Niente Fondo di Garanzia per il TFR maturato alle dipendenze del datore di lavoro cedente poi fallito
Corte di Cassazione, sentenza 27 gennaio 2025, n. 1860
In sede di cessione di azienda dall’impresa X all’impresa Y, le parti avevano stipulato contestualmente un accordo sindacale, a norma dell’art. 47 L. n. 428/1990, stabilendo che i crediti retributivi e di TFR dei dipendenti ceduti rimanessero a carico della cedente. Dopo 6 giorni, quest’ultima era fallita, mentre i suoi dipendenti avevano continuato il rapporto con la cessionaria. Uno di questi, cessato dopo alcuni mesi il proprio rapporto con Y, aveva insinuato i propri crediti nel passivo fallimentare della cedente e quindi aveva chiesto l’intervento del Fondo di garanzia per la quota del t.f.r. e le ultime tre mensilità del periodo ante cessione. Nel giudizio promosso dal lavoratore avverso il diniego dell’INPS, la Cassazione osserva: (i) se si ammettesse l’intervento del Fondo in una vicenda come quella di specie, lo si graverebbe del pagamento di una prestazione che non è dovuta, perché ad essere fallito è colui che non è più datore di lavoro del lavoratore assicurato; (ii) a diverse conclusioni non conducono neanche le innovazioni introdotte dal d.lgs. 14/19 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), che – nella parte in cui, a determinate condizioni, stabiliscono l’immediata esigibilità del credito del TFR nei confronti del cedente dell’azienda ed equipara il trasferimento dei lavoratori all’acquirente dell’azienda a una cessazione del rapporto di lavoro, anche quando il rapporto di lavoro prosegua senza cesure – si pone in “consapevole discontinuità” con la disciplina normativa vigente all’epoca dei fatti oggetto di causa.