Legge 16 maggio 2014 n. 78 (G.U. n. 114 del 19 maggio 2014)
Convertito in legge, con modificazioni, il D.L. n. 34 del 2014, in materia di contratto di lavoro a termine e apprendistato.
Il Parlamento conferma il prolungamento da 12 a 36 mesi (anche per effetto di non più di cinque proroghe) della durata massima dei contratti a termine senza causale giustificativa, innovando, in sede di conversione del decreto legge, anche quanto alle conseguenze previste in caso di superamento della percentuale massima consentita di contratti a termine (20%, peraltro variamente derogata e derogabile e comunque posta, nella legge di conversione, in rapporto non più all’organico complessivo aziendale ma unicamente a quello dei dipendenti a tempo indeterminato), in ordine alle quali rimane peraltro il dubbio se la mera sanzione amministrativa ora prevista si aggiunga o si sostituisca alla conversione a tempo indeterminato del contratto di lavoro stipulato senza il rispetto del tetto percentuale. La legge persegue l’intento dichiarato, ma di problematica realizzazione, di favorire le assunzioni, col renderle meno gravose per le imprese, peraltro con il rischio reale di trasformare il contratto a termine nella forma prevalente di lavoro. Con buona pace dell’affermazione di principio – di derivazione comunitaria e tuttora presente nel nostro Ordinamento -, secondo cui il contratto a tempo indeterminato costituisce la forma comune di contratto di lavoro. Con la conversione in legge viene altresì svincolato da ogni limitazione di durata e quantitativa il contratto di somministrazione a termine, salvo diversa previsione dei contratti collettivi.
Quanto all’apprendistato, la legge di conversione ripristina sia la forma scritta (ancorché con possibile contenuto sintetico) che l’onere della stabilizzazione di una percentuale di precedenti apprendisti (per poterne assumere di nuovi), peraltro ridotta rispetto al passato e prescritta unicamente per le imprese con più di 50 dipendenti (invece di 30, come in precedenza); è infine nuovamente prevista la formazione pubblica obbligatoria nei contratti di mestiere da parte delle Regioni, che potranno avvalersi, in via sussidiaria, anche delle imprese, se disponibili. Infine la legge prevede uno stanziamento di 15 milioni destinato alla riduzione nella misura del 35% della contribuzione previdenziale per i datori di lavoro che stipulano contratti di solidarietà difensivi.