La sussistenza del motivo economico non esclude la natura discriminatoria del licenziamento
Corte di Cassazione, ordinanza 9 gennaio 2025, n. 460
La dirigente di una società, licenziata per soppressione del posto, aveva adìto il giudice del lavoro, sostenendo il carattere discriminatorio dell’atto. Pervenuta la causa avanti la Cassazione, questa, nell’accogliere con rinvio il ricorso della lavoratrice in punto di licenziamento, osserva che: (i) la tesi dei giudici di merito, secondo cui l’effettiva ricorrenza del motivo riorganizzativo escluderebbe la natura discriminatoria del recesso, contrasta con le previsioni del d.lgs. 216/03 e con la consolidata giurisprudenza della Corte; (ii) nel valutare la natura illecita del licenziamento, erroneamente la Corte d’appello non ha valorizzato le reiterate condotte stressanti e ansiogene poste in essere dal datore di lavoro nei confronti della dirigente accertate in giudizio; (iii) i giudici dell’appello, gravando la lavoratrice dell’intero onere probatorio della discriminazione, hanno altresì violato il criterio di alleggerimento della prova per il lavoratore, secondo cui a lui è richiesto di fornire elementi di fatto dai quali si possa desumere l’esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori, gravando invece sul datore di lavoro l’onere di dimostrare che il fatto non esista ovvero le circostanze idonee a escludere la natura discriminatoria della condotta, in quanto dimostrative di una scelta che sarebbe stata operata con i medesimi parametri nei confronti di qualsiasi lavoratore che si fosse trovato nella stessa posizione.