo come meritevole di una sanzione conservativa comportano che all’annullamento del licenziamento disciplinare consegua la tutela reintegratoria, anziché quella meramente indennitaria. Nel caso esaminato, ribadendo la regola affermata in una precedente pronuncia (che apre ad una possibile valutazione del giudice circa la rilevanza disciplinare dei fatti e che dovrebbe valere anche per il contratto a tutele crescenti di cui alle recenti riforme), la Corte ha ritenuto privo del carattere di illiceità, ossia non suscettibile di alcuna sanzione, il fatto (che aveva dato luogo al licenziamento disciplinare) consistente nell’aver usato modi maleducati nei confronti di personale che il dipendente aveva il compito di formare, di aver rifiutato di rinegoziare il superminimo e di avere espresso le proprie doglianze per essere stato demansionato. – Sezione: rapporto di lavoro.