Corte di cassazione, sentenza 6 giugno 2018 n. 14527

6 Giugno 2018

L’infelice sorte della satira nella nota vicenda dei cinque licenziamenti della Fiat a Pomigliano d’Arco.

Tipo di Atto: Giurisprudenza di Cassazione

La ragione dei licenziamenti consisteva nell’avere i cinque lavoratori realizzato, fuori dell’azienda, la rappresentazione scenica del finto suicidio e successivo funerale dell’amministratore delegato della società con contestuale affissione di un preteso testamento ove al medesimo veniva attribuita la colpa di alcuni suicidi di dipendenti dovuti alle condizioni di lavoro e della “deportazione” di altri in altro stabilimento. La Corte d’appello, valutando la pur macabra rappresentazione in termini di aspra satira politico-sindacale (in sostanza, con quelle forme si voleva dire che l’amministratore avrebbe dovuto pentirsi della sua gestione aziendale e mutar strada), ne aveva dichiarato la legittimità in ragione del fatto che, attraverso di essa, la critica svolta aveva rispettato i requisiti della verità soggettiva (due lavoratori suicidatisi poco prima avevano motivato il loro gesto con le condizioni aziendali e effettivamente la società aveva disposto il trasferimento di alcuni dipendenti in una sede ritenuta disagiata) e della continenza formale (assenza di espressioni ingiuriose, sconvenienti o eccedenti lo scopo della denuncia). Nell’esaminare la sentenza della Corte d’appello, la Cassazione dà anzitutto atto che, attraverso la rappresentazione scenica, gli autori, esercitando il diritto di critica, perseguivano la finalità di protestare contro le politiche aziendali del lavoro e che la scelta della forma della satira comporta l’uso di un linguaggio colorito col ricorso a figure paradossali e a immagini forti ed esagerate, alle quali non può essere conferito il significato letterale o apparente che potrebbero avere. Ma poi, inopinatamente, la Corte di legittimità, con un giudizio che rischia di apparire invasivo dell’ambito riservato ai giudici di merito, valuta direttamente quella rappresentazione sarcastica come violativa del criterio della continenza formale imposta al diritto di critica, perché recherebbe pregiudizio all’onore, alla reputazione e al decoro della persona offesa, altresì “annichilita nella propria dignità di contraddittore”. Nel clima di fisiologica conflittualità che spesso caratterizza i rapporti sindacali nelle grandi imprese, una goliardata a sfondo politico-sindacale può davvero diventare un attentato alla persona umana?
Sezione: rapporto di lavoro