Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 15 marzo 2016 n. 5072
Le sezioni unite della Corte sciolgono il nodo relativo ai criteri per la determinazione del danno da liquidare ai precari della P.A. in caso di illegittimità o abuso del contratto a termine.
Si ricorda che nel diritto italiano l’illiceità o l’abuso del contratto di lavoro a termine con dipendenti della P.A. non comporta la conversione del rapporto a tempo indeterminato, ma unicamente conseguenze risarcitorie in favore del dipendente. Questa disciplina è stata giudicata dalla Corte di giustizia UE non contrastare col diritto dell’Unione a patto che, in caso di abuso, il danno liquidato sia effettivo, adeguato, proporzionato alla lesione e abbia capacità dissuasiva rispetto a possibili nuove violazioni, secondo una valutazione affidata al giudice nazionale. Conseguentemente, come ricordato in precedenti numeri delle Newsletter (cfr. i commenti a Cass. n. 19112/14 nel n. 19 del 2014, a Cass. n. 27363/14 nel n. 1 del 2015, a Cass. n. 1260/15 nel n. 3 del 2015 e a Cass. n. 16363/15 nel n. 16 del 2015), si erano formati diversi orientamenti in Cassazione in ordine ai criteri da seguire per la liquidazione di detto danno. Investite della questione, le sezioni unite optano per il riferimento all’indennità forfettaria stabilita dall’art. 32, commi 5-7 della L. n. 183 del 2010 (da 2,5 a 12 mensilità di retribuzione), che ristora in maniera presumibilmente effettiva un danno che, stante il divieto di conversione del rapporto (e quindi l’impossibilità di commisurare il danno alla perdita delle retribuzioni), è ipotizzabile come danno da perdita delle chances di un’occupazione migliore e dall’altro, nel rispetto di quanto a suo tempo prospettato dalla Corte di giustizia, esonera il lavoratore dall’onere di provarlo (col rischio di non riuscirci). Salva la possibilità (esclusa per il dipendente privato, che però fruisce della conversione del contratto) della prova di un danno maggiore. – Sezione: rapporto di lavoro.