Tribunale di Messina 23 aprile 2014
Il datore di lavoro che vanta un credito nei confronti del lavoratore non può sempre compensarlo integralmente con le retribuzioni dovute: se le reciproche ragioni di credito sono distinte, la compensazione può farsi nei limiti del quinto dello stipendio.
Cambia l’orientamento sulla compensazione dei crediti di lavoro. La giurisprudenza prevalente, sino a tempi recenti, riteneva che se tra datore di lavoro e dipendente si verifica una situazione di reciproci crediti, questi possono essere compensati integralmente, in un conto unico di dare/avere: è la c.d. “compensazione impropria”, che si distingue da quella tecnica soprattutto per il fatto che alla prima non si applicano le regole poste a tutela di alcuni debitori (tra cui quella del limite del quinto della retribuzione). L’ordinanza del Tribunale di Messina aderisce invece all’orientamento più recente, per cui la compensazione integrale è possibile solo tra poste di credito corrispettive: se invece le ragioni di reciproco credito, anche nell’ambito di un unico rapporto contrattuale, dipendono da titoli autonomi, si applicherà la disciplina generale (è il caso esaminato dal giudice, nel quale il datore di lavoro, che aveva dovuto reintegrare un lavoratore ingiustamente licenziamento, pretendeva di compensare integralmente la quota di contributi pagati per conto del lavoratore, per il periodo di allontanamento dall’impresa, con la normale retribuzione).