Corte di cassazione, sentenza 7 novembre 2019 n. 28750
Nessuna decadenza per l’azione del dipendente che rivendica il proprio trasferimento nel quadro di una cessione di ramo di azienda.
Come è noto, l’art. 6 della legge n. 604 del 1966, nella versione attuale, prevede due termini di decadenza per l’impugnazione dei licenziamento e estende la stessa regola, tra l’altro, anche “c) alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’art. 2112 cod. civ., con termine decorrente dalla data di trasferimento; d) in ogni altro caso in cui … si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto”. La giurisprudenza della Corte è uniforme nel ritenere che l’ipotesi sub c) riguardi solo il caso di chi impugna la cessione del proprio contratto di lavoro nell’ambito di un trasferimento di azienda ex art. 2112 c.c. e non quello di chi viceversa la rivendica. Ma anche con riguardo all’ipotesi sub d), la Corte, con un’articolata, rigorosa interpretazione della norma, ritenuta di carattere eccezionale e quindi di stretta interpretazione, afferma, a quanto risulta, per la prima volta che essa è estranea all’ipotesi (come quella in esame) in cui un dipendente escluso dal trasferimento del proprio rapporto in sede di cessione d’azienda ex art. 2112 c.c., lo rivendichi in giudizio.
Sezione: rapporto di lavoro