Corte di cassazione, sentenza 22 maggio 2024 n. 14301
Nullo il licenziamento a causa di matrimonio della lavoratrice, anche se già di fatto convivente.
Il giudizio promosso da una lavoratrice per ottenere la dichiarazione di nullità del licenziamento intimatole nel 2019 all’interno del periodo di un anno dalle pubblicazioni di matrimonio dà modo alla Cassazione, nel confermare la sentenza dei giudici di appello di accoglimento delle domande, di ricordare: (i) che la nullità del licenziamento della donna lavoratrice a causa di matrimonio prescinde dalla considerazione della buona fede del datore di lavoro (che, ad es. come nel caso di specie, sia a conoscenza del fatto che il matrimonio intervenga in una situazione di precedente convivenza di fatto) ed è esclusivamente legato al fatto che esso cada nel periodo di un anno dalle pubblicazioni di matrimonio, se questo poi segua; (ii) che tale presunzione di collegamento del licenziamento col matrimonio può vincersi per legge unicamente in tre casi: colpa grave della lavoratrice, costituente giusta causa di licenziamento, cessazione dell’attività di azienda e scadenza del termine direttamente o indirettamente apposto al contratto di lavoro; (iii) che in questo come negli altri casi di nullità del licenziamento la tutela reintegratoria piena esclude, sul piano risarcitorio, la detrazione dell’”aliunde percepiendum” (che nel caso sarebbe stato rappresentato, secondo la società, da ciò che la lavoratrice avrebbe guadagnato accettando la proposta di revoca del licenziamento proveniente dalla società); (iv) che questa disciplina non discrimina gli uomini lavoratori, perché la diversità di trattamento non è giustificata dal genere, ma dalla realtà sociale che rende necessarie misura di protezione inutili per gli uomini.