Corte di Cassazione, sentenza 7 settembre 2022, n. 26395
Licenziamento ritorsivo e prova per presunzioni.
La Corte d’appello aveva dichiarato la nullità, perché sorretto da motivo illecito determinante, del licenziamento intimato a un lavoratore che, per opporsi a un trasferimento ritenuto ritorsivo, non si era presentato al lavoro. Secondo i giudici di merito, l’assenza del lavoratore, posta a fondamento del provvedimento espulsivo, non poteva dirsi ingiustificata, costituendo il legittimo esercizio da parte del dipendente del potere di autotutela contrattuale a fronte di un trasferimento il cui carattere ritorsivo risultava dimostrato sulla base di idonei indici presuntivi, dai quali poteva altresì ricavarsi che il medesimo intento illecito era risultato determinante anche nella successiva scelta datoriale di licenziare il lavoratore. La Cassazione, nel confermare la sentenza di merito, afferma che l’onere di provare la natura ritorsiva determinante del licenziamento grava sul lavoratore, in base alla regola generale di cui all’art. 2697 c.c., ma esso può essere assolto anche mediante presunzioni, come accaduto nel caso di specie, ed evidenzia altresì come il giudizio sull’attitudine degli elementi presuntivi a consentire di inferirne logicamente la natura ritorsiva del provvedimento datoriale sia di mero fatto, come tale devoluto all’apprezzamento del giudice di merito e insuscettibile di riesame da parte dei giudici di legittimità.