Corte di giustizia UE, sentenza 7 marzo 2018, in causa n. C-494/16, Santoro
Ancora su diritto comunitario e diritto italiano in materia di reiterazione abusiva di contratti di lavoro a termine nella pubblica amministrazione.
Come è noto, secondo la Corte di giustizia UE non contrasta col diritto dell’Unione una disciplina, come quella Italiana, che, per prevenire e poi sanzionare l’abuso del contratto a tempo determinato, prevede misure diverse tra lavoro pubblico e lavoro privato (per il quale ultimo soltanto è prevista la trasformazione a tempo indeterminato), purché in ogni caso si tratti di misure dotate di una efficacia effettiva. Nel caso presente, la Corte era investita dal giudice italiano del tema dell’effettività del sistema sanzionatorio italiano, che per i contratti a termine abusivi prevede nel pubblico impiego, oltre a un’indennità risarcitoria, il risarcimento del danno da perdita di chances, ritenuto dal giudice remittente puramente teorico per le difficoltà o addirittura l’impossibilità di provare tale danno. Pur rilevando che la valutazione di effettività del diritto italiano spetta al giudice nazionale, la Corte indica alcuni parametri utili per la valutazione, soffermandosi in particolare, nel quadro di una necessaria valutazione complessiva, sul possibile uso di presunzioni, in funzione di facilitazione dell’onere della prova e sul riconoscimento, in Italia, di una responsabilità personale dei funzionari pubblici che hanno stipulato i contratto a termine, quale misura dissuasiva dell’abuso.
Sezione: rapporto di lavoro