Corte di cassazione, sentenza 7 maggio 2015 n. 9223 – L’esecuzione spontanea da parte del datore di lavoro di una sentenza di reintegrazione di primo grado non significa necessariamente acquiescenza alla stessa.

7 Maggio 2015

Se il C.C.N.L. prevede la sanzione conservativa per una determinata mancanza, il giudice non può valutarla più gravemente, a meno che accerti che i contraenti collettivi non hanno escluso tale possibilità per le mancanze più gravi.

Tipo di Atto: Giurisprudenza di Cassazione

La prima affermazione è costante nella giurisprudenza della cassazione ed è motivata con la considerazione che il datore di lavoro può aver deciso di dare spontanea esecuzione alla sentenza di primo grado, che è esecutiva, unicamente per evitare i costi dell’esecuzione forzata.
Quanto alla seconda, anch’essa corrente come principio, il caso cui viene applicata era il licenziamento intimato a un dipendente per avere aggredito in azienda il proprio superiore. Poiché il C.C.N.L. sanziona “gli alterchi con vie di fatto negli edifici della società” con la sospensione, la Corte, richiamando il principio indicato, ha ritenuto corretta la valutazione più grave del giudice di merito, sulla base della considerazione che questi aveva interpretato la volontà dei contraenti collettivi nel senso di non escludere una valutazione più grave, nel caso in esame perché il fatto aveva comportato “serie conseguenze, insistito malanimo, grave stravolgimento dell’ordinario ritmo di lavoro”.
Sezione: rapporto di lavoro.