Tribunale di Como, 24 settembre 2014
Se il lavoratore impugna il licenziamento orale, il datore di lavoro che afferma il suo allontanamento spontaneo deve darne la prova (ad esempio producendo lettere di richiamo per l’assenza). Nella causa introdotta con il c.d. Rito Fornero non è possibile, al fine del risarcimento del danno ex art. 18 stat. lav., domandare l’accertamento di quote di retribuzione più elevata rispetto a quella risultante dalla busta paga.
L’ordinanza del Tribunale di Como ribadisce principi ormai consolidati in tema di prova della responsabilità per l’avvenuta risoluzione del rapporto di lavoro. Una lavoratrice aveva affermato di essere stata allontanata dal lavoro dopo un periodo di malattia e il datore di lavoro aveva eccepito che non si era trattato di licenziamento ma di allontanamento spontaneo: il Giudice ha correttamente posto In capo al datore di lavoro l’onere di provare il fondamento di tale eccezione, condannandolo poi alla reintegrazione del lavoratore. Meno condivisibile una seconda affermazione del provvedimento, secondo la quale il risarcimento del danno ex art. 18 l. 300/1970 può basarsi esclusivamente sulla retribuzione risultante dalla busta paga, poiché le regole del rito speciale sui licenziamenti di cui alla legge 92/2012 impedirebbero l’introduzione in giudizio di questioni diverse dalla legittimità del licenziamento (qui il Giudice sembra dimenticare che la norma che definisce la materia del giudizio comprende tutte le domande aventi ad oggetto le ipotesi regolate dall’art. 18, tra le quali rientra anche la nozione di retribuzione globale di fatto utile ai fini del risarcimento del danno da licenziamento).